Secondo me questo è uno dei (tanti) motivi per cui anche nella secondaria si fa odiare la letteratura agli studenti: i docenti e anche certi presunti divulgatori online (per esempio, le centinaia di pagine dei vari booklover della minchia) fanno passare la letteratura per una cosa da gente carina che tiene il cuore grande. Così facendo si fa passare l'idea che uno studioso di letteratura sia uno che ha esplosioni orgasmiche durante la lettura (dei classici, rigorosamente), e come dici giustamente anche tu, si fa passare l'idea che studiare lettere all'università sia una questione di sentimenti (mentre chi studia discipline stem uccide a sangue freddo). Venendo da lettere moderne a Chieti (a numero aperto) ho notato che la gente si iscriveva senza nessuna ragione se non per il fatto che era (ed è) considerata una roba facile, per tutti, per la quale basti avere il vizietto della lettura dopo cena. Necessariamente anche la qualità dei corsi si è abbassata: filologia romanza era praticamente una chiacchierata, con le aule piene, mentre chi voleva studiare davvero vagava come uno spettro per i corridoi dell'ateneo alla ricerca di un corso con un approccio scientifico (ce n'erano 3/4 veramente validi ed erano quelli odiati da tutti). Lo studio della letteratura è scientifico, l'unico vero approccio è quello metodologico (al di là della lettura da divanetto che facciamo tutti, ma che è altra cosa) e mi permetto di dire che si può studiare rigorosamente la letteratura senza per forza farsi le seghe sopra i libri o senza ciarlare di bellezza che salva il mondo e delle top ten dei libri che devi leggere per forza (e se non li leggo? mi scopano la mamma?)
@@albertomutignani secondo me ci sono sempre diversi gradi di fruizione dell'arte. Definire chi dopo cena, magari dopo un'intera giornata di lavoro (in cui magari continua anche a tornare col pensiero alla sera prima) come uno che ha un "vizietto", lo ritengo ingiusto e un po' altezzoso. Penso che chi si iscrive all'Università debba essere passato per forza da quei brevi e incredibili momenti in cui è tutto lì in quelle righe, anche se non ti curi di approfondire tante questioni di filologia. È tutto lì, il resto intorno a te scompare e senti che quella è la tua vita. Temo invece molti di quelli che impazziscono all'Università su testi di critici e filologi non abbiano ricordi di quei momenti. Diamo il giusto valore ad ogni fruizione dell'arte senza tanta alterigia.
gli strumenti del mestiere aiutano eccome nella comprensione del testo. Avrei invece più perplessità per la scrittura. Molti testi di narrativa di capoccioni risultano talvolta macchinosi, virtuosistici e cervellotico. Come quelli di Umberto Eco, ad esempio
Facciamo un'analogia con altre arti: musica, pittura. Chi si occupa di critica e di analisi e` ovvio che deve conoscere alla perfezione la metrica, il lessico, gli stili, le regole dell'armonia, la teoria musicale, la prospettiva, i colori, le ombre, la storia dell'arte. Chi fruisce e` libero di stabilire il livello di profondita` su cui cimentarsi. Chi produce con successo ed efficacia comunicativa (poeti e scrittori, musicisti, pittori) non sempre ha compiuto studi di tecnica, ma delle basi ne ha padronanza eccome.
Se però andiamo a vedere i geni nell'arte, quelli famosi per aver prodotto i più importanti capolavori, quasi sempre un minimo di istruzione formale (es. scuola) nel campo l'hanno avuta, e quelli che non l'hanno avuta hanno avuto il culo di ricervere le competenze da un mentore che gli seguiva passo per passo e che possedeva tali competenza. Un famoso esempio di creatore di capolavori che ha ricevuto una importante istruzione formale nel suo campo, può essere ad esempio Dante Alighieri.
@@YasminaPani Questo è infatti un problema del sistema AFAM: ad oggi non contempla accademie di scritture, lasciando solo la holden in tutta italia come accademia di scrittura che rilascia un titolo equipolente al dams. E sappiamo tutti quale sia la qualità degli studenti medi della holden....
@@LoscoX si` e no, secoindo me: cosa contraddistingue un genio in campo artistico? L'innovazione, che per essere tale deve portare contenuti qualitativi tali da coinvolgere molte persone e farle appassionare. In quest'ottica lo studio accademico puo` giovare, ma a volte, per esempio in Mozart, il talento precede gli insegnamenti e permette di superare il maestro. Come giustamente replica Yasmina, lo studio non e` finalizzato alla fioritura di talenti ma al loro riconoscimento e alle opportunita` di fruizione; leggendo altri commenti mi rendo conto che questo concetto e` chiaro a quasi tutti, e` stato peraltro molto utile farne oggetto di riflessione.
Ciò che tu dici mi ricorda una collega che era interessata in buddismo, nel senso della vita, etc. E voleva studiare filosofia. Io l'ho avvertita, che studiare filosofia all'università è tutt' un'altra cosa, che è uno studio molto tecnico, pieno di concetti astratti molto lontani di quel tipo di filosofia che piaceva tanto a lei. È purtroppo, avevo ragione ed è tornata delusa. Non perché l'università non propone filosofia, ma perché lei è entrata in facoltà con una visione proprio sbagliata di cosa sia la filosofia.
In generale penso che si possa apprezzare e gustare in pieno solo ciò che si comprende a fondo. Vale per un'opera letteraria, ma per qualsiasi altra forma d'arte: un dipinto, un brano musicale, un film ... Non ho mai inteso l'analisi filologica e critica come un peso, un ostacolo, ma al contrario come un arricchimento dell'esperienza estetica.
«Filologia è quella onorevole arte che esige dal suo cultore soprattutto una cosa, trarsi da parte, lasciarsi tempo, divenire silenzioso, divenire lento, essendo un'arte e una perizia da orafi della parola, che deve compiere un finissimo attento lavoro e non raggiunge nulla se non lo raggiunge lento. Ma proprio per questo fatto è oggi più necessaria che mai; è proprio per questo che essa ci attira e ci incanta quanto mai fortemente, nel cuore di un'epoca del "lavoro": intendo dire della fretta, della precipitazione indecorosa e sudaticcia, che vuol "sbrigare" immediatamente ogni cosa (...). Per una tale arte non è tanto facile sbrigare qualsiasi cosa perché essa ci insegna a leggere bene, cioè a leggere lentamente in profondità, guardandosi avanti e indietro, non senza secondi fini, lasciando porte aperte, con dita e con occhi delicati.» (Friedrich Nietzsche, introduzione ad "Aurora. Pensieri sui pregiudizi morali")
Rivedo questa logica della perdita di emozione a causa dell'arricchimento tecnico in quasi tutte le attività umane, io mi occupo d'illustrazione e guardando un disegno resto incantato nel guardare le scelte operate dal collega più che il messaggio tramesso al pubblico e alla fine sì, la conoscenza porta a una crescita individuale dalla quale non si torna indietro, in quel dato settore non potrai più avere lo stupore fanciullesco di chi è vuoto d'esperienza ma avrai accesso a segreti non alla portata di tutti.
Nella musica questa questione è risolta con chiarezza maggiore. Se si ascolta un Monteverdi diretto da Karajan e un Monteverdi diretto oggi si ha un godimento estetico completamente diverso. E questo godimento è dato dal supporto filologico in questo caso indispensabile.
Mi risulta che anche un tizio che aveva preso la specializzazione in GINECOLOGIA disse: ma perchè devo studiare? Si perde tutta l'emozione di operare su campo, quando facciamo le prove pratiche?
Da qualche parte ho letto una frase di Schumann in cui parlava dell'eccessivo sentimentalismo e di come finisca per uccidere le vere passioni... me la ricordo vagamente quella frase... ma credo che Schumann un like te lo metterebbe
Io sono una ex studentessa di lettere: ho smesso quando ho capito che non fossi emozionata dalla filologia e che non fossi molto portata per la linguistica (disciplina che comunque apprezzo). In fondo ho capito che volessi emozionarmi piuttosto comprendere a fondo, dunque ho cambiato ambito di studi ed ho avuto la fortuna di incontrare altre due grandi passioni: i cani e i bambini. Non ho mai veramente smesso di essere una lettrice, ma sicuramente il fatto di lasciare lettere mi ha dato la possibilità di sperimentare altre forme d'arte. Di certo non condanno il percorso che ti fa fare una laurea in lettere, anzi sono orgogliosa di chi ha fatto della conoscenza della letteratura un mestiere e in qualche modo la divulga
Non so se il paragone è calzante, ma questa situazione mi ricorda quella degli studenti che si iscrivono a lingue e si lamentano perché, oltre alla grammatica, vengono "costretti" a studiare anche la linguistica, che poi è la parte realmente universitaria. Mi pare che molti studenti chiedano all'università di soddisfare bisogni minimi che possono in realtà soddisfare loro stessi in autonomia, se non fosse per la loro pigrizia e per la loro incapacità di attivarsi senza che qualcuno li sproni costantemente
Che sia bello ciò che piace, nel senso che da una emozione è sicuramente vero. Ovviamente una "educazione alla lettura" aiuta ad apprezzare meglio l'esperienza. L'immagine più tipica a descrivere questo rapporto lo vediamo in "L'attimo fuggente", in cui il professore strappava le pagine che riferivano il criterio tecnico della valutazione di un'opera. Certo un'opera d'arte come un quadro, emoziona se esprime qualcosa; difficilmente un Caravaggio lascia indifferente, ma conoscere di più del contesto dell'opera, o le tecniche utilizzate, aggiunge molto all'apprezzamento. Giustamente chi lavora nell'analisi deve approfondire i testi con criterio differente. Nel mio caso un imprenditore ritiene di avere l'istinto per capire bene il mercato, l'organizzazione, costi e ricavi, perché vive il suo settore come se facesse parte del suo DNA. Un analista invece, interviene con metodo per giungere a risultati più efficienti a partire dal superamento di una distorsione cognitiva. Sono più bravo di lui? No di certo, ma ho gli strumenti tecnici per attestare se una cos funziona oppure no
Davvero un video illuminante, anche io avevo una concezione abbastanza marginale della filologia, ma devo dire che logicamente il tuo discorso non fa una piega e concordo pienamente. Anche io, pur leggendo per piacere, trovo molto interessante informarmi e in caso leggere qualcosa in più per capire meglio l'olera. Ciò non mi toglie il piacere anzi lo rafforza. Ti ringrazio ancora per un video così ben fatto e chiaro.
Se posso fare un paragone con la musica (non sono musicista e mai l'ho studiata) devo dire che da qualche tempo non mi limito solo all'ascolto ma anche alla sua lettura - mediante gli spartiti e la loro trascrizione - e ammetto che "studiandola" a questo modo si va a un livello superiore afferrandone segreti che il solo ascolto, pur stupendo, non è in grado di rivelare. E questo appunto amplifica la passione e l'emozione...
Da musicista confermo è assolutamente così: Lo studio NON toglie la possibilità di trarre emozioni dall' ascolto ma anzi la comprensione di ciò che sta succedendo amplifica (e di molto) l' apprezzamento. Infatti ho apprezzato molto il video: la competenza non toglie nulla alla possibilità di godere dell' opera d' arte questo video lo dimostra in questo campo ma posso confermare al 100% che vale anche per la musica.
Ho studiato filologia e ho il ricordo vivido del piacere che mi dava studiare i testi, pensavo che ero fortunata ad avere l'opportunità di capire in profondità quello che stavo leggendo attraverso l'analisi e la critica. Se sei appassionato di letteratura lo studio filologico ti piace per forza, altrimenti non sei appassionato, e allora la fatica dello studio sembra inutile. La scuola è un buon posto per capire questa differenza, a volte però ci si dimentica che per imparare le cose serve un po' di fatica.
Ciao Yasmina, ti seguo da un po' e apprezzo molto i tuoi video, ma da persona che lavora con la letteratura, fra scuola e università, vorrei fare una piccola precisazione. Ferma restando la necessità di un approccio critico e tecnico al testo, che ovviamente deve essere imprescindibile per un professionista della letteratura, credo che il problema della filologia sia un altro. In primo luogo la filologia viene presentata spesso come l'unico modo possibile di conoscere criticamente il testo, quando in realtà ci sono anche altri strumenti di analisi. Ciò avviene in particolare per la letteratura classica, dalla quale, a causa di questo fatto, mi sono purtroppo allontanato per molti anni. Spesso i professori universitari si focalizzano interamente sul dato filologico trascurando completamente, per fare un esempio, l'ermeneutica. Credo che la filologia sia fondamentale ma che non basti da sola: ricostruire uno stemma codicum, se poi non si fornisce un'interpretazione solida, significa rendere il testo arido e privo di interesse; e per fornire una buona interpretazione servono ben altri strumenti, la cui padronanza e il cui insegnamento da parte dei filologi sono spesso carenti. Credo che sia innegabile che all'università la maggior parte dei professori abbia purtroppo questa tendenza. Mi ricordo di un professore che, in un monografico su Aristofane, non faceva altro che commentare l'uso delle particelle. Penso che sia inconcepibile. Da studente ho sofferto molto questa condizione, così come tanti altri miei amici. Al di là delle esperienze personali, quello che secondo me manca è un approccio più completo al testo, che unisca la filologia (che, ripeto, è fondamentale) al resto. Io mi occupo di letteratura contemporanea: ogni volta che qualcuno propone di usare gli strumenti critici 'contemporaneistici' su un testo classico o della letteratura italiana precedente all'Ottocento sembra una tragedia. Ed è un gran peccato, perché sono certo che i risultati potrebbero essere interessanti. Ciò è sintomatico di una forte chiusura da parte dei filologi; più che chiusura però, oserei dire arroganza, dal momento che, per ricollegarmi a ciò che ho scritto all'inizio, per loro la filologia è l'unico vero strumento mentre tutto il resto è merda. In definitiva, non mi stupisce che la gente finisca per odiare i filologi e, di conseguenza, la letteratura che questi insegnano. Questo discorso comunque lo faccio per le persone 'brave' che hanno voglia di specializzarsi, non certo per i deficienti, che come hai detto tu, si iscrivono a lettere perché gli piace leggere.
Grazie per il video molto interessante! Direi che ci sono diversi livelli di godimento letterario. Mi vorrei limitare alla poesia. Prima c'è una parte solo acustica. Ci sono delle poesie che mi fanno effetto solo per questo. Poi c'è quella a livello di contenuto. Poi c'è quella a livello di associazioni. Qui ci vuole ogni tanto parecchio sapere. Poi ce ne saranno altri. Congiungendo i vari livelli alla fine ci sarà quell'unità della bellezza d'un testo. Certe volte leggo un poema come se studiassi un pezzo di musica di Chopin (sono dilettante e ci metto dei mesi). Leggendo il testo varie volte alla fine i versi, il contenuto, le metafore d'un poema si susseguono nella mia immaginazione come un flusso di quadri come se fossero le melodie linguistiche d'una musica. Il problema dell'insegnamento letterario all'università è forse che come nell'ambito amatoriale ci sono quelli che non s'interessano della critica letteraria, nell' ambito della critica ci sono pure quelli che non riescono a far capire agli studenti e condividere con loro le emozioni che un testo può suscitare dopo aver capito i livelli successivi a quello d'una prima lettura.
Ho sentito dire queste cose in altri ambiti e materie. Per esempio, studenti di statistica che dicono: “mi piacciono un sacco gli studi statistici, per esempio quello studio che dice xyz” Quando magari lo studio dice altro.. e a volte non ci si pone nemmeno il problema di verificarne la veridicità, ma dal momento che le conclusioni combaciano con alcune aspettative che una persona ha nella propria mente, lo studio diventa automaticamente autorevole.
In questo video ci sono delle botte di sarcasmo davvero micidiali 😂 Sono d'accordo che molti studenti non scelgono una facoltà per i motivi giusti, anche io ho fatto questo errore a suo tempo. Servirebbe che qualcuno gli spiegasse che l'università è una specializzazione, un percorso per diventare esperti della materia che ti appassiona. Vuol dire, intanto, che la scuola è finita, è ora di cominciare a muoversi con le proprie gambine senza che ci sia sempre qualcuno che ti accompagna tenendoti per manina. In secondo luogo, vuol dire che con una laurea tu dovresti essere tecnicamente in grado di discutere alla pari coi tuoi professori; certo, ci sarà sempre qualcosa da imparare, ma non come imposizione dall'alto, bensì come condivisione con altri esperti. Invece, per come è strutturato tutto il comparto istruzione, dall'asilo in su, è tutto un doversi referenziare con chi si sente superiore a te, ritardando all'infinito quel momento di crescita personale in cui "ti arrangi". Salvo poi usare quel benedetto foglio di carta, che attesta solo che hai studiato, non che sai, né tantomeno che sai fare, per entrare nel posto di lavoro e trattare persone che son lì da vent'anni a maneggiare gli strumenti del mestiere, e pretendere di saperne di più. Siamo già alla seconda generazione di fila che si approccia in questo modo, e i risultati si vedono nel tasso di disoccupazione giovanile a fronte di offerte di lavoro che cadono nel vuoto.
Quando mi sono iscritta a lettere eravamo la metà di mille, ora sono all'ultimo anno di filologia e siamo rimasti in quattro gatti e questo proprio perché molte persone scelgono questo percorso per caso o per sbaglio, complice anche il fatto che sia rimasta una delle poche facoltà senza alcun tipo di test d'ingresso
Ma quanto hai ragione? A un certo punto hai usato l'aggettivo "artistico", che io trovo assolutamente coerente con le produzioni letterarie. Mi venivano in mente i dipinti di Caravaggio e le musiche di Morricone: entrambi hanno prodotto delle opere che emozionano moltissimo, ma originano da uno studio molto profondo e accurato. ❤👏👏👏👏
È una piaga quella delle emozioni petalose. Per esempio, io non riesco ad avere un godimento estetico sul un affresco, ma starei ore ad ascoltare come mai si sono usati certi colori o di come le tratte commerciali abbiano introdotto nuove sfumature di blu o altro. L'arte viene insegnata come un vezzo, nessuno ti insegna a "consumarla" e scegliere come "consumarla". C'è l'insensata pretesa che bisogna seguire le emozioni, o altre menate new age.
Heidegger sostiene che la Letteratura ( Letteratura è un nome proprio fa riferimento sin settore assolutamente specifico di opere di narrativa di poesia di teatro di critica di informazione più o meno tipica più o meno diversificata rispetto all' ambito di riferimento ) si caratterizza come studio di problemi . Secondo il filosofo tedesco, , cioè la Letteratura dovrebbe impegnarsi a indagare tutte quelle problematiche sociali politiche umane a vario titolo di cui la filosofia non si occupa , in quanto il suo campo di riferimento verte su questioni più o meno astratte o più o meno concrete , la metafisica l' essere l' ente l'esserci la morale la religione l'arte la logica la dialettica . Cosa intenderà Heidegger con il sostantivo problemi .? Le tante piccole e grandi questioni che caratterizzano la vita dei nostri giorni , di tutti i nostri giorni , del nostro quotidiano per capirci , argomenti di cui la filosofia raramente tratta, a cominciare dall' amore, a quante volte al giorno lo facciamo perché si e perché no , dei problemi che ci assillano più o meno importanti, delle ambizioni delle aspirazioni , degli interessi , degli impegni , del nostro vissuto , perché questo è soprattutto la Letteratura .Molti eventi importanti accompagnano la nostra quotidianità , dall' emigrazione al lavoro al minore o maggiore impegno perché tutto questo possa assumere quei livelli di trasformazione che ci auspichiamo . Il benessere l' indigenza , il colore sociale che li esprime.La cultura la vacanza , la tematica religiosa e la sua praticabilità, le problematiche sessuali.E tanto altro ancora. Se passiamo a considerare la Letteratura rispetto alle problematiche di natura tecnica che la caratterizza , è indubbio che una conoscenza della stessa è possibile solo se la completiamo attraverso un numero più o meno rilevante di conoscenze culturali che ci permettono di sviscerare le realtà nascoste che sono presenti nei testi degli autori, romanzi poesie o quant' altro .A me , ad esempio, piaceva accompagnare la letteratura alla storia. Un racconto o un romanzo di Verga o altri veristi o scrittori realisti del secondo Ottocento ( tipo De Marchi ) mi consentivano tutta una serie di considerazioni sulle problematiche sociali e politiche del Sud sullo sviluppo del lavoro dell' industrializzazione del progressi sindacali e politici di Secondo e Fine Ottocento, , Bakunin e l' anarchismo nelle campagne italiane , i progressi operai via via che il partito socialista italiano si faceva più consapevole dei propri mezzi . Io ho privilegiato l' indirizzo storico marxista della letteratura.
Heidegger è un pensatore immortale. Anche se l’ho studiato di fretta come ultimo autore del liceo, mi è rimasto impresso come pochi e questo estratto che hai ripreso è proprio un esempio della sua genialità
Posso chiederti (ma lo chiedo anche a chiunque legga questo commento e crede di poter rispondere) qualche titolo di libro/manuale per approcciarsi al mondo dell'analisi critica di un testo? Vorrei iniziare a dar valore alle mie recensioni, evitando di dire semplicemente che un testo che ho apprezzato è bello e narrando la trama-cosa che vedo anche in gran parte di recensioni di booktok e simili- e riuscire ad argomentare in maniera compiuta analizzando le varie caratteristiche (?) di uno scritto. Ti, e vi, eventualmente, ringrazio molto.
Video interessante. Premesso che ho capito che parli dell'università in generale, in questo contesto voglio comunque sfogarmi e raccontarti la mia esperienza presso l'Università di Pisa. Ti assicuro che lì di filologia se ne fa davvero fin troppa. Gran parte dei professori della triennale e della magistrale (molti insegnano in entrambi i corsi di laurea), sono specializzati in questo settore e, dal momento che portano avanti anche altri insegnamenti, ciò pesa pure su discipline che non hanno nulla a che fare con la filologia in sé. In sostanza o fai filologia o fai filologia. Cambia la nomenclatura ma non la sostanza. Chi come me dunque si è illuso nel corso dell'università di preparare materie diverse sotto prospettive metodologiche diverse è rimasto completamente fregato (tranne in rarissimi casi). Non a caso un professore che ho seguito con immenso piacere, filologo ma al tempo stesso "apostata" rispetto agli altri, disse in una delle sue prime lezioni qualcosa come: "va bene ricostruire i testi, ma, una volta ricostruiti, bisognerà pur farci qualcosa" (e aveva ragione). Ogniqualvolta partecipavo a una qualsiasi lezione sapevo già, ahimè, cosa aspettarmi: lezione di qui, congettura di là, cruces di lì, stemma codicum di là. Non si usciva da sto recinto. Zero. Praticamente dovevamo uscire fuori tutti dei provetti Wilamowitz. Alla fine, quando ho preparato uno degli ultimi esami obbligatori per il mio curriculum, sono arrivato ad apprezzare criticamente l'opera da solo (Coefore di Eschilo) e a disprezzare completamente il corso (astruso all'inverosimile e pieno di sottigliezze per me inutili). Mai mi sarei aspettato di provare una cosa del genere per un esame (partivo infatti con l'idea che un corso, interessante o meno, mi avrebbe comunque arricchito). Per questo motivo capisco chi dice che in certe università c'è troppa filologia e che, a causa di ciò, si perde il gusto dello studio.
Da biologa vedo un approccio simile anche nel mio campo. Quando si parla di biochimica, biologia cellulare o molecolare siamo tutti d'ccordo che sia necessario farsi il mazzo per capire i dettagli, acquisire visione d'insieme e comprendere a fondo la materia. Quando si parla di botanica o ecologia, ci si aspetta che sia tutto facile perché in fondo si parla di stare a guardare i fiorellini, che sono belli esteticamente e quindi, per qualche motivo, inadatti allo studio scientifico. E quindi hai i biologi che studiano le "cose serie" che ritengono gli studi naturalistici alla stregua di una bella passeggiata fine a se stessa, e molti amatori che si rifiutano di approfondire lo studio della natura, perché pensano che questo cancelli la sensazione di bellezza che gli umani provano verso le stessa. In generale, ho la sensazione che si pensi che solo ciò che è noioso è magari brutto esteticamente possa essere "roba seria" e quindi adatta al mondo del lavoro. Tutto ciò che, invece, è anche bello o piacevole sia un cagatina inutile da fare nel tempo libero.
Se per godimento estetico si intende l'esibizione artistica, sì. La performance troppo pensante rovina un opera che non sia un testo di studio, se non per specifiche iniziative dove la quantità di informazioni nascoste e intricate diano valore al contesto in esame.
Come al solito esprimi un grande spirito combattivo, soprattutto quando si parla di letteratura. Io non faccio lettere però sono un grandissimo amante della letteratura e noto anch’io - non solo nella letteratura ma nell’arte tout court - un lassismo e una passività sconvolgenti nei confronti delle materie tecniche necessarie alla comprensione del testo letterario. Il voler rimanere ignoranti tenta di far passare l’idea che un’opera è più bella se non ci capisco un cazzo. Perché analizzare alcune scene di un film, un verso di una poesia, un capitolo di un romanzo o un dipinto, quando poi perdo l’unità dell’esperienza la quale produce l’estasi estetica di cui sono alla ricerca? Per costoro analizzare significa svilire l’opera perché applicare l’analisi (e la ragione) viene tradotto come un tradimento verso l’arte che è in prima istanza sentimento.
Il problema è la superficialità nello studio. Nelle scienze la faccenda è complementare ... un sacco di gente con una preparazione si e no liceale, che al massimo ha visto Quark o qualche divulgatore sui social, si sente in grado di criticare e mettere in discussione risultati scientifici acquisiti magari proponendo qualche fantasiosa teoria alternativa nel igliore dei casi.
Oh il video che cercavo finalmente. Vorrei chiederti se volessi cominciare a diventare un poco esperto nell'analisi di un testo letterario da dove si comincia da autodidatti. Iscrivermi all'uni è impensabile in quanto ho già dato con giurisprudenza e non ho più voglia di dare esami. Quali sono le materie che uno potrebbe cominciare a studiare e magari in che ordine di importanza? Forse un testo introduttivo sulla critica letteraria? Poi un'altra domanda: le materie cambiano a seconda del genere letterario? Immagino che un conto sia l'analisi di un componimento poetico e altra cosa sia l'analisi di un romanzo.
Un manuale può esserle senz'altro utile per avviarsi all'analisi del testo. Un libro vecchiotto ma fondamentale e ancora valido, per esempio, è "Critica stilistica e semantica storica" (1966) di Leo Spitzer.
Lo Studio non può che aumentare il godimento, nella letteratura così come in altre arti. Lo studio permette di penetrare nel profondo. Dirò di più: mentre chi gode dell'opera artistica nella superficie, si diletta, assapora e poi passa ad altro, chi analizza in modo articolato, chi dedica più tempo ad un'unica opera, scopre strati sommersi, nuovi "gusti" che arricchiscono sensazioni estetiche e conoscenza.
purtroppo esiste un termine, simile a boomer a mio parere, per chi fa il tuo ragionamento (io sono totalmente dalla tua parte):"novecentesco.Indicando così l'idea che l'approccio critico, filologico etc sia datato
Ciao, Yasmina! Problema sempre presente, puoi immaginare (e sai) quanto spesso si verifichi in classe. Ma anche sull'amore per la lettura di chi si iscrive in Lettere avrei qualche dubbio. Intanto sono pochissimi i colleghi che leggono costantemente e si aggiornano nelle proprie discipline, poi ho ricordi indelebili di colleghi che non leggevano neanche quando erano giovani. Ti racconto una cosa. Sarà stato il 1999 o il 2000 (quegli anni). Corso di Letteratura Italiana Moderna e Contemporanea (una sorta di Letteratura Italiana III), non proprio illuminante, ma bello per gli appassionati. C'era un corso monografico piuttosto ben fatto su Vitaliano Brancati, la parte generale e poi la lettura integrale con apparati storico-critici di tre romanzi da un nutrito elenco, normale programma di una materia complementare del vecchio ordinamento. Do l'esame, tutto ok, mi sono divertito a farlo, poi mi chiama una collega e mi chiede quale libro piacerebbe alla professoressa che noi leggessimo. Io rimango stupito e le ricordo che la scelta è assolutamente libera in quell'elenco e lei mi dice che senz'altro qualcuno ci sarà e che comunque lei non sa scegliere che libro leggere. Ne aveva scelto uno (non ricordo quale) ma.poi l'ha scartato pensando che la professoressa l'avrebbe potuta rimproverare perché troppo breve. È una cosa di cui ancora non mi capacito: all'ultimo anno di Lettere davvero non sai scegliere liberamente da un elenco di libri e non solo non hai maturato interessi personali, non hai fatto il salto di qualità, ma addirittura ti trovi davanti a uno scaffale e non sai che libri prendere. Io non sono granché, sono una persona qualunque, ma questo atteggiamento (questo disamore, chiamiamolo con il suo nome) non lo capirò mai in chi intraprende una strada. Una strada che, per di più, è molto improbabile sia stata scelta per prospettive lavorative rosee...
A me è capitato invece che all'esame di letteratura contemporanea io fossi l'unica ad averli letti tutti, i libri, che erano tipo 7 e di autori notissimi come Sciascia, Gadda e Moravia: non dovresti neanche scegliere, dovresti volerli leggere tutti, anche se all'esame ti chiedono quello a piacere. E ho visto le stesse cose anche in lettere classiche, dove sei veramente coglione se ti ci iscrivi senza essere appassionato. Eppure sì, è come dici tu: in realtà tanta gente che fa lettere non legge proprio.
@YasminaPani No, nonostante io sia un buon lettore, non avrei potuto leggerli tutti per l'esame. Alcuni, già li conoscevo, altri li ho letti dopo, appunto perché li volevo conoscere tutti, poi però mi faccio sempre sviare dal miei percorsi. La collega di cui parlavo era di Lettere moderne, io di Lettere classiche, ma a Palermo da questo punto di vista non c'era grande differenza. Forse, noi di LC eravamo più presi dalla saggistica, anche per ondate di pensiero (che oggi ritengo discutibilissime, per non dir altro, specialmente a Lettere), tipo quella che l'intellettuale legge saggi e non romanzi, o almeno più saggi che romanzi, che è un po' la caricatura di quello che tu racconti benissimo in questo video. A me pare, però, che le letture accademiche saranno diverse tra i due indirizzi, ma le letture personali, fiction e non fiction, non dovrebbero mai venire meno. E soprattutto che una persona adulta di qualsiasi indirizzo debba essere in grado di prendere una decisione matura e consapevole, che va dallo scegliere un libro a quella di leggerli tutti, come hai fatto tu. Rimane il problema che perfino Lettere classiche è ancora una laurea tutto sommato abbordabile (almeno per chi ha fatto un buon liceo e sceglie con un briciolo di consapevolezza) e molti che devono appendere la laurea in salotto la preferiscono per questo.@@YasminaPani
Da laureando in Lettere mi trova perfettamente d'accordo. Purtroppo io pecco dell'eccesso opposto. Non riesco ad apprezzare pienamente un testo (non solo letterario ma anche filmico) se non lo comprendo fino in fondo. L'unica lettura di piacere di cui faccio esperienza è quella critica.
Condivido le tue lucide e concrete osservazione pero' avendoti scoperta da poco...avrei una domanda...cos'e' una gramellinata?😅 Ps: complimenti per i tuoi contenuti, a poco a poco sto recuperando tutti i tuoi video!
Trovo assolutamente condivisibile questo discorso. Ritengo che sia molto importante la comunicazione, per coinvolgere gli studenti di una generazione che non legge più e che ha continuamente bisogno di essere stimolata e guidata nella comprensione di un testo. Questo senza nulla togliere al rigore scientifico.
Infatti, spiegazioni stimolanti non vuol dire non tecniche. Certo non tutti i docenti ne sono capaci, ma bisogna anche ricordarsi che l'università non è il centro estivo
Cioè questi hanno scambiato un corso di laurea per un club di lettura per 50enni single che vogliono rimorchiare dandosi un tono, ma roba da matti 🤦🏻 Ps. Io da quando ho studiato Jung e la questione degli archetipi letterari, per fare un esempio, leggo certe opere con un piacere moltiplicato per 10, ma vabbè...
Mi sembra riduttivo limitare l'importanza della letteratura al piacere estetico trasmesso da essa, molta letteratura è importante anche perché esprime efficacemente valori morali e politici, fa conoscere aspetti della società e della natura in un modo più riuscito rispetto a tanti testi tecnici non letterari e così via...
A mio avviso, questa dicotomia tra critica e sentimento ha un'origine culturale precisa: il romanticismo e alcuni suoi epigoni/lettori à la Nietzsche. Fu lui, ad esempio, a distinguere lo spettatore critico da quello estetico, denigrando il primo. Molte persone (soprattutto artistoidi) adottano l'escamotage della lettura come godimento, con l'obiettivo di non ragionare, fondamentalmente. Assumere una posa critica, soprattutto nei confronti delle cose belle, costa: in termini di fatica, ripensamento di se stessi, attenzione. Questo, per i privilegiati che spesso si approcciano alla letteratura, è troppo: veramente troppo.
Buonasera Yasmina. Che lo studio di una forma d'arte sia in contrapposizione col provare le emozioni che trasmette un'opera di quella stessa arte può dirlo solo un Gramellini, appunto, o qualcuno che sia cresciuto a pane e attimi fuggenti. Non so cosa si dicesse nel video su Instagram di cui parli e nei relativi commenti: posso immaginare che alcuni di essi fossero sfoghi relativi ai recenti esami di maturità, in cui i candidati ripetevano a pappagallo le schede di analisi testuale del manuale. In effetti c'è una cosa, però, che trovo aberrante, e a un certo punto l'hai detta: che una persona possa dirsi "esperta" di Orlando Furioso avendone letti solo 4 canti per l'esame. In uno dei commenti hai anche scritto che all'esame di letteratura contemporanea avevi letto tutti i romanzi di cui si era parlato durante il corso, e che eri l'unica ad averli letti tutti. Mio padre pure era un linguista, e di letteratura inglese aveva letto di tutto e di più. Quando mi preparavo alla mia maturità e lui mi aiutava a ripassare, mentre ripassavo Virginia Woolf mi disse, nell'eventualità che mi fosse chiesto all'esame, di non nominare quell'Arnold Bennett scrittore "realista" con cui lei ebbe una polemica, perché non avevo letto nulla di lui. Quando ho scoperto, qualche maturità fa, dopo metà candidati che pappagallavano di James Joyce, che nemmeno la collega di inglese aveva letto lo Ulysses per intero, mi sono detto: ma come fa a insegnarlo se neanche l'ha letto?
Ti giuro, è un discorso che faccio paro paro per il videogioco. Vuoi fruire del videogioco? Ti piace giocare e condividere la tua esperienza utente online? Fa' pure, non c'è problema! Ma se hai la pretesa di fare critica e vuoi fregarti del titolo di critico del videogioco, allora devi avere degli strumenti tecnici che ti permettano di comprenderlo nel suo insieme sistemico ed estetico, e devi dunque conoscere il game design -- la teoria di come si progetta l'artefatto di gioco, i livelli di interazione tra l'utente e l'artefatto e l'esperienza estetica emergente nel suo complesso. Apriti cielo! Tralasciando coloro che mi hanno accusato di non sapere cosa fosse il game design (nonostante io lo abbia studiato davvero e faccia videogiochi per campare), mi hanno detto dietro di tutto: che ero un gatekeeper, che il mio discorso era classista... Che per essere bello un gioco doveva solo essere bello, e dato che il bello è soggettivo non si potevano fare analisi tecniche al di fuori delle fredde questioni numeriche e quantificabili... Che in fondo basta sapersi emozionare, e che chiunque esprima un giudizio sta facendo critica. Insomma, le stesse identiche baggianate che si sei dovuta sopportare tu, e alle quali ho dato risposte molto simili. C'è anche chi ha sostenuto che una creator femminista intersezionale, siccome stava osservando il medium attraverso la sua lente femminista intersezionale, stava anche lei facendo critica videoludica perché applicava la critica femminista al videogioco! Se la letteratura affronta questa deriva anti-intellettuale, nonostante i suoi secoli di storia e la sua dignità, immagina quanto possa essere puerile la discussione internettiana attorno a un medium che è perlopiù un prodotto di escapismo e non ha neanche 70 anni di storia! Tutti vogliono essere -- o sarebbe meglio dire: apparire -- dei gran critici di 'sta ceppa, ma poi rifiutano la condizione necessaria: apprendere le basi del medium. Il videogioco non acquisterà mai dignità artistica fin tanto che i massimi esponenti di questa "critica" si limiteranno soltanto a giocare di fare gli intellettuali, perché un medium viene preso sul serio tanto quanto è seria la sua critica. So che probabilmente non te ne fregherà un cazzo, ma ci tenevo dirti grazie: di questi discorsi c'è una gran necessità; perché là fuori c'è davvero troppa che gente che, in ogni campo, pretende di poter fare il ginecologo armata solo della passione per la figa.
Magari è off topic, ma secondo me la leggerezza con cui le persone, spesso, affrontano la "fruizione" della letteratura (non critica, ma estetica) si può collegare anche alla stessa superficialità con cui si avvicinano alla scrittura. La letteratura è una disciplina, richiede un approfondimento costante, impegnato, è fatta di regole che vanno assimilate, e penso che valga lo stesso anche per l'atto creativo in sé: la scrittura è un "mestiere", non nel senso economico del termine (purtroppo), ma in quello tecnico, ovverosia c'è un "apprendistato letterario" da seguire, fatto di studio e pratica, ricerca instancabile e messa in atto dei risultati di questa. Ci sono persone che si mettono a scrivere e leggono poco, male e a volte proprio per nulla, e pretendono di pubblicare e che il titolo di scrittore o scrittrice gli sia riconosciuto, ma non funziona così: ci sono autori che per riuscire a scrivere e pubblicare qualcosa ci hanno messo anche vent'anni, e proprio perché non si sentivano pronti prima.
A me il signor Prati, non so perchè, ma per come comunica, nelle enfasi espressive, mi ricorda Salvini. E poi denunziare che c’è troppa poca emozione in un mondo dove semmai ce n’è troppa mi pare demenziale.
è vecchia, abbiamo torto. Chi ha studiato e chi non ha studiato non parlano lo stesso linguaggio e proprio non si capiscono. Siamo noi che dobbiamo imparare il loro, d'altronde anche a noi spesso piacciono alcuni tomi che sono oggettivamente delle ciofeche e non sappiamo proprio il perché. Le vie della letteratura, in quanto manifestazione umana, sono talvolta misteriose.
Io a 50 anni mi sto leggendo la Divina Commedia sul Bosco Reggio e poi ascolto Sermonti e provo anch'io a leggerla bene. Gido come un matto. Fantastica. Mi chiedo chi passa ore ed ore su testi di filologia e critica letteraria se abbia poi la voglia di fare la stessa cosa. Io ritaglio due ore la mattina presto e poi il mio lavoro è altro. Ringrazio di non avere studiato ettere moderne. Avrei forse perso tanta passione.
Il Bosco-Reggio era l'edizione che abbiamo letto al liceo. Il podcast di Sermonti lo seguii in radio trent'anni fa. Che splendida giovinezza abbiamo avuto... e non sono ironico. Tant'è vero che mi ricordo ancora praticamente tutto.
@@CarmeloLucaSambataroMusician si, il Bosco Reggio è veramente molto approfondito sia nelle introduzioni ai canti che nelle note. In più apprezzo sull'edizione che ho le stampe Dorè. Sermonti l'ho scoperto un mese fa, ed oltre a leggere molto bene i canti, li commenta in modo molto approfondito (quasi troppo).
Se dovessimo seguire il pensiero "la letteratura serve ad emozionare", forse allora dovremmo rivalutare Flavia Vento come maggiore poetessa del secolo, nessuno sarà mai in grado di emozionare (esclusivamente in negativo) come lei. Ma a parte le battute, invece come vengono scelte le poesie dei programmi scolastici? Perché Carducci si studiava ma oggi viene ritenuto (parole della mia prof di lettere) un poeta minore? Se fosse per la loro importanza (perché d'altronde per bellezza non può essere), è stato importante fino a un tot, poi basta? E come si valuta esattamente l'importanza di un autore o di una poesia?
Se un buon critico letterario è anche filologo e linguista, di conseguenza anche il filologo e il linguista non possono esimersi dall’essere anche critici letterari? Scusa per la domanda banale.
In realtà un critico letterario non può essere anche linguista e filologo perché sono tre carriere che richiedono una vita di studio. Ha però ampia conoscenza di tutte e tre, senza dubbio
Ma quindi filologia ed estetica -in senso scientifico- coincidono? In italia anche sulle arti figurative secondo me c'è lo stesso errore. Tutto è "messaggio", "collocazione storica" e niente su come aporezzare la qualità formale in se per se.
Quindi se volessimo seguire la logica di queste persone dovremmo dedurne che un astronomo gode di un cielo stellato meno di quanto ne possa godere Pinco Pallino al bar è che un fisico goda della bellezza della natura meno di Tizio Caio che è seduto allo stesso bar del tipo di prima.
Credo che le tue ipotesi siano tutte corrette, ma penso che tu ne abbia dimenticata una: filologia e linguistica sono difficili, e gli studenti di oggi non sono più abituati ad accettare di fare cose difficili. È difficile? Non lo faccio, e se mi obblighi stai commettendo un abuso. Questa tendenza c'è sempre stata, certo, è nel gioco delle parti: il prof pungola, lo studente "tira sul prezzo" per studiare meno. Ma questa generazione di studenti formatasi sulla riforma Gelmini, e devastata dalla dad è un caso limite: non si limita a lagnarsi, non riesce davvero a fare cose difficili. Altro punto. Io ho fatto lettere moderne ormai qualche anno fa, ma mi ricordo bene CHI ERANO gli studenti di lettere: per la maggior parte quelli che, non avendo passato i test di medicina o Politecnico, si parcheggiano a Lettere Moderne (ti parlo di UniMi). E questo era confermato anche dagli esiti degli scritti di Italiano, Latino e Linguistica Romanza, che al primo tentativo venivano passati da una media del 10% di persne. Quindi: a lettere si iscrivono, per la maggior parte, gli studenti peggiori. Ora che faccio l'imsegnante posso constatare che, ogni volta che alla fine dell'esame di maturità chiediamo al candidato cosa i tenda fare, a rispondere "lettere" sono effettivamente i peggiori; i migliori fanno economia, medicina, facoltà scientifiche. E ci stupiamo se si lamentino di dover studiare la variantistica leopardiana?
Non ho visto il video cui ti riferisci e quindi non posso esprimermi su quello; parlando in generale, tuttavia, è vero che in alcune università ci sia un eccessivo studio filologico a danno di tutto il resto. Un mio amico ha fatto triennale in Lettere classiche e magistrale sempre in quell'ambito e in cinque anni ha dato un singolo esame di letteratura italiana (tra l'altro su Petrarca e Dante, quindi per lui la letteratura si ferma al Trecento) e tre di filologia italiana (uno dei quali verteva sulla composizione della biblioteca di Petrarca e Bessarione...). In latino ha seguito solo corsi totalmente filologici, con l'apoteosi raggiunta in magistrale: corso sulle Notti Attiche di Gellio con in programma una settantina di capitoli che vertono su problemi grammaticali+uso del Thesaurus Linguae Latinae+tradizione di Gellio+manuale di Paolo Chiesa contenente la storia della tradizione di 23 diverse opere pervenuteci dall'antichità. In sostanza il 90% delle nozioni apprese tra triennale e magistrale è inutile (tutta nozionistica da imparare a memoria, che non allena il pensiero critico e non serve a niente andando a insegnare a scuola, perché ovviamente in classe non si fa questo), e le nozioni per diventare docente bisogna studiarle autonomamente dopo l'università
Però questo è un problema che non mi sembra riguardi strettamente il discorso del video. Tu parli di un problema di organizzazione dei corsi universitari, e da ex studente di lettere moderne mi trovo in parte d'accordo: la letteratura italiana era insegnata, da noi, malissimo, con un solo corso che inglobava tutto dal duecento al primo novecento, facendo una pappa inutile. Sul discorso della filologia invece non mi trovo d'accordo: si dovrebbero fare molta più filologia e molta più linguistica, che sono i due totem per chi vuole studiare discipline letterarie. Anche perché parliamoci chiaramente: la letteratura come la si intende normalmente, cioè che apri il libro e ti leggi il fattarello, te la fai a casa; all'università ti insegnano come usare mezzi più complessi per analizzare il testo da vari punti di vista che fuori da quell'ambiente non incontreresti, o incontreresti approcciando con molta più difficoltà la materia, e prima di tutto impari realmente cos'è un testo, cioè qualsiasi cosa meno che un oggetto per la masturbazione e il compiacimento collettivo delle comunità di quelli che si sono assolti da ogni colpa perché hanno letto stocazzo.
@@albertomutignani L'università non può essere un allegro intermezzo di cinque anni, in cui spendi migliaia di euro per apprendere nozioni inutili da imparare a memoria, che verranno dimenticate il giorno dopo aver preso un pezzo di carta: se le informazioni apprese ti arricchiscono come persona e migliorano le tue capacità critiche ottimo, ma se sono inutili e fini a loro stesse no (Seneca, nel De brevitate vitae, irrideva quelli che buttavano tempo a studiare roba ridicola tipi i nomi di tutti i vincitori della storia delle olimpiadi). Chiaramente dipende anche da cosa si intende con filologia, che mi pare nel video cui questo si riferisce non sia usato in senso tecnico, specifico: io nel commento precedente dicevo che spendere corsi interi per imparare le lettere identificative di una dozzina di manoscritti di Gellio, il secolo di realizzazione e i rapporti che intercorrono tra di essi è uno spreco, che oltretutto svilisce la dignità umana. Studiare a memoria i manoscritti che compongono la biblioteca di Bessarione non allena la capacità critica e non costituisce "un totem per chi studia le discipline letterarie", è un patetico nozionismo fine a sé stesso, non spendibile neppure in classe perché se provi a farlo a scuola gli alunni (giustamente!) ti prendono per un cretino.
@@alessandro65384 A parte che all'università non si spendono migliaia di euro, ma viene preso il modello isee (o non è più così?), quindi se sei in fascia bassa spendi 0 o pochissimo e se sei in fascia alta spendi tanto perché presumibilmente hai di più di altri. Detto questo, il concetto di inutilità della nozione è relativo: inutile per chi? per che cosa? Noi moltissime informazioni di cui disponiamo e che diamo per scontate, per esempio sull'epoca di produzione letteraria degli autori antichi e quindi sul rapporto di influenze che può esserci stato o meno nella loro letteratura (per fare un esempio a cazzo), le abbiamo grazie a quello studio che tu chiami spreco. Qualcuno deve farlo e qualcuno deve essere formato per farlo. Evidentemente, quel qualcuno si forma nella facoltà di filologia e non in quella di biotecnologie. Che poi quello non sia l'unico modo di declinare la filologia e che si possa insegnare con più trasporto su testi che ci appassionano di più, questo è chiaro: io ho studiato alcuni canti di Leopardi in filologia e mi sono goduto lo studio più che in altri casi, ma anche negli altri casi, quello era uno studio legittimo, sui testi, perché appunto non sta scritto né in cielo né in terra che la letteratura sia sempre un fatto di arricchimento e di emozione, e infatti queste menate non si sentono mai tra matematici o fisici.
@@albertomutignani Se sommi le tasse universitarie di cinque anni arrivi per forza a migliaia di euro anche se non sei ricco; se sei ricco e hai soldi, non significa che ti piaccia buttarli per farti prendere in giro. "Inutile" significa che invece di prepararti al mondo del lavoro (che per chi fa lettere 9 volte su 10 è l'insegnamento: ricordiamoci che è la scuola quella che deve formare l'individuo senza preoccuparsi minimamente del lavoro, NON l'università) o di darti degli strumenti critici che tu possa poi impiegare autonomamente in altri contesti legati al tuo ambito di studio, ciò che studi non ha altra utilità che l'apprendimento mnemonico del dato stesso, ad esempio appuntandosi gli orari in cui vai in bagno per 364 giorni di fila e poi imparandoli a memoria. Secondo il tuo ragionamento, imparare a memoria gli orari in cui vai in bagno per 364 giorni di fila non è inutile, anche perché "inutile per chi? Per che cosa?" (cit.); sei libero di pensare che studiare questo o i libri che compongono la biblioteca di Bessarione sia giusto, per carità, però non mi trovi d'accordo che sapere che Bessarione leggeva Tito Livio e non Sallustio abbia senso. Tra l'altro questa questione della letteratura come trasporto mica la condivido, la letteratura va studiata con rigore apprendendo dai saggi critici sul tema, ma appunto va studiata, non delegata a un "la fate per conto vostro quando uscite di qui e dovete prepararvi da zero per diventare docenti, perché per cinque anni avete imparato a memoria gli orari in cui andavate in bagno"
@@YasminaPani Questo tuo video mi ha fatto pensare allo studente che rifiuta un po la fatica necessaria per raggiungere il traguardo e di conseguenza alle persone che dopo aver visto qualche video si sentono degli esperti. Probabilmente ho sbagliato l'interpretazione, se è così mi scuso..
Purtroppo non mi sorprendo per niente: anche in Fisica c'è gente che attribuisce valore estetico (partendo da, o giungendo a, conclusioni sbagliate) alla meccanica quantistica. Qualche tempo fa andava di moda l'equazione di Dirac (scritta male) come "equazione dell'amore" 😅 Poco importa sapere di cosa sto parlando tecnicamente, ma il fenomeno è lo stesso. L'unica differenza è che nel mio ambito, molti studenti almeno hanno preso immediatamente le distanze da questa deriva (peraltro facendo meme abbastanza divertenti 😂)
@@YasminaPani Tra gli studenti sì, ma di veditori di fuffa ne abbiamo. Fortunatamente sono spesso persone che non hanno i titoli per parlare (i.e. neanche una triennale in Fisica). Nonostante io abbia fatto le mie scelte (ora ho un dottorato in Fisica), mi trovo spesso a discutere con persone che ritengono che la psicologia e la linguistica (per fare due esempi) non sono scienze. Onestamente trovo degradante che anche gli studenti di queste discipline non le trattino come meritano. Grazie per il lavoro che fai, e speriamo in un cambiamento che parta dagli studenti! Sono loro a mio avviso le persone che dovrebbero avere una visione scientifica di quello che fanno, invece che autosabotarsi. Poi, per carità, ci sono tante discipline rispettabili che non sono scienze secondo me, ma non è questo il caso per le due che ho citato; almeno secondo me :)
Da persona che ha ripetutamente cambiato il suo percorso di studi confermo che fare certi discorsi è quasi sempre sintomo di aver sbagliato università.
Yasmina io ti sento molto volentieri e sei bravissima nello spiegare, devo dire che anche una capra come me capisce quello che dici ma non riesco a guardarti negli occhi quando parli
@@YasminaPani io credevo che certe inquadrature fossero scelte appositamente per "scremare" il pubblico.. solo chi 'resiste' arriverà alla piena comprensione dei contenuti offerti
Secondo me questo è uno dei (tanti) motivi per cui anche nella secondaria si fa odiare la letteratura agli studenti: i docenti e anche certi presunti divulgatori online (per esempio, le centinaia di pagine dei vari booklover della minchia) fanno passare la letteratura per una cosa da gente carina che tiene il cuore grande. Così facendo si fa passare l'idea che uno studioso di letteratura sia uno che ha esplosioni orgasmiche durante la lettura (dei classici, rigorosamente), e come dici giustamente anche tu, si fa passare l'idea che studiare lettere all'università sia una questione di sentimenti (mentre chi studia discipline stem uccide a sangue freddo).
Venendo da lettere moderne a Chieti (a numero aperto) ho notato che la gente si iscriveva senza nessuna ragione se non per il fatto che era (ed è) considerata una roba facile, per tutti, per la quale basti avere il vizietto della lettura dopo cena. Necessariamente anche la qualità dei corsi si è abbassata: filologia romanza era praticamente una chiacchierata, con le aule piene, mentre chi voleva studiare davvero vagava come uno spettro per i corridoi dell'ateneo alla ricerca di un corso con un approccio scientifico (ce n'erano 3/4 veramente validi ed erano quelli odiati da tutti). Lo studio della letteratura è scientifico, l'unico vero approccio è quello metodologico (al di là della lettura da divanetto che facciamo tutti, ma che è altra cosa) e mi permetto di dire che si può studiare rigorosamente la letteratura senza per forza farsi le seghe sopra i libri o senza ciarlare di bellezza che salva il mondo e delle top ten dei libri che devi leggere per forza (e se non li leggo? mi scopano la mamma?)
Nulla da aggiungere ♥️
@@albertomutignani secondo me ci sono sempre diversi gradi di fruizione dell'arte. Definire chi dopo cena, magari dopo un'intera giornata di lavoro (in cui magari continua anche a tornare col pensiero alla sera prima) come uno che ha un "vizietto", lo ritengo ingiusto e un po' altezzoso. Penso che chi si iscrive all'Università debba essere passato per forza da quei brevi e incredibili momenti in cui è tutto lì in quelle righe, anche se non ti curi di approfondire tante questioni di filologia. È tutto lì, il resto intorno a te scompare e senti che quella è la tua vita. Temo invece molti di quelli che impazziscono all'Università su testi di critici e filologi non abbiano ricordi di quei momenti.
Diamo il giusto valore ad ogni fruizione dell'arte senza tanta alterigia.
😂 commento sottovalutato
gli strumenti del mestiere aiutano eccome nella comprensione del testo.
Avrei invece più perplessità per la scrittura. Molti testi di narrativa di capoccioni risultano talvolta macchinosi, virtuosistici e cervellotico. Come quelli di Umberto Eco, ad esempio
Questo commento meriterebbe milioni di mi piace...e anche il video ovviamente
Facciamo un'analogia con altre arti: musica, pittura. Chi si occupa di critica e di analisi e` ovvio che deve conoscere alla perfezione la metrica, il lessico, gli stili, le regole dell'armonia, la teoria musicale, la prospettiva, i colori, le ombre, la storia dell'arte. Chi fruisce e` libero di stabilire il livello di profondita` su cui cimentarsi. Chi produce con successo ed efficacia comunicativa (poeti e scrittori, musicisti, pittori) non sempre ha compiuto studi di tecnica, ma delle basi ne ha padronanza eccome.
Se però andiamo a vedere i geni nell'arte, quelli famosi per aver prodotto i più importanti capolavori, quasi sempre un minimo di istruzione formale (es. scuola) nel campo l'hanno avuta, e quelli che non l'hanno avuta hanno avuto il culo di ricervere le competenze da un mentore che gli seguiva passo per passo e che possedeva tali competenza.
Un famoso esempio di creatore di capolavori che ha ricevuto una importante istruzione formale nel suo campo, può essere ad esempio Dante Alighieri.
Beh sì ma lettere mica serve per insegnarti a fare lo scrittore
@@YasminaPani Questo è infatti un problema del sistema AFAM: ad oggi non contempla accademie di scritture, lasciando solo la holden in tutta italia come accademia di scrittura che rilascia un titolo equipolente al dams. E sappiamo tutti quale sia la qualità degli studenti medi della holden....
@@YasminaPani infatti: il mio commento tendeva a (cercar di) chiarire le finalita` di cio` di cui si discute, l'istruzione accademica.
@@LoscoX si` e no, secoindo me: cosa contraddistingue un genio in campo artistico? L'innovazione, che per essere tale deve portare contenuti qualitativi tali da coinvolgere molte persone e farle appassionare. In quest'ottica lo studio accademico puo` giovare, ma a volte, per esempio in Mozart, il talento precede gli insegnamenti e permette di superare il maestro. Come giustamente replica Yasmina, lo studio non e` finalizzato alla fioritura di talenti ma al loro riconoscimento e alle opportunita` di fruizione; leggendo altri commenti mi rendo conto che questo concetto e` chiaro a quasi tutti, e` stato peraltro molto utile farne oggetto di riflessione.
Ciò che tu dici mi ricorda una collega che era interessata in buddismo, nel senso della vita, etc. E voleva studiare filosofia. Io l'ho avvertita, che studiare filosofia all'università è tutt' un'altra cosa, che è uno studio molto tecnico, pieno di concetti astratti molto lontani di quel tipo di filosofia che piaceva tanto a lei. È purtroppo, avevo ragione ed è tornata delusa. Non perché l'università non propone filosofia, ma perché lei è entrata in facoltà con una visione proprio sbagliata di cosa sia la filosofia.
In generale penso che si possa apprezzare e gustare in pieno solo ciò che si comprende a fondo. Vale per un'opera letteraria, ma per qualsiasi altra forma d'arte: un dipinto, un brano musicale, un film ... Non ho mai inteso l'analisi filologica e critica come un peso, un ostacolo, ma al contrario come un arricchimento dell'esperienza estetica.
"Il rischio gramellinata è dietro l'angolo" è un tocco di classe.
Non riesco a coglierla...nel senso che gramellini è un pessimo letterato o è un buon letterato che sfotte i libri brutti?
«Filologia è quella onorevole arte che esige dal suo cultore soprattutto una cosa, trarsi da parte, lasciarsi tempo, divenire silenzioso, divenire lento, essendo un'arte e una perizia da orafi della parola, che deve compiere un finissimo attento lavoro e non raggiunge nulla se non lo raggiunge lento. Ma proprio per questo fatto è oggi più necessaria che mai; è proprio per questo che essa ci attira e ci incanta quanto mai fortemente, nel cuore di un'epoca del "lavoro": intendo dire della fretta, della precipitazione indecorosa e sudaticcia, che vuol "sbrigare" immediatamente ogni cosa (...). Per una tale arte non è tanto facile sbrigare qualsiasi cosa perché essa ci insegna a leggere bene, cioè a leggere lentamente in profondità, guardandosi avanti e indietro, non senza secondi fini, lasciando porte aperte, con dita e con occhi delicati.»
(Friedrich Nietzsche, introduzione ad "Aurora. Pensieri sui pregiudizi morali")
"L'attimo fuggente" non smetterà mai di far danni...
Rivedo questa logica della perdita di emozione a causa dell'arricchimento tecnico in quasi tutte le attività umane, io mi occupo d'illustrazione e guardando un disegno resto incantato nel guardare le scelte operate dal collega più che il messaggio tramesso al pubblico e alla fine sì, la conoscenza porta a una crescita individuale dalla quale non si torna indietro, in quel dato settore non potrai più avere lo stupore fanciullesco di chi è vuoto d'esperienza ma avrai accesso a segreti non alla portata di tutti.
Nella musica questa questione è risolta con chiarezza maggiore. Se si ascolta un Monteverdi diretto da Karajan e un Monteverdi diretto oggi si ha un godimento estetico completamente diverso. E questo godimento è dato dal supporto filologico in questo caso indispensabile.
Mi risulta che anche un tizio che aveva preso la specializzazione in GINECOLOGIA disse: ma perchè devo studiare? Si perde tutta l'emozione di operare su campo, quando facciamo le prove pratiche?
Ahah
Forse perché senza studiare non saprai distinguere un ut*ero da un'ova*ia (?) 😅
(Asterischi per evitare ban)
Da qualche parte ho letto una frase di Schumann in cui parlava dell'eccessivo sentimentalismo e di come finisca per uccidere le vere passioni... me la ricordo vagamente quella frase... ma credo che Schumann un like te lo metterebbe
Io sono una ex studentessa di lettere: ho smesso quando ho capito che non fossi emozionata dalla filologia e che non fossi molto portata per la linguistica (disciplina che comunque apprezzo). In fondo ho capito che volessi emozionarmi piuttosto comprendere a fondo, dunque ho cambiato ambito di studi ed ho avuto la fortuna di incontrare altre due grandi passioni: i cani e i bambini. Non ho mai veramente smesso di essere una lettrice, ma sicuramente il fatto di lasciare lettere mi ha dato la possibilità di sperimentare altre forme d'arte.
Di certo non condanno il percorso che ti fa fare una laurea in lettere, anzi sono orgogliosa di chi ha fatto della conoscenza della letteratura un mestiere e in qualche modo la divulga
Hai fatto benissimo, se non era la tua strada!
Non so se il paragone è calzante, ma questa situazione mi ricorda quella degli studenti che si iscrivono a lingue e si lamentano perché, oltre alla grammatica, vengono "costretti" a studiare anche la linguistica, che poi è la parte realmente universitaria. Mi pare che molti studenti chiedano all'università di soddisfare bisogni minimi che possono in realtà soddisfare loro stessi in autonomia, se non fosse per la loro pigrizia e per la loro incapacità di attivarsi senza che qualcuno li sproni costantemente
Da laureata in lingue ho avuto colleghi che si lamentavano dello studio delle relative letterature (corsi di laurea Lingue e Letterature Straniere).
Che sia bello ciò che piace, nel senso che da una emozione è sicuramente vero.
Ovviamente una "educazione alla lettura" aiuta ad apprezzare meglio l'esperienza.
L'immagine più tipica a descrivere questo rapporto lo vediamo in "L'attimo fuggente", in cui il professore strappava le pagine che riferivano il criterio tecnico della valutazione di un'opera.
Certo un'opera d'arte come un quadro, emoziona se esprime qualcosa; difficilmente un Caravaggio lascia indifferente, ma conoscere di più del contesto dell'opera, o le tecniche utilizzate, aggiunge molto all'apprezzamento.
Giustamente chi lavora nell'analisi deve approfondire i testi con criterio differente.
Nel mio caso un imprenditore ritiene di avere l'istinto per capire bene il mercato, l'organizzazione, costi e ricavi, perché vive il suo settore come se facesse parte del suo DNA.
Un analista invece, interviene con metodo per giungere a risultati più efficienti a partire dal superamento di una distorsione cognitiva.
Sono più bravo di lui? No di certo, ma ho gli strumenti tecnici per attestare se una cos funziona oppure no
Davvero un video illuminante, anche io avevo una concezione abbastanza marginale della filologia, ma devo dire che logicamente il tuo discorso non fa una piega e concordo pienamente. Anche io, pur leggendo per piacere, trovo molto interessante informarmi e in caso leggere qualcosa in più per capire meglio l'olera. Ciò non mi toglie il piacere anzi lo rafforza. Ti ringrazio ancora per un video così ben fatto e chiaro.
Se posso fare un paragone con la musica (non sono musicista e mai l'ho studiata) devo dire che da qualche tempo non mi limito solo all'ascolto ma anche alla sua lettura - mediante gli spartiti e la loro trascrizione - e ammetto che "studiandola" a questo modo si va a un livello superiore afferrandone segreti che il solo ascolto, pur stupendo, non è in grado di rivelare. E questo appunto amplifica la passione e l'emozione...
Da musicista confermo è assolutamente così:
Lo studio NON toglie la possibilità di trarre emozioni dall' ascolto ma anzi la comprensione di ciò che sta succedendo amplifica (e di molto) l' apprezzamento. Infatti ho apprezzato molto il video: la competenza non toglie nulla alla possibilità di godere dell' opera d' arte questo video lo dimostra in questo campo ma posso confermare al 100% che vale anche per la musica.
@@alessandrosevera3859Mi hai tolto le parole di bocca. Concordo su tutto.
Ho studiato filologia e ho il ricordo vivido del piacere che mi dava studiare i testi, pensavo che ero fortunata ad avere l'opportunità di capire in profondità quello che stavo leggendo attraverso l'analisi e la critica. Se sei appassionato di letteratura lo studio filologico ti piace per forza, altrimenti non sei appassionato, e allora la fatica dello studio sembra inutile. La scuola è un buon posto per capire questa differenza, a volte però ci si dimentica che per imparare le cose serve un po' di fatica.
Oggi la fatica non è ben vista!
Ciao Yasmina, ti seguo da un po' e apprezzo molto i tuoi video, ma da persona che lavora con la letteratura, fra scuola e università, vorrei fare una piccola precisazione. Ferma restando la necessità di un approccio critico e tecnico al testo, che ovviamente deve essere imprescindibile per un professionista della letteratura, credo che il problema della filologia sia un altro. In primo luogo la filologia viene presentata spesso come l'unico modo possibile di conoscere criticamente il testo, quando in realtà ci sono anche altri strumenti di analisi. Ciò avviene in particolare per la letteratura classica, dalla quale, a causa di questo fatto, mi sono purtroppo allontanato per molti anni. Spesso i professori universitari si focalizzano interamente sul dato filologico trascurando completamente, per fare un esempio, l'ermeneutica. Credo che la filologia sia fondamentale ma che non basti da sola: ricostruire uno stemma codicum, se poi non si fornisce un'interpretazione solida, significa rendere il testo arido e privo di interesse; e per fornire una buona interpretazione servono ben altri strumenti, la cui padronanza e il cui insegnamento da parte dei filologi sono spesso carenti. Credo che sia innegabile che all'università la maggior parte dei professori abbia purtroppo questa tendenza. Mi ricordo di un professore che, in un monografico su Aristofane, non faceva altro che commentare l'uso delle particelle. Penso che sia inconcepibile. Da studente ho sofferto molto questa condizione, così come tanti altri miei amici. Al di là delle esperienze personali, quello che secondo me manca è un approccio più completo al testo, che unisca la filologia (che, ripeto, è fondamentale) al resto. Io mi occupo di letteratura contemporanea: ogni volta che qualcuno propone di usare gli strumenti critici 'contemporaneistici' su un testo classico o della letteratura italiana precedente all'Ottocento sembra una tragedia. Ed è un gran peccato, perché sono certo che i risultati potrebbero essere interessanti. Ciò è sintomatico di una forte chiusura da parte dei filologi; più che chiusura però, oserei dire arroganza, dal momento che, per ricollegarmi a ciò che ho scritto all'inizio, per loro la filologia è l'unico vero strumento mentre tutto il resto è merda. In definitiva, non mi stupisce che la gente finisca per odiare i filologi e, di conseguenza, la letteratura che questi insegnano. Questo discorso comunque lo faccio per le persone 'brave' che hanno voglia di specializzarsi, non certo per i deficienti, che come hai detto tu, si iscrivono a lettere perché gli piace leggere.
Hai centrato il punto e hai saputo spiegarlo molto bene. Complimenti collega 👏🏼 dove ti sei laureato?
Bisognerebbe far vedere questo video in tutte le facoltà di lettere il primo giorno di lezione del primo anno
Grazie per il video molto interessante!
Direi che ci sono diversi livelli di godimento letterario. Mi vorrei limitare alla poesia.
Prima c'è una parte solo acustica. Ci sono delle poesie che mi fanno effetto solo per questo.
Poi c'è quella a livello di contenuto.
Poi c'è quella a livello di associazioni.
Qui ci vuole ogni tanto parecchio sapere.
Poi ce ne saranno altri.
Congiungendo i vari livelli alla fine ci sarà quell'unità della bellezza d'un testo.
Certe volte leggo un poema come se studiassi un pezzo di musica di Chopin (sono dilettante e ci metto dei mesi). Leggendo il testo varie volte alla fine i versi, il contenuto, le metafore d'un poema si susseguono nella mia immaginazione come un flusso di quadri come se fossero le melodie linguistiche d'una musica.
Il problema dell'insegnamento letterario all'università è forse che come nell'ambito amatoriale ci sono quelli che non s'interessano della critica letteraria, nell' ambito della critica ci sono pure quelli che non riescono a far capire agli studenti e condividere con loro le emozioni che un testo può suscitare dopo aver capito i livelli successivi a quello d'una prima lettura.
Ho sentito dire queste cose in altri ambiti e materie. Per esempio, studenti di statistica che dicono:
“mi piacciono un sacco gli studi statistici, per esempio quello studio che dice xyz”
Quando magari lo studio dice altro.. e a volte non ci si pone nemmeno il problema di verificarne la veridicità, ma dal momento che le conclusioni combaciano con alcune aspettative che una persona ha nella propria mente, lo studio diventa automaticamente autorevole.
Brillante idea approfondire (con una specifica live) il già ricco e interessante contenuto di questta chiarissima lezione.
In questo video ci sono delle botte di sarcasmo davvero micidiali 😂
Sono d'accordo che molti studenti non scelgono una facoltà per i motivi giusti, anche io ho fatto questo errore a suo tempo. Servirebbe che qualcuno gli spiegasse che l'università è una specializzazione, un percorso per diventare esperti della materia che ti appassiona. Vuol dire, intanto, che la scuola è finita, è ora di cominciare a muoversi con le proprie gambine senza che ci sia sempre qualcuno che ti accompagna tenendoti per manina. In secondo luogo, vuol dire che con una laurea tu dovresti essere tecnicamente in grado di discutere alla pari coi tuoi professori; certo, ci sarà sempre qualcosa da imparare, ma non come imposizione dall'alto, bensì come condivisione con altri esperti. Invece, per come è strutturato tutto il comparto istruzione, dall'asilo in su, è tutto un doversi referenziare con chi si sente superiore a te, ritardando all'infinito quel momento di crescita personale in cui "ti arrangi". Salvo poi usare quel benedetto foglio di carta, che attesta solo che hai studiato, non che sai, né tantomeno che sai fare, per entrare nel posto di lavoro e trattare persone che son lì da vent'anni a maneggiare gli strumenti del mestiere, e pretendere di saperne di più. Siamo già alla seconda generazione di fila che si approccia in questo modo, e i risultati si vedono nel tasso di disoccupazione giovanile a fronte di offerte di lavoro che cadono nel vuoto.
Quando mi sono iscritta a lettere eravamo la metà di mille, ora sono all'ultimo anno di filologia e siamo rimasti in quattro gatti e questo proprio perché molte persone scelgono questo percorso per caso o per sbaglio, complice anche il fatto che sia rimasta una delle poche facoltà senza alcun tipo di test d'ingresso
Sì esatto
Ma quanto hai ragione? A un certo punto hai usato l'aggettivo "artistico", che io trovo assolutamente coerente con le produzioni letterarie. Mi venivano in mente i dipinti di Caravaggio e le musiche di Morricone: entrambi hanno prodotto delle opere che emozionano moltissimo, ma originano da uno studio molto profondo e accurato. ❤👏👏👏👏
È una piaga quella delle emozioni petalose. Per esempio, io non riesco ad avere un godimento estetico sul un affresco, ma starei ore ad ascoltare come mai si sono usati certi colori o di come le tratte commerciali abbiano introdotto nuove sfumature di blu o altro. L'arte viene insegnata come un vezzo, nessuno ti insegna a "consumarla" e scegliere come "consumarla". C'è l'insensata pretesa che bisogna seguire le emozioni, o altre menate new age.
Heidegger sostiene che la Letteratura ( Letteratura è un nome proprio fa riferimento sin settore assolutamente specifico di opere di narrativa di poesia di teatro di critica di informazione più o meno tipica più o meno diversificata rispetto all' ambito di riferimento ) si caratterizza come studio di problemi . Secondo il filosofo tedesco, , cioè la Letteratura dovrebbe impegnarsi a indagare tutte quelle problematiche sociali politiche umane a vario titolo di cui la filosofia non si occupa , in quanto il suo campo di riferimento verte su questioni più o meno astratte o più o meno concrete , la metafisica l' essere l' ente l'esserci la morale la religione l'arte la logica la dialettica . Cosa intenderà Heidegger con il sostantivo problemi .? Le tante piccole e grandi questioni che caratterizzano la vita dei nostri giorni , di tutti i nostri giorni , del nostro quotidiano per capirci , argomenti di cui la filosofia raramente tratta, a cominciare dall' amore, a quante volte al giorno lo facciamo perché si e perché no , dei problemi che ci assillano più o meno importanti, delle ambizioni delle aspirazioni , degli interessi , degli impegni , del nostro vissuto , perché questo è soprattutto la Letteratura .Molti eventi importanti accompagnano la nostra quotidianità , dall' emigrazione al lavoro al minore o maggiore impegno perché tutto questo possa assumere quei livelli di trasformazione che ci auspichiamo . Il benessere l' indigenza , il colore sociale che li esprime.La cultura la vacanza , la tematica religiosa e la sua praticabilità, le problematiche sessuali.E tanto altro ancora. Se passiamo a considerare la Letteratura rispetto alle problematiche di natura tecnica che la caratterizza , è indubbio che una conoscenza della stessa è possibile solo se la completiamo attraverso un numero più o meno rilevante di conoscenze culturali che ci permettono di sviscerare le realtà nascoste che sono presenti nei testi degli autori, romanzi poesie o quant' altro .A me , ad esempio, piaceva accompagnare la letteratura alla storia. Un racconto o un romanzo di Verga o altri veristi o scrittori realisti del secondo Ottocento ( tipo De Marchi ) mi consentivano tutta una serie di considerazioni sulle problematiche sociali e politiche del Sud sullo sviluppo del lavoro dell' industrializzazione del progressi sindacali e politici di Secondo e Fine Ottocento, , Bakunin e l' anarchismo nelle campagne italiane , i progressi operai via via che il partito socialista italiano si faceva più consapevole dei propri mezzi . Io ho privilegiato l' indirizzo storico marxista della letteratura.
Heidegger è un pensatore immortale. Anche se l’ho studiato di fretta come ultimo autore del liceo, mi è rimasto impresso come pochi e questo estratto che hai ripreso è proprio un esempio della sua genialità
Posso chiederti (ma lo chiedo anche a chiunque legga questo commento e crede di poter rispondere) qualche titolo di libro/manuale per approcciarsi al mondo dell'analisi critica di un testo? Vorrei iniziare a dar valore alle mie recensioni, evitando di dire semplicemente che un testo che ho apprezzato è bello e narrando la trama-cosa che vedo anche in gran parte di recensioni di booktok e simili- e riuscire ad argomentare in maniera compiuta analizzando le varie caratteristiche (?) di uno scritto. Ti, e vi, eventualmente, ringrazio molto.
Video interessante. Premesso che ho capito che parli dell'università in generale, in questo contesto voglio comunque sfogarmi e raccontarti la mia esperienza presso l'Università di Pisa. Ti assicuro che lì di filologia se ne fa davvero fin troppa. Gran parte dei professori della triennale e della magistrale (molti insegnano in entrambi i corsi di laurea), sono specializzati in questo settore e, dal momento che portano avanti anche altri insegnamenti, ciò pesa pure su discipline che non hanno nulla a che fare con la filologia in sé. In sostanza o fai filologia o fai filologia. Cambia la nomenclatura ma non la sostanza. Chi come me dunque si è illuso nel corso dell'università di preparare materie diverse sotto prospettive metodologiche diverse è rimasto completamente fregato (tranne in rarissimi casi). Non a caso un professore che ho seguito con immenso piacere, filologo ma al tempo stesso "apostata" rispetto agli altri, disse in una delle sue prime lezioni qualcosa come: "va bene ricostruire i testi, ma, una volta ricostruiti, bisognerà pur farci qualcosa" (e aveva ragione). Ogniqualvolta partecipavo a una qualsiasi lezione sapevo già, ahimè, cosa aspettarmi: lezione di qui, congettura di là, cruces di lì, stemma codicum di là. Non si usciva da sto recinto. Zero. Praticamente dovevamo uscire fuori tutti dei provetti Wilamowitz. Alla fine, quando ho preparato uno degli ultimi esami obbligatori per il mio curriculum, sono arrivato ad apprezzare criticamente l'opera da solo (Coefore di Eschilo) e a disprezzare completamente il corso (astruso all'inverosimile e pieno di sottigliezze per me inutili). Mai mi sarei aspettato di provare una cosa del genere per un esame (partivo infatti con l'idea che un corso, interessante o meno, mi avrebbe comunque arricchito). Per questo motivo capisco chi dice che in certe università c'è troppa filologia e che, a causa di ciò, si perde il gusto dello studio.
Da biologa vedo un approccio simile anche nel mio campo. Quando si parla di biochimica, biologia cellulare o molecolare siamo tutti d'ccordo che sia necessario farsi il mazzo per capire i dettagli, acquisire visione d'insieme e comprendere a fondo la materia. Quando si parla di botanica o ecologia, ci si aspetta che sia tutto facile perché in fondo si parla di stare a guardare i fiorellini, che sono belli esteticamente e quindi, per qualche motivo, inadatti allo studio scientifico. E quindi hai i biologi che studiano le "cose serie" che ritengono gli studi naturalistici alla stregua di una bella passeggiata fine a se stessa, e molti amatori che si rifiutano di approfondire lo studio della natura, perché pensano che questo cancelli la sensazione di bellezza che gli umani provano verso le stessa.
In generale, ho la sensazione che si pensi che solo ciò che è noioso è magari brutto esteticamente possa essere "roba seria" e quindi adatta al mondo del lavoro. Tutto ciò che, invece, è anche bello o piacevole sia un cagatina inutile da fare nel tempo libero.
Se per godimento estetico si intende l'esibizione artistica, sì. La performance troppo pensante rovina un opera che non sia un testo di studio, se non per specifiche iniziative dove la quantità di informazioni nascoste e intricate diano valore al contesto in esame.
Come al solito esprimi un grande spirito combattivo, soprattutto quando si parla di letteratura. Io non faccio lettere però sono un grandissimo amante della letteratura e noto anch’io - non solo nella letteratura ma nell’arte tout court - un lassismo e una passività sconvolgenti nei confronti delle materie tecniche necessarie alla comprensione del testo letterario. Il voler rimanere ignoranti tenta di far passare l’idea che un’opera è più bella se non ci capisco un cazzo. Perché analizzare alcune scene di un film, un verso di una poesia, un capitolo di un romanzo o un dipinto, quando poi perdo l’unità dell’esperienza la quale produce l’estasi estetica di cui sono alla ricerca? Per costoro analizzare significa svilire l’opera perché applicare l’analisi (e la ragione) viene tradotto come un tradimento verso l’arte che è in prima istanza sentimento.
Il problema è la superficialità nello studio.
Nelle scienze la faccenda è complementare ... un sacco di gente con una preparazione si e no liceale, che al massimo ha visto Quark o qualche divulgatore sui social, si sente in grado di criticare e mettere in discussione risultati scientifici acquisiti magari proponendo qualche fantasiosa teoria alternativa nel igliore dei casi.
Oh il video che cercavo finalmente.
Vorrei chiederti se volessi cominciare a diventare un poco esperto nell'analisi di un testo letterario da dove si comincia da autodidatti. Iscrivermi all'uni è impensabile in quanto ho già dato con giurisprudenza e non ho più voglia di dare esami.
Quali sono le materie che uno potrebbe cominciare a studiare e magari in che ordine di importanza? Forse un testo introduttivo sulla critica letteraria?
Poi un'altra domanda: le materie cambiano a seconda del genere letterario? Immagino che un conto sia l'analisi di un componimento poetico e altra cosa sia l'analisi di un romanzo.
Un manuale può esserle senz'altro utile per avviarsi all'analisi del testo. Un libro vecchiotto ma fondamentale e ancora valido, per esempio, è "Critica stilistica e semantica storica" (1966) di Leo Spitzer.
Lo Studio non può che aumentare il godimento, nella letteratura così come in altre arti.
Lo studio permette di penetrare nel profondo.
Dirò di più: mentre chi gode dell'opera artistica nella superficie, si diletta, assapora e poi passa ad altro, chi analizza in modo articolato, chi dedica più tempo ad un'unica opera, scopre strati sommersi, nuovi "gusti" che arricchiscono sensazioni estetiche e conoscenza.
purtroppo esiste un termine, simile a boomer a mio parere, per chi fa il tuo ragionamento (io sono totalmente dalla tua parte):"novecentesco.Indicando così l'idea che l'approccio critico, filologico etc sia datato
Ciao, Yasmina! Problema sempre presente, puoi immaginare (e sai) quanto spesso si verifichi in classe. Ma anche sull'amore per la lettura di chi si iscrive in Lettere avrei qualche dubbio. Intanto sono pochissimi i colleghi che leggono costantemente e si aggiornano nelle proprie discipline, poi ho ricordi indelebili di colleghi che non leggevano neanche quando erano giovani. Ti racconto una cosa. Sarà stato il 1999 o il 2000 (quegli anni). Corso di Letteratura Italiana Moderna e Contemporanea (una sorta di Letteratura Italiana III), non proprio illuminante, ma bello per gli appassionati. C'era un corso monografico piuttosto ben fatto su Vitaliano Brancati, la parte generale e poi la lettura integrale con apparati storico-critici di tre romanzi da un nutrito elenco, normale programma di una materia complementare del vecchio ordinamento. Do l'esame, tutto ok, mi sono divertito a farlo, poi mi chiama una collega e mi chiede quale libro piacerebbe alla professoressa che noi leggessimo. Io rimango stupito e le ricordo che la scelta è assolutamente libera in quell'elenco e lei mi dice che senz'altro qualcuno ci sarà e che comunque lei non sa scegliere che libro leggere. Ne aveva scelto uno (non ricordo quale) ma.poi l'ha scartato pensando che la professoressa l'avrebbe potuta rimproverare perché troppo breve. È una cosa di cui ancora non mi capacito: all'ultimo anno di Lettere davvero non sai scegliere liberamente da un elenco di libri e non solo non hai maturato interessi personali, non hai fatto il salto di qualità, ma addirittura ti trovi davanti a uno scaffale e non sai che libri prendere. Io non sono granché, sono una persona qualunque, ma questo atteggiamento (questo disamore, chiamiamolo con il suo nome) non lo capirò mai in chi intraprende una strada. Una strada che, per di più, è molto improbabile sia stata scelta per prospettive lavorative rosee...
A me è capitato invece che all'esame di letteratura contemporanea io fossi l'unica ad averli letti tutti, i libri, che erano tipo 7 e di autori notissimi come Sciascia, Gadda e Moravia: non dovresti neanche scegliere, dovresti volerli leggere tutti, anche se all'esame ti chiedono quello a piacere. E ho visto le stesse cose anche in lettere classiche, dove sei veramente coglione se ti ci iscrivi senza essere appassionato. Eppure sì, è come dici tu: in realtà tanta gente che fa lettere non legge proprio.
@YasminaPani No, nonostante io sia un buon lettore, non avrei potuto leggerli tutti per l'esame. Alcuni, già li conoscevo, altri li ho letti dopo, appunto perché li volevo conoscere tutti, poi però mi faccio sempre sviare dal miei percorsi. La collega di cui parlavo era di Lettere moderne, io di Lettere classiche, ma a Palermo da questo punto di vista non c'era grande differenza. Forse, noi di LC eravamo più presi dalla saggistica, anche per ondate di pensiero (che oggi ritengo discutibilissime, per non dir altro, specialmente a Lettere), tipo quella che l'intellettuale legge saggi e non romanzi, o almeno più saggi che romanzi, che è un po' la caricatura di quello che tu racconti benissimo in questo video. A me pare, però, che le letture accademiche saranno diverse tra i due indirizzi, ma le letture personali, fiction e non fiction, non dovrebbero mai venire meno. E soprattutto che una persona adulta di qualsiasi indirizzo debba essere in grado di prendere una decisione matura e consapevole, che va dallo scegliere un libro a quella di leggerli tutti, come hai fatto tu. Rimane il problema che perfino Lettere classiche è ancora una laurea tutto sommato abbordabile (almeno per chi ha fatto un buon liceo e sceglie con un briciolo di consapevolezza) e molti che devono appendere la laurea in salotto la preferiscono per questo.@@YasminaPani
Sì, concordo su tutto
Da laureando in Lettere mi trova perfettamente d'accordo. Purtroppo io pecco dell'eccesso opposto. Non riesco ad apprezzare pienamente un testo (non solo letterario ma anche filmico) se non lo comprendo fino in fondo. L'unica lettura di piacere di cui faccio esperienza è quella critica.
È un peccato perché è un po' un limite!
Condivido le tue lucide e concrete osservazione pero' avendoti scoperta da poco...avrei una domanda...cos'e' una gramellinata?😅 Ps: complimenti per i tuoi contenuti, a poco a poco sto recuperando tutti i tuoi video!
Trovo assolutamente condivisibile questo discorso. Ritengo che sia molto importante la comunicazione, per coinvolgere gli studenti di una generazione che non legge più e che ha continuamente bisogno di essere stimolata e guidata nella comprensione di un testo. Questo senza nulla togliere al rigore scientifico.
Infatti, spiegazioni stimolanti non vuol dire non tecniche. Certo non tutti i docenti ne sono capaci, ma bisogna anche ricordarsi che l'università non è il centro estivo
Certo, ma molte volte ci vuole una forte motivazione intrinseca per capirlo, e purtroppo non è da tutti.
@@YasminaPani 🤣
grande Yasmina, ti vedrei come preside di un liceo classico, ma con una buona scorta armata
Ahah
Cioè questi hanno scambiato un corso di laurea per un club di lettura per 50enni single che vogliono rimorchiare dandosi un tono, ma roba da matti 🤦🏻
Ps. Io da quando ho studiato Jung e la questione degli archetipi letterari, per fare un esempio, leggo certe opere con un piacere moltiplicato per 10, ma vabbè...
Su questo argomento posso chiedere un consiglio di studio?
Mi sembra riduttivo limitare l'importanza della letteratura al piacere estetico trasmesso da essa, molta letteratura è importante anche perché esprime efficacemente valori morali e politici, fa conoscere aspetti della società e della natura in un modo più riuscito rispetto a tanti testi tecnici non letterari e così via...
A mio avviso, questa dicotomia tra critica e sentimento ha un'origine culturale precisa: il romanticismo e alcuni suoi epigoni/lettori à la Nietzsche. Fu lui, ad esempio, a distinguere lo spettatore critico da quello estetico, denigrando il primo. Molte persone (soprattutto artistoidi) adottano l'escamotage della lettura come godimento, con l'obiettivo di non ragionare, fondamentalmente. Assumere una posa critica, soprattutto nei confronti delle cose belle, costa: in termini di fatica, ripensamento di se stessi, attenzione. Questo, per i privilegiati che spesso si approcciano alla letteratura, è troppo: veramente troppo.
Gramellinata ❤
Il rischio-gramellinata 😂😂 Secondo me è ancora più grave il rischio-recalcatata o il rischio d'aveniata 😉
Siamo lì 😂
Odio Gramellini mi fa alzare la glicemia, proprio lo sento fisicamente...🤣
ciao Yasmina, potresti fare una recensione su Bukowski?
Sei la luceeee, il soleeee bellissimaaaaaaaaaaa dagli occhi magiciiiiiiiiiiii
Buonasera Yasmina. Che lo studio di una forma d'arte sia in contrapposizione col provare le emozioni che trasmette un'opera di quella stessa arte può dirlo solo un Gramellini, appunto, o qualcuno che sia cresciuto a pane e attimi fuggenti. Non so cosa si dicesse nel video su Instagram di cui parli e nei relativi commenti: posso immaginare che alcuni di essi fossero sfoghi relativi ai recenti esami di maturità, in cui i candidati ripetevano a pappagallo le schede di analisi testuale del manuale. In effetti c'è una cosa, però, che trovo aberrante, e a un certo punto l'hai detta: che una persona possa dirsi "esperta" di Orlando Furioso avendone letti solo 4 canti per l'esame. In uno dei commenti hai anche scritto che all'esame di letteratura contemporanea avevi letto tutti i romanzi di cui si era parlato durante il corso, e che eri l'unica ad averli letti tutti. Mio padre pure era un linguista, e di letteratura inglese aveva letto di tutto e di più. Quando mi preparavo alla mia maturità e lui mi aiutava a ripassare, mentre ripassavo Virginia Woolf mi disse, nell'eventualità che mi fosse chiesto all'esame, di non nominare quell'Arnold Bennett scrittore "realista" con cui lei ebbe una polemica, perché non avevo letto nulla di lui. Quando ho scoperto, qualche maturità fa, dopo metà candidati che pappagallavano di James Joyce, che nemmeno la collega di inglese aveva letto lo Ulysses per intero, mi sono detto: ma come fa a insegnarlo se neanche l'ha letto?
Ti giuro, è un discorso che faccio paro paro per il videogioco.
Vuoi fruire del videogioco? Ti piace giocare e condividere la tua esperienza utente online? Fa' pure, non c'è problema!
Ma se hai la pretesa di fare critica e vuoi fregarti del titolo di critico del videogioco, allora devi avere degli strumenti tecnici che ti permettano di comprenderlo nel suo insieme sistemico ed estetico, e devi dunque conoscere il game design -- la teoria di come si progetta l'artefatto di gioco, i livelli di interazione tra l'utente e l'artefatto e l'esperienza estetica emergente nel suo complesso.
Apriti cielo! Tralasciando coloro che mi hanno accusato di non sapere cosa fosse il game design (nonostante io lo abbia studiato davvero e faccia videogiochi per campare), mi hanno detto dietro di tutto: che ero un gatekeeper, che il mio discorso era classista... Che per essere bello un gioco doveva solo essere bello, e dato che il bello è soggettivo non si potevano fare analisi tecniche al di fuori delle fredde questioni numeriche e quantificabili... Che in fondo basta sapersi emozionare, e che chiunque esprima un giudizio sta facendo critica.
Insomma, le stesse identiche baggianate che si sei dovuta sopportare tu, e alle quali ho dato risposte molto simili.
C'è anche chi ha sostenuto che una creator femminista intersezionale, siccome stava osservando il medium attraverso la sua lente femminista intersezionale, stava anche lei facendo critica videoludica perché applicava la critica femminista al videogioco!
Se la letteratura affronta questa deriva anti-intellettuale, nonostante i suoi secoli di storia e la sua dignità, immagina quanto possa essere puerile la discussione internettiana attorno a un medium che è perlopiù un prodotto di escapismo e non ha neanche 70 anni di storia!
Tutti vogliono essere -- o sarebbe meglio dire: apparire -- dei gran critici di 'sta ceppa, ma poi rifiutano la condizione necessaria: apprendere le basi del medium. Il videogioco non acquisterà mai dignità artistica fin tanto che i massimi esponenti di questa "critica" si limiteranno soltanto a giocare di fare gli intellettuali, perché un medium viene preso sul serio tanto quanto è seria la sua critica.
So che probabilmente non te ne fregherà un cazzo, ma ci tenevo dirti grazie: di questi discorsi c'è una gran necessità; perché là fuori c'è davvero troppa che gente che, in ogni campo, pretende di poter fare il ginecologo armata solo della passione per la figa.
Magari è off topic, ma secondo me la leggerezza con cui le persone, spesso, affrontano la "fruizione" della letteratura (non critica, ma estetica) si può collegare anche alla stessa superficialità con cui si avvicinano alla scrittura. La letteratura è una disciplina, richiede un approfondimento costante, impegnato, è fatta di regole che vanno assimilate, e penso che valga lo stesso anche per l'atto creativo in sé: la scrittura è un "mestiere", non nel senso economico del termine (purtroppo), ma in quello tecnico, ovverosia c'è un "apprendistato letterario" da seguire, fatto di studio e pratica, ricerca instancabile e messa in atto dei risultati di questa. Ci sono persone che si mettono a scrivere e leggono poco, male e a volte proprio per nulla, e pretendono di pubblicare e che il titolo di scrittore o scrittrice gli sia riconosciuto, ma non funziona così: ci sono autori che per riuscire a scrivere e pubblicare qualcosa ci hanno messo anche vent'anni, e proprio perché non si sentivano pronti prima.
A me il signor Prati, non so perchè, ma per come comunica, nelle enfasi espressive, mi ricorda Salvini. E poi denunziare che c’è troppa poca emozione in un mondo dove semmai ce n’è troppa mi pare demenziale.
Effettivamente sul secondo punto hai ragione. Ma dare del Salvini è un insulto troppo pesante 😂
@@YasminaPani omg ma quindi l'account era quello... ? purtroppo come sempre in questi casi la divulgazione facile attira molte persone poco avvertite
è vecchia, abbiamo torto. Chi ha studiato e chi non ha studiato non parlano lo stesso linguaggio e proprio non si capiscono. Siamo noi che dobbiamo imparare il loro, d'altronde anche a noi spesso piacciono alcuni tomi che sono oggettivamente delle ciofeche e non sappiamo proprio il perché. Le vie della letteratura, in quanto manifestazione umana, sono talvolta misteriose.
Io a 50 anni mi sto leggendo la Divina Commedia sul Bosco Reggio e poi ascolto Sermonti e provo anch'io a leggerla bene. Gido come un matto. Fantastica. Mi chiedo chi passa ore ed ore su testi di filologia e critica letteraria se abbia poi la voglia di fare la stessa cosa. Io ritaglio due ore la mattina presto e poi il mio lavoro è altro. Ringrazio di non avere studiato ettere moderne. Avrei forse perso tanta passione.
Eh appunto ahah se ti passa la passione non era la tua strada
@@YasminaPani Certo!! Spero però che la Divina la leggano tutta e bene all'Università. Ciao Yasmina seguo con interesse i tuoi video. Buona serata.
Il Bosco-Reggio era l'edizione che abbiamo letto al liceo. Il podcast di Sermonti lo seguii in radio trent'anni fa. Che splendida giovinezza abbiamo avuto... e non sono ironico. Tant'è vero che mi ricordo ancora praticamente tutto.
@@CarmeloLucaSambataroMusician si, il Bosco Reggio è veramente molto approfondito sia nelle introduzioni ai canti che nelle note. In più apprezzo sull'edizione che ho le stampe Dorè. Sermonti l'ho scoperto un mese fa, ed oltre a leggere molto bene i canti, li commenta in modo molto approfondito (quasi troppo).
È criticato pure leggere per puro piacere.
Se dovessimo seguire il pensiero "la letteratura serve ad emozionare", forse allora dovremmo rivalutare Flavia Vento come maggiore poetessa del secolo, nessuno sarà mai in grado di emozionare (esclusivamente in negativo) come lei.
Ma a parte le battute, invece come vengono scelte le poesie dei programmi scolastici? Perché Carducci si studiava ma oggi viene ritenuto (parole della mia prof di lettere) un poeta minore? Se fosse per la loro importanza (perché d'altronde per bellezza non può essere), è stato importante fino a un tot, poi basta? E come si valuta esattamente l'importanza di un autore o di una poesia?
Se un buon critico letterario è anche filologo e linguista, di conseguenza anche il filologo e il linguista non possono esimersi dall’essere anche critici letterari? Scusa per la domanda banale.
In realtà un critico letterario non può essere anche linguista e filologo perché sono tre carriere che richiedono una vita di studio. Ha però ampia conoscenza di tutte e tre, senza dubbio
@@YasminaPani interessante puntualizzazione, grazie
Questi discorsi vanno a braccetto con "una laurea in Lettere se la possono prendere tutti"...odiosi.
Posso chiederti che laurea hai conseguito?😍
Lettere classiche, linguistica e poi letteratura italiana
@@YasminaPani bello bravissima
Ma quindi filologia ed estetica -in senso scientifico- coincidono? In italia anche sulle arti figurative secondo me c'è lo stesso errore. Tutto è "messaggio", "collocazione storica" e niente su come aporezzare la qualità formale in se per se.
Genio 🏆✔️
Una variante del solito, menzognero dibattito "tecnica vs sentimento" che esiste a proposito di quasi ogni ambito creativo (e non solo).
Quindi se volessimo seguire la logica di queste persone dovremmo dedurne che un astronomo gode di un cielo stellato meno di quanto ne possa godere Pinco Pallino al bar è che un fisico goda della bellezza della natura meno di Tizio Caio che è seduto allo stesso bar del tipo di prima.
Credo che le tue ipotesi siano tutte corrette, ma penso che tu ne abbia dimenticata una: filologia e linguistica sono difficili, e gli studenti di oggi non sono più abituati ad accettare di fare cose difficili. È difficile? Non lo faccio, e se mi obblighi stai commettendo un abuso.
Questa tendenza c'è sempre stata, certo, è nel gioco delle parti: il prof pungola, lo studente "tira sul prezzo" per studiare meno. Ma questa generazione di studenti formatasi sulla riforma Gelmini, e devastata dalla dad è un caso limite: non si limita a lagnarsi, non riesce davvero a fare cose difficili.
Altro punto. Io ho fatto lettere moderne ormai qualche anno fa, ma mi ricordo bene CHI ERANO gli studenti di lettere: per la maggior parte quelli che, non avendo passato i test di medicina o Politecnico, si parcheggiano a Lettere Moderne (ti parlo di UniMi). E questo era confermato anche dagli esiti degli scritti di Italiano, Latino e Linguistica Romanza, che al primo tentativo venivano passati da una media del 10% di persne.
Quindi: a lettere si iscrivono, per la maggior parte, gli studenti peggiori. Ora che faccio l'imsegnante posso constatare che, ogni volta che alla fine dell'esame di maturità chiediamo al candidato cosa i tenda fare, a rispondere "lettere" sono effettivamente i peggiori; i migliori fanno economia, medicina, facoltà scientifiche.
E ci stupiamo se si lamentino di dover studiare la variantistica leopardiana?
❤❤❤❤❤
Non ho visto il video cui ti riferisci e quindi non posso esprimermi su quello; parlando in generale, tuttavia, è vero che in alcune università ci sia un eccessivo studio filologico a danno di tutto il resto. Un mio amico ha fatto triennale in Lettere classiche e magistrale sempre in quell'ambito e in cinque anni ha dato un singolo esame di letteratura italiana (tra l'altro su Petrarca e Dante, quindi per lui la letteratura si ferma al Trecento) e tre di filologia italiana (uno dei quali verteva sulla composizione della biblioteca di Petrarca e Bessarione...). In latino ha seguito solo corsi totalmente filologici, con l'apoteosi raggiunta in magistrale: corso sulle Notti Attiche di Gellio con in programma una settantina di capitoli che vertono su problemi grammaticali+uso del Thesaurus Linguae Latinae+tradizione di Gellio+manuale di Paolo Chiesa contenente la storia della tradizione di 23 diverse opere pervenuteci dall'antichità. In sostanza il 90% delle nozioni apprese tra triennale e magistrale è inutile (tutta nozionistica da imparare a memoria, che non allena il pensiero critico e non serve a niente andando a insegnare a scuola, perché ovviamente in classe non si fa questo), e le nozioni per diventare docente bisogna studiarle autonomamente dopo l'università
Però questo è un problema che non mi sembra riguardi strettamente il discorso del video. Tu parli di un problema di organizzazione dei corsi universitari, e da ex studente di lettere moderne mi trovo in parte d'accordo: la letteratura italiana era insegnata, da noi, malissimo, con un solo corso che inglobava tutto dal duecento al primo novecento, facendo una pappa inutile. Sul discorso della filologia invece non mi trovo d'accordo: si dovrebbero fare molta più filologia e molta più linguistica, che sono i due totem per chi vuole studiare discipline letterarie. Anche perché parliamoci chiaramente: la letteratura come la si intende normalmente, cioè che apri il libro e ti leggi il fattarello, te la fai a casa; all'università ti insegnano come usare mezzi più complessi per analizzare il testo da vari punti di vista che fuori da quell'ambiente non incontreresti, o incontreresti approcciando con molta più difficoltà la materia, e prima di tutto impari realmente cos'è un testo, cioè qualsiasi cosa meno che un oggetto per la masturbazione e il compiacimento collettivo delle comunità di quelli che si sono assolti da ogni colpa perché hanno letto stocazzo.
@@albertomutignani L'università non può essere un allegro intermezzo di cinque anni, in cui spendi migliaia di euro per apprendere nozioni inutili da imparare a memoria, che verranno dimenticate il giorno dopo aver preso un pezzo di carta: se le informazioni apprese ti arricchiscono come persona e migliorano le tue capacità critiche ottimo, ma se sono inutili e fini a loro stesse no (Seneca, nel De brevitate vitae, irrideva quelli che buttavano tempo a studiare roba ridicola tipi i nomi di tutti i vincitori della storia delle olimpiadi). Chiaramente dipende anche da cosa si intende con filologia, che mi pare nel video cui questo si riferisce non sia usato in senso tecnico, specifico: io nel commento precedente dicevo che spendere corsi interi per imparare le lettere identificative di una dozzina di manoscritti di Gellio, il secolo di realizzazione e i rapporti che intercorrono tra di essi è uno spreco, che oltretutto svilisce la dignità umana. Studiare a memoria i manoscritti che compongono la biblioteca di Bessarione non allena la capacità critica e non costituisce "un totem per chi studia le discipline letterarie", è un patetico nozionismo fine a sé stesso, non spendibile neppure in classe perché se provi a farlo a scuola gli alunni (giustamente!) ti prendono per un cretino.
@@alessandro65384 A parte che all'università non si spendono migliaia di euro, ma viene preso il modello isee (o non è più così?), quindi se sei in fascia bassa spendi 0 o pochissimo e se sei in fascia alta spendi tanto perché presumibilmente hai di più di altri. Detto questo, il concetto di inutilità della nozione è relativo: inutile per chi? per che cosa? Noi moltissime informazioni di cui disponiamo e che diamo per scontate, per esempio sull'epoca di produzione letteraria degli autori antichi e quindi sul rapporto di influenze che può esserci stato o meno nella loro letteratura (per fare un esempio a cazzo), le abbiamo grazie a quello studio che tu chiami spreco. Qualcuno deve farlo e qualcuno deve essere formato per farlo. Evidentemente, quel qualcuno si forma nella facoltà di filologia e non in quella di biotecnologie. Che poi quello non sia l'unico modo di declinare la filologia e che si possa insegnare con più trasporto su testi che ci appassionano di più, questo è chiaro: io ho studiato alcuni canti di Leopardi in filologia e mi sono goduto lo studio più che in altri casi, ma anche negli altri casi, quello era uno studio legittimo, sui testi, perché appunto non sta scritto né in cielo né in terra che la letteratura sia sempre un fatto di arricchimento e di emozione, e infatti queste menate non si sentono mai tra matematici o fisici.
@@albertomutignani Se sommi le tasse universitarie di cinque anni arrivi per forza a migliaia di euro anche se non sei ricco; se sei ricco e hai soldi, non significa che ti piaccia buttarli per farti prendere in giro. "Inutile" significa che invece di prepararti al mondo del lavoro (che per chi fa lettere 9 volte su 10 è l'insegnamento: ricordiamoci che è la scuola quella che deve formare l'individuo senza preoccuparsi minimamente del lavoro, NON l'università) o di darti degli strumenti critici che tu possa poi impiegare autonomamente in altri contesti legati al tuo ambito di studio, ciò che studi non ha altra utilità che l'apprendimento mnemonico del dato stesso, ad esempio appuntandosi gli orari in cui vai in bagno per 364 giorni di fila e poi imparandoli a memoria. Secondo il tuo ragionamento, imparare a memoria gli orari in cui vai in bagno per 364 giorni di fila non è inutile, anche perché "inutile per chi? Per che cosa?" (cit.); sei libero di pensare che studiare questo o i libri che compongono la biblioteca di Bessarione sia giusto, per carità, però non mi trovi d'accordo che sapere che Bessarione leggeva Tito Livio e non Sallustio abbia senso. Tra l'altro questa questione della letteratura come trasporto mica la condivido, la letteratura va studiata con rigore apprendendo dai saggi critici sul tema, ma appunto va studiata, non delegata a un "la fate per conto vostro quando uscite di qui e dovete prepararvi da zero per diventare docenti, perché per cinque anni avete imparato a memoria gli orari in cui andavate in bagno"
Il punto è che dipende dall'ateneo, e comunque rimane un problema dell'ateneo, non della filologia.
Studiare è faticoso
💪❤🔥
Il famoso esperto, divenuto tale, dopo aver visto 10 video sul tubo...😂😂😂
A chi ti riferisci?
@@YasminaPani Questo tuo video mi ha fatto pensare allo studente che rifiuta un po la fatica necessaria per raggiungere il traguardo e di conseguenza alle persone che dopo aver visto qualche video si sentono degli esperti. Probabilmente ho sbagliato l'interpretazione, se è così mi scuso..
Tutta colpa del Postmodernismo...😊
Tutta colpa del professor Keaton dell'attimo fuggente e la sua visione romantico paludosa.
Dovete da studià!
«dovete da studia»: quanto è bello il romanesco
Ovviamente hai ragione. Anche stavolta. Come sempre. Sei prevedibile! 😂
Non è sempre, diciamo spesso 🤣
Drastica ma chiarissima....torna ad insegnare nella Scuola pubblica, c'è bisogno di menti come la Tua
Ti ringrazio ma spero di no 😁
@@YasminaPani sei tremenda😂
Comunque bravissima
È pigrizia.
Senti Yas,
il godimento estetico io ce l’ho ogni volta che ammiro il tuo stupendo davanzale 😍😍
Purtroppo non mi sorprendo per niente: anche in Fisica c'è gente che attribuisce valore estetico (partendo da, o giungendo a, conclusioni sbagliate) alla meccanica quantistica. Qualche tempo fa andava di moda l'equazione di Dirac (scritta male) come "equazione dell'amore" 😅 Poco importa sapere di cosa sto parlando tecnicamente, ma il fenomeno è lo stesso. L'unica differenza è che nel mio ambito, molti studenti almeno hanno preso immediatamente le distanze da questa deriva (peraltro facendo meme abbastanza divertenti 😂)
Eh penso che la serietà da voi sia un po' più diffusa!
@@YasminaPani Tra gli studenti sì, ma di veditori di fuffa ne abbiamo. Fortunatamente sono spesso persone che non hanno i titoli per parlare (i.e. neanche una triennale in Fisica). Nonostante io abbia fatto le mie scelte (ora ho un dottorato in Fisica), mi trovo spesso a discutere con persone che ritengono che la psicologia e la linguistica (per fare due esempi) non sono scienze. Onestamente trovo degradante che anche gli studenti di queste discipline non le trattino come meritano. Grazie per il lavoro che fai, e speriamo in un cambiamento che parta dagli studenti! Sono loro a mio avviso le persone che dovrebbero avere una visione scientifica di quello che fanno, invece che autosabotarsi. Poi, per carità, ci sono tante discipline rispettabili che non sono scienze secondo me, ma non è questo il caso per le due che ho citato; almeno secondo me :)
Da persona che ha ripetutamente cambiato il suo percorso di studi confermo che fare certi discorsi è quasi sempre sintomo di aver sbagliato università.
Yasmina io ti sento molto volentieri e sei bravissima nello spiegare, devo dire che anche una capra come me capisce quello che dici ma non riesco a guardarti negli occhi quando parli
Fatti una sega prima, funziona
@@YasminaPani io credevo che certe inquadrature fossero scelte appositamente per "scremare" il pubblico.. solo chi 'resiste' arriverà alla piena comprensione dei contenuti offerti
@@YasminaPani voleva essere un complimento. Vabbè
Mica è un insulto: fatti una sega, è un invito serio
A bellaa
Godimento estetico❤fuck yeeeeeeeaaaaah
?
@@YasminaPani ad ogni tuo video tremori e mancanenti