Maria Valtorta - Evangelo cap. 126: I discorsi dell’Acqua Speciosa: “Non ammazzare”. Morte di Doras.

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  • Опубліковано 25 гру 2024
  • Maria Valtorta - Evangelo cap. 126: I discorsi dell’Acqua Speciosa: “Non ammazzare”. Morte di Doras.
    10 marzo 1945.
    «“Non ammazzare” è detto. A quale dei due gruppi di comandi appartiene questo? “Al secondo” dite voi? Sicuri? Vi chiedo ancora: è peccato che offende Dio o il colpito? Voi dite: “Il colpito”? Anche di questo ne siete sicuri? E ancora vi domando: non è che peccato di omicidio? Uccidendo non fate che questo unico peccato? “Questo solo” dite? Nessuno ne ha dubbio? Dite a voce alta le vostre risposte. Uno parli per voi tutti. Io attendo».
    E Gesù si china ad accarezzare una bambinella che è venuta vicino a Lui e che lo guarda estatica, dimenticando persino di rosicchiare la mela che la madre le ha dato per tenerla quieta.
    Si alza un vecchio imponente e dice: «Ascolta, Maestro. Io sono un vecchio sinagogo e mi hanno detto di parlare per tutti. Parlo. Mi sembra, e ci sembra, di avere risposto secondo giustizia e secondo quanto ci hanno insegnato. Appoggio la mia sicurezza al capo della legge sull’omicidio e le percosse. Ma Tu lo sai perché siamo venuti: per essere ammaestrati, riconoscendo in Te sapienza e verità. Se dunque io sbaglio, illumina la mia tenebra acciò il vecchio servo vada al suo Re vestito di luce. E, come con me, fallo a questi che sono del mio gregge e che sono venuti col loro pastore a bere le fonti della Vita», e si inchina, avanti di sedersi, col massimo rispetto.
    «Chi sei, padre?».
    «Cleofa, di Emmaus, tuo servo».
    «Non mio, di Colui che mi ha mandato, perché al Padre va data ogni precedenza ed ogni amore in Cielo, in Terra e nei cuori. Ed il primo a dargli questo onore è il suo Verbo che prende ed offre, sulla tavola senza difetto, i cuori dei buoni come fa il sacerdote coi pani della proposizione. Ma ascolta, Cleofa, acciò tu vada a Dio tutto illuminato come è tuo santo desiderio.
    Nel misurare una colpa occorre pensare alle circostanze che precedono, preparano, giustificano, spiegano la stessa. “Chi ho colpito? Che cosa ho colpito? Dove ho colpito? Con quali mezzi ho colpito? Perché ho colpito? Come ho colpito? Quando ho colpito?”: questo si deve chiedere, prima di presentarsi a Dio per chiedergli perdono, quello che uccise.
    Chi ho colpito? Un uomo.
    Io dico: un uomo. Non penso e non considero se è ricco o se è povero, se è libero o se è schiavo. Per Me non esistono schiavi o potenti. Esistono solo degli uomini creati da un Unico, perciò tutti uguali. Infatti davanti alla maestà di Dio è polvere anche il più potente monarca della Terra. E ai suoi ed ai miei occhi non esiste che una schiavitù: quella del peccato e perciò sotto Satana. La Legge antica distingue i liberi dagli schiavi e sottilizza fra l’uccidere di un colpo e l’uccidere lasciando sopravvivere un giorno o due, e così se la donna incinta è condotta a morte per la percossa, o se ucciso è solo il suo frutto. Ma questo fu detto quando la luce della perfezione era ancora lontana. Ora è fra voi e dice: “Chiunque colpisce a morte un suo simile pecca”. E non solo verso l’uomo pecca, ma anche contro Dio.
    Cosa è l’uomo? L’uomo è la creatura sovrana che Dio ha creato per essere re nel creato, creato a sua immagine e somiglianza, dandogli la somiglianza secondo lo spirito, e l’immagine traendo questa perfetta immagine dal suo pensiero perfetto. Guardate nell’aria, sulla terra e nelle acque. Vedete forse un animale od una pianta che, per belli che siano, uguaglino l’uomo? L’animale corre, mangia, beve, dorme, genera, lavora, canta, vola, striscia, si arrampica. Ma non ha favella. L’uomo anche sa correre e saltare, e nel salto è così agile che emula l’uccello; sa nuotare, e nel nuoto è tanto veloce che pare il pesce; sa strisciare e pare il rettile; sa arrampicarsi e pare la scimmia; sa cantare e pare l’uccello. Sa generare e riprodursi. Ma inoltre sa parlare.
    E non dite: “Ogni animale ha il suo linguaggio”. Sì. L’uno mugge, l’altro bela, l’altro raglia, l’altro cinguetta, l’altro gorgheggia, ma dal primo bovino all’ultimo sempre avranno lo stesso ed unico muggito, e così l’ovino belerà sino alla fine del mondo, e l’asino raglierà come ragliò il primo, e il passero sempre dirà il suo corto cinguettio, mentre l’allodola e l’usignolo diranno lo stesso inno al sole la prima, alla notte stellata il secondo, anche se sarà l’ultimo giorno della Terra, così come salutarono il primo sole e la prima notte di essa. L’uomo invece, perché non ha solo un’ugola e una lingua, ma un complesso di nervi che si accentrano nel cervello, sede dell’intelletto, sa afferrare le sensazioni nuove e pensare su esse e dare ad esse un nome.
    Adamo chiamò cane il suo amico e leone quello che gli parve più somigliante nella chioma folta, ritta sulla faccia appena barbuta. Chiamò pecora l’agnella che lo salutava mite, e disse uccello quel fiore di penne che volava come la farfalla ma diceva dolce un canto che la farfalla non ha....

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