Quando studiavo grammatica latina al biennio ero rimasto sempre colpito dai miei amici del triennio classico che mi terrorizzavano con questa storia della metrica e la sua impossibilità, altri amici mi raccontavano pure di spietati professori universitari fissati con lettura metrica dei versi eccetera. Frequentanto il linguistico col latino ho smesso in seconda, solo che siccome mi piaceva ho continuato a studiarmelo per i fatti miei con i libri di Ørberg e altra roba trovata su internet (compresi i tuoi sermones raedarii :) ) e quindi quando mi sono trovato di fronte al fatidico capitolo 36 (o 35?) di Familia Romana con i carmi di Ovidio e Catullo ho imparato a leggere le poesie come penso abbiano fatto tutti quelli come me: semplicemente pronunciando le sillabe lunghe lunghe e quelle brevi un poco di meno; una volta capito come si dividevano le sillabe ed imparato il ritmo dei vari versi leggerli non era affatto difficile, se non divertente. Spinto dalla curiosità di capire quale fosse questa difficoltà tenebrosa della metrica ho fatto un po' di ricerche e ho scoperto che il modo in cui insegnano la metrica a scuola è quello di tradizione medievale, periodo in cui poeti e studiosi avendo perso quasi completamente la nozione di quantità delle vocali avevano scambiato quello che gli antichi chiamavano apex, il normale alzarsi del tono di voce quando si recita una sillaba lunga, con un vero e proprio accento tonico. E quando allora ho letto sull'enchiridion di Luigi Miraglia che il famigerato metodo di lettura scolastico consisteva semplicemente nel mettere un accento all'inizio di ogni piede mi è parso una stupidata, "com'è possibile che tutti pensino sia impossibile?" mi dicevo; e poi puff! Mi si è aperto un mondo! Sono generazioni che i professori insegnano a pronunciare il latino come se fosse l'italiano omettendo completamente le nozioni di lunghezza delle vocali e differenza tra sillabe, e quindi quando si impara la lettura metrica si uccide qualsiasi tipo di ritmo e di conseguenza la comprensione delle ragioni che stanno dietro a quell'apparentemente complesso e astruso metodo di leggere i versi latini, trasformando il tutto in un'atroce tortura e dal risultato pure brutto se mi si permette di fare un commento puramente personale (già il latino con la pronuncia ecclesiastica mi è sempre sembrato l'italiano come suona agli stranieri, se poi spostiamo pure gli accenti diventa quasi comico, ma è solo come lo vedo io). Sono seriamente tentato di fare io stesso un video per spiegare queste cose, penso che sarebbe un'opera pia per tutti quei poveri studenti che finiscono per detestare il latino per ragioni così idiote.
Caro Tiberius, quello che racconti è un viaggio entusiasmante e te ne sono grato. Ovviamente non posso che essere d'accordo con te, ed esortarti a fare questo video (e poi segnalarmelo). Una sola nota: i medievali avevano sì perso la pronuncia della sillabe lunghe (già, pare, dalla tarda antichità), ma non avevano istituzionalizzato questa lettura assurda. Fu poi il Settecento a farlo, come prassi scolastica. Anzi, a dire il vero ci sono un sacco di manoscritti tardomedievali dove in calce alle odi di Orazio troviamo delle notazioni musicali per "cantare" le odi del poeta. La costa testimonia una comprensione profonda della differenza tra lunghezza della nota e accento. Penso che farò un video su questa cosa, anche per togliere un po' di biasimo a questi poveri medievali, che sembra sempre abbiano la colpa di tutto :) grazie ancora!
Grazie di aver portato alla luce dalla bocca dei romani una verità ormai trascurata da secoli di magistri che dicevano la poesia andava letta così cambiando gli accenti.
In generale se venisse un marziano e capisse che, in italiano, la vocale accentata è pronuncia un po' più forte e un po' più lunga della vocale non accentata, ma non avesse modo di ascoltare parlanti italiani, caricherebbe ridicolmente le vocali accentate sia in lunghezza che in volume, e ne uscirebbe fuori una orribile cacofonia. Noi sappiamo qual'è la vocale accentata, ma è veramente difficile anche solo essere consapevoli che la pronunciamo un po' più lunga e un po' più forte: voglio dire, l'accento è perfettamente comprensibile all'ascolto, ma sarebbe totalmente irriproducibile se pensassimo, consapevolmente, di dover produrre la vocale un po' più lunga e un po' più forte, perché questi "un po'" sono effettivamente minimi. Proprio come bastano pochi grammi di pepe per pepare un etto di pasta, così basta una leggerissima alterazione di pronuncia per creare l'accento in latino, o la "lunghezza" di una vocale latina.
Ottima disanima, giustissimo. Diciamo che nel mondo degli attuali latinofoni, con l'uso assiduo, anche accenti è lunghezze assumono un suono molto naturale (ad es. dopo un tre quattro birre). Però sì, non si possono fare chissà che discorsi assoluti su queste cose, così remote. Ascolta Daniel Pettersson di Latinitium, per sentire uno splendido esempio.
Bellissimo video che conferma ciò che ho sempre saputo per intuizione solo perché seguivo ciò che la logica interna della lingua suggeriva. A tal proposito credo sia davvero importante imparare tante lingue ed avere un'attenzione intuitiva, sperimentale, fisica delle lingue perché sennò si affermano stronzate assurde. Ho studiato linguistica all'università ed ho visto come molte teorie siano false ma tenute in gran stima perché sono dei professori ad averle enunciate. Ma se il professore non ha orecchio e sensibilità per le lingue ciò sortisce solo teorie da ratto di biblioteca. E son gli stessi che o leggono alla tedesca il latino (cogli accenti intensivi) o allungando ridicolmente le sillabe! Ma se oltre le pur giuste leggi linguistiche si usano la sensibilità e la finezza nell'ascoltare la logica interna di una lingua allora ci si rende conto di quanto più bella sia la lingua latina pronunziata con naturalezza. Prendete il croato, che ha sillabe lunghe e brevi, miste a sillabe di tono ascendente e di tono discendente, il tutto con una fonologia estremamente vicina a quella latina. Vi accorgerete di come sia i toni che le quantità vocaliche non sono affatto esagerate! Sono anzi facili da imparare e molto orecchiabili! Lo stesso vale per le altre lingue tonali e/o a quantità vocalica! Non ho mai sentito un arabo scandire come un computer le vocali lunghe, né un ungherese, né un estone! E per le lingue tonali il tono deve venir naturale. Quando studiavo cinese c'era gente che faceva ridere i polli. Perdiana un po' di orecchio, di finezza, di naturalezza! Sennò si finisce per credere a delle lingue con sistemi fonologici e prosodie inesistenti! Ora non c'è ragione per cui non debba essere stato vero anche per il latino. Le vocali lunghe finali non possono verosimilmente essere trascinate per secondi interi! Così come le sillabe lunghe non accentate non hanno verosimilmente la stessa altezza tonale (né una brutalmente diversa) da quella delle sillabe lunghe accentate. Perciò come non ha senso leggere gli accenti intensivi laddove non hanno luogo d'essere, così non ha senso prolungare artificiosamente le lunghe senza la naturale varietà tonale che accompagna le sillabe lunghe in tutte le lingue del mondo che hanno sillabe lunghe / vs / sillabe brevi. Non è mica il recto tono della preghiera benedettina. Altresí a seconda del contesto una sillaba lunga si accorcia anche sensibilmente nella catena parlata, pur di rimanere comprensibile. Ma come sapere di quanto e quando? Questo è l'arduo compito di una vita di ascolto attento, comparazioni, correzioni e autocorrezioni, fidarsi alle ricerche più pratiche e cercare di avere finezza e orecchio. Quindi grazie mille per questo video liberatorio che ci riconduce al buon senso!
Grazie Alessandro. Ho sempre sospettato che la vulgata metrica sia applicata passivamente. L'orecchio umano non può tollerare certi sobbalzi illogici, come detterebbe la vulgata. Il senso logico e la ritmica debbono sempre trovare reciproca corrispondenza e riscontro.
Ben detto. Diciamo che da quando si sono perse le quantità, quello di usare l'accento è diventato un po' un metodo standard per indicare di "sapere" la metrica, ma già dal tardo Medioevo c'erano codici di Orazio con notazione musicale per poter cantare le odi mantenendo lunghe e brevi. Non so se conosci il gruppo Tyrtarion, loro recuperano proprio quella tradizione.
@@Alessandroconti399 Ti ringrazio molto per il suggerimento. Trovo che sia proprio in questa interazione con la musica che si possano fare progressi per recuperare l'anima vitale del latino. Nel mio piccolo sto musicando il proemio dell'Eneide, non senza dubbi ovviamente. Lo faccio come forma di studio creativo e spero che possa suscitare altrettanti dubbi a chi considera la metrica come un codice morse
con la pronuncia restituta si legge sempre "ti", con la pronuncia ecclesiastica quasi sempre "zi", ma ci sono delle eccezioni come la parola totius (questo accade quando la "i" di "ti" è accentata o quando "ti" è preceduto da s- o da x-)
Assurdo è, in effetti, pensare che gli antichi, quando leggevano, ignorassero totalmente l'accento tonico delle parole (che forse era, peraltro, più melodico che intensivo) e, per di più, attribuissero agli ictus della scansione metrica il valore di accenti d'intensità. Le due accentazioni, quella tonica e quella metrica, interagivano come il canto e l'accompagnamento in un brano musicale (la similitudine è del Traina), secondo equilibri per noi irricostruibili, tanto che la scansione metrica della prassi scolastica non è che una convenzionale astrazione. Io, personalmente, non farei svanire del tutto l'accento tonico delle parole, anzi ne farei risaltare l'intonazione, e attribuirei agli ictus della scansione metrica quel valore di durata, più che d'intensità, che inizialmente avevano. La lettura degli antichi non era forse troppo diversa dalla "recitazione vedica", ancor oggi viva, dei mantra buddisti (con cui condivideva del resto la matrice cosiddetta indoeuropea). Tuttavia, il passo dell'Orator che hai citato dice una cosa lievemente diversa da quella che tu vi vedi: dice, cioè (facendo implicito riferimento al precetto del "numerose concludere", alla prassi stilistica della "oratio apta et numerosa"), che tanto in poesia quanto in prosa vi sono piedi e metri, ma che essi seguono uno schema fisso e ricorrente in poesia, un andamento più fluido e cangiante in prosa (sebbene anche quest'ultima possa essere, come dirà Tito Livio, "carmen solutum", poesia in prosa). Accanto all'affinità fra poesia e prosa, Cicerone sottolinea la differenza fra le due. Non è esatto che la poesia fosse letta come prosa. Anche se, riferendosi alle strofe della lirica corale greca, Cicerone osserva che, qualora non se ne conoscessero struttura e colometria, essa sarebbe indistinguibile dalla prosa. Il che significa, d'altro canto, che la struttura della versificazione era percepita e fatta percepire all'ascolto, nel caso della lirica anche attraverso l'accompagnamento musicale.
Grazie del commento. Cosa intende per "Lettura scientifica", quella quantitativa che propongo io? E perché non le pare appopriata? Se ha tempo, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensa. Grazie!
@@uffa00001 Ah, questo spiegherebbe in effetti il commento. Sarebbe stato più difficile, data l'iniziale dichiarazione di accordo, credere si riferisse alla lettura quantitativa.
CIAO! non so nulla o quasi di metrica ma so ragionare. Il ragionamento non porta per forza alla ragione, è vero, ma voglio dire: Greci e latini amavano il bello esattamente come noi, e se uno conosce un po' il "loro" mondo vede chiaramente che è quasi identico al nostro, specie nel gusto per il bello. Vedere l'architettura, le opere d'arte, il modo di passare la giornata, le opere filosofiche, l'amore per lo sport addirittura... ecco, c'è solo una cosa che "stona", ed è la lettura metrica... come si può definire bella la lettura che oggi facciamo delle loro opere? non si può. E attenzione bene, "non è bello ciò che è bello ma ..." è una str... Platone ce lo insegna, ed è verissimo, altrimenti perchè Monica Bellucci piace in ogni latitudine del globo e la figlia di Fantozzi è riconosciuta un mostro allo stesso mondo??? ecco, per lo stesso motivo io credo che la lettura come la facciamo oggi è BRUTTA, quindi non autentica.
Ciao Biagio, grazie del commento. Non so bene giudicare cosa sia bello in assoluto nell'arte, nel senso che in effetti i canoni di gusto su queste cose cambiano tantissimo. Però hai ragione anche solo riferendoci al poco che sappiamo del gusto degli antichi, e citare Platone è correttissimo. In quasi qualsiasi ambito riferiscono sempre la bellezza alla capacità dell'arte di imitare, ma con sapienza e selettivamente, alcuni aspetti della natura. Così la danza è imitazione di movimenti reali, ma più bella e studiata, idem la retorica è imitazione del parlare persuasivo, ma raffinata e selezionata. Così deve essere anche la poesia, ovvero un "discorso" che diciamo "potrebbe" essere anche naturale, ma viene poi raffinato e selezionato a suonare in modo speciale per la sequenza di lunghe e brevi. In questo senso storpiare il suono di una parola, come si fa nella lettura metrica accademica, è esattamente il contrario di quel che abbiamo appena detto, perché esce completamente da una pronuncia che rispetti la sua natura. Grazie del commento, ciao!
Ciao, Alessandro! Video molto interessante e illuminante, complimenti! Ti volevo chiedere: come hai fatto a imparare a tradurre così ad impronta un testo. Cioè, hai studiato liste di vocaboli, vai per esperienza, o intuito, o altro...?
Ciao Matteo, ti ringrazio per la domanda che è davvero ben posta. Direi che questa è LA domanda. Per la teoria di consiglio di guardare i miei video sull'acquisizione. In pratica ascolto ore al giorno testi in latino, leggo solo cose in latino.
@@Alessandroconti399 Wow! Metodo davvero innovativo, almeno per me. Guarderò sicuramente i tuoi video a riguardo. Ti ringrazio tantissimo, davvero. Ho iniziato ieri a guardare qualche tuo video per informarmi meglio sulla lettura metrica latina (mito quindi sfatato😉), poiché dovevo scandire metricamente un'elegia del buon Tibullo, e dunque ti volevo davvero fare i complimenti per la tua bravura. Da oggi novello iscritto!!😆😉
Video illuminante, consigli qualche testo (qualora esista) che possa trattare l'argomento secondo questa/o verità/punto di vista? Complimenti e grazie ancora per la realizzazione 😊
Ciao, beh generalmente sulla pronuncia del Latino puoi leggere Allen "Vox Latina". Poi qualsiasi manuale in cui si parli di prosodia, ad esempio la famosa "Propedeutica al latino universitario" di Traina/Perini.
Dopo una laurea in Economia e Commercio in gioventù, per varie ragioni mi sono messo a studiare L-10 Lettere. La mia professoressa di Latino usa proprio questa pronuncia che ho sempre trovato, già al Liceo, sommamente ridicola, se vogliamo la dimostrazione che tanti grandi intelletti possono collaborare per dire grandi stupidaggini. Il mio problema naturalmente è che per passare l'esame devo leggere in questo modo ridicolo "ictato" e, ora che ho la conferma che altri pensano ciò che sempre ho pensato già da ragazzo, l'impresa di imparare a deformare il latino "per bene" diventa ancora più ardua. Chiedo quindi a chiunque possa indicarmeli, un buon video, o dei buoni video, dove io possa studiare la pronuncia "ictata" (che non è così banale come far cadere gli accenti in punti fissi del verso, mi pare) restando intesi che secondo me, più che un'amara medicina, è proprio un veleno.
Direi quasi che qualsiasi lettura metrica fatta da italiani/e è avvelenata in egual modo. Quindi, insomma, non credo tu avrai difficoltà a trovarne. Anche il sito poesialatina, per il resto ottimo, propone quegli ictus.
Niente è di per sé una mistificazione, sono solo pratiche post-classiche, senza presenza nell'età di Cicerone. Nella fattispecie che i romani di rango (tipo qualsiasi scrittore) pronunciassero AE fino alla tarda antichità è praticamente certo, mentre il dittongo veniva monottongato probabilmente nelle classi inferiori già nell'età di Cicerone. La lettera v è la scrittura maiuscola di U fino a una riforma ortografica di età umanistica non so quale, dove per distinguere il suono U vocalico da quello U semivocalico si scelse di usare le due grafie. Allo stesso modo si distinsero I e J. In sostanza: AE > E è una pronuncia medievale, mentre l'introduzione della differenza tra U e V è una scelta ortografica dell'età moderna.
@@Alessandroconti399 Non conoscevo la storia della pronuncia del dittongo, grazie! Ricordo che in Lucrezio, Plauto e autori antichi sono attestate forme di genitivo in -ai, che appunto testimoniano una fase precedente rispetto alla grafia del dittongo AE. Tra l'altro il dittongo AI ha avuto una sorte simile in greco, ed oggi viene pronunciato E. Quindi in pratica ti rifai alla pronuncia della tarda età repubblicana, giusto?
@@adrianomorea4488 Diciamo che ci provo. Ma non è una scelta mia, io sono solo l'ultimo di una nutrita schiera di persone che, in tutto il mondo, hanno fatto questa scelta. Essendo quella l'età in cui si è, come dire "sigillata" la forma definitiva del latino letterario, si tende a prenderla anche come standard di pronuncia. Però ci sono tante e diverse ipotesi. C'è anche ci cerca di replicare la apertura e chiusura delle vocali... insomma ci sono tanti pazzi. Grazie dell'attenzione!
@@Alessandroconti399 Ho seguito qualche corso con Massaro a Bari (non so se lo conosci, è revisore del Thesaurus linguae latinae) e lui si limitava alla pronuncia gutturale di C e G, con AE e V però mi hai aperto un mondo. Vale, amice! ;)
Grazie a te! Fuori dall'Italia c'è un sacco di gente in gamba. Se vuoi cercami su Facebook o Twitter come Alexander Veronensis, da lì condivido tutto quello che succede nella Latinosfera ogni settimana. Ciao!
Grazie Alessandro. Molto interessante e illuminante direi. Il terrorismo perpetuato riguardo la metrica era una sofferenza al liceo. In realtà sono una biologa perciò so molto poco riguardo il latino e molto altro... però ricordo che la mia insegnante pronunciava le "c" morbide come in italiano, la "ae" come "e" e la "ti" come "zi"... mi piacerebbe anche in questo caso capire. Grazie se potrai rispondere
Ciao Francesca, ti ringrazio dell'attenzione. Quella che senti è la pronuncia "restituta", ossia il tentativo di ricostruire la pronuncia corretta dei tempi di Cicerone. Si tratta appunto di una "ipotesi", ma oramai concordemente accettata in ambito accademico. Quindi come senti pronunciare me è come, probabilmente, pronunciava un romano colto dei I a.C. - I d.C. L'altra pronuncia, quella della tua professoressa, è la cosiddetta "pronuncia storica", detta anche "ecclesiastica". Si tratta della pronuncia che il latino ha assunto in Italia attraverso tanti anni di distanza da quel famoso tempo di Cicerone. È una pronuncia "naturale", quindi non ricostruita, ma reale, e questo è il suo bello. Così pronunciavano forse già Agostino, senza dubbio nel medioevo fino a Dante e Petrarca (a parte un primo tentativo di restituzione operato da Alcuino di York per la corte Carolingia). Così pronunciavano Foscolo, Manzoni, Gramsci... insomma chi lo fa è in buona compagnia! Oggi c'è un solo latinofono di alto livello che usa questa pronuncia per motivi di adesione ideologica al rinascimento italiano, che è Luigi Miraglia (ti consiglio di googlarlo, merita - almeno come latinofono). Ciao e grazie!
@@Alessandroconti399 wow... fantastico! Grazie, mi hai catapultata nel passato. Averne avuti di prof così, magari mi laureavo il lettere antiche invece che in biologia! Grazie ancora. Sarebbe bello sentire l'Odi et amo di Catullo recitata da te. Ne ho sentite di mille! Magari cerco tra i tuoi video. Ciaoo
@@francescadelsanto7371 secondo me una biologa può rimanere appassionata di classici, più difficilmente si trova un classicista appassionato di biologia. Quindi hai fatto bene. Odi et amo è così breve che andrebbe letta da Ungaretti :)
@@Alessandroconti399 verissime entrambe le cose... però ci sono delle letture su UA-cam di Odi et amo di cui sarei curiosa di conoscere la tua opinione. Grazie di tutto Alessandro. È stato un piacere
Purtroppo uno dei requisiti per superare l’esame di Lingua e letteratura latina all’università (almeno da me) é proprio la lettura in metrica e il 99% delle persone sta riscontrando enormi difficoltà. Tralasciando le problematiche legate al latino, é una vera tragedia in tutti i sensi, ma questa cosa di chiedere ancora la lettura metrica trovo sia inutile. In poche parole io non riuscirò mai a laurearmi, perché superare l’esame é impossibile e non scherzo.
Mi dispiace molto, che brutta esperienza. La metrica è, in effetti, una parte vitale del sistema letterario, se pensi a quante opere ci sono pervenute in versi. Il problema è che i tuoi prof vogliono quella lettura rigida che sposta gli accenti e che non è affatto naturale, e va quasi imparata ex novo e sovrapposto a quello che già sai. Coraggio. Se hai la possibilità di cambiare tipo di lettura ti posso aiutare, sennò non posso farci nulla.
Alessandro Conti Prenderò ripetizioni private e cercherò di sfruttare al meglio i corsi integrativi pomeridiani che dicono saranno attivati a breve in dipartimento. Almeno questo lo hanno capito. Ti ringrazio tanto😘
@@maryj8510 bene, peccato che i cittadini e le cittadine debbano finire per pagare privatamente ciò che il ministero non vuole dare. Però vedrai che andrà bene. In bocca al lupo!
Pierluigi Malizia non intendevo essere superficiale, chiedo scusa. Però è davvero molto complicato. Per ora ci hanno fatto sapere che può incidere sul voto, ma non essere motivo principale di bocciatura. Speriamo bene...grazie ♥️
@@maryj8510 è passato un anno, lo so, ma io sono nella tua stessa situazione... alla fine ce l'hai fatta? cerco incoraggiamenti, la metrica non l'ho mai affrontata alle superiori e ora devo saperla all'esame dell'università! piango
In che senso "a questo punto"? Non mi sembra tanto importante - dal punto di vista della lettura metrica - la restituzione filologica di tutti i suoni (che poi variavano chissà quanto da regione a regione), quanto piuttosto delle quantità sillabiche. I primi infatti non danno vita a differenze metriche, le seconde sì. E poi: la esse pesante sarebbe quella sorda?
@@manuel1colombo scusa, avevo capito male. Francamente non lo so. Abbiamo un sacco di trattati di fonetica di 4° o 5° secolo, molto fighi e precisi. Allen ha raccolto tutto in questo libro, un po' datato, ma fico: Vox Latina g.co/kgs/JNeQvW personalmente non ci sto troppo dietro, perché trovo che sia un po' una cosa erudita che cambia poco la sostanza. Sulle vocali aperte e chiuse c'è un recente articolo di un certo Calabrese che cambia decenni di congetture.
@@DiomedesDioscuro ma tipo proprio che cambi gli accenti delle parole rendendole irriconoscibili? Tipo che si dice in prosa “automòbile” e in poesia “automobìle”? Perché di queste variazioni macroscopiche parliamo, non di finezze di dizione.
@@Alessandroconti399 A volte in musica l'accento delle parole può travolto, sì. Ma non dimenticare che l'accento d'intensità non ha carattere discreto in latino classico, ma concomitante con la quantità delle sillabe.
@@DiomedesDioscuro certamente per la musica è un altro discorso, ma qui appunto parliamo di prosa e di come Cicerone stesso sostenesse che le due dizioni fossero talmente simili da evitare appunto clausole esametriche per non sembrare un poema epico. Dell’accento latino si sa poco, ma si sa certamente che se la lettura della poesia fosse stata DEL TUTTO diversa da quella della prosa (come nella lettura metrica tradizionale) uno straccio di testimonianza ci sarebbe. È chiaramente una pratica scolastica successiva alla perdita della quantità vocalica.
Da far vedere ad ogni studente. La nostra professoressa di letteratura ce l'ho ha detto durante la prima lezione. Ciò che non capisco è il perché dell'utilizzo di questa scansione. Qualcuno mi aiuta?
Beh, intanto grazie e complimenti alla tua prof. Il motivo per cui siamo arrivati a questa cosa è che, già dalla tarda antichità, si comincia a perdere il senso delle lunghe e delle brevi, non si pronunciano più, per cui tutta la metrica quantitativa, che proprio sulle lunghe e sulle brevi si fonda, risulta ormai incomprensibile. Nasce la poesia accentuativa (hai mai letto / ascoltato cose medievali tipo “Gaudeamus Igitur”? Si sente che usano il nostro stesso sistema di accenti) che durerà fino a noi. Nel Rinascimento però gli umanisti capiscono che quella lettura è sbagliata, e propongono dei metodi musicali per leggere la lirica antica. La cosa dura e funziona fino all’Ottocento, quando, con l’arrivo dei metodi “di costruzione” tutto torna più “scolastico”, per così dire approssimativamente (metodi di costruzione = quello che fate voi “soggetto, oggetto, verbo, complementi, analisi logica etc.). Ecco, quindi chi dice Armavirumquecanò non è che si sia inventato lui questa cosa, gli viene da una tradizione sbagliata molto antica. Ciao!
@@Alessandroconti399 Aggiungo che, per il Latino e almeno a quanto riferisce la Propedeutica al Latino universitario di Traina, probabilmente già nel Medioevo o comunque in età tardoantica, quando ormai era del tutto svanita la consapevolezza della quantità vocalica, i versi si leggevano creando delle "parole piede": non si considerava più la parola in sé, ma si faceva una parola di ogni singolo piede metrico, parola che, in quanto latina, era regolata dalla legge della penultima per l'accento. Così la prima "parola piede" dell'Eneide sarebbe "Armavi", accentata sulla prima "a" in quanto la sillaba "ma" è breve. Come breve riaggancio al tema della metrica "musicale" nel Rinascimento, inoltre, aggiungo che ne è testimonianza la nostra opera lirica, nata proprio dalla convinzione che tutto il dramma antico fosse cantato (anche se oggi sappiamo che non era propriocosì).
T I B I G R A T I A S, veritas est noscenda ac pervulganda. Numquam me delectavit pronuntiatio restituta, sed mihi modus pronuntiandi tuus videtur limpidus levisque!
Miguel de Lillo Gratias tibi ago, Michael. Sunt multi hodie qui belle pronuntiant, quorum ultimus videor mihi esse. Quaere in reti “Latinitium” ut suavissimum recitatorem nostrae aetatis audias.
Non noscebam de isto Latinitio de quo loqueris sed certe mihi perutilis erit; iterum tibi gratias! Hoc "video" (latinum verbum ad hoc aptum non scio) ad amicos meos qui in eadem schola mea studeant (ea est Lyceum Scientiarum) misi statim cum viserim; quidam dixit: .
Gratulor tibi, amice, quod, quamquam adhuc in schola versaris, ita studes Latinitati ut velis ex animo nova scire nec non cum aliis communicare. Utinam omnes res bene tibi evadant in studiis tuis.
@@lucadidomenica7715 questo pronuncia assai bene ua-cam.com/video/NuKjxVjnzN4/v-deo.html Comunque molte lingue oggi ce l'hanno, tra cui ad esempio il Finlandese o il Cinese.
Scusa Alex, da ignorante vorrei avanzare un'ipotesi spericolata, in un certo senso non ho niente da perdere... Forse con la base musicale - mi riferisco a Saffo, Alceo, Pindaro ecc. - l'accento naturale melodico del greco antico veniva di fatto assorbito e rimpiazzato dalla melodia intonata dal poeta chansonnier o dal coro. Tolto di mezzo, perciò, l'accento melodico naturale, l'enfasi ritmica andava tendenzialmente sulle sillabe lunghe, secondo lo schema metrico di ciascun verso. Tutto questo nella Grecia classica, ove riterrei che l'accento naturale contasse ben poco in poesia (soltanto ai tempi di Nonno ne emerge una qualche rilevanza). Quando a Roma, cinque o sei secoli dopo i lirici greci, Catullo e Orazio si dedicarono alla pur meticolosa imitazione di quegli schemi metrici (superata così la rudimentale metrica del verso saturnio di Nevio che forse aveva qualcosa di accentuativo), il risultato fu forzatamente un po' differente dal modello greco, perché la base musicale a Roma era - se non sbaglio - solo facoltativa e gli accenti naturali non potevano essere elusi (come vorrebbe nel suo semplicismo la lettura "ictata"). Di qui la più che probabile validità della tua proposta di lettura dei versi di Virgilio. Naturalmente poi le cose cambieranno ancora, e ben più radicalmente, come sappiamo. Pian piano le lunghe e le brevi, con la decadenza del latino, non si distinguono più, e così abbiamo un Commodiano e infine, nel lungo periodo, la metrica accentuativa delle lingue romanze.
5:20 dico come, secondo Quintiliano, vada letta la metrica. Non so da dove hai potuto concludere che io pensi che Virgilio scrivesse in esametri senza saperlo :)
Dobbiamo sottostare allo stupido orgoglio dei professoroni che, piuttosto che ammettere di aver sbagliato per generazioni e cestinare il tutto, continuano a persistere col loro errore. Avete mai provato a contraddire un tronfio professore in palese errore? Sì arrampicherà sugli specchi, ma non ammetterà mai di aver sbagliato.
Ciao, direi ancora meno, dato che pare avessero un accento ancora più melodico e meno intensivo di quello latino. Questa secondo me è la migliore di tutte: ua-cam.com/video/0KuSv38NDDo/v-deo.html
Eh, forse però lì non sapevi scandire il verso, ovvero non sapevi dar ragione delle lunghe e delle brevi, il che è più comprensibile. Certo che il quattro...
In realtà la modalità suggerita è abbastanza simile a una lettura metrica: cerca di contemperare gli accenti naturali delle parole con le arsi che inevitabilmente poggiano sulle sillabe lunghe e danno il ritmo al verso, come consigliava il vecchio Del Grande (che oltre a essere un metricista sapeva anche suonare il pianoforte e se ne serviva per scandire metricamente i versi latini e greci). La lettura "ictata" che tanto piace in Italia non è del tutto sbagliata, forse pecca di estremismo ma cerca di valorizzare il ritmo cioè di renderlo più facile da riconoscere. Su una cosa non sono d'accordo: Dante va letto metricamente, bisogna analizzare ogni verso per leggerlo in modo adeguato alle leggi dell'endecasillabo. Senza alterare gli accenti ma senza sbagliare lo iato, la sinalefe ecc. Sul punto cfr. l'ottimo Beltrami.
Caro Sandro, grazie della risposta garbata. Sinceramente io credo che le due letture siano invece molto diverse proprio perché la quantitativa rispetta le durate delle sillabe e non sposta gli accenti, mentre la "ictata", come dici tu, non rispetta le quantità e perverte gli accenti. Se pensassi all'esecuzione di una melodia in cui tutte le note avessero durate diverse da come sono scritte, e gli accenti non cadessero dove voleva il musicista, dico che quella non sarebbe una buona esecuzione. Quanto a Dante sì, talvolta occorre leggere due volte un verso per capire come far stare tutto a posto, ma non direi che questo sovverta in alcun modo la naturalezza della lingua.
@@Alessandroconti399 grazie dei chiarimenti, forse non riesco a leggere tutto, non so perché ma lo schermo arriva fino a "naturalezza" e non va oltre. In estrema sintesi, premesso che non sono un docente né un laureato in lettere, ma solo un appassionato, vorrei semplicemente aggiungere che, certo, la lettura "ictata" è caricaturale, soprattutto quando il lettore è convinto dogmaticamente che gli accenti debbano come per gioco cambiare posto. Ma il rischio della lettura, diciamo così, naturale è che i lettori meno avveduti alzino le spalle e dicano: "Va beh, tanto la lettura metrica non esiste! Non c'è la rima, gli accenti sono quelli del vocabolario, le lunghe e le brevi, uff, che noia, ma mi posso mettere ad allungare le vocali? Dai, 'sti esametri sono gli antenati dei versi liberi." Ovvio che siffatte aberrazioni non siano imputabili a chi si oppone agli eccessi della lettura "ictata", ma il problema esiste.
cmq ho capito chi sei... Abbiamo incrociato le spade dialettiche su fb più di una volta su questo argomento. Il mio nick era "monty" e da ultimo era "oliviero". Il tuo nick è A.V.
@@Alessandroconti399 amico sornione, mi vuoi dare dell'omnium patronus... Per ora faccio il magistrato, ma probabilmente cambierò lavoro. Come Di Pietro ah ah ah!
Mi permetto di non condividere assolutamente la sua posizione . La metrica classica quantitativa greca ha leggi molto rigorose , complicate ed interessanti che sono strettamente legate al ritmo . I pilastri e le conquiste storiche della musica nei secoli sono stati . ritmo , melodia , armonia . I greci conoscevano solo gli aspetti melodici legati ad i tetracordi dorico , ionico , frigio e pochi altri , costituiti da poche note e semplici intervalli . A questa poverta' melodica è seguito uno sviluppo ritmico concretizzatosi con la parola e con i versi che essa determina . La lettura metrica quantitava dei versi è molto difficile e segue regole complicate ma se effettuata come si deve conferisce al verso un ehtos ed una musicalità ritmica interessantissima . Non è un caso che si adoperi il giambo anzichè il dattilo od il tribraco . Nella Grecia classica infatti , la dottrina empirica in cui differenti reazioni emotive individuali potevano estrinsecarsi nelle varie componenti della musica e che prese il nome di ethos coinvolse anche il ritmo . Si costruivano versi con parole specifiche perche' il ritmo che esse determinavano attraverso le sillabe lunghe o brevi " amplificavano " emotivamente la parola ed il verso stesso .Per leggere la metrica occorrono anche e soprattutto ottime basi musicali ritmiche. Ho sentito letture metriche di " baroni " della cultura classica da far rabbrividire per la loro inconguenza ritmica . Al contrario ottimi lettori sono in grado di leggere all'unisono dei versi senza la minima differenziazione ritmica ; cio conferma l'oggettività della scrittura quantitativa . Esattamente come una partitura musicale che deve essere da tutti eseguita con gli stessi valori delle note nei loro rapporti mensurali . Non entro ovviamente nel merito se una simile oggettività di lettura possa piacere o meno ma ritengo che questo pilatro della cultura sia un fatto insindacabile . Che poi nel corso dei secoli la parola si sia liberata dalla schiavitu delle sillabe lunghe e brevi è altro fatto indiscutibile per cui le do certamente ragione ma solo ed esclusivamente in questo caso . saluti e buon lavoro , claudio bini pisa
Caro Claudio, forse non mi sono spiegato molto bene, ma mi sembra che siamo d'accordo su tutto. Riassumo: 1) Gli antichi avevano una lingua con differenze quantitative. 2) Il modo di far poesia degli antichi consisteva nell'alternare sillabe lunghe e brevi. 3) Per restituire il "suono" della loro poesia bisognerebbe saper leggere le lunghe e le brevi. 4) L'attuale lettura che sposta gli accenti è una finzione. Come prassi scolastica è datata al Settecento. Così credo ci siamo capiti. Se vuoi ci sono altri due miei video sul tema, magari lì mi sono spiegato meglio. Ciao!
Uno che vuole parlare di questi argomenti dovrebbe almeno capire come si usa la barra spaziatrice, dico sul serio. Se Lei ha battuto la Sua tesi in questo modo, la nostra Università va verso l'autodistruzione.
@Pierluigi Malizia allora che insegnassero a scuola questa maledetta metrica visto che è un canto. Io ho vissuto 3 anni di liceo con la paura di essere chiamata a leggere in metrica perchè il mio prof lo pretendeva e non lo insegnava quindi mi dispiace ma è molto di sollievo questo video
Quando studiavo grammatica latina al biennio ero rimasto sempre colpito dai miei amici del triennio classico che mi terrorizzavano con questa storia della metrica e la sua impossibilità, altri amici mi raccontavano pure di spietati professori universitari fissati con lettura metrica dei versi eccetera.
Frequentanto il linguistico col latino ho smesso in seconda, solo che siccome mi piaceva ho continuato a studiarmelo per i fatti miei con i libri di Ørberg e altra roba trovata su internet (compresi i tuoi sermones raedarii :) ) e quindi quando mi sono trovato di fronte al fatidico capitolo 36 (o 35?) di Familia Romana con i carmi di Ovidio e Catullo ho imparato a leggere le poesie come penso abbiano fatto tutti quelli come me: semplicemente pronunciando le sillabe lunghe lunghe e quelle brevi un poco di meno; una volta capito come si dividevano le sillabe ed imparato il ritmo dei vari versi leggerli non era affatto difficile, se non divertente. Spinto dalla curiosità di capire quale fosse questa difficoltà tenebrosa della metrica ho fatto un po' di ricerche e ho scoperto che il modo in cui insegnano la metrica a scuola è quello di tradizione medievale, periodo in cui poeti e studiosi avendo perso quasi completamente la nozione di quantità delle vocali avevano scambiato quello che gli antichi chiamavano apex, il normale alzarsi del tono di voce quando si recita una sillaba lunga, con un vero e proprio accento tonico.
E quando allora ho letto sull'enchiridion di Luigi Miraglia che il famigerato metodo di lettura scolastico consisteva semplicemente nel mettere un accento all'inizio di ogni piede mi è parso una stupidata, "com'è possibile che tutti pensino sia impossibile?" mi dicevo; e poi puff! Mi si è aperto un mondo! Sono generazioni che i professori insegnano a pronunciare il latino come se fosse l'italiano omettendo completamente le nozioni di lunghezza delle vocali e differenza tra sillabe, e quindi quando si impara la lettura metrica si uccide qualsiasi tipo di ritmo e di conseguenza la comprensione delle ragioni che stanno dietro a quell'apparentemente complesso e astruso metodo di leggere i versi latini, trasformando il tutto in un'atroce tortura e dal risultato pure brutto se mi si permette di fare un commento puramente personale (già il latino con la pronuncia ecclesiastica mi è sempre sembrato l'italiano come suona agli stranieri, se poi spostiamo pure gli accenti diventa quasi comico, ma è solo come lo vedo io).
Sono seriamente tentato di fare io stesso un video per spiegare queste cose, penso che sarebbe un'opera pia per tutti quei poveri studenti che finiscono per detestare il latino per ragioni così idiote.
Caro Tiberius, quello che racconti è un viaggio entusiasmante e te ne sono grato. Ovviamente non posso che essere d'accordo con te, ed esortarti a fare questo video (e poi segnalarmelo). Una sola nota: i medievali avevano sì perso la pronuncia della sillabe lunghe (già, pare, dalla tarda antichità), ma non avevano istituzionalizzato questa lettura assurda. Fu poi il Settecento a farlo, come prassi scolastica. Anzi, a dire il vero ci sono un sacco di manoscritti tardomedievali dove in calce alle odi di Orazio troviamo delle notazioni musicali per "cantare" le odi del poeta. La costa testimonia una comprensione profonda della differenza tra lunghezza della nota e accento. Penso che farò un video su questa cosa, anche per togliere un po' di biasimo a questi poveri medievali, che sembra sempre abbiano la colpa di tutto :) grazie ancora!
Un video a proposito sarebbe graditissimo 🙏🏻🙏🏻
Grazie di aver portato alla luce dalla bocca dei romani una verità ormai trascurata da secoli di magistri che dicevano la poesia andava letta così cambiando gli accenti.
Grazie a te Magister!
In generale se venisse un marziano e capisse che, in italiano, la vocale accentata è pronuncia un po' più forte e un po' più lunga della vocale non accentata, ma non avesse modo di ascoltare parlanti italiani, caricherebbe ridicolmente le vocali accentate sia in lunghezza che in volume, e ne uscirebbe fuori una orribile cacofonia. Noi sappiamo qual'è la vocale accentata, ma è veramente difficile anche solo essere consapevoli che la pronunciamo un po' più lunga e un po' più forte: voglio dire, l'accento è perfettamente comprensibile all'ascolto, ma sarebbe totalmente irriproducibile se pensassimo, consapevolmente, di dover produrre la vocale un po' più lunga e un po' più forte, perché questi "un po'" sono effettivamente minimi. Proprio come bastano pochi grammi di pepe per pepare un etto di pasta, così basta una leggerissima alterazione di pronuncia per creare l'accento in latino, o la "lunghezza" di una vocale latina.
Ottima disanima, giustissimo. Diciamo che nel mondo degli attuali latinofoni, con l'uso assiduo, anche accenti è lunghezze assumono un suono molto naturale (ad es. dopo un tre quattro birre). Però sì, non si possono fare chissà che discorsi assoluti su queste cose, così remote. Ascolta Daniel Pettersson di Latinitium, per sentire uno splendido esempio.
Come spieghi la discussione che fa Quintiliano (1.5.18-28) su spostamenti di accenti (musicali?) e quantità tra poesia e prosa?
Bellissimo video che conferma ciò che ho sempre saputo per intuizione solo perché seguivo ciò che la logica interna della lingua suggeriva. A tal proposito credo sia davvero importante imparare tante lingue ed avere un'attenzione intuitiva, sperimentale, fisica delle lingue perché sennò si affermano stronzate assurde. Ho studiato linguistica all'università ed ho visto come molte teorie siano false ma tenute in gran stima perché sono dei professori ad averle enunciate. Ma se il professore non ha orecchio e sensibilità per le lingue ciò sortisce solo teorie da ratto di biblioteca. E son gli stessi che o leggono alla tedesca il latino (cogli accenti intensivi) o allungando ridicolmente le sillabe! Ma se oltre le pur giuste leggi linguistiche si usano la sensibilità e la finezza nell'ascoltare la logica interna di una lingua allora ci si rende conto di quanto più bella sia la lingua latina pronunziata con naturalezza. Prendete il croato, che ha sillabe lunghe e brevi, miste a sillabe di tono ascendente e di tono discendente, il tutto con una fonologia estremamente vicina a quella latina. Vi accorgerete di come sia i toni che le quantità vocaliche non sono affatto esagerate! Sono anzi facili da imparare e molto orecchiabili! Lo stesso vale per le altre lingue tonali e/o a quantità vocalica! Non ho mai sentito un arabo scandire come un computer le vocali lunghe, né un ungherese, né un estone! E per le lingue tonali il tono deve venir naturale. Quando studiavo cinese c'era gente che faceva ridere i polli. Perdiana un po' di orecchio, di finezza, di naturalezza! Sennò si finisce per credere a delle lingue con sistemi fonologici e prosodie inesistenti!
Ora non c'è ragione per cui non debba essere stato vero anche per il latino. Le vocali lunghe finali non possono verosimilmente essere trascinate per secondi interi! Così come le sillabe lunghe non accentate non hanno verosimilmente la stessa altezza tonale (né una brutalmente diversa) da quella delle sillabe lunghe accentate. Perciò come non ha senso leggere gli accenti intensivi laddove non hanno luogo d'essere, così non ha senso prolungare artificiosamente le lunghe senza la naturale varietà tonale che accompagna le sillabe lunghe in tutte le lingue del mondo che hanno sillabe lunghe / vs / sillabe brevi. Non è mica il recto tono della preghiera benedettina. Altresí a seconda del contesto una sillaba lunga si accorcia anche sensibilmente nella catena parlata, pur di rimanere comprensibile. Ma come sapere di quanto e quando? Questo è l'arduo compito di una vita di ascolto attento, comparazioni, correzioni e autocorrezioni, fidarsi alle ricerche più pratiche e cercare di avere finezza e orecchio.
Quindi grazie mille per questo video liberatorio che ci riconduce al buon senso!
Grazie Alessandro. Ho sempre sospettato che la vulgata metrica sia applicata passivamente. L'orecchio umano non può tollerare certi sobbalzi illogici, come detterebbe la vulgata. Il senso logico e la ritmica debbono sempre trovare reciproca corrispondenza e riscontro.
Ben detto. Diciamo che da quando si sono perse le quantità, quello di usare l'accento è diventato un po' un metodo standard per indicare di "sapere" la metrica, ma già dal tardo Medioevo c'erano codici di Orazio con notazione musicale per poter cantare le odi mantenendo lunghe e brevi. Non so se conosci il gruppo Tyrtarion, loro recuperano proprio quella tradizione.
@@Alessandroconti399 Ti ringrazio molto per il suggerimento. Trovo che sia proprio in questa interazione con la musica che si possano fare progressi per recuperare l'anima vitale del latino. Nel mio piccolo sto musicando il proemio dell'Eneide, non senza dubbi ovviamente. Lo faccio come forma di studio creativo e spero che possa suscitare altrettanti dubbi a chi considera la metrica come un codice morse
la ti va sempre pronunciata come la nostra ti, o vi sono casi in cui è necessario pronunziarla come zi?
con la pronuncia restituta si legge sempre "ti", con la pronuncia ecclesiastica quasi sempre "zi", ma ci sono delle eccezioni come la parola totius (questo accade quando la "i" di "ti" è accentata o quando "ti" è preceduto da s- o da x-)
Giustissimo Asia, credo tu abbia ragione.
Assurdo è, in effetti, pensare che gli antichi, quando leggevano, ignorassero totalmente l'accento tonico delle parole (che forse era, peraltro, più melodico che intensivo) e, per di più, attribuissero agli ictus della scansione metrica il valore di accenti d'intensità. Le due accentazioni, quella tonica e quella metrica, interagivano come il canto e l'accompagnamento in un brano musicale (la similitudine è del Traina), secondo equilibri per noi irricostruibili, tanto che la scansione metrica della prassi scolastica non è che una convenzionale astrazione. Io, personalmente, non farei svanire del tutto l'accento tonico delle parole, anzi ne farei risaltare l'intonazione, e attribuirei agli ictus della scansione metrica quel valore di durata, più che d'intensità, che inizialmente avevano. La lettura degli antichi non era forse troppo diversa dalla "recitazione vedica", ancor oggi viva, dei mantra buddisti (con cui condivideva del resto la matrice cosiddetta indoeuropea). Tuttavia, il passo dell'Orator che hai citato dice una cosa lievemente diversa da quella che tu vi vedi: dice, cioè (facendo implicito riferimento al precetto del "numerose concludere", alla prassi stilistica della "oratio apta et numerosa"), che tanto in poesia quanto in prosa vi sono piedi e metri, ma che essi seguono uno schema fisso e ricorrente in poesia, un andamento più fluido e cangiante in prosa (sebbene anche quest'ultima possa essere, come dirà Tito Livio, "carmen solutum", poesia in prosa). Accanto all'affinità fra poesia e prosa, Cicerone sottolinea la differenza fra le due. Non è esatto che la poesia fosse letta come prosa. Anche se, riferendosi alle strofe della lirica corale greca, Cicerone osserva che, qualora non se ne conoscessero struttura e colometria, essa sarebbe indistinguibile dalla prosa. Il che significa, d'altro canto, che la struttura della versificazione era percepita e fatta percepire all'ascolto, nel caso della lirica anche attraverso l'accompagnamento musicale.
Da modesto studioso e traduttore di latino e di greco, concordo assolutamente con lei.Anzi sono anche contrario alla cosiddetta lettura scientifica.
Grazie del commento. Cosa intende per "Lettura scientifica", quella quantitativa che propongo io? E perché non le pare appopriata? Se ha tempo, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensa. Grazie!
@@Alessandroconti399 Penso che intenda u anziché v, k anziché c ecc. insomma la lettura "restituta"
@@uffa00001 Ah, questo spiegherebbe in effetti il commento. Sarebbe stato più difficile, data l'iniziale dichiarazione di accordo, credere si riferisse alla lettura quantitativa.
Molto interessante, non ci avevo mai pensato!
CIAO! non so nulla o quasi di metrica ma so ragionare. Il ragionamento non porta per forza alla ragione, è vero, ma voglio dire:
Greci e latini amavano il bello esattamente come noi, e se uno conosce un po' il "loro" mondo vede chiaramente che è quasi identico al nostro, specie nel gusto per il bello.
Vedere l'architettura, le opere d'arte, il modo di passare la giornata, le opere filosofiche, l'amore per lo sport addirittura...
ecco, c'è solo una cosa che "stona", ed è la lettura metrica... come si può definire bella la lettura che oggi facciamo delle loro opere? non si può. E attenzione bene, "non è bello ciò che è bello ma ..." è una str... Platone ce lo insegna, ed è verissimo, altrimenti perchè Monica Bellucci piace in ogni latitudine del globo e la figlia di Fantozzi è riconosciuta un mostro allo stesso mondo??? ecco, per lo stesso motivo io credo che la lettura come la facciamo oggi è BRUTTA, quindi non autentica.
Ciao Biagio, grazie del commento. Non so bene giudicare cosa sia bello in assoluto nell'arte, nel senso che in effetti i canoni di gusto su queste cose cambiano tantissimo. Però hai ragione anche solo riferendoci al poco che sappiamo del gusto degli antichi, e citare Platone è correttissimo. In quasi qualsiasi ambito riferiscono sempre la bellezza alla capacità dell'arte di imitare, ma con sapienza e selettivamente, alcuni aspetti della natura. Così la danza è imitazione di movimenti reali, ma più bella e studiata, idem la retorica è imitazione del parlare persuasivo, ma raffinata e selezionata. Così deve essere anche la poesia, ovvero un "discorso" che diciamo "potrebbe" essere anche naturale, ma viene poi raffinato e selezionato a suonare in modo speciale per la sequenza di lunghe e brevi. In questo senso storpiare il suono di una parola, come si fa nella lettura metrica accademica, è esattamente il contrario di quel che abbiamo appena detto, perché esce completamente da una pronuncia che rispetti la sua natura. Grazie del commento, ciao!
Perfettamente d’accordo!
Ciao, Alessandro!
Video molto interessante e illuminante, complimenti!
Ti volevo chiedere: come hai fatto a imparare a tradurre così ad impronta un testo. Cioè, hai studiato liste di vocaboli, vai per esperienza, o intuito, o altro...?
Ciao Matteo, ti ringrazio per la domanda che è davvero ben posta. Direi che questa è LA domanda. Per la teoria di consiglio di guardare i miei video sull'acquisizione. In pratica ascolto ore al giorno testi in latino, leggo solo cose in latino.
@@Alessandroconti399 Wow! Metodo davvero innovativo, almeno per me. Guarderò sicuramente i tuoi video a riguardo. Ti ringrazio tantissimo, davvero.
Ho iniziato ieri a guardare qualche tuo video per informarmi meglio sulla lettura metrica latina (mito quindi sfatato😉), poiché dovevo scandire metricamente un'elegia del buon Tibullo, e dunque ti volevo davvero fare i complimenti per la tua bravura. Da oggi novello iscritto!!😆😉
@Pierluigi Malizia aiutami a capire dove e come, con pazienza. Altrimenti è solo una provocazione.
Video illuminante, consigli qualche testo (qualora esista) che possa trattare l'argomento secondo questa/o verità/punto di vista? Complimenti e grazie ancora per la realizzazione 😊
Ciao, beh generalmente sulla pronuncia del Latino puoi leggere Allen "Vox Latina". Poi qualsiasi manuale in cui si parli di prosodia, ad esempio la famosa "Propedeutica al latino universitario" di Traina/Perini.
@@Alessandroconti399 La "Propedeutica al latino universitario" è materiale d'esame per me, quindi la possiedo già, grazie mille per la risposta!
Dopo una laurea in Economia e Commercio in gioventù, per varie ragioni mi sono messo a studiare L-10 Lettere. La mia professoressa di Latino usa proprio questa pronuncia che ho sempre trovato, già al Liceo, sommamente ridicola, se vogliamo la dimostrazione che tanti grandi intelletti possono collaborare per dire grandi stupidaggini.
Il mio problema naturalmente è che per passare l'esame devo leggere in questo modo ridicolo "ictato" e, ora che ho la conferma che altri pensano ciò che sempre ho pensato già da ragazzo, l'impresa di imparare a deformare il latino "per bene" diventa ancora più ardua.
Chiedo quindi a chiunque possa indicarmeli, un buon video, o dei buoni video, dove io possa studiare la pronuncia "ictata" (che non è così banale come far cadere gli accenti in punti fissi del verso, mi pare) restando intesi che secondo me, più che un'amara medicina, è proprio un veleno.
Direi quasi che qualsiasi lettura metrica fatta da italiani/e è avvelenata in egual modo. Quindi, insomma, non credo tu avrai difficoltà a trovarne. Anche il sito poesialatina, per il resto ottimo, propone quegli ictus.
quindi anche la pronuncia del dittongo "ae" e della lettera "v" sono mistificazioni?
Niente è di per sé una mistificazione, sono solo pratiche post-classiche, senza presenza nell'età di Cicerone. Nella fattispecie che i romani di rango (tipo qualsiasi scrittore) pronunciassero AE fino alla tarda antichità è praticamente certo, mentre il dittongo veniva monottongato probabilmente nelle classi inferiori già nell'età di Cicerone. La lettera v è la scrittura maiuscola di U fino a una riforma ortografica di età umanistica non so quale, dove per distinguere il suono U vocalico da quello U semivocalico si scelse di usare le due grafie. Allo stesso modo si distinsero I e J. In sostanza: AE > E è una pronuncia medievale, mentre l'introduzione della differenza tra U e V è una scelta ortografica dell'età moderna.
@@Alessandroconti399 Non conoscevo la storia della pronuncia del dittongo, grazie! Ricordo che in Lucrezio, Plauto e autori antichi sono attestate forme di genitivo in -ai, che appunto testimoniano una fase precedente rispetto alla grafia del dittongo AE. Tra l'altro il dittongo AI ha avuto una sorte simile in greco, ed oggi viene pronunciato E. Quindi in pratica ti rifai alla pronuncia della tarda età repubblicana, giusto?
@@adrianomorea4488 Diciamo che ci provo. Ma non è una scelta mia, io sono solo l'ultimo di una nutrita schiera di persone che, in tutto il mondo, hanno fatto questa scelta. Essendo quella l'età in cui si è, come dire "sigillata" la forma definitiva del latino letterario, si tende a prenderla anche come standard di pronuncia. Però ci sono tante e diverse ipotesi. C'è anche ci cerca di replicare la apertura e chiusura delle vocali... insomma ci sono tanti pazzi. Grazie dell'attenzione!
@@Alessandroconti399 Ho seguito qualche corso con Massaro a Bari (non so se lo conosci, è revisore del Thesaurus linguae latinae) e lui si limitava alla pronuncia gutturale di C e G, con AE e V però mi hai aperto un mondo. Vale, amice! ;)
Grazie a te! Fuori dall'Italia c'è un sacco di gente in gamba. Se vuoi cercami su Facebook o Twitter come Alexander Veronensis, da lì condivido tutto quello che succede nella Latinosfera ogni settimana. Ciao!
Grazie Alessandro. Molto interessante e illuminante direi. Il terrorismo perpetuato riguardo la metrica era una sofferenza al liceo. In realtà sono una biologa perciò so molto poco riguardo il latino e molto altro... però ricordo che la mia insegnante pronunciava le "c" morbide come in italiano, la "ae" come "e" e la "ti" come "zi"... mi piacerebbe anche in questo caso capire. Grazie se potrai rispondere
Ciao Francesca, ti ringrazio dell'attenzione. Quella che senti è la pronuncia "restituta", ossia il tentativo di ricostruire la pronuncia corretta dei tempi di Cicerone. Si tratta appunto di una "ipotesi", ma oramai concordemente accettata in ambito accademico. Quindi come senti pronunciare me è come, probabilmente, pronunciava un romano colto dei I a.C. - I d.C. L'altra pronuncia, quella della tua professoressa, è la cosiddetta "pronuncia storica", detta anche "ecclesiastica". Si tratta della pronuncia che il latino ha assunto in Italia attraverso tanti anni di distanza da quel famoso tempo di Cicerone. È una pronuncia "naturale", quindi non ricostruita, ma reale, e questo è il suo bello. Così pronunciavano forse già Agostino, senza dubbio nel medioevo fino a Dante e Petrarca (a parte un primo tentativo di restituzione operato da Alcuino di York per la corte Carolingia). Così pronunciavano Foscolo, Manzoni, Gramsci... insomma chi lo fa è in buona compagnia! Oggi c'è un solo latinofono di alto livello che usa questa pronuncia per motivi di adesione ideologica al rinascimento italiano, che è Luigi Miraglia (ti consiglio di googlarlo, merita - almeno come latinofono). Ciao e grazie!
@@Alessandroconti399 wow... fantastico! Grazie, mi hai catapultata nel passato. Averne avuti di prof così, magari mi laureavo il lettere antiche invece che in biologia! Grazie ancora. Sarebbe bello sentire l'Odi et amo di Catullo recitata da te. Ne ho sentite di mille! Magari cerco tra i tuoi video. Ciaoo
@@francescadelsanto7371 secondo me una biologa può rimanere appassionata di classici, più difficilmente si trova un classicista appassionato di biologia. Quindi hai fatto bene. Odi et amo è così breve che andrebbe letta da Ungaretti :)
@@Alessandroconti399 verissime entrambe le cose... però ci sono delle letture su UA-cam di Odi et amo di cui sarei curiosa di conoscere la tua opinione. Grazie di tutto Alessandro. È stato un piacere
@@francescadelsanto7371 Dimmi quali!
Grazie! La fine di un incubo
Finisce un incubo, inizia però la follia di imparare a pronunciare lunghe e brevi. Almeno questa seconda porta a risultati migliori.
Purtroppo uno dei requisiti per superare l’esame di Lingua e letteratura latina all’università (almeno da me) é proprio la lettura in metrica e il 99% delle persone sta riscontrando enormi difficoltà. Tralasciando le problematiche legate al latino, é una vera tragedia in tutti i sensi, ma questa cosa di chiedere ancora la lettura metrica trovo sia inutile. In poche parole io non riuscirò mai a laurearmi, perché superare l’esame é impossibile e non scherzo.
Mi dispiace molto, che brutta esperienza. La metrica è, in effetti, una parte vitale del sistema letterario, se pensi a quante opere ci sono pervenute in versi. Il problema è che i tuoi prof vogliono quella lettura rigida che sposta gli accenti e che non è affatto naturale, e va quasi imparata ex novo e sovrapposto a quello che già sai. Coraggio. Se hai la possibilità di cambiare tipo di lettura ti posso aiutare, sennò non posso farci nulla.
Alessandro Conti Prenderò ripetizioni private e cercherò di sfruttare al meglio i corsi integrativi pomeridiani che dicono saranno attivati a breve in dipartimento. Almeno questo lo hanno capito. Ti ringrazio tanto😘
@@maryj8510 bene, peccato che i cittadini e le cittadine debbano finire per pagare privatamente ciò che il ministero non vuole dare. Però vedrai che andrà bene. In bocca al lupo!
Pierluigi Malizia non intendevo essere superficiale, chiedo scusa. Però è davvero molto complicato. Per ora ci hanno fatto sapere che può incidere sul voto, ma non essere motivo principale di bocciatura. Speriamo bene...grazie ♥️
@@maryj8510 è passato un anno, lo so, ma io sono nella tua stessa situazione... alla fine ce l'hai fatta? cerco incoraggiamenti, la metrica non l'ho mai affrontata alle superiori e ora devo saperla all'esame dell'università! piango
A questo punto anche la s dovrebbe essere pronunciata pesante, o no?
In che senso "a questo punto"? Non mi sembra tanto importante - dal punto di vista della lettura metrica - la restituzione filologica di tutti i suoni (che poi variavano chissà quanto da regione a regione), quanto piuttosto delle quantità sillabiche. I primi infatti non danno vita a differenze metriche, le seconde sì. E poi: la esse pesante sarebbe quella sorda?
@@Alessandroconti399 Si, sapevo di non aver utilizzato il termine specifico
Era una domanda innocua, la metrica non c'entrava, riformulo: nella pronuncia restituta la s è pesante/sorda?
@@manuel1colombo scusa, avevo capito male. Francamente non lo so. Abbiamo un sacco di trattati di fonetica di 4° o 5° secolo, molto fighi e precisi. Allen ha raccolto tutto in questo libro, un po' datato, ma fico: Vox Latina g.co/kgs/JNeQvW personalmente non ci sto troppo dietro, perché trovo che sia un po' una cosa erudita che cambia poco la sostanza. Sulle vocali aperte e chiuse c'è un recente articolo di un certo Calabrese che cambia decenni di congetture.
@@Alessandroconti399 Grazie mille, leggendo i commenti ho letto di un certo Latinitium, mi potrebbe spiegare meglio di cosa si tratta?
Io direi piuttosto che non credo che ci sia nessuna lingua in cui non si legga la poesia in un modo diverso della prosa.
Oddio, mi sono perso tra le negazioni. Quindi la poesia e la prosa si leggono diverse sì o no?
@@Alessandroconti399 E sì, direi.
@@DiomedesDioscuro ma tipo proprio che cambi gli accenti delle parole rendendole irriconoscibili? Tipo che si dice in prosa “automòbile” e in poesia “automobìle”? Perché di queste variazioni macroscopiche parliamo, non di finezze di dizione.
@@Alessandroconti399 A volte in musica l'accento delle parole può travolto, sì. Ma non dimenticare che l'accento d'intensità non ha carattere discreto in latino classico, ma concomitante con la quantità delle sillabe.
@@DiomedesDioscuro certamente per la musica è un altro discorso, ma qui appunto parliamo di prosa e di come Cicerone stesso sostenesse che le due dizioni fossero talmente simili da evitare appunto clausole esametriche per non sembrare un poema epico. Dell’accento latino si sa poco, ma si sa certamente che se la lettura della poesia fosse stata DEL TUTTO diversa da quella della prosa (come nella lettura metrica tradizionale) uno straccio di testimonianza ci sarebbe. È chiaramente una pratica scolastica successiva alla perdita della quantità vocalica.
Da far vedere ad ogni studente. La nostra professoressa di letteratura ce l'ho ha detto durante la prima lezione. Ciò che non capisco è il perché dell'utilizzo di questa scansione. Qualcuno mi aiuta?
Beh, intanto grazie e complimenti alla tua prof. Il motivo per cui siamo arrivati a questa cosa è che, già dalla tarda antichità, si comincia a perdere il senso delle lunghe e delle brevi, non si pronunciano più, per cui tutta la metrica quantitativa, che proprio sulle
lunghe e sulle brevi si fonda, risulta ormai incomprensibile. Nasce la poesia accentuativa (hai mai letto / ascoltato cose medievali tipo “Gaudeamus Igitur”? Si sente che usano il nostro stesso sistema di accenti) che durerà fino a noi. Nel Rinascimento però gli umanisti capiscono che quella lettura è sbagliata, e propongono dei metodi musicali per leggere la lirica antica. La cosa dura e funziona fino all’Ottocento, quando, con l’arrivo dei metodi “di costruzione” tutto torna più “scolastico”, per così dire approssimativamente (metodi di costruzione = quello che fate voi “soggetto, oggetto, verbo, complementi, analisi logica etc.). Ecco, quindi chi dice Armavirumquecanò non è che si sia inventato lui questa cosa, gli viene da una tradizione sbagliata molto antica. Ciao!
@@Alessandroconti399 Aggiungo che, per il Latino e almeno a quanto riferisce la Propedeutica al Latino universitario di Traina, probabilmente già nel Medioevo o comunque in età tardoantica, quando ormai era del tutto svanita la consapevolezza della quantità vocalica, i versi si leggevano creando delle "parole piede": non si considerava più la parola in sé, ma si faceva una parola di ogni singolo piede metrico, parola che, in quanto latina, era regolata dalla legge della penultima per l'accento. Così la prima "parola piede" dell'Eneide sarebbe "Armavi", accentata sulla prima "a" in quanto la sillaba "ma" è breve. Come breve riaggancio al tema della metrica "musicale" nel Rinascimento, inoltre, aggiungo che ne è testimonianza la nostra opera lirica, nata proprio dalla convinzione che tutto il dramma antico fosse cantato (anche se oggi sappiamo che non era propriocosì).
T I B I G R A T I A S, veritas est noscenda ac pervulganda.
Numquam me delectavit pronuntiatio restituta, sed mihi modus pronuntiandi tuus videtur limpidus levisque!
Miguel de Lillo Gratias tibi ago, Michael. Sunt multi hodie qui belle pronuntiant, quorum ultimus videor mihi esse. Quaere in reti “Latinitium” ut suavissimum recitatorem nostrae aetatis audias.
Non noscebam de isto Latinitio de quo loqueris sed certe mihi perutilis erit; iterum tibi gratias!
Hoc "video" (latinum verbum ad hoc aptum non scio) ad amicos meos qui in eadem schola mea studeant (ea est Lyceum Scientiarum) misi statim cum viserim; quidam dixit: .
Gratulor tibi, amice, quod, quamquam adhuc in schola versaris, ita studes Latinitati ut velis ex animo nova scire nec non cum aliis communicare. Utinam omnes res bene tibi evadant in studiis tuis.
Lo stesso vale per il greco?
Decisamente! Anzi, ancora di più, dato che, a quanto pare, l'accento del greco classico era melodico invece che intensivo.
@@Alessandroconti399 grazie per la risposta... Ma esiste un modo per "pronunciare" l'accento melodico?
@@lucadidomenica7715 questo pronuncia assai bene ua-cam.com/video/NuKjxVjnzN4/v-deo.html
Comunque molte lingue oggi ce l'hanno, tra cui ad esempio il Finlandese o il Cinese.
@@Alessandroconti399 grazie mille! 😊
Scusa Alex, da ignorante vorrei avanzare un'ipotesi spericolata, in un certo senso non ho niente da perdere... Forse con la base musicale - mi riferisco a Saffo, Alceo, Pindaro ecc. - l'accento naturale melodico del greco antico veniva di fatto assorbito e rimpiazzato dalla melodia intonata dal poeta chansonnier o dal coro. Tolto di mezzo, perciò, l'accento melodico naturale, l'enfasi ritmica andava tendenzialmente sulle sillabe lunghe, secondo lo schema metrico di ciascun verso. Tutto questo nella Grecia classica, ove riterrei che l'accento naturale contasse ben poco in poesia (soltanto ai tempi di Nonno ne emerge una qualche rilevanza). Quando a Roma, cinque o sei secoli dopo i lirici greci, Catullo e Orazio si dedicarono alla pur meticolosa imitazione di quegli schemi metrici (superata così la rudimentale metrica del verso saturnio di Nevio che forse aveva qualcosa di accentuativo), il risultato fu forzatamente un po' differente dal modello greco, perché la base musicale a Roma era - se non sbaglio - solo facoltativa e gli accenti naturali non potevano essere elusi (come vorrebbe nel suo semplicismo la lettura "ictata"). Di qui la più che probabile validità della tua proposta di lettura dei versi di Virgilio. Naturalmente poi le cose cambieranno ancora, e ben più radicalmente, come sappiamo. Pian piano le lunghe e le brevi, con la decadenza del latino, non si distinguono più, e così abbiamo un Commodiano e infine, nel lungo periodo, la metrica accentuativa delle lingue romanze.
l'Eneide è scritta appositamente in esametro perché doveva continuare la tradizione omerica quindi la consapevolezza della metrica c'era
5:20 dico come, secondo Quintiliano, vada letta la metrica. Non so da dove hai potuto concludere che io pensi che Virgilio scrivesse in esametri senza saperlo :)
Dobbiamo sottostare allo stupido orgoglio dei professoroni che, piuttosto che ammettere di aver sbagliato per generazioni e cestinare il tutto, continuano a persistere col loro errore. Avete mai provato a contraddire un tronfio professore in palese errore? Sì arrampicherà sugli specchi, ma non ammetterà mai di aver sbagliato.
Dai, magari non tutt*!
e quella greca??
Ciao, direi ancora meno, dato che pare avessero un accento ancora più melodico e meno intensivo di quello latino. Questa secondo me è la migliore di tutte: ua-cam.com/video/0KuSv38NDDo/v-deo.html
Wow, grazie mille! Video molto interessante!!
Grazie a te!
E pensare che la mia prof mi diede 4 l'anno scorso chiamandomi alla lavagna ☺
Eh, forse però lì non sapevi scandire il verso, ovvero non sapevi dar ragione delle lunghe e delle brevi, il che è più comprensibile. Certo che il quattro...
In realtà la modalità suggerita è abbastanza simile a una lettura metrica: cerca di contemperare gli accenti naturali delle parole con le arsi che inevitabilmente poggiano sulle sillabe lunghe e danno il ritmo al verso, come consigliava il vecchio Del Grande (che oltre a essere un metricista sapeva anche suonare il pianoforte e se ne serviva per scandire metricamente i versi latini e greci). La lettura "ictata" che tanto piace in Italia non è del tutto sbagliata, forse pecca di estremismo ma cerca di valorizzare il ritmo cioè di renderlo più facile da riconoscere. Su una cosa non sono d'accordo: Dante va letto metricamente, bisogna analizzare ogni verso per leggerlo in modo adeguato alle leggi dell'endecasillabo. Senza alterare gli accenti ma senza sbagliare lo iato, la sinalefe ecc. Sul punto cfr. l'ottimo Beltrami.
Caro Sandro, grazie della risposta garbata. Sinceramente io credo che le due letture siano invece molto diverse proprio perché la quantitativa rispetta le durate delle sillabe e non sposta gli accenti, mentre la "ictata", come dici tu, non rispetta le quantità e perverte gli accenti. Se pensassi all'esecuzione di una melodia in cui tutte le note avessero durate diverse da come sono scritte, e gli accenti non cadessero dove voleva il musicista, dico che quella non sarebbe una buona esecuzione. Quanto a Dante sì, talvolta occorre leggere due volte un verso per capire come far stare tutto a posto, ma non direi che questo sovverta in alcun modo la naturalezza della lingua.
@@Alessandroconti399 grazie dei chiarimenti, forse non riesco a leggere tutto, non so perché ma lo schermo arriva fino a "naturalezza" e non va oltre. In estrema sintesi, premesso che non sono un docente né un laureato in lettere, ma solo un appassionato, vorrei semplicemente aggiungere che, certo, la lettura "ictata" è caricaturale, soprattutto quando il lettore è convinto dogmaticamente che gli accenti debbano come per gioco cambiare posto. Ma il rischio della lettura, diciamo così, naturale è che i lettori meno avveduti alzino le spalle e dicano: "Va beh, tanto la lettura metrica non esiste! Non c'è la rima, gli accenti sono quelli del vocabolario, le lunghe e le brevi, uff, che noia, ma mi posso mettere ad allungare le vocali? Dai, 'sti esametri sono gli antenati dei versi liberi." Ovvio che siffatte aberrazioni non siano imputabili a chi si oppone agli eccessi della lettura "ictata", ma il problema esiste.
cmq ho capito chi sei... Abbiamo incrociato le spade dialettiche su fb più di una volta su questo argomento. Il mio nick era "monty" e da ultimo era "oliviero". Il tuo nick è A.V.
Ah sì! Ora ti riconosco! Ma tu sei un principe del foro, un leguleio, un giureconsulto, giusto?
@@Alessandroconti399 amico sornione, mi vuoi dare dell'omnium patronus... Per ora faccio il magistrato, ma probabilmente cambierò lavoro. Come Di Pietro ah ah ah!
era già in metrica però
Che cosa?
Mi permetto di non condividere assolutamente la sua posizione . La metrica classica quantitativa greca ha leggi molto rigorose , complicate ed interessanti che sono strettamente legate al ritmo . I pilastri e le conquiste storiche della musica nei secoli sono stati . ritmo , melodia , armonia . I greci conoscevano solo gli aspetti melodici legati ad i tetracordi dorico , ionico , frigio e pochi altri , costituiti da poche note e semplici intervalli . A questa poverta' melodica è seguito uno sviluppo ritmico concretizzatosi con la parola e con i versi che essa determina . La lettura metrica quantitava dei versi è molto difficile e segue regole complicate ma se effettuata come si deve conferisce al verso un ehtos ed una musicalità ritmica interessantissima . Non è un caso che si adoperi il giambo anzichè il dattilo od il tribraco . Nella Grecia classica infatti , la dottrina empirica in cui differenti reazioni emotive individuali potevano estrinsecarsi nelle varie componenti della musica e che prese il nome di ethos coinvolse anche il ritmo . Si costruivano versi con parole specifiche perche' il ritmo che esse determinavano attraverso le sillabe lunghe o brevi " amplificavano " emotivamente la parola ed il verso stesso .Per leggere la metrica occorrono anche e soprattutto ottime basi musicali ritmiche. Ho sentito letture metriche di " baroni " della cultura classica da far rabbrividire per la loro inconguenza ritmica . Al contrario ottimi lettori sono in grado di leggere all'unisono dei versi senza la minima differenziazione ritmica ; cio conferma l'oggettività della scrittura quantitativa . Esattamente come una partitura musicale che deve essere da tutti eseguita con gli stessi valori delle note nei loro rapporti mensurali . Non entro ovviamente nel merito se una simile oggettività di lettura possa piacere o meno ma ritengo che questo pilatro della cultura sia un fatto insindacabile . Che poi nel corso dei secoli la parola si sia liberata dalla schiavitu delle sillabe lunghe e brevi è altro fatto indiscutibile per cui le do certamente ragione ma solo ed esclusivamente in questo caso . saluti e buon lavoro , claudio bini pisa
Caro Claudio, forse non mi sono spiegato molto bene, ma mi sembra che siamo d'accordo su tutto. Riassumo:
1) Gli antichi avevano una lingua con differenze quantitative.
2) Il modo di far poesia degli antichi consisteva nell'alternare sillabe lunghe e brevi.
3) Per restituire il "suono" della loro poesia bisognerebbe saper leggere le lunghe e le brevi.
4) L'attuale lettura che sposta gli accenti è una finzione. Come prassi scolastica è datata al Settecento.
Così credo ci siamo capiti. Se vuoi ci sono altri due miei video sul tema, magari lì mi sono spiegato meglio. Ciao!
Uno che vuole parlare di questi argomenti dovrebbe almeno capire come si usa la barra spaziatrice, dico sul serio. Se Lei ha battuto la Sua tesi in questo modo, la nostra Università va verso l'autodistruzione.
se tu leggi in metrica mica cambi gli accenti
Vedi 0:50 per spostamento degli accenti causato da accentuazione delle sillabe in arsi.
@Pierluigi Malizia allora che insegnassero a scuola questa maledetta metrica visto che è un canto. Io ho vissuto 3 anni di liceo con la paura di essere chiamata a leggere in metrica perchè il mio prof lo pretendeva e non lo insegnava quindi mi dispiace ma è molto di sollievo questo video