Questo se intendiamo la libertà come un ente booleano che o c'è del tutto o non c'è per niente. Ma la libertà è una grandezza scalare, come la temperatura, la ricchezza e forse persino la felicità
Ti chiedo se secondo te possiamo essere questo Orizzonte Assoluto. In un certo senso siamo vincolati, gettati nel mondo, e dipendenti dalle contingenze. Vedo questo Orizzonte Assoluto solo nel nostro spirito, nelle nostre intenzioni, ma non sempre possibile nelle attuazioni. Tu cosa pensi a riguardo?
@@fenomenologicamente quindi un assoluto che ancora non è, ma che è in divenire, dove le contrarietà ci aiutano a costruire o a svelare questo Orizzonte?
Dai commenti non credo che il discorso fatto da Paolo sia stato colto. Affinché il concetto di libertà espresso diventi coerente dobbiamo pensare che nell'essere umano c'è un principio trascendentale che in questo momento è condizionato dal corpo e dal mondo. Ma che dopo la morte del corpo abbia la possibilità di liberarsi, da questo giogo, dimorando nella sua assolutezza non condizionata perché isolato dalla materia condizionante. Questo obiettivo è comune in tutti i darshana indiani. Nel Samkhya per esempio si definisce questo incondizionato come Purusha, il testimone passivo e senziente, di Prakriti, la natura, che si declina come corpi che imprigionano Purusha nel ciclo delle esistenze (Samsara). La liberazione di ottiene attraverso il riconoscimento che Purusha non è Prakriti, ovvero che in realtà non siamo il nostro corpo e la nostra mente ma quel principio assoluto e cosciente che sperimenta tutto il mondo fenomenico, io trascendentale. Allora come ha detto Schopenhauer la persona diviene oggetto fra gli oggetti.
@@fenomenologicamente Di solito l'assoluto in filosofia indiana viene immaginato metaforicamente come uno specchio. Il mondo fenomenico è ciò che appare nello specchio come riflesso, sia come apparente soggetto (persona) che come dimensione esterna. E la dimensione materiale è la stanza illuminata che proietta la propria immagine sullo specchio stesso. La domanda che dobbiamo porci è: il soggetto trascendentale, una volta isolato dalla dimensione materiale, cosa sperimenta? O nulla o se stesso. Nulla, inteso come uno specchio che non riflette più nulla perché la luce nella stanza viene spenta. In questo caso il soggetto trascendentale diviene incosciente. Questa ipotesi mi sembra poco auspicabile perché significherebbe cadere per l'eternità in un non essere assoluto. L'altra possibilità è che resti cosciente di sé stesso. Però questo presenta due problemi, dire che il soggetto assoluto diviene oggetto di se stesso suona alquanto contraddittorio. Ma ammesso che sia possibile cosa sperimenterebbe? Cosa restituiribbe fenomenicamente a se stesso tale soggetto trascendentale? Probabilmente nulla perché così come uno specchio non presenta nessun colore sulla propria superficie, proprio per permettere la riflessione di qualsiasi mondo fenomenico, il soggetto trascendentale non può avere nessuna qualità fenomenica se non il potenziale di fare esperienza sensibile di ogni qualità fenomenica che però non gli appartiene a livello sostanziale. Sembra allora che l'assoluto necessiti del relativo proprio per divenire consapevole di sé stesso. Allora forse la libertà dai condizionamenti si può ottenere proprio qui e ora riconoscendosi semplicemente come il soggetto trascendentale che osserva il mondo fenomenico, costituito dalla persona e dal mondo "esterno"; mondo fenomenico non prodotto dall'io trascendentale ma dalla dimensione materiale, così come il riflesso non è prodotto dallo specchio ma dalla luce dalla stanza e dalla persona davanti allo specchio. Quando guardiamo un film non siamo condizionati da ciò che accade nel film stesso perché siamo spettatori. Veniamo condizionati solo se ci immedesimiamo nel protagonista. Se non lo facciamo siamo liberi, la stesso intento di non identificazione io credo che sia una possibile chiave per la libertà assoluta qui ed ora.
Esatto: non siamo nè il nostro corpo nè i nostri sentimenti... Siamo lo sfondo in cui essi appaiono processualmente: PERÒ IN VERITÀ IN QUESTO MONDO ANTE-MORTE QUANTI PUR COSCIENTI DI CIÒ RIESCONO REALMENTE a STACCARSI DA QUESTA VOLONTÀ ? Rarissimi Santi Mistici forse. Non certo io e (scusate se mi permetto ONESTÀ INTELLETTUALE) nemmeno Voi (salvo miracoli)
D'accordo sul discorso dell'orizzonte assoluto tenendo però presente che l'uomo definisce le cose per opposizione quindi non potrà mai liberarsi dal contrario di ciò che viene affermato. Esempio, il bene non può sottrarsi completamente al male, il bello dal brutto..... L'orizzonte assoluto non può essere un puro e totale assoluto.
Molto bello, breve ma va dritto al segno. Grazie
non sai quanto mi ci volesse questo tuo intervento oggi , grazie 😍😍
Questo se intendiamo la libertà come un ente booleano che o c'è del tutto o non c'è per niente. Ma la libertà è una grandezza scalare, come la temperatura, la ricchezza e forse persino la felicità
la libertà è l'impossibile
Ti chiedo se secondo te possiamo essere questo Orizzonte Assoluto. In un certo senso siamo vincolati, gettati nel mondo, e dipendenti dalle contingenze. Vedo questo Orizzonte Assoluto solo nel nostro spirito, nelle nostre intenzioni, ma non sempre possibile nelle attuazioni. Tu cosa pensi a riguardo?
Io credo che l'assoluto si costituisca proprio a partire dalla nostra finitezza: senza l'attrito dell'aria, la colomba non vola.
@@fenomenologicamente quindi un assoluto che ancora non è, ma che è in divenire, dove le contrarietà ci aiutano a costruire o a svelare questo Orizzonte?
Dai commenti non credo che il discorso fatto da Paolo sia stato colto. Affinché il concetto di libertà espresso diventi coerente dobbiamo pensare che nell'essere umano c'è un principio trascendentale che in questo momento è condizionato dal corpo e dal mondo. Ma che dopo la morte del corpo abbia la possibilità di liberarsi, da questo giogo, dimorando nella sua assolutezza non condizionata perché isolato dalla materia condizionante. Questo obiettivo è comune in tutti i darshana indiani. Nel Samkhya per esempio si definisce questo incondizionato come Purusha, il testimone passivo e senziente, di Prakriti, la natura, che si declina come corpi che imprigionano Purusha nel ciclo delle esistenze (Samsara). La liberazione di ottiene attraverso il riconoscimento che Purusha non è Prakriti, ovvero che in realtà non siamo il nostro corpo e la nostra mente ma quel principio assoluto e cosciente che sperimenta tutto il mondo fenomenico, io trascendentale. Allora come ha detto Schopenhauer la persona diviene oggetto fra gli oggetti.
Grazie per il bel intervento!
@@fenomenologicamente Di solito l'assoluto in filosofia indiana viene immaginato metaforicamente come uno specchio. Il mondo fenomenico è ciò che appare nello specchio come riflesso, sia come apparente soggetto (persona) che come dimensione esterna. E la dimensione materiale è la stanza illuminata che proietta la propria immagine sullo specchio stesso. La domanda che dobbiamo porci è: il soggetto trascendentale, una volta isolato dalla dimensione materiale, cosa sperimenta? O nulla o se stesso. Nulla, inteso come uno specchio che non riflette più nulla perché la luce nella stanza viene spenta. In questo caso il soggetto trascendentale diviene incosciente. Questa ipotesi mi sembra poco auspicabile perché significherebbe cadere per l'eternità in un non essere assoluto. L'altra possibilità è che resti cosciente di sé stesso. Però questo presenta due problemi, dire che il soggetto assoluto diviene oggetto di se stesso suona alquanto contraddittorio. Ma ammesso che sia possibile cosa sperimenterebbe? Cosa restituiribbe fenomenicamente a se stesso tale soggetto trascendentale? Probabilmente nulla perché così come uno specchio non presenta nessun colore sulla propria superficie, proprio per permettere la riflessione di qualsiasi mondo fenomenico, il soggetto trascendentale non può avere nessuna qualità fenomenica se non il potenziale di fare esperienza sensibile di ogni qualità fenomenica che però non gli appartiene a livello sostanziale.
Sembra allora che l'assoluto necessiti del relativo proprio per divenire consapevole di sé stesso. Allora forse la libertà dai condizionamenti si può ottenere proprio qui e ora riconoscendosi semplicemente come il soggetto trascendentale che osserva il mondo fenomenico, costituito dalla persona e dal mondo "esterno"; mondo fenomenico non prodotto dall'io trascendentale ma dalla dimensione materiale, così come il riflesso non è prodotto dallo specchio ma dalla luce dalla stanza e dalla persona davanti allo specchio. Quando guardiamo un film non siamo condizionati da ciò che accade nel film stesso perché siamo spettatori. Veniamo condizionati solo se ci immedesimiamo nel protagonista. Se non lo facciamo siamo liberi, la stesso intento di non identificazione io credo che sia una possibile chiave per la libertà assoluta qui ed ora.
Esatto: non siamo nè il nostro corpo nè i nostri sentimenti... Siamo lo sfondo in cui essi appaiono processualmente: PERÒ IN VERITÀ IN QUESTO MONDO ANTE-MORTE QUANTI PUR COSCIENTI DI CIÒ RIESCONO REALMENTE a STACCARSI DA QUESTA VOLONTÀ ? Rarissimi Santi Mistici forse. Non certo io e (scusate se mi permetto ONESTÀ INTELLETTUALE) nemmeno Voi (salvo miracoli)
D'accordo sul discorso dell'orizzonte assoluto tenendo però presente che l'uomo definisce le cose per opposizione quindi non potrà mai liberarsi dal contrario di ciò che viene affermato. Esempio, il bene non può sottrarsi completamente al male, il bello dal brutto..... L'orizzonte assoluto non può essere un puro e totale assoluto.
Grazie Paolo
Ogni cosa che é al contempo nega l’infinità di cose che non é? Mi pare contraddittorio quanto l’assoluto
@@AlessioveigaA mio avviso dovremmo tenere presente che procediamo attraverso il (e nel) linguaggio. Ma il linguaggio esprime tutto?