grazie per il link del libro, tra poche settimane avrò un esame in materia e mi ritornerà molto utile il PDF da te linkato, grazie mille, procedo con il secondo video, un saluto.
Non mi piace mettere mi piace. Oggi ho dovuto farlo. Complimenti Marco, e grazie, per la tua generosa attenzione che si rivela a noi spectatores attraverso un'immagine chiara e definita, in cui il punctum emerge, colpisce e rimane
Puntuale come sempre,molto interessante , complimenti Marco ,auguro a te e famiglia un Felice e Sereno Natale e un super Anno Nuovo, grazie per il grande contributo alla comunità della fotografia analogica in Grande e Ultra Grande Formato!!!!
Barthes spiegato benissimo. Ho dovuto leggerlo per un esame ma ho faticato molto a capirlo, mentre ora è tutto più chiaro e anzi sembra anche più bello e interessante. Grazie mille😍
Ciao Marco, molto puntuale e veramente esposta con lucidità rara, degna di una lezione universitaria, l'argomentazione di Barthes. Ho sempre pensato che comunque lo si rigiri questo rimane il libro che contiene tutti gli argomenti importanti che in genere si portano nelle discussioni sulla fotografia. Perlomeno in quelle che non si limitano all'elogio di qualche ritrovato della tecnica. Trovo però che ci sia un problema in questo libro, ed è un vecchio problema antico almeno come la filosofia occidentale. Il problema è la scissione tra chi riflette e chi fa che in Barthes si ritrova nella distinzione tra Spectotr e Operator. Barthes dice che alcune fotografie lo toccano, feriscono, ma non si lascia mai ferire dal brivido del fare fotografia, insomma dell'agire. Essendo tu un fotografo e avendo letto il libro con molta attenzione ti chiedo: "Cos'è che sfugge, secondo te, necessariamente a chi è solo Spectator della fotografia e in generale potremmo dire, a tutti quelli che riflettono, se pur con estrema intelligenza, e basta?" Saluti da Berlino.
È una domandona. Non solo per la sua complessità ma anche perchè può essere affrontata da almeno un tre-quattro angoli diversi. Io nel mio piccolo ho percepito lo stesso scisma perchè esaminando e presentando libri sulla fotografia mi sono inventato queste due categorie: "fotografia studiata" e "fotografia scattata". Notando anche che ci sono pochissime persone che possono ragionevolmente essere messe in entrambe le categorie (Robert Adams, un nome fra tutti.) Diciamo anche che qui stiamo parlando di un terza categoria, cioè la "fotografia guardata". Tornando a Barthes, la mia sensazione è che - almeno limitandoci alla lettura di questo libro - la figura del fotografo sia per lui totalmente secondaria. R.B. non è assolutamente interessato a quello che spinge il fotografo a fotografare in un modo piuttosto che in altro, quali siano le fonti di ispirazione del fotografo, che influenza il retroterra culturale abbia avuto su di lui, che influenza l'ambiente dell'arte figurativa contemporanea a lui (e dico arte figurativa e non "fotografia" di proposito) abbia avuto e così via. Tu mi chiedi che cosa perde uno Spectator guardando una specifica foto se nulla sa del fotografo. Non nel senso biografico, ovviamente, ma nel senso riportato sopra. Se parliamo di "fotografia guardata" secondo me assolutamente nulla. Perchè nel guardare una foto ci mettiamo dentro *tutto* il bagaglio che *noi* ci portiamo dentro, quindi siamo nella più totale soggettività. Io ho una foto di Werner Bischof di una bambina giapponese nel primissimo dopoguerra che vende fiori a Ginza e che è di una struggente bellezza. Sono sicuro che *assolutamente* nulla relativo a Bischof interviene nel mio giudizio e in quello che la foto mi fa provare. L'avrei potuta trovare in un mercatino delle pulci - non si sa scattata da chi - e mi avrebbe fatto la stessa impressione. Quello che interviene in modo massiccio sono le mie esperienze di vita, il mio rapporto tutto speciale e profondo con il Giappone e la sua cultura. Sono convinto che il 99% delle persone non proverebbero le stesse sensazioni. Prosaicamente non la comprerebbero, non la attaccherebbero ad un muro e non ne sarebbero travolti come ne sono stato stato travolto io. La bimba che vende fiori a Ginza è per me l'equivalente della foto della madre di Barthes. Chi sia il fotografo è per me totalmente irrilevante. Ma, attenzione, non ti ho detto che la foto è un capolavoro. Non potrei mai. Per usare questo termine dovrei appartenere alla categoria della "fotografia studiata": dovrei essere un critico d'arte. E allora dovrei anche sapere di Bischof e delle sue motivazioni e dell'élan vital che lo stimolava (grazie, Bergson), delle correnti estetiche che circolavano prima e durante, etc etc perchè dovrei *capire* la foto. Io non capisco la foto della bimba giapponese, la sento. Ho risposto o sono andato fuori tema in modo imbarazzante ? :-) Grazie dell'opportunità di srotolare dei miei pensieri che erano un po' aggomitolati.
Argomento molto complesso e interessante allo stesso tempo. Non posso però fare a meno di chiedermi, ascoltando attentamente il concetto di “punctum”, quale potere ha l’operator su di esso; perché a quanto dice L’autore il punctum è qualcosa che nasce ed appartiene allo spectator. Il che mi fa pensare che la fotografia ha una grossa componente di causalità...voglio dire... cosa devo fare io fotografo per produrre immagini che statisticamente possano produrre più punctum?
Vuoi dire "causalità" o "casualità"? A me sembra che Barthes avesse ragione quando scriveva che ogni foto che trasmette qualcosa ha _un_ _particolare_ - magari pure secondario, apparentemente - che lascia il segno ("ferisce"). Il punctum, insomma. Mi sembra anche che l'ultima cosa che gli interessasse fosse stabilire un sistema di pratiche che potesse generarlo. Pratiche forse impossibili comunque da costruire data la natura assolutamente soggettiva del punctum (lui stesso riconosce che la foto della madre che ha addirittura contribuito a dare origine al libro non comunica nulla al resto della popolazione sul pianeta, al punto che non la fa neppure vedere). Ma sono già oltre le mie capacità intellettuali :-D quindi mi piacerebbe sentire altre voci a riguardo.
Bravissimo … grazie
grazie per il link del libro, tra poche settimane avrò un esame in materia e mi ritornerà molto utile il PDF da te linkato, grazie mille, procedo con il secondo video, un saluto.
Grazie, un racconto ben fatto e interessanti anche le tue considerazioni personali 👍🏻
Non mi piace mettere mi piace.
Oggi ho dovuto farlo.
Complimenti Marco, e grazie, per la tua generosa attenzione che si rivela a noi spectatores attraverso un'immagine chiara e definita, in cui il punctum emerge, colpisce e rimane
grazie davvero.
Grazie mille!
Prego! Grosse novità già a partire da luglio ma ancora di più in settembre e ottobre sul tema “Donne e Fotografia”. Stay tuned …
spiegato benissimo. grazie mille :)
Puntuale come sempre,molto interessante , complimenti Marco ,auguro a te e famiglia un Felice e Sereno Natale e un super Anno Nuovo, grazie per il grande contributo alla comunità della fotografia analogica in Grande e Ultra Grande Formato!!!!
grazie
Barthes spiegato benissimo. Ho dovuto leggerlo per un esame ma ho faticato molto a capirlo, mentre ora è tutto più chiaro e anzi sembra anche più bello e interessante. Grazie mille😍
Prego! Mi fa piacere di essere stato di aiuto!
Prego!. Mi fa molto piacere di essere stato utile!
Ciao Marco, molto puntuale e veramente esposta con lucidità rara, degna di una lezione universitaria, l'argomentazione di Barthes. Ho sempre pensato che comunque lo si rigiri questo rimane il libro che contiene tutti gli argomenti importanti che in genere si portano nelle discussioni sulla fotografia. Perlomeno in quelle che non si limitano all'elogio di qualche ritrovato della tecnica. Trovo però che ci sia un problema in questo libro, ed è un vecchio problema antico almeno come la filosofia occidentale. Il problema è la scissione tra chi riflette e chi fa che in Barthes si ritrova nella distinzione tra Spectotr e Operator. Barthes dice che alcune fotografie lo toccano, feriscono, ma non si lascia mai ferire dal brivido del fare fotografia, insomma dell'agire. Essendo tu un fotografo e avendo letto il libro con molta attenzione ti chiedo: "Cos'è che sfugge, secondo te, necessariamente a chi è solo Spectator della fotografia e in generale potremmo dire, a tutti quelli che riflettono, se pur con estrema intelligenza, e basta?" Saluti da Berlino.
È una domandona. Non solo per la sua complessità ma anche perchè può essere affrontata da almeno un tre-quattro angoli diversi.
Io nel mio piccolo ho percepito lo stesso scisma perchè esaminando e presentando libri sulla fotografia mi sono inventato queste due categorie: "fotografia studiata" e "fotografia scattata". Notando anche che ci sono pochissime persone che possono ragionevolmente essere messe in entrambe le categorie (Robert Adams, un nome fra tutti.) Diciamo anche che qui stiamo parlando di un terza categoria, cioè la "fotografia guardata".
Tornando a Barthes, la mia sensazione è che - almeno limitandoci alla lettura di questo libro - la figura del fotografo sia per lui totalmente secondaria. R.B. non è assolutamente interessato a quello che spinge il fotografo a fotografare in un modo piuttosto che in altro, quali siano le fonti di ispirazione del fotografo, che influenza il retroterra culturale abbia avuto su di lui, che influenza l'ambiente dell'arte figurativa contemporanea a lui (e dico arte figurativa e non "fotografia" di proposito) abbia avuto e così via.
Tu mi chiedi che cosa perde uno Spectator guardando una specifica foto se nulla sa del fotografo. Non nel senso biografico, ovviamente, ma nel senso riportato sopra. Se parliamo di "fotografia guardata" secondo me assolutamente nulla. Perchè nel guardare una foto ci mettiamo dentro *tutto* il bagaglio che *noi* ci portiamo dentro, quindi siamo nella più totale soggettività.
Io ho una foto di Werner Bischof di una bambina giapponese nel primissimo dopoguerra che vende fiori a Ginza e che è di una struggente bellezza. Sono sicuro che *assolutamente* nulla relativo a Bischof interviene nel mio giudizio e in quello che la foto mi fa provare. L'avrei potuta trovare in un mercatino delle pulci - non si sa scattata da chi - e mi avrebbe fatto la stessa impressione. Quello che interviene in modo massiccio sono le mie esperienze di vita, il mio rapporto tutto speciale e profondo con il Giappone e la sua cultura. Sono convinto che il 99% delle persone non proverebbero le stesse sensazioni. Prosaicamente non la comprerebbero, non la attaccherebbero ad un muro e non ne sarebbero travolti come ne sono stato stato travolto io. La bimba che vende fiori a Ginza è per me l'equivalente della foto della madre di Barthes. Chi sia il fotografo è per me totalmente irrilevante.
Ma, attenzione, non ti ho detto che la foto è un capolavoro. Non potrei mai. Per usare questo termine dovrei appartenere alla categoria della "fotografia studiata": dovrei essere un critico d'arte. E allora dovrei anche sapere di Bischof e delle sue motivazioni e dell'élan vital che lo stimolava (grazie, Bergson), delle correnti estetiche che circolavano prima e durante, etc etc perchè dovrei *capire* la foto. Io non capisco la foto della bimba giapponese, la sento.
Ho risposto o sono andato fuori tema in modo imbarazzante ? :-)
Grazie dell'opportunità di srotolare dei miei pensieri che erano un po' aggomitolati.
Argomento molto complesso e interessante allo stesso tempo. Non posso però fare a meno di chiedermi, ascoltando attentamente il concetto di “punctum”, quale potere ha l’operator su di esso; perché a quanto dice L’autore il punctum è qualcosa che nasce ed appartiene allo spectator. Il che mi fa pensare che la fotografia ha una grossa componente di causalità...voglio dire... cosa devo fare io fotografo per produrre immagini che statisticamente possano produrre più punctum?
Vuoi dire "causalità" o "casualità"?
A me sembra che Barthes avesse ragione quando scriveva che ogni foto che trasmette qualcosa ha _un_ _particolare_ - magari pure secondario, apparentemente - che lascia il segno ("ferisce"). Il punctum, insomma.
Mi sembra anche che l'ultima cosa che gli interessasse fosse stabilire un sistema di pratiche che potesse generarlo. Pratiche forse impossibili comunque da costruire data la natura assolutamente soggettiva del punctum (lui stesso riconosce che la foto della madre che ha addirittura contribuito a dare origine al libro non comunica nulla al resto della popolazione sul pianeta, al punto che non la fa neppure vedere).
Ma sono già oltre le mie capacità intellettuali :-D quindi mi piacerebbe sentire altre voci a riguardo.
Risposta chiara su un argomento complesso, grazie.
Intendevo casualità, sorry.