Gran bel video, sempre spunti interessanti. Sono appassionato di fumetti da sempre, ho iniziato con Topolino, il Giornalino e tutti quei fumetti che potevo trovare in giro (Geppo, Soldino, ecc) o che mi passava mio cugino più grande. Verso i 12 anni ho conosciuto Dylan Dog ed è stata una prima rivoluzione copernicana. Grandi storie (era il periodo dei primi cento numeri, la media di storie di qualità era altissima), tavole bellissime, una miniera di citazioni che mi hanno fatto appassionare ancora di più alla letteratura (horror in particolare). Nel frattempo leggevo anche Martyn Mystere, Nathan Never e come sempre, tutto quello che mi capitava. Ma, se da una parte era diventata una certezza, una consuetudine trovare a fine mese il tuo eroe preferito con una nuova storia, dall'altra parte si innescava una forte ripetitività. Gli anni passavano, ma il protagonista era immutabile, diventava sempre di più schematizzato e ripetitivo, quasi incagliato su se stesso. Poi ho scoperto i manga (parlo di oltre 30 anni fa, ai tempi della Granata Press). Un mondo diverso. Ogni storia aveva un protagonista diverso, spesso dell'età dei lettori, in un Giappone che poi non era così esotico e lontano per chi era cresciuto coi cartoni animati negli anni 70 e 80. Durante la lettura temevi per la sorte dei protagonisti perchè se succedeva loro qualcosa era (quasi sempre) definitivo, le conseguenza non scomparivano, mancava quel ciclo di ripetizione e reset che invece ha sempre contraddistinto il fumetto italiano della Bonelli. Ecco, almeno per me quella è stata la chiave di volta. Le serie italiane non vogliono finire, anche quando ormai han raccontato tutto. E sinceramente penso che il declino sia inesorabile.
Non compero più fumetti e libri che parlano di fumetti da una ventina d’anni, per vari motivi che non meritano di essere qui menzionati, ma le tue riflessioni nel video le trovo ancora più azzeccate e argute del solito. Mi permetto solo di dire che accanto a Bonelli con i suoi albi di avventura, la fumettistica popolare italiana aveva anche una forte espressione ironico-demenziale che si incarnò in Alan Ford e nel mitico gruppo TNT di Bunker-Magnus , nonché nelle strips di Bonvi e Silver e anche una forte componente dark-hard-boiled con le storie di Diabolik ed epigoni dove il male vinceva sul bene (altro che Grimdark..(che io amo)) ….ma tutto questo sembra andare perduto nel tempo come gocce di pioggia….
Shane, Shane… come caspita faceva di cognome?… mi sono chiesta, durante un viaggio in treno che mi è parso infinito. Stevens! Shane Stevens. Il libro s’intitola “Io ti troverò”, ed è la storia raccapricciante di un serial killer, belva feroce e mai sazia. Solo che, a un certo punto della sua parabola omicida, capisce che deve fermarsi. Lo fa per istinto di conservazione. Persino un uomo reso folle da un’infanzia infernale, sa che l’essere umano ha bisogno di ritrovare un senso, una grammatica esistenziale, per non disintegrarsi del tutto. Dopodiché mi è venuta in mente anche un’altra cosa, mentre fuori faceva buio, e cioè che, da un po’ di tempo, nei cinema stanno proiettando alcuni grandi classici, da “Shining" a “Il padrino”, giusto per citarne un paio. A chi legge lascio il compito di domandarsi il perchè. Mentre ascolto la recensione di Flavio Troisi, ci sono persone ipnotizzate dai giochini sui cellulari, ma anche altre che leggono libri. Ne vedo parecchie, in giro, in metropolitana, sui tram. Era da tanto che non accadeva. Magari, stanno solo cercando di non impazzire. Potrei spingermi oltre, ricordando il lockdown e ciò che a molti ha dato la forza per affrontare quei momenti. Personalmente, ho attraversato fasi toste grazie al mio immaginario, e in quell’immaginario c’era anche il fumetto popolare, con i suoi riferimenti cinematografici e letterari. Guai se non ne avessi avuto uno ben nutrito, con una figlia piccola a cui dare risposte e un marito che aveva perso il lavoro. Sto parlando di sopravvivenza, non del club delle menti raffinate. Insomma del motivo per cui a me, che non sono un’addetta ai lavori, il libro di Calza serve molto. È un saggio che arriva al momento giusto, in un momento storico difficilissimo (a proposito, l’aspetto economico della faccenda non mi pare così secondario). E se altri hanno un’opinione diversa a me interessa, lo trovo giusto, ma i toni usati mi hanno trasmesso un senso di cupezza a cui mi ribello. “Chi salverà il fumetto popolare italiano”… Beh, innanzitutto noi genitori, nel momento in cui la smetteremo di trattare figli e figlie come esseri da proteggere da qualsiasi bruttura o dispiacere. Salveremo il fumetto facendoci vedere con un albo in mano, tirando fuori le nostre collezioni dagli scaffali, leggendo Tom Sawyer, Ken Parker, Pinocchio, recuperando i classici del cinema per godendoceli in famiglia. Perchè dire che è tardi? Cioè, in che senso? Se si trattasse di una questione personale, privata, ciò che scrivo non avrebbe poi molta importanza, ma guardiamoci intorno: ovunque, nel mondo, si guerreggia, si usa l’apocalisse come argomento elettorale, quasi che l’essere umano e i suoi bisogni elementari fossero ormai argomenti da vecchi, inutili nostalgici. Per cui, e lo scrivo con delicatezza e rispetto, chi conosce la bellezza e il significato di un certo tipo di cultura, crei argini per abbattere barriere, altrimenti diventeremo soli e disperati. This land is your land, comunque la si pensi. Chiara
Sono contentissimo della tua reazione al mio de profundis. Ho espresso la mia disillusione con sincerità sperando di provocare una reazione in persone combattive come te. E come Lorenzo Calza.
L'italia non sa promuovere nulla di quello possiede, libri e fumetti non fanno eccezione. Da lettore di ogni forma di fumetto e libro potrei parlare per ore di questo argomento, ma mi limito a dire che forse un po' ce la siamo cercata Flavio. Abbiamo passato infanzia ed adolescenza dietro questa passione alle volte malvista e poco diffusa, sotto sotto sperando che il mondo cominciasse a condividerla. Adesso a tutto il mondo piacciono i fumetti, le storie, lovecraft, Marvel etc...ma quelli da sempre accaniti si sentono comunque isolati. A tratti é anche peggio di prima perché un po' ti fa sentire derubato da quel qualcosa che ti apparteneva. Fidati che anche nei manga la situazione non é certo migliore: piacciono a tutti, é vero, ma solo quei 10 di punta. Ci si veste da personaggi dei fumetti, ma é un buisness non un divertimento, spesso non sanno neanche il nome di ciò che indossano perché guardare il cartone animato é una noia (figurarsi leggere il fumetto). A 35 anni ho capito che se mi piace davvero qualcosa, se é diversa da quel che alletta la massa allora é meglio che me la tenga per me.
Bravissimo, è un argomento di dibattito molto interessante e concreto. Al netto di una crisi generale del fumetto popolare, non solo in Italia, per una serie di motivi che non saprei neanche semplicemente elencare, azzarderei l'ipotesi che nel nostro paese l'industria del fumetto popolare probabilmente ha pensato di continuare a vivere contando solo sul proprio prodotto. Vale a dire che le è mancata completamente un investimento serio su un approccio multimediale. Cartoni animati, videogiochi, cinema, merchandising e pupazzetti, non sono immondizia che inficia la purezza del fumetto popolare, ma oggi in altri sistemi produttivi lo affiancano, come in Giappone, o lo sostengono quando ha il fiato corto, come negli Stati Uniti. Tra chi va al cinema a vedere i filmetti, filmoni o filmacci di super eroi sicuramente non tutti leggeranno anche i fumetti, ma quel mercato sostiene comunque quello editoriale e non solo, contribuisce a diffondere e far diventare davvero popolari certi personaggi. Idem per il rapporto manga-anime. Bonelli sta cercando faticosamente e mi permetto di dire, un po' goffamente, di recuperare terreno in questo senso, ma si trova a utilizzare metodi un po' sperimentali e pionieristici in un mercato ormai rodato e dovendo competere con concorrenti che coltivano questo campo ormai da quarant'anni su per giù. E con uno zoccolo duro di lettori che da questo punto di vista, ho l'impressione a volte li ostracizzi anche. Perchè non sarebbe bello per esempio un videogioco di Dragonero fatto come si deve? Dei bei pupazzoni di Dylan Dog, con relativi mostri per far giocare i ragazzini. "Eeeh ma Dylan Dog, la poetica, la visione sclaviana!!" Ed oggi eccoci qua a piangere che il fumetto popolare italiano è per una nicchia di vecchi, compreso me😁 Se è fumetto popolare, da ieri e soprattutto oggi, probabilmente si sarebbe dovuto alimentare anche di altre forme di cultura e intrattenimento di massa , senza aver paura di sporcarsi e contaminare per un mal riposto senso di superiorità e purezza del linguaggio. Ma questo è un pensiero personale che vale meno di niente, se perfino quello dell'autore di "La grammatica delle nuvole" verrà poco ascoltato. Un saluto.
Sono stato uno di quelli che si vestiva da Dylan Dog (facile) per entrare gratis in certe fiere. E si, ci entravo per incontrare gli autori. Castelli il ricordo più intenso (nel senso che lui sonnecchiava nel nostro stand e io lo guardavo). Penso che incontrarsi a un tavolo per parlare delle sue sceneggiature, quelle di Sclavi, di Ambrosini, e via dicendo, porterebbe via giorni. Ma arrivo alla Bonelli per eredità, e collezionismo, e per eredità ma non collezionismo lasceró i miei Bonelli alla lettura di chi mi verrà dopo. Senza prosieguo, però, non ho tema di dirlo.
Mio padre è uno dei più grandi collezionosti di Venezia (e anche suo cugino): Tex e Zagor in primis, Martin Mystere, Dylan Dog, Mister No, Nathan Never, Magico Vento, Julia solo per citarne alcuni della Bonelli...ma anche Diabolik, Skorpio, Dago e i Lanciostory da cui estrapolava le pagine per farsele rilegare in singoli volumi. Per me, che sono nato nell'86, il fumetto è quello popolare italiano! Da ragazzo son cresciuto con Dampyr, Gregory Hunter, Diabolik, Dylan Dog... Ora sono un frequentatore discontinuo del fumetto, qualche Dyland Dog ogni tanto o qualche Dragonero speciale(i disegni sono spaziali!), Dampyr color fest... anche se nell'ultimo periodo mi sono letto vecchi numeri di Martin Mystere: storie davvero eccezionali! Mai letto un manga in vita mia e non mi attira proprio! Anche se forse tra i miei coetanei vada per la maggiore...
Sono cresciuto con i supereroi della Marvel (anni Settanta e Ottanta), poi con quelli della linea Vertigo della DC Comics. Ma anche con ALAN FORD e il GRUPPO TNT (i primi 100 numeri circa, scritti da Max Bunker e disegnati da Magnus). Poi con CORTO MALTESE di Hugo Pratt. Più avanti, con KEN PARKER di Berardi e Milazzo, che citi anche tu. E, infine, con i fumetti d’autore (Guido Crepax, Attilio Micheluzzi, Dino Battaglia, Sergio Toppi, Andrea Pazienza…). Poi mi sono fermato. Ogni tanto vorrei comprare qualche numero di JULIA, ma non l’ho ancora fatto. Mi sento in colpa per aver contribuito anch’io, anche se inconsapevolmente, al declino del fumetto italiano da edicola. Declino che si accompagna al declino delle edicole stesse. Temo che la fine sia inevitabile. Forse il fumetto popolare italiano rinascerà, come la fenice, ma in forme diverse, che adesso non riesco a immaginare.
Gli autori italiani fanno ancora fumetti notevoli. Solo di altri generi. E direi pure per fortuna, il mondo si evolve, il fumetto si evolve, il pubblico cambia e vuole cose nuove. Indubbiamente si compete con altri mezzi di intrattenimento ma si lavora anche su altri mezzi di intrattenimento. E non c'è nulla di cui noi autori dobbiamo aver paura, lo dico da autrice.
Io sono del 62.. Ho sempre amato a dismisura i fumetti ed anche la musica.. E secondo me... Il fatto che entrambi i settori siano in una crisi profonda sta nel ricambio generazionale. Io vado ancora a guardarmi i film Western ma anche quelli comunque storici... Da bambino i soldi partivano in fumetti e dischi... I ragazzi d'oggi non sanno neanche cosa sono.
Ah, le nonne...La mia mi regalò pacchi di "L' Avventuroso" e "Albi dell'Avventuroso" che rimpiango ancora e poi gli album di figurine da incollarsi con la mitica coccoina...Poi sono passato direttamente ai libri. I fumetti infine mi annoiavano: finivo di leggerli troppo in fretta. Alan Ford è l"unico che ha un posto speciale nei miei ricordi. Io sono del "66.
Uno dei problemi (che è taaaanto tempo che non affronto più con chi di dovere tra le mie conoscenze) che credo a lungo abbia danneggisto il fumetto popolare italiano, e non, è la "gavetta". Tu dimmi chi riesce ad affrontare una gavetta di dieci anni, guadagnando una caxxata quando va bene e senza vedere altra opportunità che finire sempre ed inevitabilmente da un Bonelli. SE gli va benr. Anche li SE gli va bene potrebbe anche farla, la gavetta, ma poi se volesse uscirne e finalmente fare qualcosa di proprio troverebbe il deserto, gente che promette di pagarlo "in visibilità" (offrirebbero tale "paga" persino ad autori affermati dato che manco sanno chi siano) e magsri c'ha 30 anni. Credo che in tanti abbisno mollato per questo: una eterna gavetta. Ed a 30 è ora di iniziare a pagare bollette, affitto etc etc... Altri inveve sono ststi abili, e fortunati, a guardare all'estero e a lavorare all'estero. Non tutti ci sono riusviti, qualcuno è tornato con la coda tra le gambe, altri ce l'hanno fatta stringendo i denti e facendosi professionista serio e affidabile. Puntuale. Ovviamente stiamo parlando fi chi lavora prevalentemente con gli Americani. I mangaka italiani, inclusi i lettori puri e semplici, mi lasciano perplessa per la miriade di scuse che trovano per giustificare di leggere sempre e solo mamga (ok, ci dono eccezioni ma non è di loro che parlo) che i manga sono particolari, che hanno una visione del fumetto diversa eyc etc... Che sono cxxxate che sento da ANNI e ANNI e vorrei sapere da quale pulpito vengono dsto che non hanno letto mai qualcosa che non fosse un manga. Che sanno della varietà del fumetto italiano popolare? Mai letto i francesi? Gli italiani indipendenti? Ne dubito davvero. Che poi come categoria sono davvero... "Psrticolsri" innanzitutto sono convinti che un paese sciovinista come quello nipponico ci siano editori che li aspettano e vhe loro potranno vivere là. Giuro, tanti la pensano così. Inutile fargli notare che il Giappone non ha bisogno di cloni del loro o dei loro stili. E che quasi nessun occidentale lavora in wuel campo. Inoltte hanno delle assurde comvinzioni, Beyond Ordinary Borders di tanto in tanto viene attaccsto perché racconta certi lati oscuri del Giappone specie collegati a certe pubblicazioni. E con questo tipo di idee che molti assumono quelllo stile, che va pure bene non lo nego, ma senza capacità di innovarsi di migliorardi ma soprattutto di narrare storie credibili. Non dò loro colpe della situazione che ci raccontate ma un poco ce l'hanno ed i veri responsabili sono nell'editoria italiana affatto innovstiva, tardiva, autoreferenziale e per nulla attenta ai gusti e richieste dei nuovi lettori... A parte Bonelli, che non so davvero come se la passino, CHI altro c'è? Che opportunità fa? E che opportunità ha un talento giovane o semigiovane che abbia una bella storis, personaggi interessanti e bei disegni O comunque didegni finalmente nuovi, interessanti... Io è tanto che non leggo più funetti, non riesco a stare dietro ad eterne pubblicazioni, mi sono rotta le xxxxe da tempo e non guardo più nemmeno in libreria (anche le fumetterie non se la passano bene, sospetto...) mi sconfortano quegli scaffali. E invero, spero di essermi sbagliata. Insomma di Gipi ce n'è uno ma non perché è un genio ma perché tanti altri non hanno avuto la fortuna di incontrare persone lungimiranti o di mente aperta per dtili e storie.
Analisi lucidissima la tua Flavio, come al solito, che mi sento di condividere appieno. Purtroppo il grande fumetto popolare italiano, per come l'abbiamo conosciuto noi, è praticamente estinto. E utilizzo il verbo "estinguere" non a caso. Il fumetto italiano, cioè il fumetto sceneggiato e illustrato da autori italiani, prodotto e pubblicato da editori italiani, non ha più una diffusione tra i lettori tale da poter essere definito popolare, cioè non incontra più l'interesse della massa dei lettori. Secondo me, ma è solo il mio personalissimo parere di lettore tuttavia ultradecennale, il fumetto popolare italiano a un certo punto è come se avesse voltato le spalle ai lettori, cioè non è riuscito più come un tempo a intercettare i gusti dei lettori più giovani, mancando quel ricambio generazionale che sarebbe stato necessario per la sua stessa sopravvivenza come fenomeno di massa. Non so se per limiti oggettivi degli autori o per scelte di conservazione dello status quo. Per cui i lettori più giovani si sono rivolti altrove, verso i manga, ad esempio, dove trovano la possibilità di immedesimarsi in personagggi e situazioni in cui potersi riconoscere. Forse hai colto in pieno quando parli di "gentrificazione" del fumetto italiano, dato che i prodotti italiani sono sempre meno diffusi e sempre più costosti, sempre più "sofisticati" e "patinati", sempre meno "chiavi di lettura della complessità" e sempre più superficiali, ma non credo che il problema risieda soltanto nellla "autorialità", lo stesso Calza, ad esempio, su Julia in fondo produce fumetto d'autore poiché mette in gioco il proprio punto di vista di autore. Quindi il fumetto d'autore italiano è sempre esistito come fenomeno di nicchia tutto sommato, non sarebbe un fatto nuovo. Il fatto rilevante è l'estinzione del fumetto italiano popolare, un fenomeno che va a braccetto con l'estinzione del fumetto d'autore italiano classico, se ci fai caso. I linguaggi cambiano, è inevitabile. Ma non necessariamente sempre in meglio, forse, ecco.
Mo' ora per contradirti andò a comprare e leggere questo libro. 😂 Come dici te, la domanda grossa è: "Bisogna salvare il fumetto italiano popolare?". I ciovani ormai quando legono fumetti leggono i manga. E' vero che un motivo ci sarà, ma sarebbe comunque un peccato che gli italiani perdano un retaggio culturale così interessante. P.S: Io infatti la volta che ci sono andato a Lucca Comics è stato per incontrare degli autori. Hahah
Madonna, a volte mi sembra di guardarmi allo specchio con i tuoi video. Avrei potutto dire le stesse esatte cose e tirar fuori gli stessi esatti esempi. Anch'io avrei esibito quei numeri 1, anch'io fulminato da Ken Parker (e Pat O'Shane), anch'io mai andato pazzo per Nathan Never, anch'io crsciuto con Il Giornalino a casa della nonna, ecc. Toh, unica differenza, rientrando più nella casistica generazionale, me li sono fatti i miei anni da Topolino. E purtroppo sì, è un mondo ormai al crepuscolo. Come al solito in Italia siamo speciali nel buttare nel cesso il nostro passato, soprattutto se riguardante una cultura popolare seria. (La cultura populista e servile siamo sempre pronti a rivalutarla, invece, si veda l'ìncredibile numero di giovani appassionati di cinema che stanno crescendo col culto nostalgico dei cinepanettoni.)
Molto peggio di così. Al netto che la Bonelli, non mi ha entusiasmato un granché ..ma la situazione è da tempo segnata. Uno degli ultimi a provare a resistere era il mitico Luigi Bernardi, grandissimo editore, vedi Pilot ediz italiana, Orient Express per finire a Nova Express che chiude per sfinimento primi anni novanta. Per gli italici consumatori di fumetti segnalo a random, i Dino Battaglia, Guido Buzzelli, Sergio Toppi, Andrea Pazienza, Filippo Scozzari,Tamburini & Liberatore, Bonvi, (ben oltre le Sturmtruppen), Roberto Raviola e anche Attilio Micheluzzi. E persino quest' ultimi genii, sono quasi tutti morti o ignorati da tempo. Al massimo Zerocalcare. Tutti questi autori erano tra i pochi a tenere egregiamente il passo con i francesi in primis, e poi gli inglesi (sculole tra l'altro entrambe in declino).Solo manga..AMEN
Gran bel video, sempre spunti interessanti. Sono appassionato di fumetti da sempre, ho iniziato con Topolino, il Giornalino e tutti quei fumetti che potevo trovare in giro (Geppo, Soldino, ecc) o che mi passava mio cugino più grande. Verso i 12 anni ho conosciuto Dylan Dog ed è stata una prima rivoluzione copernicana. Grandi storie (era il periodo dei primi cento numeri, la media di storie di qualità era altissima), tavole bellissime, una miniera di citazioni che mi hanno fatto appassionare ancora di più alla letteratura (horror in particolare). Nel frattempo leggevo anche Martyn Mystere, Nathan Never e come sempre, tutto quello che mi capitava. Ma, se da una parte era diventata una certezza, una consuetudine trovare a fine mese il tuo eroe preferito con una nuova storia, dall'altra parte si innescava una forte ripetitività. Gli anni passavano, ma il protagonista era immutabile, diventava sempre di più schematizzato e ripetitivo, quasi incagliato su se stesso. Poi ho scoperto i manga (parlo di oltre 30 anni fa, ai tempi della Granata Press). Un mondo diverso. Ogni storia aveva un protagonista diverso, spesso dell'età dei lettori, in un Giappone che poi non era così esotico e lontano per chi era cresciuto coi cartoni animati negli anni 70 e 80. Durante la lettura temevi per la sorte dei protagonisti perchè se succedeva loro qualcosa era (quasi sempre) definitivo, le conseguenza non scomparivano, mancava quel ciclo di ripetizione e reset che invece ha sempre contraddistinto il fumetto italiano della Bonelli. Ecco, almeno per me quella è stata la chiave di volta. Le serie italiane non vogliono finire, anche quando ormai han raccontato tutto. E sinceramente penso che il declino sia inesorabile.
ottima disamina con cui concordo in pieno
Non compero più fumetti e libri che parlano di fumetti da una ventina d’anni, per vari motivi che non meritano di essere qui menzionati, ma le tue riflessioni nel video le trovo ancora più azzeccate e argute del solito. Mi permetto solo di dire che accanto a Bonelli con i suoi albi di avventura, la fumettistica popolare italiana aveva anche una forte espressione ironico-demenziale che si incarnò in Alan Ford e nel mitico gruppo TNT di Bunker-Magnus , nonché nelle strips di Bonvi e Silver e anche una forte componente dark-hard-boiled con le storie di Diabolik ed epigoni dove il male vinceva sul bene (altro che Grimdark..(che io amo)) ….ma tutto questo sembra andare perduto nel tempo come gocce di pioggia….
Shane, Shane… come caspita faceva di cognome?… mi sono chiesta, durante un viaggio in treno che mi è parso infinito. Stevens! Shane Stevens. Il libro s’intitola “Io ti troverò”, ed è la storia raccapricciante di un serial killer, belva feroce e mai sazia. Solo che, a un certo punto della sua parabola omicida, capisce che deve fermarsi. Lo fa per istinto di conservazione. Persino un uomo reso folle da un’infanzia infernale, sa che l’essere umano ha bisogno di ritrovare un senso, una grammatica esistenziale, per non disintegrarsi del tutto.
Dopodiché mi è venuta in mente anche un’altra cosa, mentre fuori faceva buio, e cioè che, da un po’ di tempo, nei cinema stanno proiettando alcuni grandi classici, da “Shining" a “Il padrino”, giusto per citarne un paio. A chi legge lascio il compito di domandarsi il perchè.
Mentre ascolto la recensione di Flavio Troisi, ci sono persone ipnotizzate dai giochini sui cellulari, ma anche altre che leggono libri. Ne vedo parecchie, in giro, in metropolitana, sui tram. Era da tanto che non accadeva. Magari, stanno solo cercando di non impazzire.
Potrei spingermi oltre, ricordando il lockdown e ciò che a molti ha dato la forza per affrontare quei momenti. Personalmente, ho attraversato fasi toste grazie al mio immaginario, e in quell’immaginario c’era anche il fumetto popolare, con i suoi riferimenti cinematografici e letterari. Guai se non ne avessi avuto uno ben nutrito, con una figlia piccola a cui dare risposte e un marito che aveva perso il lavoro. Sto parlando di sopravvivenza, non del club delle menti raffinate. Insomma del motivo per cui a me, che non sono un’addetta ai lavori, il libro di Calza serve molto. È un saggio che arriva al momento giusto, in un momento storico difficilissimo (a proposito, l’aspetto economico della faccenda non mi pare così secondario).
E se altri hanno un’opinione diversa a me interessa, lo trovo giusto, ma i toni usati mi hanno trasmesso un senso di cupezza a cui mi ribello.
“Chi salverà il fumetto popolare italiano”… Beh, innanzitutto noi genitori, nel momento in cui la smetteremo di trattare figli e figlie come esseri da proteggere da qualsiasi bruttura o dispiacere. Salveremo il fumetto facendoci vedere con un albo in mano, tirando fuori le nostre collezioni dagli scaffali, leggendo Tom Sawyer, Ken Parker, Pinocchio, recuperando i classici del cinema per godendoceli in famiglia.
Perchè dire che è tardi? Cioè, in che senso? Se si trattasse di una questione personale, privata, ciò che scrivo non avrebbe poi molta importanza, ma guardiamoci intorno: ovunque, nel mondo, si guerreggia, si usa l’apocalisse come argomento elettorale, quasi che l’essere umano e i suoi bisogni elementari fossero ormai argomenti da vecchi, inutili nostalgici. Per cui, e lo scrivo con delicatezza e rispetto, chi conosce la bellezza e il significato di un certo tipo di cultura, crei argini per abbattere barriere, altrimenti diventeremo soli e disperati. This land is your land, comunque la si pensi. Chiara
Sono contentissimo della tua reazione al mio de profundis. Ho espresso la mia disillusione con sincerità sperando di provocare una reazione in persone combattive come te. E come Lorenzo Calza.
L'italia non sa promuovere nulla di quello possiede, libri e fumetti non fanno eccezione.
Da lettore di ogni forma di fumetto e libro potrei parlare per ore di questo argomento, ma mi limito a dire che forse un po' ce la siamo cercata Flavio. Abbiamo passato infanzia ed adolescenza dietro questa passione alle volte malvista e poco diffusa, sotto sotto sperando che il mondo cominciasse a condividerla. Adesso a tutto il mondo piacciono i fumetti, le storie, lovecraft, Marvel etc...ma quelli da sempre accaniti si sentono comunque isolati. A tratti é anche peggio di prima perché un po' ti fa sentire derubato da quel qualcosa che ti apparteneva. Fidati che anche nei manga la situazione non é certo migliore: piacciono a tutti, é vero, ma solo quei 10 di punta. Ci si veste da personaggi dei fumetti, ma é un buisness non un divertimento, spesso non sanno neanche il nome di ciò che indossano perché guardare il cartone animato é una noia (figurarsi leggere il fumetto).
A 35 anni ho capito che se mi piace davvero qualcosa, se é diversa da quel che alletta la massa allora é meglio che me la tenga per me.
Bellissimo video👍👏👏
Bravissimo, è un argomento di dibattito molto interessante e concreto.
Al netto di una crisi generale del fumetto popolare, non solo in Italia, per una serie di motivi che non saprei neanche semplicemente elencare, azzarderei l'ipotesi che nel nostro paese l'industria del fumetto popolare probabilmente ha pensato di continuare a vivere contando solo sul proprio prodotto. Vale a dire che le è mancata completamente un investimento serio su un approccio multimediale.
Cartoni animati, videogiochi, cinema, merchandising e pupazzetti, non sono immondizia che inficia la purezza del fumetto popolare, ma oggi in altri sistemi produttivi lo affiancano, come in Giappone, o lo sostengono quando ha il fiato corto, come negli Stati Uniti. Tra chi va al cinema a vedere i filmetti, filmoni o filmacci di super eroi sicuramente non tutti leggeranno anche i fumetti, ma quel mercato sostiene comunque quello editoriale e non solo, contribuisce a diffondere e far diventare davvero popolari certi personaggi. Idem per il rapporto manga-anime.
Bonelli sta cercando faticosamente e mi permetto di dire, un po' goffamente, di recuperare terreno in questo senso, ma si trova a utilizzare metodi un po' sperimentali e pionieristici in un mercato ormai rodato e dovendo competere con concorrenti che coltivano questo campo ormai da quarant'anni su per giù. E con uno zoccolo duro di lettori che da questo punto di vista, ho l'impressione a volte li ostracizzi anche.
Perchè non sarebbe bello per esempio un videogioco di Dragonero fatto come si deve? Dei bei pupazzoni di Dylan Dog, con relativi mostri per far giocare i ragazzini. "Eeeh ma Dylan Dog, la poetica, la visione sclaviana!!" Ed oggi eccoci qua a piangere che il fumetto popolare italiano è per una nicchia di vecchi, compreso me😁
Se è fumetto popolare, da ieri e soprattutto oggi, probabilmente si sarebbe dovuto alimentare anche di altre forme di cultura e intrattenimento di massa , senza aver paura di sporcarsi e contaminare per un mal riposto senso di superiorità e purezza del linguaggio.
Ma questo è un pensiero personale che vale meno di niente, se perfino quello dell'autore di "La grammatica delle nuvole" verrà poco ascoltato.
Un saluto.
Sono stato uno di quelli che si vestiva da Dylan Dog (facile) per entrare gratis in certe fiere. E si, ci entravo per incontrare gli autori. Castelli il ricordo più intenso (nel senso che lui sonnecchiava nel nostro stand e io lo guardavo). Penso che incontrarsi a un tavolo per parlare delle sue sceneggiature, quelle di Sclavi, di Ambrosini, e via dicendo, porterebbe via giorni. Ma arrivo alla Bonelli per eredità, e collezionismo, e per eredità ma non collezionismo lasceró i miei Bonelli alla lettura di chi mi verrà dopo. Senza prosieguo, però, non ho tema di dirlo.
Mio padre è uno dei più grandi collezionosti di Venezia (e anche suo cugino): Tex e Zagor in primis, Martin Mystere, Dylan Dog, Mister No, Nathan Never, Magico Vento, Julia solo per citarne alcuni della Bonelli...ma anche Diabolik, Skorpio, Dago e i Lanciostory da cui estrapolava le pagine per farsele rilegare in singoli volumi.
Per me, che sono nato nell'86, il fumetto è quello popolare italiano! Da ragazzo son cresciuto con Dampyr, Gregory Hunter, Diabolik, Dylan Dog...
Ora sono un frequentatore discontinuo del fumetto, qualche Dyland Dog ogni tanto o qualche Dragonero speciale(i disegni sono spaziali!), Dampyr color fest... anche se nell'ultimo periodo mi sono letto vecchi numeri di Martin Mystere: storie davvero eccezionali!
Mai letto un manga in vita mia e non mi attira proprio! Anche se forse tra i miei coetanei vada per la maggiore...
Sono cresciuto con i supereroi della Marvel (anni Settanta e Ottanta), poi con quelli della linea Vertigo della DC Comics. Ma anche con ALAN FORD e il GRUPPO TNT (i primi 100 numeri circa, scritti da Max Bunker e disegnati da Magnus). Poi con CORTO MALTESE di Hugo Pratt. Più avanti, con KEN PARKER di Berardi e Milazzo, che citi anche tu. E, infine, con i fumetti d’autore (Guido Crepax, Attilio Micheluzzi, Dino Battaglia, Sergio Toppi, Andrea Pazienza…).
Poi mi sono fermato. Ogni tanto vorrei comprare qualche numero di JULIA, ma non l’ho ancora fatto.
Mi sento in colpa per aver contribuito anch’io, anche se inconsapevolmente, al declino del fumetto italiano da edicola. Declino che si accompagna al declino delle edicole stesse.
Temo che la fine sia inevitabile.
Forse il fumetto popolare italiano rinascerà, come la fenice, ma in forme diverse, che adesso non riesco a immaginare.
I primi 75 numeri di Alan Ford
Da ultraboomer: questa volta mi hai fatto commuovere. Non c'è altro da dire.
Gli autori italiani fanno ancora fumetti notevoli. Solo di altri generi. E direi pure per fortuna, il mondo si evolve, il fumetto si evolve, il pubblico cambia e vuole cose nuove. Indubbiamente si compete con altri mezzi di intrattenimento ma si lavora anche su altri mezzi di intrattenimento. E non c'è nulla di cui noi autori dobbiamo aver paura, lo dico da autrice.
Complimenti per il video, per rimanere sul tema ti consiglio un altro bel libro: Weird Zagor
Io sono del 62..
Ho sempre amato a dismisura i fumetti ed anche la musica..
E secondo me...
Il fatto che entrambi i settori siano in una crisi profonda sta nel ricambio generazionale.
Io vado ancora a guardarmi i film Western ma anche quelli comunque storici...
Da bambino i soldi partivano in fumetti e dischi...
I ragazzi d'oggi non sanno neanche cosa sono.
Sarà fumetto italiano, ma i personaggi sono tutti stranieri e giustamente soccombe contro i fumetti stranieri.
Ah, le nonne...La mia mi regalò pacchi di "L' Avventuroso" e "Albi dell'Avventuroso" che rimpiango ancora e poi gli album di figurine da incollarsi con la mitica coccoina...Poi sono passato direttamente ai libri. I fumetti infine mi annoiavano: finivo di leggerli troppo in fretta. Alan Ford è l"unico che ha un posto speciale nei miei ricordi. Io
sono del "66.
Skorpio e Lanciostory? C’era dentro anche tanto non italiano… Dimenticatissimi comunque
Hai ragione, pubblicavano cose eccellenti, in particolare gli argentini.
Uno dei problemi (che è taaaanto tempo che non affronto più con chi di dovere tra le mie conoscenze) che credo a lungo abbia danneggisto il fumetto popolare italiano, e non, è la "gavetta".
Tu dimmi chi riesce ad affrontare una gavetta di dieci anni, guadagnando una caxxata quando va bene e senza vedere altra opportunità che finire sempre ed inevitabilmente da un Bonelli. SE gli va benr. Anche li SE gli va bene potrebbe anche farla, la gavetta, ma poi se volesse uscirne e finalmente fare qualcosa di proprio troverebbe il deserto, gente che promette di pagarlo "in visibilità" (offrirebbero tale "paga" persino ad autori affermati dato che manco sanno chi siano) e magsri c'ha 30 anni. Credo che in tanti abbisno mollato per questo: una eterna gavetta. Ed a 30 è ora di iniziare a pagare bollette, affitto etc etc... Altri inveve sono ststi abili, e fortunati, a guardare all'estero e a lavorare all'estero. Non tutti ci sono riusviti, qualcuno è tornato con la coda tra le gambe, altri ce l'hanno fatta stringendo i denti e facendosi professionista serio e affidabile. Puntuale. Ovviamente stiamo parlando fi chi lavora prevalentemente con gli Americani.
I mangaka italiani, inclusi i lettori puri e semplici, mi lasciano perplessa per la miriade di scuse che trovano per giustificare di leggere sempre e solo mamga (ok, ci dono eccezioni ma non è di loro che parlo) che i manga sono particolari, che hanno una visione del fumetto diversa eyc etc... Che sono cxxxate che sento da ANNI e ANNI e vorrei sapere da quale pulpito vengono dsto che non hanno letto mai qualcosa che non fosse un manga. Che sanno della varietà del fumetto italiano popolare? Mai letto i francesi? Gli italiani indipendenti? Ne dubito davvero. Che poi come categoria sono davvero... "Psrticolsri" innanzitutto sono convinti che un paese sciovinista come quello nipponico ci siano editori che li aspettano e vhe loro potranno vivere là. Giuro, tanti la pensano così. Inutile fargli notare che il Giappone non ha bisogno di cloni del loro o dei loro stili. E che quasi nessun occidentale lavora in wuel campo. Inoltte hanno delle assurde comvinzioni, Beyond Ordinary Borders di tanto in tanto viene attaccsto perché racconta certi lati oscuri del Giappone specie collegati a certe pubblicazioni. E con questo tipo di idee che molti assumono quelllo stile, che va pure bene non lo nego, ma senza capacità di innovarsi di migliorardi ma soprattutto di narrare storie credibili. Non dò loro colpe della situazione che ci raccontate ma un poco ce l'hanno ed i veri responsabili sono nell'editoria italiana affatto innovstiva, tardiva, autoreferenziale e per nulla attenta ai gusti e richieste dei nuovi lettori... A parte Bonelli, che non so davvero come se la passino, CHI altro c'è? Che opportunità fa? E che opportunità ha un talento giovane o semigiovane che abbia una bella storis, personaggi interessanti e bei disegni O comunque didegni finalmente nuovi, interessanti...
Io è tanto che non leggo più funetti, non riesco a stare dietro ad eterne pubblicazioni, mi sono rotta le xxxxe da tempo e non guardo più nemmeno in libreria (anche le fumetterie non se la passano bene, sospetto...) mi sconfortano quegli scaffali.
E invero, spero di essermi sbagliata.
Insomma di Gipi ce n'è uno ma non perché è un genio ma perché tanti altri non hanno avuto la fortuna di incontrare persone lungimiranti o di mente aperta per dtili e storie.
Analisi lucidissima la tua Flavio, come al solito, che mi sento di condividere appieno. Purtroppo il grande fumetto popolare italiano, per come l'abbiamo conosciuto noi, è praticamente estinto. E utilizzo il verbo "estinguere" non a caso. Il fumetto italiano, cioè il fumetto sceneggiato e illustrato da autori italiani, prodotto e pubblicato da editori italiani, non ha più una diffusione tra i lettori tale da poter essere definito popolare, cioè non incontra più l'interesse della massa dei lettori. Secondo me, ma è solo il mio personalissimo parere di lettore tuttavia ultradecennale, il fumetto popolare italiano a un certo punto è come se avesse voltato le spalle ai lettori, cioè non è riuscito più come un tempo a intercettare i gusti dei lettori più giovani, mancando quel ricambio generazionale che sarebbe stato necessario per la sua stessa sopravvivenza come fenomeno di massa. Non so se per limiti oggettivi degli autori o per scelte di conservazione dello status quo. Per cui i lettori più giovani si sono rivolti altrove, verso i manga, ad esempio, dove trovano la possibilità di immedesimarsi in personagggi e situazioni in cui potersi riconoscere. Forse hai colto in pieno quando parli di "gentrificazione" del fumetto italiano, dato che i prodotti italiani sono sempre meno diffusi e sempre più costosti, sempre più "sofisticati" e "patinati", sempre meno "chiavi di lettura della complessità" e sempre più superficiali, ma non credo che il problema risieda soltanto nellla "autorialità", lo stesso Calza, ad esempio, su Julia in fondo produce fumetto d'autore poiché mette in gioco il proprio punto di vista di autore. Quindi il fumetto d'autore italiano è sempre esistito come fenomeno di nicchia tutto sommato, non sarebbe un fatto nuovo. Il fatto rilevante è l'estinzione del fumetto italiano popolare, un fenomeno che va a braccetto con l'estinzione del fumetto d'autore italiano classico, se ci fai caso. I linguaggi cambiano, è inevitabile. Ma non necessariamente sempre in meglio, forse, ecco.
Grazie della tua riflessione. Preciso solo che "gentrificazione" è un termine che ho usato io, non Calza. Non voglio attribuirgli parole non sue.
@@brokenstories ok, allora correggo il mio intervento, per evitare fraintendimenti 😅
Dobbiamo fare qualcosa 🤔
Mo' ora per contradirti andò a comprare e leggere questo libro. 😂 Come dici te, la domanda grossa è: "Bisogna salvare il fumetto italiano popolare?". I ciovani ormai quando legono fumetti leggono i manga. E' vero che un motivo ci sarà, ma sarebbe comunque un peccato che gli italiani perdano un retaggio culturale così interessante.
P.S: Io infatti la volta che ci sono andato a Lucca Comics è stato per incontrare degli autori. Hahah
Madonna, a volte mi sembra di guardarmi allo specchio con i tuoi video. Avrei potutto dire le stesse esatte cose e tirar fuori gli stessi esatti esempi. Anch'io avrei esibito quei numeri 1, anch'io fulminato da Ken Parker (e Pat O'Shane), anch'io mai andato pazzo per Nathan Never, anch'io crsciuto con Il Giornalino a casa della nonna, ecc. Toh, unica differenza, rientrando più nella casistica generazionale, me li sono fatti i miei anni da Topolino. E purtroppo sì, è un mondo ormai al crepuscolo. Come al solito in Italia siamo speciali nel buttare nel cesso il nostro passato, soprattutto se riguardante una cultura popolare seria. (La cultura populista e servile siamo sempre pronti a rivalutarla, invece, si veda l'ìncredibile numero di giovani appassionati di cinema che stanno crescendo col culto nostalgico dei cinepanettoni.)
lorenzo calza meriterebbe d'essere letto ormai da anni è il braccio destro di giancarlo berardi e quindi sa di cosa parla.
chi salverà Il fumetto italiano? nessuno. Morirà con gli anziani appassionati (tra cui io, che qualcosa ogni tanto compro). Peccato.
Molto peggio di così. Al netto che la Bonelli, non mi ha entusiasmato un granché ..ma la situazione è da tempo segnata. Uno degli ultimi a provare a resistere era il mitico Luigi Bernardi, grandissimo editore, vedi Pilot ediz italiana, Orient Express per finire a Nova Express che chiude per sfinimento primi anni novanta. Per gli italici consumatori di fumetti segnalo a random, i Dino Battaglia, Guido Buzzelli, Sergio Toppi, Andrea Pazienza, Filippo Scozzari,Tamburini & Liberatore, Bonvi, (ben oltre le Sturmtruppen), Roberto Raviola e anche Attilio Micheluzzi. E persino quest' ultimi genii, sono quasi tutti morti o ignorati da tempo. Al massimo Zerocalcare. Tutti questi autori erano tra i pochi a tenere egregiamente il passo con i francesi in primis, e poi gli inglesi (sculole tra l'altro entrambe in declino).Solo manga..AMEN