Vittorio Gassman legge Dante - Commedia - Inferno, Canto III
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- Опубліковано 4 січ 2025
- Vittorio Gassman presenta e legge il terzo canto dell'Inferno di Dante.
Si svolge nell'Antinferno, ove sono puniti gli ignavi, e poi sulla riva dell'Acheronte, primo dei fiumi infernali. Siamo nella notte tra l'8 e il 9 aprile 1300 (Sabato Santo) o, secondo altri commentatori, tra il 25 e il 26 marzo 1300.
Località delle riprese: Antico Acquedotto Romano "Anio novus" di San Gregorio da Sassola (Roma Capitale)
Regia: Rubino Rubini
#VittorioGassman #Inferno #Canto3
Grandissima interpretazione. Un grande attore, con una conoscenza profonda e una attenzione maniacale. Metrica, dizione, tutto. Il Sommo Poeta non poteva avere lettore migliore del compianto Vittorio Gassman
Sovrana padronanza delle tematiche dantesche.
Immenso Gassman.
bravissimo ci manca moltissimo grandissimo vittorio gasman
FANTASTICO!!!❤❤❤❤❤
capolavoro assoluto...recitazione magistrale...meraviglioso
Condivido confermo anch'io con lei
🎉🎉🎉🎉Capolavoro, eccezionale!
Di una bravura unica è un piacere sentire la sua voce grande vittorio
Grande Vittorio grande artista
Spettacolare! Alessandro..che papà hai avuto! Un mostro
Mai nessuno come lui. Maestro.
Recitato in maniera sublime da Vittorio Gassman
Vergine Maria prega per il mondo intero. Proteggi la mia famiglia. ❤
Immenso interprete!
Caron non ti crucciare vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare! Cristo Frank è Grandioso!
Sei un grandioso vittò, e altrettanto Dante
"Non ragioniam di lor ma guarda e passa"!
Cari Amici uno dei versi più densi e forti del poema per la vibrante carica di sdegno!
Conosco il canto a memoria e questo verso l'ho sempre dedicato nella realtà quotidiana
Ma io come altri ricordavo "non ti curar di loro" Come mai?
emanuele diadema perchè è stato distorto.
@@emanuelediadema523 Sarebbe: Non ragioniam di lor, ma guarda e passa.
Bravo
Ineguagliabile Gasmann
non esiste nessun erede di attori come Gassman e Bene
Li amo entrambi, ultimamente C Bene❤️
@@joGIOGIO TI CAPISCO, SONO IMMENSI
Grandioso
Unico. Solo lui ha saputo rendere la grandezza della Divina Commedia
Il Michelangelo del Teatro e non solo per me
Ciao maestro😀
Unico ineguagliabile. Degno del Sommo Poeta .
«Diverse lingue, orribili favelle, parole di dolore» . . . e uccellini di sottofondo!
Bravissimo Gassman. Ma gli uccellini di sottofondo... sarebbero stati appropriati per il canto XXVIII del Purgatorio, quando Dante entra nella «divina foresta spessa e viva» del paradiso terrestre. Ad ogni modo, stona un ambientazione all'aperto con il chiuso scenario infernale. Ma non è un gran problema: basta ascoltare Dante, dalla sua bellissima lettura.
Un Dante magnifico nella voce di Gassman. Oggi cinque aprile 2021, ho scoperto questa meraviglia . Mi ritrae ricordi della scuola , 65 anni fa, ma adesso lo sto sfruttando moltissimo. Grande, grandissimo Gassman, in Paradiso, sicuro !!!
"Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l’etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente. 3
Giustizia mosse il mio alto fattore:
fecemi la divina podestate,
la somma sapienza e ’l primo amore. 6
Dinanzi a me non fuor cose create
se non etterne, e io etterno duro.
Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate". 9
Queste parole di colore oscuro
vid’io scritte al sommo d’una porta;
per ch’io: «Maestro, il senso lor m’è duro». 12
Ed elli a me, come persona accorta:
«Qui si convien lasciare ogne sospetto;
ogne viltà convien che qui sia morta. 15
Noi siam venuti al loco ov’i’ t’ho detto
che tu vedrai le genti dolorose
c’hanno perduto il ben de l’intelletto». 18
E poi che la sua mano a la mia puose
con lieto volto, ond’io mi confortai,
mi mise dentro a le segrete cose. 21
Quivi sospiri, pianti e alti guai
risonavan per l’aere sanza stelle,
per ch’io al cominciar ne lagrimai. 24
Diverse lingue, orribili favelle,
parole di dolore, accenti d’ira,
voci alte e fioche, e suon di man con elle 27
facevano un tumulto, il qual s’aggira
sempre in quell’aura sanza tempo tinta,
come la rena quando turbo spira. 30
E io ch’avea d’error la testa cinta,
dissi: «Maestro, che è quel ch’i’ odo?
e che gent’è che par nel duol sì vinta?». 33
Ed elli a me: «Questo misero modo
tegnon l’anime triste di coloro
che visser sanza ’nfamia e sanza lodo. 36
Mischiate sono a quel cattivo coro
de li angeli che non furon ribelli
né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoro. 39
Caccianli i ciel per non esser men belli,
né lo profondo inferno li riceve,
ch’alcuna gloria i rei avrebber d’elli». 42
E io: «Maestro, che è tanto greve
a lor, che lamentar li fa sì forte?».
Rispuose: «Dicerolti molto breve. 45
Questi non hanno speranza di morte
e la lor cieca vita è tanto bassa,
che ’nvidiosi son d’ogne altra sorte. 48
Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa». 51
E io, che riguardai, vidi una ’nsegna
che girando correva tanto ratta,
che d’ogne posa mi parea indegna; 54
e dietro le venìa sì lunga tratta
di gente, ch’i’ non averei creduto
che morte tanta n’avesse disfatta. 57
Poscia ch’io v’ebbi alcun riconosciuto,
vidi e conobbi l’ombra di colui
che fece per viltade il gran rifiuto. 60
Incontanente intesi e certo fui
che questa era la setta d’i cattivi,
a Dio spiacenti e a’ nemici sui. 63
Questi sciaurati, che mai non fur vivi,
erano ignudi e stimolati molto
da mosconi e da vespe ch’eran ivi. 66
Elle rigavan lor di sangue il volto,
che, mischiato di lagrime, a’ lor piedi
da fastidiosi vermi era ricolto. 69
E poi ch’a riguardar oltre mi diedi,
vidi genti a la riva d’un gran fiume;
per ch’io dissi: «Maestro, or mi concedi 72
ch’i’ sappia quali sono, e qual costume
le fa di trapassar parer sì pronte,
com’io discerno per lo fioco lume». 75
Ed elli a me: «Le cose ti fier conte
quando noi fermerem li nostri passi
su la trista riviera d’Acheronte». 78
Allor con li occhi vergognosi e bassi,
temendo no ’l mio dir li fosse grave,
infino al fiume del parlar mi trassi. 81
Ed ecco verso noi venir per nave
un vecchio, bianco per antico pelo,
gridando: «Guai a voi, anime prave! 84
Non isperate mai veder lo cielo:
i’ vegno per menarvi a l’altra riva
ne le tenebre etterne, in caldo e ’n gelo. 87
E tu che se’ costì, anima viva,
pàrtiti da cotesti che son morti».
Ma poi che vide ch’io non mi partiva, 90
disse: «Per altra via, per altri porti
verrai a piaggia, non qui, per passare:
più lieve legno convien che ti porti». 93
E ’l duca lui: «Caron, non ti crucciare:
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare». 96
Quinci fuor quete le lanose gote
al nocchier de la livida palude,
che ’ntorno a li occhi avea di fiamme rote. 99
Ma quell’anime, ch’eran lasse e nude,
cangiar colore e dibattero i denti,
ratto che ’nteser le parole crude. 102
Bestemmiavano Dio e lor parenti,
l’umana spezie e ’l loco e ’l tempo e ’l seme
di lor semenza e di lor nascimenti. 105
Poi si ritrasser tutte quante insieme,
forte piangendo, a la riva malvagia
ch’attende ciascun uom che Dio non teme. 108
Caron dimonio, con occhi di bragia,
loro accennando, tutte le raccoglie;
batte col remo qualunque s’adagia. 111
Come d’autunno si levan le foglie
l’una appresso de l’altra, fin che ’l ramo
vede a la terra tutte le sue spoglie, 114
similemente il mal seme d’Adamo
gittansi di quel lito ad una ad una,
per cenni come augel per suo richiamo. 117
Così sen vanno su per l’onda bruna,
e avanti che sien di là discese,
anche di qua nuova schiera s’auna. 120
«Figliuol mio», disse ’l maestro cortese,
«quelli che muoion ne l’ira di Dio
tutti convegnon qui d’ogne paese: 123
e pronti sono a trapassar lo rio,
ché‚ la divina giustizia li sprona,
sì che la tema si volve in disio. 126
Quinci non passa mai anima buona;
e però, se Caron di te si lagna,
ben puoi sapere omai che ’l suo dir suona». 129
Finito questo, la buia campagna
tremò sì forte, che de lo spavento
la mente di sudore ancor mi bagna. 132
La terra lagrimosa diede vento,
che balenò una luce vermiglia
la qual mi vinse ciascun sentimento;
e caddi come l’uom cui sonno piglia. 136
Idem fabio bechini!!!!!
Vorrei sapere che passa nella testa di chi versa il pollice verso Gassman, "grande turba senza infamia e senza lodo" soffrono la loro impotenza la loro vacuità.
Il più grande attore ed interprete del 900.
Non diciamo coglionate ,Gassman enorme attore ,che legge e spiega divinamente ,è non poteva essere diversamente la Divina commedia.
Che piacere …..altroché Benigni !
7:53
10:55
Raga, ma...ha postato tutti i canti letti da Gassman? Ditemi di sì
❤️
Gassman, il sommo attore...
Eccezionale interpretazione di Gassman
3:46
7:00 48
4:38
4:49
Here because of Rhystic Studies. 10:56
eccezionale
si intuisce celestino V ma non se ne ha certezza!
Premetto che mi piace la lettura di Gassman, così come quella di Benigni, ma trovo che nessuna delle due sia ancora davvero perfetta. Gassman per esempio conosce sicuramente meglio di Benigni come leggere la metrica, i segreti degli accenti, le pause, ma trovo che sia troppo "carico", troppa enfasi anche quando ne occorrerebbe meno, è come un musicista che suona prevalentemente acuti. Nel complesso promossi Benigni e Gassman ma credo che nell'ambito dello spettacolo di massa, Dante debba ancora trovare un lettore davvero riuscito
Ascoltati Arnoldo Foà (I, X, XXXIII dell'Inferno ecc.). È perfetto
Sono perfettamente d'accordo
Gassman parla così …..anche nelle spiegazioni
Ti consiglio Sermonti
Concordo. Leggo Dante in pubblico da venti anni circa. Ritengo grave errore sia enfasi che accattivante superficialità...
9:12
Sommo su sommo
meglio Benigni come interpretazione
vero
Ma cosa ti fumi?
si certo; e la 500 è meglio della ferrari..
AHAHAHAH!!! benigni è un clown di Partito...Gassman un artista.
@@fabrizio67 tu sei un clown. un clown che non fa ridere.
"Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l’etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente. 3
Giustizia mosse il mio alto fattore:
fecemi la divina podestate,
la somma sapienza e ’l primo amore. 6
Dinanzi a me non fuor cose create
se non etterne, e io etterno duro.
Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate". 9
Queste parole di colore oscuro
vid’io scritte al sommo d’una porta;
per ch’io: «Maestro, il senso lor m’è duro». 12
Ed elli a me, come persona accorta:
«Qui si convien lasciare ogne sospetto;
ogne viltà convien che qui sia morta. 15
Noi siam venuti al loco ov’i’ t’ho detto
che tu vedrai le genti dolorose
c’hanno perduto il ben de l’intelletto». 18
E poi che la sua mano a la mia puose
con lieto volto, ond’io mi confortai,
mi mise dentro a le segrete cose. 21
Quivi sospiri, pianti e alti guai
risonavan per l’aere sanza stelle,
per ch’io al cominciar ne lagrimai. 24
Diverse lingue, orribili favelle,
parole di dolore, accenti d’ira,
voci alte e fioche, e suon di man con elle 27
facevano un tumulto, il qual s’aggira
sempre in quell’aura sanza tempo tinta,
come la rena quando turbo spira. 30
E io ch’avea d’error la testa cinta,
dissi: «Maestro, che è quel ch’i’ odo?
e che gent’è che par nel duol sì vinta?». 33
Ed elli a me: «Questo misero modo
tegnon l’anime triste di coloro
che visser sanza ’nfamia e sanza lodo. 36
Mischiate sono a quel cattivo coro
de li angeli che non furon ribelli
né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoro. 39
Caccianli i ciel per non esser men belli,
né lo profondo inferno li riceve,
ch’alcuna gloria i rei avrebber d’elli». 42
E io: «Maestro, che è tanto greve
a lor, che lamentar li fa sì forte?».
Rispuose: «Dicerolti molto breve. 45
Questi non hanno speranza di morte
e la lor cieca vita è tanto bassa,
che ’nvidiosi son d’ogne altra sorte. 48
Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa». 51
E io, che riguardai, vidi una ’nsegna
che girando correva tanto ratta,
che d’ogne posa mi parea indegna; 54
e dietro le venìa sì lunga tratta
di gente, ch’i’ non averei creduto
che morte tanta n’avesse disfatta. 57
Poscia ch’io v’ebbi alcun riconosciuto,
vidi e conobbi l’ombra di colui
che fece per viltade il gran rifiuto. 60
Incontanente intesi e certo fui
che questa era la setta d’i cattivi,
a Dio spiacenti e a’ nemici sui. 63
Questi sciaurati, che mai non fur vivi,
erano ignudi e stimolati molto
da mosconi e da vespe ch’eran ivi. 66
Elle rigavan lor di sangue il volto,
che, mischiato di lagrime, a’ lor piedi
da fastidiosi vermi era ricolto. 69
E poi ch’a riguardar oltre mi diedi,
vidi genti a la riva d’un gran fiume;
per ch’io dissi: «Maestro, or mi concedi 72
ch’i’ sappia quali sono, e qual costume
le fa di trapassar parer sì pronte,
com’io discerno per lo fioco lume». 75
Ed elli a me: «Le cose ti fier conte
quando noi fermerem li nostri passi
su la trista riviera d’Acheronte». 78
Allor con li occhi vergognosi e bassi,
temendo no ’l mio dir li fosse grave,
infino al fiume del parlar mi trassi. 81
Ed ecco verso noi venir per nave
un vecchio, bianco per antico pelo,
gridando: «Guai a voi, anime prave! 84
Non isperate mai veder lo cielo:
i’ vegno per menarvi a l’altra riva
ne le tenebre etterne, in caldo e ’n gelo. 87
E tu che se’ costì, anima viva,
pàrtiti da cotesti che son morti».
Ma poi che vide ch’io non mi partiva, 90
disse: «Per altra via, per altri porti
verrai a piaggia, non qui, per passare:
più lieve legno convien che ti porti». 93
E ’l duca lui: «Caron, non ti crucciare:
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare». 96
Quinci fuor quete le lanose gote
al nocchier de la livida palude,
che ’ntorno a li occhi avea di fiamme rote. 99
Ma quell’anime, ch’eran lasse e nude,
cangiar colore e dibattero i denti,
ratto che ’nteser le parole crude. 102
Bestemmiavano Dio e lor parenti,
l’umana spezie e ’l loco e ’l tempo e ’l seme
di lor semenza e di lor nascimenti. 105
Poi si ritrasser tutte quante insieme,
forte piangendo, a la riva malvagia
ch’attende ciascun uom che Dio non teme. 108
Caron dimonio, con occhi di bragia,
loro accennando, tutte le raccoglie;
batte col remo qualunque s’adagia. 111
Come d’autunno si levan le foglie
l’una appresso de l’altra, fin che ’l ramo
vede a la terra tutte le sue spoglie, 114
similemente il mal seme d’Adamo
gittansi di quel lito ad una ad una,
per cenni come augel per suo richiamo. 117
Così sen vanno su per l’onda bruna,
e avanti che sien di là discese,
anche di qua nuova schiera s’auna. 120
«Figliuol mio», disse ’l maestro cortese,
«quelli che muoion ne l’ira di Dio
tutti convegnon qui d’ogne paese: 123
e pronti sono a trapassar lo rio,
ché‚ la divina giustizia li sprona,
sì che la tema si volve in disio. 126
Quinci non passa mai anima buona;
e però, se Caron di te si lagna,
ben puoi sapere omai che ’l suo dir suona». 129
Finito questo, la buia campagna
tremò sì forte, che de lo spavento
la mente di sudore ancor mi bagna. 132
La terra lagrimosa diede vento,
che balenò una luce vermiglia
la qual mi vinse ciascun sentimento;
e caddi come l’uom cui sonno piglia.
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Grazie
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