Bravo, Antônio Strigari. Auguri per la bella e comovente poesia recitata da te nel video. E nel più puro dialetto fuscaldese. Mi sembra che il dialetto, nel passato proibito, adesso è valorizzato! Quanto ai "fimmini", i tempi sono cambiati: in parte, il feminismo le vuole più independenti; in parte, il consumismo le vulgarizza. Grazie.
Grazie per il tuo giudizio. Il dialetto oggi è stato molto rivalutato essendo alla base della lingua italiana stessa. Nell’Italia di oggi sembrerebbe che i dialetti siano uno strumento di comunicazione del passato, ma così non è! Sappiamo tutti che, prima del tredicesimo secolo, in Italia si parlavano dodici dialetti (ciascuno con molte differenze: fonologiche, morfologiche e lessicali) che derivavano dal latino. Di questi dialetti solo uno (il fiorentino) a causa delle cosiddette “tre corone” Dante, Petrarca e Boccaccio, è diventato in quel secolo la nostra lingua nazionale tra gli intellettuali ma tra la gente comune solo dopo la metà del 20° secolo. I dialetti hanno avuto problemi perché le famiglie e la scuola li hanno definiti “poveri”, “brutti”, “vecchi” (dimenticando che anche il fiorentino dal quale l’italiano trae origine lo era). L’italiano è lingua del fare in Italia, e per molti italiani è anche lingua dell’essere, ma per altrettanti è il dialetto la vera lingua dell’essere poiché dà importanza alla vita vera delle persone, alle loro emozioni, rabbie, ai loro progetti e desideri. Il dialetto è ricco di vocaboli che esprimono un intero pensiero così complesso che per tradurlo in lingua è necessario un lungo percorso di parole. I dialetti si dovrebbero custodire gelosamente, dato il loro immenso archivio storico e culturale esistente nel nostro Paese, e perdere un tale mezzo di espressione di pensiero e sentimento è una sconfitta ed una perdita per tutti. Un Poeta vernacolare della nostra provincia disse in proposito: Quand’i vecchi un’su sintuti cchiù, cchi tisoro ca si perda, figliu miu! Si scordanu paroli ricch’i vita ca venan’i luntanu, cum’a sita supra nu ventu ca, sunandu … ricordi va purtandu ppi ru mundu. È cumi a vucca, ca u tempu, chianu, chianu, ci cacciad’i dendi … ad uno ad unu! (A.S) Un abbraccio fraterno.
Bravo, Antônio Strigari. Auguri per la bella e comovente poesia recitata da te nel video. E nel più puro dialetto fuscaldese. Mi sembra che il dialetto, nel passato proibito, adesso è valorizzato! Quanto ai "fimmini", i tempi sono cambiati: in parte, il feminismo le vuole più independenti; in parte, il consumismo le vulgarizza. Grazie.
Grazie per il tuo giudizio. Il dialetto oggi è stato molto rivalutato essendo alla base della lingua italiana stessa. Nell’Italia di oggi sembrerebbe che i dialetti siano uno strumento di comunicazione del passato, ma così non è!
Sappiamo tutti che, prima del tredicesimo secolo, in Italia si parlavano dodici dialetti (ciascuno con molte differenze: fonologiche, morfologiche e lessicali) che derivavano dal latino.
Di questi dialetti solo uno (il fiorentino) a causa delle cosiddette “tre corone” Dante, Petrarca e Boccaccio, è diventato in quel secolo la nostra lingua nazionale tra gli intellettuali ma tra la gente comune solo dopo la metà del 20° secolo.
I dialetti hanno avuto problemi perché le famiglie e la scuola li hanno definiti “poveri”, “brutti”, “vecchi” (dimenticando che anche il fiorentino dal quale l’italiano trae origine lo era).
L’italiano è lingua del fare in Italia, e per molti italiani è anche lingua dell’essere, ma per altrettanti è il dialetto la vera lingua dell’essere poiché dà importanza alla vita vera delle persone, alle loro emozioni, rabbie, ai loro progetti e desideri.
Il dialetto è ricco di vocaboli che esprimono un intero pensiero così complesso che per tradurlo in lingua è necessario un lungo percorso di parole.
I dialetti si dovrebbero custodire gelosamente, dato il loro immenso archivio storico e culturale esistente nel nostro Paese, e perdere un tale mezzo di espressione di pensiero e sentimento è una sconfitta ed una perdita per tutti.
Un Poeta vernacolare della nostra provincia disse in proposito:
Quand’i vecchi un’su sintuti cchiù,
cchi tisoro ca si perda, figliu miu!
Si scordanu paroli ricch’i vita
ca venan’i luntanu, cum’a sita
supra nu ventu ca, sunandu …
ricordi va purtandu ppi ru mundu.
È cumi a vucca, ca u tempu, chianu, chianu,
ci cacciad’i dendi … ad uno ad unu!
(A.S)
Un abbraccio fraterno.