Conduttori e Ascoltatori: come cambia il linguaggio in radio

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  • Опубліковано 8 лют 2025
  • Oggi si inaugura la serie di interviste ad Enrica Atzori riguardanti il linguaggio in radio. Dopo averne già parlato con Savino Zaba in relazione alla sua evoluzione, con Enrica ci concentreremo sulle parole utilizzate dai conduttori e dagli ascoltatori.
    Il linguaggio dei conduttori radiofonici è strettamente condizionato dal tipo di programma che presentano. La varietà di generi e programmi è rispecchiata nell’estrema varietà linguistica, con livelli differenti di improvvisazione.
    I programmi informativi e culturali rimangono ancorati al modello tradizionale della lingua scritta: al livello più basso di improvvisazione troviamo i notiziari, in cui proprio vengono letti testi scritti. Al livello più alto di improvvisazione abbiamo invece i programmi d’intrattenimento, musicale e leggero: i conduttori in studio imbastiscono, sulla base di una scaletta, un dialogo fra loro e con gli ascoltatori, con una prevalente finalità di contatto e di divertimento. Un esempio di programma che viene proposto è "La Famiglia Giù al Nord" di RTL 102.5.
    Le scelte linguistiche si avvicinano al parlato quotidiano, in un registro informale o addirittura trascurato, con sovrapposizioni, interruzioni, cambi di programma delle frasi. Cioè spesso i conduttori “si parlano sopra” uno all’altro, a discapito della chiarezza. Nell’intrattenimento quindi il linguaggio risulta molto colloquiale, aperto in particolare ai giovanilismi: "ragazzi", "un casino", "di brutto", "a palla". Altri esempi li potete trovare nel libro "La lingua della radio in onda e in rete", scritto da Enrica Atzori e pubblicato da Franco Cesati Editore.
    Gli ascoltatori intervengono nei programmi con telefonate, whatsapp e messaggi vocali. In genere rispondono in eco alle trasmissioni, cioè ne assumono lo stile, la lingua, i tormentoni. Le telefonate e i messaggi vocali aprono a un italiano meno controllato e più popolare. In alcuni programmi i messaggi vocali sono montati proprio per aumentare l’effetto di realtà e risultano più marcati nelle particolarità regionali e gergali, inseriti come concessione, per esempio, al turpiloquio, alle parolacce.

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