evocativo spurio... ah ci son piu cose in cielo e terra Orazio di quante ne sogni la tua philosophia... Agamben lectio magister .. un faro in questi tempi oscuri. grazie
Anche il nominativo è fuori dalla frase (sentence), che di fatto non è nata come costrutto sintattico fondamentale ma è un costrutto di una esternalizzazione puramente testuale o subparagrafica...
[1:14:44] e infatti, chi ti conosce aveva già capito che quell'intervento ti avrebbe fatto incazzare :D [1:34:55] E' lì che voce e vocativo si con-fondono (o che il vocativo si risolve in pura voce): nella poesia come nel parlare autentico (cui il dialetto costitutivamente appartiene), in quanto il vocare rinuncia al nominare e chiama (convoca) la lingua stessa a esporsi nel suo essere in tensione, attraversata dalla moltitudine di idioletti che la configurano senza mai comporla e definirla come grammatica. E' la linea di fuga della lingua da una morte 'a piè di lettera', lo scarto in cui si mostra nella sua pura comunicabilità, come avviene anche nella traduzione, quelle rare volte in cui il traduttore non fa il suo 'mestiere' ma svolge il suo 'compito'..
evocativo spurio... ah ci son piu cose in cielo e terra Orazio di quante ne sogni la tua philosophia... Agamben lectio magister .. un faro in questi tempi oscuri. grazie
Bellissimo seminario.Grazie Professore Georgio AGAMBEN.E.B.M
stupendo grazie
Anche il nominativo è fuori dalla frase (sentence), che di fatto non è nata come costrutto sintattico fondamentale ma è un costrutto di una esternalizzazione puramente testuale o subparagrafica...
Manca la seconda parte del seminario
Potete, per favore, pubblicare la seconda parte?
Qalcuno ha trovato la seconda parte del seminario ? Grazie sin d'ora per ogni indicazione.
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Lo ascolto a tratti da diverso tempo, la necessità del lavoro e altri sfaceli mi obbligano così. Ma anche se a tratti, mi fa l'ascolto molto bene.
Seconda parte pleaseeee
[1:14:44] e infatti, chi ti conosce aveva già capito che quell'intervento ti avrebbe fatto incazzare :D [1:34:55] E' lì che voce e vocativo si con-fondono (o che il vocativo si risolve in pura voce): nella poesia come nel parlare autentico (cui il dialetto costitutivamente appartiene), in quanto il vocare rinuncia al nominare e chiama (convoca) la lingua stessa a esporsi nel suo essere in tensione, attraversata dalla moltitudine di idioletti che la configurano senza mai comporla e definirla come grammatica. E' la linea di fuga della lingua da una morte 'a piè di lettera', lo scarto in cui si mostra nella sua pura comunicabilità, come avviene anche nella traduzione, quelle rare volte in cui il traduttore non fa il suo 'mestiere' ma svolge il suo 'compito'..
Adoro Agamben, però mi è un po' dispiaciuto per come ha trattato quel signore, anche perché si capisce che era un suo lettore e ammiratore.
Darrida?
Bel seminario!!!!
La voce filosofica (vocativo) legge la vita poi la chiama ?
nella lingua sanscrita ogni parola ogni fone' era simbolo del significante.... anzi il suono era espressione di esso...
Mi interessa molto: ha dei riferimenti bibliografici da indicarmi?