INDOVINA CHI VIENE A PRANZO Michele PRESTERA

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  • Опубліковано 27 сер 2024
  • Il cavalier Michele Prestera è tipico Levantino (è per metà Lucano e per età Venezuelano) dal piglio fattivo, con i capelli e baffi bianchi che spiccano sulla pelle olivastra.
    Dopo essere già stato diverse cose (sindacalista di lungo corso, vice sindaco a San Chirico Raparo, nonché co-fondatore ed ex presidente del arco della Grancia) attualmente è presidente
    del Centro di Solidarietà Don Tommaso Latronico ETS, che dal 1991 si occupa di sostegno alimentare, convenzionato col Banco Alimentare della Campania.
    E’ inoltre membro della segreteria regionale di UIL Pensionati, con delega all’handicap e in ambito culturale e storico ricopre la carica di presidente del Centro Studi “Carlo Alianello” ASP
    D - Cavaliere, come giustifica la sua esistenza?
    R - Grazie a Dio non mi sono costruito da solo
    (sorride), ma esisto a seguito dell’incontro tra
    mio padre e mia madre. Sono nato a Caracas,
    Venezuela, ma sono cresciuto in un piccolo
    paese come San Chirico Raparo; in questo
    modo ho scoperto una serie di sollecitazioni,
    provenienti dalla cultura popolare lucana,
    dai rapporti di vicinato; si tratta di valori in
    cui ancora mi riconosco, oltre all’esperienza
    cristiana che ancora oggi mi sostiene in ogni
    cosa che faccio.
    D - Come nasce e di cosa si occupa il Centro
    Solidarietà Don Tommaso Latronico?
    R - Don Tommaso Latronico, originario di Nova
    Siri, è stato il fondatore di Comunione e
    Liberazione in Basilicata. Io lo conobbi
    una cinquantina d’anni fa, 1973-73; ero un
    operaio metalmeccanico, e rimasi affascinato
    da questo suo progetto che allora si avviava.
    Fui uno dei primi ad aderire a questa proposta
    cristiana, all’insegna del “qui e ora”. Il
    Cds è solo una delle tante realtà venutesi a
    creare, ma ancora oggi assiste oltre cento
    famiglie bisognose. Ma quella del “dono”
    è solo una risposta fi sica; si tratta in realtà
    del bisogno di condividere un’esperienza,
    acquisendo maggiore consapevolezza di sé e
    del senso della vita.
    D - Cento famiglie riferite a quale territorio?
    R - Potenza. Con la partenza, a settembre, del
    Banco alimentare regionale, rafforzeremo e
    allargheremo la nostra presenza.
    D - Che tipo di assistenza offrite a queste
    cento famiglie?
    R - Oltre al fabbisogno alimentare, c’è un tipo
    di sostegno, psicologico, che si traduce
    nel rispondere a domande sulla vita,
    dando risposte che in qualche modo fanno
    risollevare la persona.
    D - Quindi è vero che a Potenza la povertà non
    è solo “economica”, ma anche e soprattutto
    sociale? E’ vero che c’è molta solitudine?
    R - Esattamente. E col Covid questa realtà si è
    accentuata. La paura di avere contatti con
    l’altro, porta alla diffidenza, che a sua volta
    rende il clima sociale a rischio. Ognuno,
    dunque, pensa di avere di fronte a sé un
    “avversario”, il che rende molto difficile
    collaborare, creare magari un’associazione,
    un’attività culturale e quant’altro.
    D - Alcuni suoi colleghi del sociale
    lamentavano l’assenza di comunicazione
    che in primis si registrerebbe proprio fra
    voi operatori del settore (associazioni, enti
    benefici e quant’altro).
    R - Ed è così. Riallacciandomi anche alla
    mia attuale esperienza nella Uil in ambito
    disabilità, tempo fa ho scritto una lettera
    a disagio, onde dar vita a un Osservatorio
    comune, e abbattere questi muri di diffidenza,
    di pregiudizio, questi “isolotti” che si sono
    venuti a creare. Da solo nessuno può farcela.
    D - Ma perché ci sono questi “orticelli” anche
    nel volontariato? E’ un atteggiamento
    tipicamente potentino?
    R - No, io ritengo che ci sia proprio la paura
    di mettersi insieme, la paura che qualcuno
    possa invadere il campo dell’altro.
    D - Associazionismo e volontariato possono
    rivelarsi una “vetrina” per altri scopi?
    R - Sicuramente. Purtroppo, l’esperienza
    ci insegna che su certe vicende c’è chi
    ha strumentalizzato e si è costruito una
    postazione di potere. Tuttavia, io ancora
    sostengo che se questa esperienza di amore
    riesce a scavalcare certi ostacoli, insieme si
    può ancora costruire e bene. L’uomo non è
    fatto per vivere da solo; basta ritrovare il
    senso genuino della solidarietà nei confronti
    dell’altro.
    D - Come Cds ricevete fondi pubblici? Come
    vi sostenete?
    R - Con il 5 x mille, tra l’altro siamo stati la
    prima esperienza in Basilicata (parliamo
    di fi ne 1991), e quindi -nonostante i fondi
    non bastino mai- diciamo che una certa
    “tranquillità” ormai ce l’abbiamo.
    D - Si può tracciare una sorta di “identikit”
    del povero dei giorni nostri, qui a Potenza?
    R - Come dicevo, non mi fermerei alla questione
    del fabbisogno alimentare: vedo delle
    persone smarrite, sfiduciate, senza un senso
    della vita, ingabbiate in una sensazione
    da cui non riescono più a uscire. Il nostro
    compito diventa quindi quello di sganciarli
    da quella dimensione, esaltare la persona,
    rimetterli in gioco riguadagnandoli al gusto
    per la vita.
    D - E come si fa a riguadagnare alla vita una
    persona che è priva di speranze?
    R - Standogli affianco, e non giocando sulla
    dimensione umana (cosa che spesso accade).

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