Luca 10 - Chi è il tuo prossimo

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  • Опубліковано 28 січ 2025
  • Luca 10,25-37
    Maurizio Tiezzi, Fondazione Cantonuovo, Siena, 27.2.2019
    La parabola del buon Samaritano è un grande insegnamento sulla redenzione, sull’amore, sulla chiesa e sul ritorno del Messia. Yeshua si è fatto nostro prossimo, ci ha restituito alla vita, ci ha curati e fatti accudire nella convalescenza. I legalisti religiosi, anch’essi in cammino da Gerusalemme, il luogo della pace, verso Gerico, il luogo della maledizione, si sono scansati, non si sono avvicinati al moribondo. Non avevano strumenti per aiutarlo perché non avevano la vita. Indagavano le Scritture pensando così di avere la vita, ma non volevano farsi avvicinare dal Messia, il loro prossimo, per avere la vita eterna. Sapevano solo accusare, ma non potevano assolvere. Quindi condannavano, perché non potevano giustificare. Nemmeno sé stessi.
    Gesù disse al dottore della legge di Luca 10 che per avere la vita eterna bastava che facesse quello che sapeva: amare Dio con tutto se stesso e il prossimo suo come se stesso. Ma quel dottore della legge, per giustificarsi, chiese a Gesù “E chi è il mio prossimo?”. Evidentemente non amava gli altri ed era manchevole verso uno dei due comandamenti che egli stesso aveva appena recitato.
    I legalisti religiosi sono sempre pronti a snocciolare versetti a memoria e sfoggiare il loro sapere biblico. Hanno una tecnica raffinata: usano la Scrittura per mettere alla prova gli altri. Ma se vengono invitati a fare quel che dicono, usano allora le Scritture stesse per trovare nelle loro pieghe una qualche via d’uscita dai richiami della loro coscienza che li rimprovera di essere ipocriti.
    Se oggi anche noi ci presentassimo al Signore recitando la sua parola, Gesù ancora ci direbbe: hai detto bene, fa quello che dici di sapere e vivrai! Ma se qualcuno di noi fosse un ipocrita, oserebbe ancora oggi controbattere, sfidando il “Giudice di tutti” e il “Mediatore dell’Alleanza”. Per giustificarsi chiederebbe a lui di rendergli conto di quello che egli stesso ha detto di fare. Come se il problema fosse di Dio e non nostro.
    Mettiamo in pratica la Parola e non ascoltiamola soltanto , illudendo noi stessi!
    Gli ipocriti religiosi, con tutto il loro sapere, possono anche fare del bene, ma la loro motivazione è distorta. Lo fanno per ingraziarsi un Dio fatto a loro immagine e somiglianza, per ottenere uno sconto di pena o un condono.
    Che rispose Gesù alla domanda del dottore? Il prossimo non è il moribondo da aiutare, ma colui che gli si avvicina per salvarlo. Egli si è fatto prossimo al bisognoso, ristabilendolo a sua “cura e spese”. La compassione sincera e la misericordia sono le virtù umane che aprono la via all’attributo divino dell’amore. Questo amore che a proprie spese opera accudendo concretamente e gratuitamente i bisogni dell’altro. Gesù disse al dottore: va, e fa anche tu la stessa cosa!
    Non dobbiamo cercare qualcuno da amare per sentirci a posto con Dio, ma trovare chi ci ha amato per primo perché avevamo bisogno di essere salvati. Solo allora avremo anche noi l’amore necessario per farci prossimi dei moribondi, atterrati dal peccato e dalla carne, battuti dai precetti religiosi che li accusano senza via d’uscita. Quell’amore sarà lo specchio della nostra fedeltà fiduciosa verso Gesù, che per primo si è fatto prossimo a noi, amandoci fino alla morte: quel che vale è la fiducia fedele che opera per mezzo dell’amore!
    Yeshua è il nostro parente più prossimo, venuto a salvarci quando eravamo atterrati dal peccato e percossi dai precetti religiosi che ci accusavano senza via d’uscita. Egli fu disprezzato e rifiutato dal suo popolo, come se fosse stato un Samaritano. Eppure, come il buon Samaritano del Vangelo, si è fermato presso ciascuno di noi e ci ha fasciato le ferite, guarendo il nostro cuore. Ci ha ridato la vita e lo Spirito Santo, affidandoci alle cure di un locandiere fidato, dal quale siamo stati accuditi. Ha pagato tutto lui. Ha dato l’acconto e salderà al suo ritorno dando la ricompensa a chi ci ha custoditi nel frattempo.
    Chi ama gli altri facendosi loro prossimo è perché ha messo la propria fede in azione. E chi ama gli altri ama Dio perché sta obbedendo al comandamento di Yeshua. E questa non è un’obbedienza estorta con il ricatto religioso. No! E’ spontanea, fiduciosa, filiale, naturale. E’ un affidamento sincero e totale perché la nostra nuova natura e vita non ci permetterebbero di fare altrimenti.
    “Se perseverate nella mia parola, siete veramente miei discepoli … Io vi do un nuovo comandamento: che vi amiate gli uni gli altri ... Come io vi ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri … Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri … Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi… Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri”.
    Facciamolo. E vivremo!

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