Condivido il fatto che l'uso, l'utilizzo e il significato di una parola dipende dal contesto, dall'epoca, dai costumi, dalla morale e dal modo in cui viene pronunciata. Il nostro dialetto, per esempio, ne è un esempio molto eloquente. Nel dialetto gentile, per esempio, l'organo femminile o le mestruazioni non avevano una parola. Esistevano solo quelle volgari. Il forzare l'utilizzo di certe parole è, secondo me, figlio dell'epoca moderna. Anticamente, forse perchè non esistevano i mezzi di comunicazione di oggi, era più difficile imporre un certo linguaggio. Anche se la politica o i governi, anche nel passato, ne imponevano alcuni (pensiamo al messer di epoca spagnola o veneziana e al signore di epoca napoleonica).
Non è che "un domani anche il termine disabile sarà considerato non inclusivo", è GIÀ considerato non inclusivo... il termine che si usa adesso è "persona con disabilità" perché mette al centro la persona piuttosto che elevare la disabilità a elemento caratterizzante dell'individuo.
È lo stesso problema, se non si risolve il problema culturale dietro al termine, è inutile usare un intricato sistema di parole per mettere al centro la persona...
Nel Catasto Onciario di Molfetta (BA) del 1753 mi è capitato di trovare una persona definita “scemo” e un’altra (peraltro un mio antenato” definito “impotente e miserabile”. Definizioni del genere in un atto ufficiale sono oggi chiaramente inammissibili; ma all’epoca, evidentemente, tali parole non venivano usate come insulti o per contrassegnare un’incapacità a compiere atti sessuali. Stesso discorso per la parola “negro”. Il termine, derivante dalla parola latina “niger” e che ancora oggi è presente in molti dialetti senza un’accezione razzista, ha assunto connotati razzisti a causa della tratta degli schiavi e del connesso razzismo, soprattutto nel sud degli States. Dove difficilmente tale termine poteva essere usato in una canzone antirazzista come quella di Fausto Leali.
Condivido il fatto che l'uso, l'utilizzo e il significato di una parola dipende dal contesto, dall'epoca, dai costumi, dalla morale e dal modo in cui viene pronunciata. Il nostro dialetto, per esempio, ne è un esempio molto eloquente. Nel dialetto gentile, per esempio, l'organo femminile o le mestruazioni non avevano una parola. Esistevano solo quelle volgari. Il forzare l'utilizzo di certe parole è, secondo me, figlio dell'epoca moderna. Anticamente, forse perchè non esistevano i mezzi di comunicazione di oggi, era più difficile imporre un certo linguaggio. Anche se la politica o i governi, anche nel passato, ne imponevano alcuni (pensiamo al messer di epoca spagnola o veneziana e al signore di epoca napoleonica).
Non è che "un domani anche il termine disabile sarà considerato non inclusivo", è GIÀ considerato non inclusivo... il termine che si usa adesso è "persona con disabilità" perché mette al centro la persona piuttosto che elevare la disabilità a elemento caratterizzante dell'individuo.
Che è una boiata pazzesca. Non è che la “persona con disabilità” è meno disabile del “disabile”
È lo stesso problema, se non si risolve il problema culturale dietro al termine, è inutile usare un intricato sistema di parole per mettere al centro la persona...
Nel Catasto Onciario di Molfetta (BA) del 1753 mi è capitato di trovare una persona definita “scemo” e un’altra (peraltro un mio antenato” definito “impotente e miserabile”.
Definizioni del genere in un atto ufficiale sono oggi chiaramente inammissibili; ma all’epoca, evidentemente, tali parole non venivano usate come insulti o per contrassegnare un’incapacità a compiere atti sessuali.
Stesso discorso per la parola “negro”. Il termine, derivante dalla parola latina “niger” e che ancora oggi è presente in molti dialetti senza un’accezione razzista, ha assunto connotati razzisti a causa della tratta degli schiavi e del connesso razzismo, soprattutto nel sud degli States. Dove difficilmente tale termine poteva essere usato in una canzone antirazzista come quella di Fausto Leali.
𝕡𝕣𝕠𝕞𝕠𝕤𝕞 🙃