IL CASTELLO DI DELIA

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  • Опубліковано 21 гру 2024
  • Il castello arabo-normanno, o 'castiddrazzu' in siciliano, si erge su una serra calcarea lungo la SS 190 delle solfare, a circa 1 Km fuori dal centro abitato di Delia, in direzione di Canicattì (AG). La struttura, orientata in direzione Nord-Sud, è molto antica; è infatti probabile che essa possa essere identificata con la rocca di Sabuci della quale parla il geografo arabo Idrisi nel suo "Libro di Ruggero", compilato nel XII secolo (vi è, tuttavia, chi ritiene che il castello possa anche essere di origine bizantina). Ritroviamo poi riferimenti a questo castello nel 1300, durante la guerra del Vespro: lo storico Nicolò Speciale, contemporaneo della guerra del Vespro, nella sua "Historia Sicula", ad un certo punto narra di un episodio proditorio avvenuto proprio a Delia. Due fratelli deliani, Giobbe e Roberto Martorana, lasciati gli Aragonesi e alleatisi con gli Angioini, una notte aprirono a tradimento le porte del castello ai Francesi e questi ultimi fecero stragi e scempio di qualunque cosa incontrassero; uccisero pure il castellano, la moglie e la figlia. Il castello venne subito riconquistato dagli Aragonesi, i Francesi vennero cacciati e i due fratelli Martorana torturati e uccisi per la colpa commessa. I reperti trovati in occasione dell'ultima campagna di scavi (dal 1987 al 1995) hanno permesso di stabilire la presenza umana nell'area sulla quale insiste il castello fin dalla preistoria e, per quanto riguarda lo stesso castello, che esso sia stato abitato fino alla fine del XVI secolo, per poi venire abbandonato e, a causa del conseguente degrado, venire definito 'castellazzo'. Nel 1740 venne, in parte, descritto dal geografo Vito Amico, nel suo "Lexicon Topographicum Siculum" (egli parla infatti di un antico castello con volte e grotte, muraglie e merli). Nel corso dell'Ottocento vi venne pure impiantato un mulino a vento; nel 1878 venne inserito tra i monumenti nazionali del Regno d'Italia, potendo così usufruire di un restauro che, tra le altre cose, rimosse il mulino a vento. Gli ultimi lavori di restauro, che hanno consentito al castello di assumere l'aspetto attuale, sono avvenuti tra il 1987 e il 1995, a cura delle soprintendenze di Agrigento, prima, e Caltanissetta poi. Detti lavori, come detto, hanno restituito parecchio materiale ceramico ma anche metalli, monete e resti animali. Il castello, in parte scavato nella roccia, si presenta a quattro livelli. Al pianoterra è possibile vedere l'area d'ingresso, sotto la quale sono scavate fosse per la raccolta di acque, e, nella parte retrostante, la cosiddetta piazza d'armi (che si affaccia sulla valle del Paradiso, dal nome del torrente che l'attraversa). Con una scala in pietra si accede ad un piccolo terrazzo; da qui una scala scavata nella roccia consente l'accesso ad una piccola sala con volta ogivale e feritoie su entrambi i lati, per il controllo del territorio circostante (è probabile che detto ambiente potesse essere una sala d'armi). La stessa scala conduce al quarto livello, non più scavato nella roccia, costituito da due ambienti tra loro separati da un muro interno oggi non più presente (probabilmente due piccole stanze illuminate da una finestra ciascuna) nella parte settentrionale del castello, e un piccolo ambiente semicircolare nella parte meridionale (da alcuni identificato come una cappella). Le due sale precedentemente citate sono coperte da una tettoia lignea alla quale è possibile accedere tramite una scala ferrea collocata durante gli ultimi lavori di restauro. Tutta la collina sulla quale insiste il castello è arricchita da alberi d'ulivo. Il castello oggi è di proprietà della Soprintendenza di Caltanissetta.
    (FONTE WEB)

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