La grande filosofia italiana. Nel Novecento la filosofia italiana è stata grande e noi tutti ora abbiamo il difficile compito di essere all'altezza di quella straordinaria stagione.
Buongiorno Professore io ho il suo esame l'anno prossimo e spero tanto di trovarla perché ho saputo da tutti che il suo esame è il più appassionante della facoltà, buona giornata.
Buonasera professore non riesco a capire una cosa di Fichte:perché dopo aver introdotto il non io opposto all'io lui introduce una terza fase(quella dell'io divisibile e del non io divisibile)?
Fichte deve risolvere questa contraddizione: come mai ogni "contenuto" della mia coscienza (il non-io) è un "mio" contenuto (dunque fa parte dell'io) ma è al tempo stesso esterno a me (opposto all'io)? Come mai io sono al tempo stesso "ponente" tale contenuto ma anche "determinato" (passivo) rispetto ad esso? Dev'esserci perciò un io assoluto (che ha tutto dentro di sé) e un io empirico (che ha i contenuti fuori di sé). Questo secondo io però dev'essere interno al primo, un suo momento. Il terzo principio è il tentativo di risolvere questo problema (la doppia natura della nostra coscienza: assoluta e finita), una sorta di sintesi, però provvisoria e irrisolta (sicché Fichte dovrà trovare successive mediazioni nel prosieguo dell'opera).
Io farei questa obiezione a Fichte: ma Io Penso SEMPRE di Pensare cioè sono SEMPRE AutoCosciente di Essere sia quando guardo una mela sia quando Penso di Pensare come il Dio di Aristotele. Inoltre: a me MAI Appare il PURO Pensiero di Pensiero perchè mi Appare SEMPRE ASSOCIATO a qualche Altro Pensiero x es il mio respiro od il suono anche nella stanza + silenziosa o l'immagine che ho davanti agli occhi od il Nero sw chiudo gli occhi in una stanza buoia QUASI senza rumori a Meditare. Se qualcuno volesse darmi il suo parere su questi punti ringrazio anticipatamente. Piero
L'io pensa di pensare solo quando è consapevole di pensare. Questa consapevolezza non c'è quando abbiamo rappresentazioni empiriche: c'è il pensiero ma non la consapevolezza del pensiero. Autocoscienza si dà solo quando vi è una riflessione esplicita su di sé. Poi, certo, il nostro pensiero è sempre pensiero di oggetti (come direbbe Husserl: il pensiero è sempre intenzionale, intenziona oggetti). Non c'è mai il pensiero senza un qualche oggetto (o contenuto). Tuttavia l'autocoscienza non contraddice la tesi dell'intenzionalità: in quel caso l'oggetto del pensiero è la coscienza stessa. L'intentio recta si fa intentio obliqua, cioè riflessiva, senza perdere in nulla la sua direzionalità su un qualche oggetto. Come dirà Schelling, facendo sua la tesi di Fichte nel 1800 (Sistema dell'idealismo trascendentale): l'autocoscienza è quel "punto in cui l'oggetto e il suo concetto, l'oggetto e la sua rappresentazione sono originariamente una cosa sola", ovvero "mediante l'atto dell'autocoscienza l'Io diviene oggetto a se stesso".
Non è un libro vero e proprio ma una dispensa per l'esame di Storia della Filosofia. Si tratta di una raccolta di passi antologici estratti da alcune delle più importanti opere metafisiche dai greci fino a Hegel (con un mio commento introduttivo per ogni passo). Il titolo è "Storia della metafisica" e non essendo in commercio lo si può ottenere solo richiedendolo alla Libreria Cafoscarina a Venezia.
Però anche l'io che pensa me stesso che sta pensando qualcosa non esiste fino a che io non mi penso mentre sto pensando a me stesso che pensa qualcosa. E cosi all'infinito
Grazie professore.
Grazie professore ho ottanta anni e sono laureato in filosofia a Roma, sono allievo di Spirito e Calogero non dico altro
La grande filosofia italiana. Nel Novecento la filosofia italiana è stata grande e noi tutti ora abbiamo il difficile compito di essere all'altezza di quella straordinaria stagione.
😊@@luciocortella6131
Grazie professore. Life long and Life Wide learning. e' un piacere imparare da Lei
Magnifico, Professore! Grazie.
Grande prof , non ho potuto fare l.università ma seguire i suoi video è un piacere
Buongiorno Professore io ho il suo esame l'anno prossimo e spero tanto di trovarla perché ho saputo da tutti che il suo esame è il più appassionante della facoltà, buona giornata.
Molte grazie professore per tutte le nuove lezioni.
grande prof
Buonasera professore non riesco a capire una cosa di Fichte:perché dopo aver introdotto il non io opposto all'io lui introduce una terza fase(quella dell'io divisibile e del non io divisibile)?
Fichte deve risolvere questa contraddizione: come mai ogni "contenuto" della mia coscienza (il non-io) è un "mio" contenuto (dunque fa parte dell'io) ma è al tempo stesso esterno a me (opposto all'io)? Come mai io sono al tempo stesso "ponente" tale contenuto ma anche "determinato" (passivo) rispetto ad esso? Dev'esserci perciò un io assoluto (che ha tutto dentro di sé) e un io empirico (che ha i contenuti fuori di sé). Questo secondo io però dev'essere interno al primo, un suo momento. Il terzo principio è il tentativo di risolvere questo problema (la doppia natura della nostra coscienza: assoluta e finita), una sorta di sintesi, però provvisoria e irrisolta (sicché Fichte dovrà trovare successive mediazioni nel prosieguo dell'opera).
Ah ok grazie mille 😊
Io farei questa obiezione a Fichte: ma Io Penso SEMPRE di Pensare cioè sono SEMPRE AutoCosciente di Essere sia quando guardo una mela sia quando Penso di Pensare come il Dio di Aristotele. Inoltre: a me MAI Appare il PURO Pensiero di Pensiero perchè mi Appare SEMPRE ASSOCIATO a qualche Altro Pensiero x es il mio respiro od il suono anche nella stanza + silenziosa o l'immagine che ho davanti agli occhi od il Nero sw chiudo gli occhi in una stanza buoia QUASI senza rumori a Meditare. Se qualcuno volesse darmi il suo parere su questi punti ringrazio anticipatamente. Piero
L'io pensa di pensare solo quando è consapevole di pensare. Questa consapevolezza non c'è quando abbiamo rappresentazioni empiriche: c'è il pensiero ma non la consapevolezza del pensiero. Autocoscienza si dà solo quando vi è una riflessione esplicita su di sé.
Poi, certo, il nostro pensiero è sempre pensiero di oggetti (come direbbe Husserl: il pensiero è sempre intenzionale, intenziona oggetti). Non c'è mai il pensiero senza un qualche oggetto (o contenuto). Tuttavia l'autocoscienza non contraddice la tesi dell'intenzionalità: in quel caso l'oggetto del pensiero è la coscienza stessa. L'intentio recta si fa intentio obliqua, cioè riflessiva, senza perdere in nulla la sua direzionalità su un qualche oggetto. Come dirà Schelling, facendo sua la tesi di Fichte nel 1800 (Sistema dell'idealismo trascendentale): l'autocoscienza è quel "punto in cui l'oggetto e il suo concetto, l'oggetto e la sua rappresentazione sono originariamente una cosa sola", ovvero "mediante l'atto dell'autocoscienza l'Io diviene oggetto a se stesso".
Dove è possibile trovare il testo a cui Lei ha fatto riferimento citando passi dalle opere di Fichte?
Non è un libro vero e proprio ma una dispensa per l'esame di Storia della Filosofia. Si tratta di una raccolta di passi antologici estratti da alcune delle più importanti opere metafisiche dai greci fino a Hegel (con un mio commento introduttivo per ogni passo). Il titolo è "Storia della metafisica" e non essendo in commercio lo si può ottenere solo richiedendolo alla Libreria Cafoscarina a Venezia.
@@luciocortella6131 La ringrazio molto. Complimenti per la qualità e la chiarezza delle sue lezioni.
Però anche l'io che pensa me stesso che sta pensando qualcosa non esiste fino a che io non mi penso mentre sto pensando a me stesso che pensa qualcosa. E cosi all'infinito