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  • Опубліковано 21 кві 2018
  • Immaginario, inconscio. Elementi che fanno parte della nostra quotidianità eppure inafferrabili. Nell’inconscio risiedono i valori universalmente riconosciuti da una comunità, da cui si generano le figure come i miti, i simboli. Questi i capisaldi degli studi di Luigi Zoja, psicanalista, Presidente del CIPA (Centro Italiano di Psicologia Analitica) fino al 1993, e fino al 2001 presidente della IAAP (International Association for Analytical Psychology), l’Associazione che raggruppa gli analisti junghiani nel mondo. Perché il prof. Zoja è uno dei massimi esponenti e divulgatori della teoria di Jung,: psicanalisi come ricerca di senso, non solo come terapia clinica, e per questo Zoja studia e ragiona sui temi più attuali della contemporaneità: dalla scomparsa del padre all’esclusione del sacro, dalle violenze come frutto della perdita del limite alla soggezione a nuove dipendenze. Il suo ultimo libro, Nella mente di un terrorista, riflette sul radicalismo islamista, su quanto succede nell’inconscio di un jiahadista, di come la rivoluzione digitale favorisca il fondamentalismo, allontanando le generazioni, il prossimo. La morte di Dio è stata la morte del prossimo. Se in passato l’uomo percorreva un “viaggio” come metafora di autodeterminazione, oggi gli antichi miti non sono più in grado di rispondere alla ricerca e alle domande esistenziali degli individui, Dio è diventato un accidente per pochi, ma non è più domanda esistenziale e guida del comportamento morale…
    Qual è il compito della psicanalisi oggi? “Il suo compito oggi è aiutare a guardarci dentro. E quindi ad assumerci, dove possibile, le responsabilità personali. E questo può riguardare la correzione di certi problemi, disfunzioni sia dell’individuo, sia della dimensione privata con la famiglia, sia nella società. Per non cercare sempre e soltanto dei capri espiatori da accusare, e sensibilizzare anche rispetto alla politica, al bene comune. Non penso che possa essere divisa la teoria individuale da quella collettiva”.
    Le problematiche della società odierna si esplicano oggi attraverso l’incapacità di fare il padre. “In un giorno mi sono accorto che i pazienti che avevo avuto erano tutte persone con figli unici. No solo, ma soprattutto il padre ha fatto spesso più da compagno o fratello maggiore invece del padre. I padri hanno commesso ogni tipo di abusi in passato, ma al tempo stesso erano figure che davano il senso del limite. Quindi colpisce che l’eliminazione della figura del padre tradizionale e la perdita del senso del limite siano andate insieme”.
    “La perdita di identità maschile è più forte di quella femminile e si scatena contro gli altri come violenza , mentre l’identità femminile è più legata a funzioni che non cambiano nei secoli. Il ruolo del padre è creato dalla cultura e dalla civilizzazione. Ci vuole più pazienza e soprattutto bisogna insegnarlo”.
    Ettore, figura del padre per eccellenza, ma anche guerriero, è per il prof. Zoja il modello, l’archetipo perfetto del padre, tuttora attuale. “Non è solo capace di battere i pugni sul petto, ma sa assumersi la responsabilità verso il futuro, ma anche verso il figlio. Non esprime solo l’impazienza maschile del guerriero, ma l’attenzione, il calcolo sul futuro del figlio. Non è il padre castrante e antagonista del figlio. Non è neanche il padre troppo fragile, è quello capace di muoversi tra il guerriero e l’uomo: quando torna a casa,è capace di togliersi l’elmo”.

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