Faccio una domanda a tutti quelli (me compreso) che credono che lo scopo ultimo della vita sia raggiungere la felicità: se domani venisse inventata una macchina in grado di darvi la più grande felicità possibile, 24 ore su 24, tale per cui dovreste solo sedervi, "attaccarvi" alla macchina, e godere fino all'ultimo dei vostri giorni, voi vi "attacchereste"? Mi pare che solo chi risponde "si" è coerente nel dire che lo scopo ultimo sia esclusivamente il raggiungimento della felicità; se invece si risponde "no", evidentemente ciò che conta non è solo la felicità, ma anche qualcos'altro (magari il modo in cui la si raggiunge, non so). Sinceramente io sarei portato a dire di no, e però non saprei il perché di questa mia risposta.
Bella domanda. Se esistesse una macchina che riesce a farti dormire costantemente facendoti fare dei sogni magnifici come se tu stessi vivendo realmente, saresti felice per sempre. Però quanti lo preferirebbero ad una vita "normale"?
Maseja Briolani Probabilmente per coloro che pensano che lo scopo della vita sia il raggiungimento della felicità, una volta inventata questa macchina, o non avrebbero più scopo, oppure questo muterebbe istantaneamente in qualcos'altro. In entrambi i casi si spiegherebbe che la felicità non è lo scopo ultimo della vita. Al raggiungimento del proprio scopo di esistenza se ne trova un altro per poter continuare a esistere. Vi è dunque uno scopo? O ce lo creiamo noi per poter vivere serenamente?
sinceramente si, ma solo perchè è una certezza di piacere, non credo che lo scopo sia cercare la felicità e nemmeno che la felicità coincida con il godimento. Visto che la cerchi cosa credi che sia la felicità?
Maseja Briolani Secondo Me la felicità è una condizione del mio animo che accompagna il raggiungimento di un grande obiettivo,in tutto il percorso che compio per raggiungerlo; per Me questo grande obiettivo è la conoscenza della Verità,per cui una macchina di questo tipo non mi sarebbe assolutamente d'aiuto :)
Ci sarebbe un lungo discorso da fare sugli effetti dell'interazione digitale, non lo aggiorno perchè aveva uno scopo che reputo concluso, comunque mi fanno piacere alcune cose che hai scritto qui, sono contento. Se qualche volta volessi parlare di qualcosa in particolare puoi sempre citarmi in un post o qualcosa di simile, è possibile sebbene non certo che io compaia :)
Si deve apportare una distinzione netta tra il concetto di felicità e quello di serenità: io credo che l'essere umano aneli al secondo e non al primo, ma persegua l'ottenimento del primo in quanto più immediato e semplice da ottenere. La felicità, infatti, non è mai stato possibile esperirla troppo a lungo (al di fuori della manipolazione della biochimica cerebrale), ed è il risultato di specifici processi neurologici che si realizzano a seguito di certi stimoli, atti a fornire una sensazione di appagamento temporaneo come rinforzo psicologico utile unicamente secondo un'ottica adattativa. E' un fenomeno totalmente svincolato dal controllo esercitato dal raziocinio, ed è per questo in particolare che una società come quella immaginata da Aldous Huxley ci ripugna: un perenne stato di felicità corrisponderebbe a un perenne stato di ebbrezza priva di sfide e momenti contemplativi nei quali possiamo esercitare quella che percepiamo essere la nostra individualità, attraverso il pensiero razionale. La serenità, invece, è un'esperienza ben diversa, non essendo un episodio "eruttivo" determinato da uno specifico stimolo - come lo era nell'altro caso -, bensì si tratta di uno stato di 'equilibrio stazionario', che continua a necessitare di piccoli continui aggiustamenti, un po' come mantenere l'equilibrio in bicicletta, e richiede perciò la costante attenzione e vigilanza della ragione. Tanto più si esercita la ragione a tal fine, quanto più diverrà meno impegnativo mantenere l'equilibrio, e quindi il proprio stato di serenità. Quando l'essere umano raggiunge questo stato, egli non ha affatto ottenuto di non desiderare più alcunché, ma anzi - come ho adesso appreso aver sostenuto anche Spinoza -, utilizza la razionalità per ottenere ciò che può dargli la felicità. Dunque, ribadisco che non è tanto la felicità ad essere il fine ultimo, ma anzi un mezzo per raggiungere e mantenere lo stato di serenità, per ottenere il quale - tuttavia - serve molto più impegno di quanto gran parte delle persone siano in grado o disposte a sostenere. Perché dunque essere sereni, se la serenità non porta all'acquietamento delle nostre necessità carnali? Perché ci consente di appagare noi stessi in modo efficiente ed equilibrato, potenzialmente dandoci strumenti per affrontare ogni questione in cui si possa incappare nella vita nel migliore dei modi - e io credo che sia fondamentalmente questo a cui l'essere umano protende come obiettivo finale: la capacità di far fronte ai problemi dell'esistenza. Tuttavia, sembra che la gente preferisca piuttosto continuare a ricercare quel qualcosa che possa prolungare il più a lungo possibile i propri episodi di felicità, forse perché questa può essere ottenuta con relativa facilità (si pensi alla masturbazione) seppur con scarso rendimento; laddove l'ottenimento di uno stato di serenità richiede maggior sforzo ma - attraverso il controllo sulla felicità da parte della ragione - ci ripaga maggiormente. Il tentativo di prolungamento dello stato di appagamento può quindi essere letto come un modo per ottenere il maggior risultato con il minimo sforzo; tuttavia "non esiste alcun pasto gratis": tutto ha un prezzo da pagare, e come già ho sottolineato, il sacrificio richiesto da questo prolungamento dell'esperienza di felicità è la rinuncia dell'esercizio della nostra libertà di individui, come sapientemente illustrato ne Il Mondo Nuovo. Dunque io sostengo e promuovo il raggiungimento di uno stato di serenità, e non di felicità perenne, che reputo impossibile, o quantomeno inadatto all'essere umano.
Daniele Giannotti D'accordo anch'io, io parlo di benessere per distinguere ciò che viene dal materiale e dai sensi e che quindi è effimero e instabile rispetto a quello stato di pace interiore che va oltre il corpo,comunque se stiamo a guardare tutti i fatti di cronaca quotidiana che ci creano turbamento ci accorgiamo di quanto anche il nostro equlibrio interiore sia messo alla prova dal contatto empatico con l'esterno.
Bellissimo video, Rick, complimenti. ;) Voglio aggiungere a tutto ciò che hai detto una piccola considerazione: personalmente, come spiega anche Mark Rowlands nel suo stupendo 'Il lupo e il filosofo', trovo che un'altra possibile strada verso la felicità sia in una riflessione sul concetto nietzcheano di eterno ritorno. Infatti, se viviamo come se ogni cosa che ci capita dovesse ritornare infinite volte, siamo portati ad assumere un atteggiamento propositivo nei confronti della vita, tale da renderci sempre degni di ciò che ci accade. In tal modo, sapremo godere di ogni momento della nostra esistenza, senza guastarlo pensando al passato o al futuro (dimensioni temporali inesistenti nell'ottica di un tempo circolare), ma, al contrario, isolandolo e accettandolo apertamente con fiducia, in modo da essere all'altezza di ogni avvenimento, bello o brutto che sia. Detto questo, ti faccio di nuovo i complimenti per il video e ti abbraccio. A presto! ;)
Io sono un po' leopardiana: la felicità (intesa come stato d'animo imperituro, non come euforia) non esiste, è un'illusione che sorge quando l'uomo nasconde a sè stesso il vero; infatti la natura ci ha fatti all'infelicità, consegnandoci a una vita per la vita (morti gli dei e false speranze di progresso, nonchè l'idea di una centralità nell'universo), a momenti di felicità che non si equivalgono con quelli di infelicità o semplicemente di tedio. Insomma, per farla breve, l'uomo è "solo sul cuor della terra", dotato di una ragione per avere coscienza della morte e della sua piccolezza nell'universo. Ma prendere tutti coscienza di questo, giungere al vero significa anche darsi l'unica possibilità autentica di essere felici: la condivisione dell'infelicità! Sì forse è eccessivo, ma a mio avviso la felicità è abbastanza lontana da uno stato di tranquillità interiore, individuale, soggettivo (che poi non è la stessa cosa che atrofizzarsi?). I miei momenti di felicità più veri li ho raggiunti quando condividevo; che poi non siano stati perenni è solo dovuto a un'innegabile difficoltà dell'uomo moderno a solidarizzare. La società spinge sempre più verso questa direzione, è anche questo un modo per alimentare il consumismo. Non è un caso il successo delle filosofie orientali
Ester Procopio Vero, però c è anche da dire che come noi intendiamo le filosofie orientali è ben diverso da come sono realmente ovvero il loro vero messaggio. anche solo l esempio dell illuminazione: loro la vedono come un annullare l ego e guardare in faccia il Nulla, mentre un occidentale si fa suggestionare piu dall idea di calma e quiete dell animo, dall idea di controllo......o dal ricercare il suo vero Io mentre molte filosofie orientali insegnano a trascendere l io in realtá. le filosofie orientali che hanno successo sono sempre quelle piu fraintese in realtá
infatti di recente riflettevo sull'importanza della condivisione, intesa anche sui social media..c'è un aspetto superficiale, ma c'è anche un'esigenza atavica dell'animale sociale. Spunto interessante.
Il Sistema Nervoso sì certo i social rispondono a una necessità di condivisione sociale ma vi rispondono in modo insufficiente o illusorio secondo me. Di certo la condivisione profonda del problema esistenziale è molto rara... e mai sufficiente finchè rimane su un piano di virtualità
Io ho trovato un modo molto particolare per essere felice costantemente. Volevo fartelo sapere... Ho due tipi di felicità. Felicità parziale permanente : La felicità parziale permanente che ho tutt'ora...è una sensazione costante di avere tutto sotto controllo, sia in modo scritto e sia mentale. Durante il processo di felicità permanente anche gli obiettivi che non ho raggiunto devono essere scritti o almeno individuati, in modo da aver chiaro dove devo andare a puntare. E' la sensazione di essere circondato dalla perfezione e di sentirsi perfetti anche quando in realtà si è incompleti. La felicità parziale permanente si divide in 4 categorie che dovranno essere costantemente aggiornate in modo tale da non raggiungere una situazione di disordine. 1) Amici e Relazioni (ragazza, amici, famiglia....qui faccio un elenco di amici...e individuo gli amici che devo contattare...o con cui ho delle cose in sospeso...etc) 2) Fisico (per esempio...avere un piano alimentare...fare sport...andare dal dottore...etc) 3) Piano famigliare (qui si parla di soldi...lavoro...proprietà...etc) 4) Cultura Generale (qui invece mi riferisco alle passioni e alla cultura...ovvero cose come studiare...informarmi...suonare uno strumento musicale...etc) Ho semplificato molto...ma hanno davvero tante sottocategorie...e ad ogni sottocategoria individuo cosa devo fare...e le cose in corso. Avere tutto sotto controllo mi permette di avere una felicità costante parziale. Felicità totale permanente : La felicità permanente consiste nel raggiungimento di alcuni obiettivi che mi sono prefissato. E sono obiettivi base dalla vita. Ovvero : avere un lavoro, avere un figlio e costruirmi una famiglia...avere tanti amici e sentirmi amato...laurearmi...finire di fare il mio cd musicale...etcetc...(non sono tanti gli obiettivi ''regina'' ma non sto qui a dire tutto l'elenco). Tutte cose che mi permetteranno di darmi la felicità costante e duratura...ovvero eterna. Sto ragionando molto in modo ''gioco di ruolo''....con la storia principale da completare. Non ambisco ad avere un oggetto materiale migliore di quello precedente...ma con riflessioni personali e profonde ho individuato varie cose che mi permettono e mi permetteranno di raggiungere la felicità infinita e costante. Funziona? Eccome. In questo momento sono nella situazione di felicità parziale permanente....e ogni obiettivo che raggiungo della felicità totale permanente...mi sento sempre più vicino alla Felicità Massima (avere completato le missioni principali della vita).
Incredibile,mi ha colpito, ma non è più semplice cercare di lavorare sulla propria mente anziché su obiettivi? Mi sembra che la felicità non sia data dai fattori esterni quanto da una disposizione mentale Ma non so nulla io. A distanza di tre anni hai raggiunto la "felicità massima"?
@@Anonymous-90 ciao! Pazzesco che qualcuno mi ha scritto dopo così tanto tempo. In 3 anni mi sono ritrovato sposato, ora ho 24 anni :') da ormai 2 anni :)
Io penso che questa ossessiva ricerca della felicità permanente e oggettiva sia dannosa e inutile. Infatti per me la vita andrebbe riempita di emozioni forti, sia negative che positive. Crogiolarsi nella serenità di una vita saggia e ragionata non è veramente vivere, ma far finta che il dolore non esista. Inoltre vivendo senza soffrire si darebbe meno importanza alla felicità che diventerebbe scontata e quotidiana, e l'uomo si stuferebbe presto buttando via questa tanto agognata felicità permanente come un giocattolino vecchio. La stessa sofferenza valorizza ogni istante di felicità rendendolo importante. Questa incessante ricerca ci fa perdere di vista la vera felicità che può essere trovata in ogni piccola cosa. Infine penso che per dare senso a un intera vita basti un solo momento nel quale ci fermiamo e ci rendiamo conto di essere felici, "fermati attimo sei bello". - Basta volare una volta nella vita e ricordarsene (cit Poeti der trullo)
Apprezzo molto il corso che ha preso il video dal punto in cui hai discusso i rischi di una felicità indotta puramente dalla biochimica. Ciò che dobbiamo imparare a pensare è che non importano soltanto gli stati d'animo positivi nella nostra vita. La sofferenza può essere interpretata come un segno prezioso che ci indica cosa dobbiamo rifuggire per vivere in condizioni più ottimali per l'individualità che noi siamo. Anche in questo si iscrive l'insegnamento di Spinoza: le affezioni comportano gioia o tristezza, ossia aumento di potenza del proprio esistere o diminuzione della stessa. Grazie appunto alla ragione, come hai ben sottolineato, noi dobbiamo essere in grado di riconoscere le cause che favoriscono la nostra potenza. Quando siamo affetti dalle passioni dobbiamo saper dire: "questo mi porta gioia e questo tristezza". Nel momento in cui invece siamo "drogati" dalla biochimica, ogni cosa può essere fittiziamente causa di gioia. Ma allora saremmo solo felici o ignoreremmo di essere tristi? Per me, e qui è pura opinione personale, discutibile, è il secondo caso. Per Spinoza non è solo questione di vivere in balia degli affetti, si tratta di scegliere la strada che ci porta a esperire affetti più positivi rispetto a quelli negativi. Si pensi a come chiunque potrebbe rivoluzionare la propria vita se semplicemente riconoscesse quali situazioni particolari stanno ammorbando la sua esistenza. Laddove conosce le cause della tristezza può agire al fine di porsi in situazioni nuove e più positive. Sempre ammesso che abbia sufficiente coraggio per dirigersi là dove la sua vita lo vuole condurre. In tutti è presente il conatus, lo sforzo che tende alla preservazione della propria essenza singolare. Chiamatelo pure istinto di conservazione - ma esteso a ogni genere di situazione delle nostre vite, non solo ristretto alla biologia. La tendenza a esistere al meglio delle nostre possibilità singolari quindi l'abbiamo sempre, ma si tratta di saperla orientare e ciò lo facciamo infatti con la ragione, la scienza etica delle cause, la "conoscenza adeguata", come la chiamava Spinoza. Grazie per il video, Rick. E' importante più che mai parlare oggi di felicità, sia al pubblico che negli ambienti accademici. In questi ultimi risuona troppo spesso il detto "melete thanatou", preparati alla morte, come principale scopo della ricerca filosofica. Al contrario, una vita di conoscenza è una vita condotta in nome della vita stessa. Chi sa solo parlare di morte dimentica di vivere e non può proporre una ricetta efficace per una vita felice, perché studiando la morte ha ignorato la vita. Spero che tornerai sull'argomento e approfondirai sempre di più argomenti di etica, che è la vera scienza della felicità.
Rick sei riuscito a dare forma a dei pensieri che avevo maturato anni e anni fa quando lessi Il Mondo Nuovo. Sono assolutamente d'accordo sul fatto che una condizione necessaria affinché ci sia un certo tipo di felicità, sia la repressione dell'individualità e della personalità. Dobbiamo essere tutti uguali agli occhi degli altri e della Legge. Finché c'è individualità ci sarà interpretazione personale a qualunque condizione di vita. Qualora venisse a mancare questa interpretazione, ci sarebbe la possibilità di uniformare i desideri e i bisogni. Non so se sarebbe meglio o peggio e non so se accadrà mai, ma sono convinto che debba necessariamente accadere affinché tutti possiamo raggiungere la felicità. Grazie del bel video!
Facendo un paragone giusto un po' fuori luogo: la felicità o meglio la ricerca della felicità è come l'atto della masturbazione, si è felici mentre si compie l'atto (e questo è il momento di felicità più lungo e intenso, del quale forse non siamo nemmeno più di tanto consapevoli), poi quando si viene e raggiungiamo l'orgasmo siamo convinti di avere raggiunto il vertice della felicità (come quando siamo riusciti ad acquistare l'oggetto del desiderio), ma inesorabilmente 5 secondi dopo ci sentiamo delle merdacce e ci chiediamo se ne è valsa veramente la pena. Quindi secondo me la vera felicità è la ricerca della felicità, mentre quello che comunemente si pensa sia la felicità è solo un fazzolettino sporco.
Collezionista di aragoste un po come nella lettera che viene citata da Rick di Seneca, dove viene paragonata la felicità superficiale ad una sbronza. Sei euforico per un'ora e poi devi sopportare una lunga nausea
Collezionista di aragoste Nella dottrina buddhista esiste il Nirvana, ma è uno stato di estinzione della sofferenza che va oltre la sfera dei cinque sensi e anche la mente,quindi è completamente avulso da un appagamento fisico o sensoriale, si può raggiungere in fase ascetica o meditativa ma isolata dall'esterno,per tornare alla vita ci si riconnette inevitabilmente a sofferenza (dukkha) o desiderio (tanha) . Nello yogacara esistono 8 stadi di coscienza legati ai cosiddetti skandha, i primi 5 riguardano i 5 sensi,gli altri la mente,la cognizione,l'auto attaccamento,vanno superati tutti per raggiungere il totale distaccamento. en.m.wikipedia.org/wiki/Eight_Consciousnesses
anche dopo un coito ci si chiede se ne è valsa la pena, poiché questo fa parte della psicobiologia :) L'esempio che fai è pertinente, anche se lo estenderei al sesso in generale.
Lord Vivec Per liberare la mente dai pensieri negativi bisogna anche liberarla dalle influenze esterne e questo se si vive e interagisce nel mondo reale non è totalmente possibile,sempre in ambito buddhista esiste un rapporto karmico di causa-effetto chiamato Co-Produzione Condizionata,se riesci a fregartene totalmente sei svincolato dalle conseguenze morali delle azioni umane,ma dal momento che sofferenza e desiderio fanno parte del nostro vivere quotidiano e del regno terreno liberarsene completamente è pressoché impossibile,il Nirvana è spegnimento dei 5 sensi e del cervello,assenza totale di un sè individuale.
Bellissimo video, trattando di Epicuro trovo importante anche la sua divisione in piacere cinetico (temporaneo) e catastematico (permanente). Ho sempre visto felicità e appagamento su due fronti opposti, la ricerca del piacere infatti mi appare fine a se stessa,dal momento che dall'individualismo nascono i bisogni egoici e che anche il suddetto consumismo o feticismo della merce è effimero e fine unicamente al bisogno corporeo del singolo non lo ritengo utile a uno scopo sociale e soprattutto estranea come si dice dalle relazioni sociali e quindi credo che se il solitario abbia acquisito una conoscenza completa di se stesso e del suo piacere alla fine sentirà per forza l'isolamento o il bisogno di condivisione,anche se il contatto con gli altri può portarlo alla misantropia,credo che la maturazione e l'assenza di ego si trovino nel contatto sociale più che nella ricerca interiore che non porta altruismo ma egocentrismo.
Complimenti Rick grande discorso. Mi sei piaciuto molto specie all'inizio per quanto riguarda il concetto di che cos'è la felicità per la società contemporanea, secondo me molto infantile e superficiale.
Proprio ora sto leggendo il Tractatus di Spinoza grazie ai tuoi consigli di lettura, e devo dire che sono stupefatto dalla capacità critica del buon Baruch che tu da sempre citi e ami. Ora però ho voglia di leggere l'Etica per come l'hai definita e.e Sin dal mio primo incontro con lui, ritengo Spinoza il filosofo della via di mezzo, dell'esegesi, del fermarsi e ragionare invece di cadere nelle superstizioni. Bellissimo video, utilizzerò questo periodo senza video per recuperare i precedenti. Per quanto riguarda la felicità, mi piace ricordare ciò che mi disse un mio prof. Cercare, durante la vita, solo di sfiorarla, lasciando sempre un qualcosa che ti impedisca di viverla appieno perché altrimenti, una volta vissuta, si sarà infelici per sempre, incapaci di trovare stimoli nuovi. Forse può valere per la felicità materiale, ma anche quella interna e soggettiva, nel mio caso data dalla continua ricerca di conoscenze, può essere vissuta così. La cosa che però può consolare è che mai saprò tutto ciò che c'è da sapere Il problema sorge se io, d'un tratto, dovessi sentirmi pieno. Ed ecco che scatta la visione che ho esposto prima A piccole dosi Per arrivare al momento prima della morte e pensare "ho fatto ciò che più mi è piaciuto fare senza eccedere" È in quell'istante che proverai la vera felicità, come diceva Seneca, il momento prima di morire per non rendere vana la vita.
Bel video Rick, ho apprezzato naturalmente Seneca ma particolarmente la parte sulla biochimica e la psicofarmacologia. In realtà dall'alto della mia ignoranza in materia e della mera teoria ho da quando ricordo pensato che potesse non essere la (sola) propria condizione a stimolare chimicamente determinate conseguenze (es: felicità, depressione) ma fossero direttamente le implicazioni chimiche a renderti ideale ad avere una certa tendenza comportamentale. Povero e meraviglioso Spinoza, zuppa di cavolo 3 volte al giorno!
Aspettavo questo video da molto. Grazie! Io credo che la soluzione al raggiungimento della felicità sia togliersi la vita, perché l'uomo in vita non ha a che fare con la felicità (tranne qualche ipotetico santone se esiste). Personalmente, non mi interessa prendere prozac, ho già accettato da tempo il fatto che la vita sia fatta di alti e bassi, che starò di merda e poi bene, e ci sta. Basta, vivo la mia vita alla giornata, ciò non implica però che avrò un atteggiamento nichilista passivo verso la vita, infatti le cose per il momento mi stanno andando bene anche dal lato "consumistico". E per chi mi direbbe:" ma tu sei felice avendo questo tipo di visione", no. Questo si tratta di un attimo, non sto dicendo che nel momento in cui starò male la prenderò con filosofia, la prenderò come peggio potrò. Poche balle.. :) Poi va beh, mi sembra di vedere tanti problemi di linguaggio più che altro legati al tema della felicità.
Mi chiedevo se tu avessi mai letto "la consolazione della filosofia" di Severino Boezio. Tratta in modo davvero stupendo il tema della felicità, per questo mi stupivo che non lo avessi ancora citato. È un libro che consiglio a tutti che ha cambiato molto il mio modo di pensare
Per quanto riguarda di quel lasso di tempo che il consumismo ci fa vivere con "felicità"... non parlerei di felicità onestamente. Soddisfazione magari. Al riguardo trovo molto azzeccata la filosofia buddhista, per cui il desiderio porta all'infelicità, in quanto essendo desiderio manca l'oggetto del desiderio stesso, nel momento in cui ottengo l'oggetto il desiderio svanisce in quanto ho quello che cercavo. Da qui vado immediatamente a cercare qualcos'altro, e inevitabilmente annullo me stesso
Ciao Rick, molto interessante questo video sulla felicità, è da qualche anno che anch'io sto cercando di approfondire il tema, un video che mi ha fatto molto riflettere è l'intervento di Pepe Mujica alla conferenza delle Nazioni Unite del 2012 a Rio de Janeiro dove conclude che scopo ultimo dell'esistenza umana è la felicità. Poi ho letto la legge del contrario di Oliver Burkeman dove in una lunga ricerca del giornalista vengono citate tutte le strade che abbiamo imboccato grazie allo sviluppo ma che non ci hanno portato alla felicità, ma che forse bisogna partire dal dolore e dalla morte per capire il senso della felicità. Attualmente sto studiando da un po', la teoria del well-being di Roberto Albanesi una delle tante strade per provare a costruirsi la felicità che è possibile solo a determinate condizioni: avere la predisposizione a cambiare, accompagnata da una grande capacità d'amare. Volevo chiederti se anche tu hai approfondito qualcuna di queste strade e cosa ne pensi, grazie. Pietro
Crea tutta la felicità che sei in grado di creare. Elimina tutta l’infelicità che sei in grado di eliminare. Ogni giorno ti darà l’occasione, ti inviterà ad aggiungere qualcosa ai piaceri altrui, o a diminuire qualcosa delle loro sofferenze. E per ogni granello di gioia che seminerai nel petto di un altro, ti troverai un raccolto nel tuo petto, mentre ogni dispiacere che toglierai dai pensieri e sentimenti di un’altra creatura sarà sostituito da meravigliosa pace e gioia nel santuario della tua anima. Jeremy Bentham
Ammetto che il video l'ho dovuto vedere due volte perché la prima volta, verso il minuto due e trenta, mi so era spento il cervello quando ho sentito che Rick si sentiva euforico a possedere la sua nuova videocamera😂 A parte gli scherzi, bellissimo video per concludere la stagione, grazie Rick, a presto!
Arrivo un po' in ritardo. Ciao Rick, il concetto di "felicità biochimica" è vero e dimostrabile scientificamente. È tuttavia da sottolineare anche come eccitare costantemente il cervello con determinate sostanze porta ad una down regulation dei recettori per tali molecole, e subentra la tolleranza (è lo stesso meccanismo alla base delle dipendenze). Pertanto credo sia impossibile raggiungere la felicità mediante assunzione regolare, ad esempio, di Prozac, perché alla lunga può divenire inefficace. Di converso il cervello risponde straordinariamente meglio ai segnali "pulsatili", quindi a stimoli variabili, che ondeggiano tra un aumento improvviso di sostanze favorenti la sensazione di soddisfazione e sostanze che la deprimono. Concludo quindi affermando che secondo la biochimica del nostro cervello è per definizione impossibile raggiungere una felicità duratura, ma che proprio l'alternarsi di momenti di soddisfazione e altri di depressione mantiene il cervello attivo ed efficiente nell'espletamento delle proprie funzioni. Spero di aver dato il mio contributo in quanto futuro medico. Un abbraccio e continua così!
Sei davvero grande Rick ! Mi è piaciuto tantissimo questioni video, continuerò a cercare la virtù per così goder delle cose al di fuori di me e me stesso
Spinoza..il più grande!Scusa Rick ma per come la vedo io la società consumistica procura la stessa felicità che procura un pusher .Al consumismo,così come al pusher,interessa più che tu sia dipendente dalla sua sostanza piuttosto della tua felicità.Come disse Carotone in un tormentone di parecchio tempo fa..."E' un mondo difficile e vita intensa,felicità a momenti e futuro incerto" :-)
Lorenzo Paldi ottima citazione musicale! anch'io l'ho sempre trovata incredibilmente significativa ;) Sono anche d'accordo con ciò che affermi a inizio commento... Felicità é un qualcosa di diverso da una semplice sensazione di appagamento e euforia indotta da qualcosa
Potevi citare hobbes: il desiderio non si ferma mai si sussegue sempre, perché al termine di uno se ne sussegue subito un altro e se si dovesse fermare questo avrebbe solo con la morte dell' individuo. Ciò ci fa capire che la felicità non può esistere
Sai Rick, mi viene in mente una puntata di dr. House, nella quale un paziente si trova ad avere una disfunzione nel cervello che gli impedisce di provare emozioni spiacevoli come la tristezza. Questo può solo provare felicità. Qualsiasi sia la situazione circostante, l'uomo sorride e si sente gioioso. Chiunque penserebbe che questa sia una fortuna, che un uomo così abbia raggiunto uno "stato di felicità perenne", o che vorrebbe essere semplicemente al suo posto; ma alla fine della puntata, l'uomo viene operato al cervello per sua esplicita volontà. Il suo desiderio più grande era quello di poter piangere della morte dei suoi cari e poter provare tristezza per la loro perdita. Così, con l'intervento, gli viene restituita la capacità di soffrire. L'idea di felicità di questo personaggio non ha nulla a che vedere col provare emozioni piacevoli, ma con il bisogno dell'esatto opposto. Inoltre, questa non è legata al fatto di provare un'emozione piuttosto che un'altra, ma con una libertà: quella di poter essere triste. So che questo esempio non è reale, ma non è così lontano dal poterlo essere. Siamo abituati ad attribuire alla felicità sentimenti piacevoli come euforia o allegria, e all'infelicità sentimenti spiacevoli come tristezza o malinconia. Ma siamo davvero convinti che la felicità sia una semplice manifestazione di un'emozione piacevole? È semplicemente una perpetua sensazione di beatitudine? Se fosse così, basterebbe assumere psicofarmaci e droghe per tutta la vita. Forse dovremmo riuscire a immaginarci in uno stato di felicità, che ci permetta di provare tutte le emozioni che un essere umano è in grado di provare, anche quelle spiacevoli.
Probabilmente la felicità è nella ricerca stessa della felicità. Quando un'artista dipinge un quadro è felice allo stesso modo di un musicista che crea una melodia o uno scienziato che cerca di risolvere un problema. Quando si è raggiunto lo scopo, si affievolisce tutto. Un po' come l'effetto del consumismo. Perciò forse la felicità è proprio vivere con spirito d'avventura e di curiosità ogni aspetto della vita, magari dedicando agli altri il nostro obiettivo ultimo e finito, apprendendo proprio dall'interazione con gli altri, nuove idee per rimettersi alla ricerca della realizzazione di un nuovo obiettivo. Comunque io ho rotto la reflex e per un paio di giorni ero molto infelice, anche perché in questo momento non posso comprarne un'altra. Ma poi anche l'infelicità si è rivelata passeggera. Probabilmente, in questo caso, semplice questione di serotonina.
Aggiungo una piccola riflessione personale, la felicità, come spesso viene concepita da noi, non esiste, è solo un attimo di serenità veramente pura è sincera , dove noi siamo in pace con noi stessi, dove ci accettiamo, accettando anche dubbi e incertezze, se la buttiamo sul sesso è come sano p.....o fatto bene. Ora oso e rischio un piccolo collegamento, con la figura del dissidente, forse è li che nasce il dissidente o il ribelle, cioè colui che consapevole, anche parzialmente magari e molte volte, accetta la situazione attuale, le cose come stanno e dentro si se crede di poter cambiare in meglio in primis se stesso, per poi forse una piccola parte della realtà che lo circonda. sull'argomento felicità = possedere, non è totalmente sbagliata,, dovrebbe solo cambiare l'approccio alle cose o oggetti, in quanto quello che possediamo, oggetti fisici, o come a volte capita di considerare i nostri compagni\e della relazione, le cose come le persone che circondano non devono essere un modo per compensare quello che non abbiamo dentro di noi, cioè ., ma diventare veramente un tutt'uno tra quello che quello che crediamo di sapere di noi, quello che non conosciamo e quello che scopriremo, sempre partendo da dentro di noi, però aprendoci verso l'esterno, provando a coinvolgere direttamente ed indirettamente le persone per fare arte, intesa come un mezzo per vincolare e trasmettere senza maschere. cazzo altro devo dire?. sei un grande ragazzuolo.
Avrai sicuramente già citato The Congress, in qualche altro video, e in esso, se non tutto, almeno in parte possiamo ammirare le conseguenze dei metodi propugnati dalla psicofarmacia. Non mi riesce difficile immaginare la fine della società, impegnata ormai in extremis soltanto per produrre l'anestetizzante definitivo, nel tentativo di edulcorare tutti i problemi che non abbiamo avuto il desiderio né la voglia di risolvere.
La tristezza è indispensabile, in quanto effetto diretto della consapevolezza di se stessi. A questo proposito mi viene in mente il mito di Adamo ed Eva che, una volta essersi accorti di essere nudi, di essere indifesi, di essere incompleti, vengono cacciati dal giardino dell'eden e quindi dalla felicità perenne. Solo grazie alla tristezza riusciamo a renderci conto delle proprie condizioni e reagire, Schopenhauer e Leopardi hanno risposto a questo senso di infelicità attraverso la filosofia e l'arte, ma anche la lotta operaia è l'effetto della presa di coscienza delle proprie condizioni, e di conseguenza della tristezza che ne è derivata. Una società felice sarebbe una civiltà statica, una società il cui destino sarebbe l'implosione perchè ove non c'è cambiamento vi è morte. Dopotutto, perchè cambiare la propria situazione se si è già felici ? Il piacere, così come la felicità, non è altro che il modo in cui l'inconscio approva ciò che facciamo, ma una volta raggiunto il godimento, ecco che affiora un altro desiderio da soddisfare e così via. Dunque la felicità non è altro che quell'attimo di godimento seguente la soddisfazione del desiderio, dunque " l'elemosina gettata al mendico che gli permette di vivere oggi per prolungare il suo dolore l'indomani"
I fratelli Coen mi hanno insegnato che l'infelicità è quella cosa che ci dà la forza di darci da fare, muoverci, agire. Se la felicità fosse perenne staremmo tutti sul divano di casa con un sorriso ebete.
Complimenti, come sempre, Rick per il canale. Si può essere felici? Prima di tutto dovremmo stabilire cosa intendiamo con il concetto di "felicità", da cui il significato della frase "essere felici". Cos'è la felicità? Essa è lo scopo ultimo dell'essere umano? O il senso della nostra esistenza è tutt'altro? E prima ancora: abbiamo noi esseri umani un senso, come tutto ciò che c'è? Se noi diciamo di "esistere", come ogni cosa che esiste, significa che abbiamo un senso, altrimenti non ci saremmo, non esisteremmo. Ha senso che qualcosa che non serve, o è inutile, esista? Tutto ciò che c'è ha un senso, quindi ha uno scopo da compiere. Ora qual è il nostro scopo individuale? La risposta è: essere sé stessi. Sembra banale come risposta, ma è cosi, secondo me. Ora viene spontaneo chiedersi: cosa siamo? A questa domanda ognuno deve trovare la propria risposta con le proprie forze. Essere sé stessi significa, sempre secondo la mia personale opinione, vivere in modo naturale, e in piena consapevolezza di sé, ciò che ognuno di noi sente di poter essere. Questo dovrebbe farci sentire bene e portarci ad "essere felici" con noi stessi e con tutto ciò che c'è. Una persona è felice quando vive costantemente in perfetta armonia con sé stesso e con il resto di ogni cosa che esiste. Questo significa essere nel mondo e non del mondo; utilizzare le infinite possibilità che ci offre questa realtà, senza diventare schiavi di esse, in modo utile per sé e l'universo. L'attaccamento a credenze materiali, o spirituali, porta una costante infelicità, perché crediamo di dipendere da esse. Se ci vengono a mancare cadiamo nella disperazione assoluta, da cui è molto difficile uscirne fuori; pensiamo che la vita sia tutto un soffrire, prendendocela con chiunque per la situazione indesiderata, e continuiamo a lamentarci in ogni momento fino a crepare. Finché continueremo a credere che la nostra esistenza dipenda da qualcosa, non saremmo mai veramente felici. Bisogna andare oltre ciò che si crede di essere; bisogna essere "oltreuomo", come direbbe Nietzsche; bisogna essere sé stessi per essere felici e non aver paura, o vergognarsi di manifestare nella piena vitalità ciò che si è veramente. La felicità non dipende da cosa facciamo, o da cosa abbiamo, ma da cosa siamo, e a decidere cosa siamo sta ad ogni singolo individuo. Grazie ancora Rick per i tuoi video e per la passione che ci metti nel farli per tutti quelli che vogliono farne tesoro per sé :)
Io credo che la vera felicità non sia la felicità continua ed eterna, quanto piuttosto l'alternanza tra felicità e tristezza. Come ha detto Rick, ci si anestetizza alle cose che ci rendono felici, e in questo modo si finisce per anestetizzarci alla felicità. Ciò che davvero ci rende felici e soprattutto consapevoli di esserlo, è conoscere cosa c'è dall'altra parte. Per fare una metafora: nel deserto c'è sempre il sole, questo non vuol dire che sia un luogo accogliente. È quando comincia a piovere che il terreno diventa fertile e nascono le piante. Allo stesso modo la felicità, secondo me, è la consapevolezza che la vita è fatta di entrambe le cose, felicità e tristezza, e che sono entrambe assolutamente necessarie per l'equilibrio interno ed esterno. Si potrebbe vedere un po' come il tao: nella luce c'è l'oscurità, nell'oscurità c'è la luce e tutto questo crea un equilibrio necessario nel mondo
Ho trovato particolarmente interessante questo video. Mi viene in mente una frase di Nietsche: "In verità chi poco possiede, tanto meno è posseduto: sia lodata la piccola povertà!"
Secondo me mentre la gioia,l euforia, il piacere sono sensazioni, la felicitá è una disposizione dell animo (razionale perche gli animali non parlano di felicitá ma provano gioia o euforia)che consiste nell accettare ogni emozione e sensazione, anche quelle negative o brutte. essere felici è il saper accettare e lasciar correre le sensazioni e emozioni. il momento di incoscienza dell orgasmo ne è solo un estremo esempio: perdere il controllo, lasciar correre e esplodere la sensazione. ma questo andrebbe fatto con tutte le emozioni.....il non volerle combattere è felicitá, farsi turbare l animo da tutte loro (l opposto dello stoicismo) è felicitá.
Rick, per quanto riguarda il concetto di libertà, vorrei fare un'osservazione: è vero che è POSSIBILE che noi siamo completamente determinati dai processi che avvengono nel nostro cervello, e però non ci dimentichiamo che è appunto solo una possibilità (così come è una possibilità l'ipotesi per cui non siamo completamente determinati da quei processi). Credere di essere completamente determinati dopo aver capito che l'ipotesi della determinazione completa è possibile, è come credere che la vita non abbia un senso solo perché è possibile che non ce l'abbia. Non so se mi spiego.
complimenti per l'analisi, molto potente e riflessiva l'unica osservazione ma vivendo in una società della quale siamo influenzati dagli altri come possiamo raggiungere la nostra felicità individuale se non siamo liberi di farlo a meno che non viviamo da eremiti; forse Spinoza faceva una vita monacale. Grazie se avrai tempo per una risposta.
qualche tempo fa sono stato in Giappone,e ho visitato molti templi shintoisti giapponesi,e i monaci mi hanno forse trasmesso una grande felicità interiore, cioè l"anima-e spirito,loro i monaci non hanno nessuna costrizione capitalistica e consumistica,e vivono con molto poco,cioè con poche gratificazioni materiali!!!!!!!!
p.s. prima di iniziare il video sono andata a leggere in descrizione e quando ho letto "spinoza" ho iniziato ad esser frizzantina il doppio di quando mi è arrivata la notifica del video lol
La felicità è la carota attaccata al bastone: devo spronarmi a ruggiungere la mia felicità o realizzazione, ma capire anche quando avvicinarmela e farmela gustare, volendo vedere come il corpo come l'asino e l'uomo che regge il bastone come l'anima. Questo pretende un grande, grandissimo equilibrio tra lo spronarsi ed il sapersi accontentare. Per quanto rigurda il dove invece, dipende da dove voglio arrivare, dalle mie ambizioni: può essere aiutare una vecchietta ad attraversare la strada oppure scrivere un monologo che nemmeno Shakespeare, ma anche se cerco di ottenere grandi risultati ogni tanto è necessario vedere la felicità anche nelle piccole cose, ma senza dimenticarsi che essere tristi serve. Insomma, la felicità si raggiunge tramite una conoscenza ed un autocontrollo emozionale.
Mi piace al video. Complimenti, la tua conclusione mi sembra essere l aureo " in medias res", sono sostanzialmente d'accordo. Troviamo tanti esempi di come un po' tutte e tre le vie da te citate di per se falliscano, nella vita e in letteratura. Dal milionario che si suicida, al sociopatico, al tossicodipendente. Mi togli una curiosità? perché non parli (quasi) mai di spiritualità/filosifia orientale? Tutto il pensiero buddista, per dirne una, parte dalla stessa domanda che ti poni nel video. Grazie.
La felicità terrena è uno fra gli obiettivi più difficili da raggiungere, specie se è provocata dal possesso di cose materiali, che ci donano un'illusione che un membro della società consumistica chiama "Felicità". Certamente degli elementi terreni materiali possono donarci una situazione di felicità( come i soldi che spendiamo per pagare un'operazione in grado di salvare la vita a noi o ad una persona a noi cara) ma io personalmente, non sono mai pienamente soddisfatto della felicità che otteniamo in questa vita. Dunque, io sono convinto che la felicità si possa raggiungere soltanto nella vita ultraterrena, come effetto della ricompensa che ci donerà Dio per la nostra vita terrena vissuta seguendo dei buoni principi( i principi Cristiani che ci sono stati suggeriti da Gesù nei Vangeli). Comunque, la felicità non deve essere lo scopo e l'obiettivo che dobbiamo raggiungere in questa vita. La felicità terrena, che comunque non è mai la felicità "piena", è un effetto delle nostre azioni, mentre quella autentica è l'effetto della ricompensa ultraterrena. Lo scopo della nostra vita è migliorare noi stessi e il mondo che ci circonda, compiendo buone azioni e aiutando gli altri, soprattutto con degli aiuti che possano migliorare lo spirito di ognuno di noi. Le buone azioni che compiamo possono darci una soddisfazione che ci rende felici, ma l'ottenimento della felicità comunque non deve mai essere il motivo per cui facciamo qualcosa, altrimenti, se facciamo tutto per raggiungere la felicità, si rischia di vivere seguendo dei "falsi dei"( dio denaro ad esempio).
A proposito della felicità chimica penso che una riflessione interessante e poco scontata è quella che viene fatta in psycho pass. Soprattutto (cercando di non fare spoiler) ho trovato interessante la conclusione a cui arriva la protagonista alla fine. Grazie del video e buone vacanze
Ciao Rick, il romanzo Il Mondo Nuovo mi ha sempre un po' "sconvolto", più che il romanzo in se per se, il fatto che viene descritto come una distopia, al pari di 1984. Io non riesco a vederlo come tale. Per me quel mondo che viene descritto è alla stregua della perfezione: tutti sono felici. Capiamoci, non è che se mi dicessero "vuoi fare a cambio con un alfa?" (o beta o gamma che sia, non fa alcuna differenza visto che chiunque è felice, a qualsiasi livello appartenga), io direi di si, perchè da una parte è aberrante, senza arte, libertà, cultura, ma secondo me è una limpida finestra su un probabile futuro. Alla fine quando uno è felice cos'altro conta (a parte mantenere quello stato di felicità il più a lungo possibile)?
La via segnata da Spinoza, non è però priva di contraddizioni: nel tentativo di unire corpo e mente, nella nostra personale ricerca della felicità, possiamo trovaci di fronte ad un conflitto, e cioè che il nostro corpo contrasta il desiderio della mente e ci impedisce la meta prefissata, così che anche il desiderio di godere della natura, di passeggiare nel bosco, ci viene precluso se non possiamo camminare o vedere e se per qualsiasi altra ragione siamo sofferenti nel corpo. Molte altre volte il corpo ci agevola nella nostra ricerca, quando raggiungiamo un traguardo sportivo per esempio, e credo che da questo punto di vista la felicità degli atleti sia quasi perfetta. La mente ha un compito molto arduo quando deve lottare contro il proprio corpo e credo che chi riesce riesce ad esserlo nonostante le proprie condizioni avverse sia davvero virtuoso. E' molto più semplice accontentare il corpo e tendere a una mera soddisfazione, che ci può venire da un buon cibo ( una cosa che portiamo dentro di noi), una felicità facile e oggi molto abusata, tutte cose che servono a confondere la mente. E' una questione "spinoza"..
Uno stato di felicità perenne, come quello intravisto dalla biochimica, accompagnerebbe l'essere umano ad un insormontabile disastro. Dunque, mi spiego. La felicità è di per sè un concetto volitivo ed inafferrabile, di difficile definizione. Eppure, se volessimo descriverne una caratteristica assoluta, diremmo che la felicità è oggettivamente soggettiva. Ovvero la felicità, in quanto nient'altro che una volitiva aspirazione personale, è certamente modellata su noi stessi. In questo senso l'illusione della felicità è in grado di migliorare la nostra vita non perchè realmente capaci di raggiungerla, ma poichè essa ci spinge a lavorare quotidianamente per il suo ipotetico raggiungimento. Ciò porta degli effettivi miglioramenti all'ambiente in cui ci troviamo. E' la ricerca della felicità a dare un senso alla nostra vita, a darci un motivo per riaprire gli occhi e fare colazione al mattino. Senza quella ricerca, la nostra esistenza sarebbe un mero stato di appagamento stazionario. Una felicità perenne sarebbe un'estensione di un illusione. Come detto però, non è l'illusione stessa ad interessarci, bensì il suo perseguimento! Infine, come potrebbe l'uomo immaginare la felicità essendo sempre felice? Possediamo in noi il concetto di clima favorevole in quanto conosciamo anche quello sfavorevole, come potremmo capire di aver realizzato i nostri sogni senza aver prima assaporato la sofferenza del vederli lontani? Non esiste kosmos senza caos.
Prima di Spinoza lo dicevano anche i romani che in medio stat virtus o sbaglio? Complimenti comunque, dopo questo video torno a chiedere la stessa cosa: cosa ne pensi della psicologia evoluzuonistica? :-)
Personalmente non ho ancora ben chiaro cosa sia la felicità. Ho però notato che: - le occasioni per essere felici sono numerosissime - cogliere una di queste occasioni è un buon modo per raggiungere la felicità - se si interrompe la propria "attenzione" per cogliere "un'altra delle occasioni di felicità" improvvisamente provo un senso di frustrazione In sintesi non posso dire nulla sulla soggettività delle occasioni per essere felici ma posso dire che una causa oggettiva dell'infelicità è l'ingordigia da felicità
Non credi che la "gioia" o il "piacere" che nel video chiami felicità raggiunta attraverso il "prozac" sia effettivamente diversa dalla condizione di felicità iniziale di cui parlavi? quella condizione permanente? magari quella che potenzialmente esiste quanto tutti i tuoi desideri vengono soddisfatti? o meglio nel momento in cui sei a corto di desideri e quindi non desideri piu niente? non è forse quello l'uomo felice? Di fondo credo che ci sia una differenza tra felicità e piacere. Che ne pensate?
Rick ti segnalo un videogioco uscito da qualche mese: Nier Automata. E' pieno zeppo di filosofia, passando dalla religione ai sentimenti provati dagli androidi e dalle biomacchine, ma molto, molto altro. Sarebbe fantastico se tu ne parlassi. Una volta finito il gioco, che è uno dei migliori di sempre a mio avviso, ho pensato ad una tua analisi dell'opera da un punto di vista filosofico. Fammi sto regalo
Secondo me esistono, semplificando, tre stati d'animo fondamentali: la felicità, la serenità e l'infelicità. La felicità è lo stato d'animo di euforia e soddisfazione, la gioia massima, mentre l'infelicità è il suo opposto cioè la sofferenza. La serenità invece è lo stato d'animo 0, la via di mezzo contraddistinto da emozioni neutre, quando cioè non possiamo dire di star soffrendo ma non siamo nemmeno felici. Questi tre stati d'animo si avvicendano nel corso della nostra vita ed è impossibile eliminarli. Ci saranno sempre dei momenti in cui li proveremo, tutti e tre. Questo vuol dire che non potremmo mai aspettarci di vivere solo uno o due di quegli stati d'animo. Quindi vorrebbe forse dire che la felicità è un'utopia? Dipende tutto da come la si definisce, perché in ciò che ho detto è nascosto un concetto fondamentale, e cioè il tempo: si può parlare di gioia, serenità e dolore riferendosi ad un attimo esistenziale, mentre il bilancio totale della nostra vita non è altro che la somma di tutti i suoi attimi. La qualità della vita è il parametro che esprime questa somma; se diciamo che un uomo fa una "vita da cani", probabilmente vogliamo dire che ha avuto pochi attimi di gioia e di serenità. Dopo queste premesse la mia definizione di felicità è molto semplice: la felicità è l'integrale dello stato emotivo rispetto al tempo. Vale a dire che io la interpreto come una somma, e le somme possono avere un valore positivo anche se alcuni addendi sono negativi. Quanto più tale somma è positiva quanto più la nostra vita è felice, quanto più numerosi sono i momenti di gioia e serenità tanto più potremmo dire di aver vissuto una vita piena e soddisfacente. Se partiamo dal presupposto che tutti gli addendi (rappresentati dagli stati d'animo istante per istante) debbano essere tutti per forza positivi allora non otteniamo nulla perché non possiamo controllare la realtà e ci saranno sempre elementi esterni capaci di generare dispiacere. Per raggiungere questo obbiettivo bisogna usare la razionalità per evitare i momenti di sofferenza, risolvendo al meglio i problemi e cercando di dominare le proprie emozioni negative, e al contempo riuscire a conoscere sé stessi per trovare cosa ci fa provare davvero delle emozioni positive, nonché per permetterci di goderne a pieno senza limitazioni. Per questo secondo me è irragionevole parlare di felicità nel caso di chi fa del male agli altri, perché anche se quell'azione ci porta emozioni positive le conseguenze di tale azione (giuridiche e nelle relazioni con gli altri) si portano dietro un sacco di problemi che ci porteranno alla sofferenza. Quindi è come l'assunzione di eroina, potrà anche renderti felice lì per lì, ma questi effetti positivi sono ben più che compensati con le sofferenze successive, quindi se consideriamo la felicità come l'ho definita io non la otterremo mai in quel modo. Viceversa se ci spogliamo di tutti gli elementi esterni rinunciando alle ricchezze, eliminiamo tutti quegli aiuti che ci permetterebbero di risolvere i problemi. Quindi alla fine sono d'accordo sul fatto che la via migliore sia la via di mezzo, l'equilibrio.
La felicità non è uno stato, è un divenire, mutabile come il mare...non esiste uno "STATO" di felicità ma solamente la tranquillità o la serenità come costante ( e anche questo è difficile), la definizione che più si avvicina a FELICITÀ è quella che vede la vede come attimo, momento, istante, la felicità è infatti RICORDO...la sua essenza è in realtà istantanea, il resto è come il crepuscolo per il Sole, la luce senza però la presenza della "sfera" solare vera e propria, è un continuo ricordo di quell attimo. Pensare di essere felici in un lasso temporale o in un periodo è irrazionale, per farlo dovremmo fermarci, ma la staticità è filosoficamente la madre dell angoscia, la felicità è un bacio, un bicchiere di vino, un' esplosione, una visione estatica fugace, un sogno, un profumo, una cromatura della luce tra le foglie, un quadro, una competizione, un trionfo... Nulla di statico porta alla gioia, nulla di continuo, nulla di sicuro...la felicità NON può lavorare come "posto fisso" nella vita, quelli che più lo hanno capito sono gli asceti orientali, togliere il desiderio di " tranquillità beata" perche non c è, anzi Schopenauerianamente così nasce l' angoscia...la felicità è in poche parole un BLAST! Un esplosione (metaforica) forte in grado di creare una cicatrice d'estasi nella nostra persona. Cos è dunque *per sempre felici e contenti?* ...beh non esiste a livello di costante logica, l'unica costante è l'angoscia, ma possiamo ( come disse qualcuno) riempire la vita di attimi squisiti, ergo vale la pena di essere ottimisti! Alice: "Quanto tempo è per sempre?" Bianconiglio: "A volte solo un secondo".
Secondo me la felicità deriva dalla possibilità e la capacità di scelta di fronte a ciò che la vita ci mette di fronte e dalla consapevolezza di sé. Deriva dalla propria capacità di saper interagire con gli altri o con se stessi senza doversi nascondere, essendo ciò che siamo. Dalla comunicazione. È uno scambio reciproco interiorizziamo le idee e esteriorizziamo ciò che siamo. Ricordiamoci che siamo animali sociali. Isolarsi in un eden non è la soluzione. Abbiamo bisogno di un contatto esterno per rinnovarci. Credo anche io che la razionalità è importante. In definitiva ogni individuo troverà la propria risposta. Ci sono molti modi per trovare il proprio equilibrio. Ma SCEGLIERE è la chiave. Perché solo io so cosa mi farebbe felice in questo momento. Ok forse sono andata fuori tema, ma chissene.
L''unica cosa che serve per la felicità è la volontà di vivere ,anche quando si soffre se si ama la vita e si è grati di esistere si può essere felici.
Per come la vedo io ambire ad una felicità eterna è solo una fatica inutile e vana. Quello che a noi fa stare bene è solo una emozione provocata da uno stato di cose esteriori ed interiori; ma possiamo affidare la nostra vita, le nostre ambizioni e le nostre fatiche ad un solo sentimento per poi finir di perdere ciò che realmente ci circonda? Per fare degli esempi pratici: sarebbe bello vivere in una famiglia idilliaca "alla mulino bianco"? E possibile affrontare un lutto senza una lacrima? Una persona non si arrabbierebbe se sapesse di aver subito un grande torto? in conclusione so di essere umano (fatto di carne, ragione ed anima) e con la mia umanità accettato anche tutte le possibili emozioni che ne derivano.
che gentile. ma volevo chiederti dove hai trovato quei test che affermerebbero un piacere a chi fa del male. ovviamente dimostrando che il soggetto non sia malato o pervertito? mi interessa per confrontare quests tua riflessione con i corsi aleph che si basano su un particolare animismo interpretativo
Ho cercato ma non riesco a trovare un articolo di Science di qualche anno fa in cui si parlava di Ted Bundy (tra gli altri) e del piacere reale che la carneficina provocava nelle persone. Ma in realtà di questo aveva già parlato anche Freud (Psicopatologia della vita quotidiana). Non è una novità ;)
È un argomento che mi terrorizza e sta molto a cuore .probabilmente spinoza ha fatto centro, dobbiamo imparare a usare la ragione per comprendere di cosa abbiamo veramente bisogno e cercare di raggiungerlo . Siamo fregati quando non abbiamo i mezzi per farlo.
Hai dimenticato l'evoluzione finale e completa, a mio parere, del pensiero "umano" riguardo la felicità, diretta continuazione del pensiero di Seneca (che difettava di gnosticismo, però): la teologia cristiana. È con il Cristianesimo che si riconciliano corpo, mente e anima, lì si eleva verso un percorso concreto di raggiungimento della felicità che elimina le eventuali derive relativiste, soggettiviste (e psicopatologiche) che tu giustamente citavi, grazie alla rivelazione del progetto della Creazione dell'Uomo e delle sue "istruzioni per l'uso" da parte del Creatore stesso, che guida quindi il processo di conoscenza non di se stessi in quanto monadi, ma in quanto esseri in relazione, con il Signore e con il prossimo. Ps. La provocazione sulla felicità biochimica è smentita anche dalla diversa presentazione delle connessioni sinaptiche che definiscono il nostro io: a mio parere fornire del prozac come farmaco della felicità sarebbe più un drogare le persone che una cura di questo bisogno (aggiungo io, bisogno di Dio) dell'uomo. La biochimica è una scienza, la medicina no (sebbene si fondi su materie scientifiche). E lo dico da laureato in medicina 😂 quindi contro la mia categoria 😅
Io ero molto infelice, mi ha salvato Gesù Cristo. Scherzi a parte la verità non è tanto lontana dallo scherzo: Sono sempre stato interessato a questioni metafisiche riguardanti la Morte o l'Anima, e nel corso delle mie solitarie riflessioni sono giunto a personali conclusioni che coincidono quasi nella totalità alle idee espresse dalla filosofia dell'Advaita Vedanta che mi ha fatto scoprire il caro Luca. Ciò che coincide totalmente è la mia idea di Anima che è esattamente il concetto espresso con il termine di Atman. Ho sofferto per anni di depressione e al togliere i farmaci che stavo assumendo si stavano ripresentando tutti i sintomi, così mi sono soffermato a riflettere sul fatto che ciò che provavo era dovuto allo scompenso biochimico nella mia testa, poi mi sono ricordato che io non sono solo stupida biochimica e che quindi posso ignorare lei e i pensieri che porta. Problema risolto, chissà se funziona con qualunque altro tipo di sofferenza o insoddisfazione...
Molto d'accordo col discorso di Spinoza. Mi stupisce però che tu non abbia neanche citato la dottrina buddhista. Non mi riferisco a nulla di spirituale, ma solo la filosofia che ci sta dietro. Sono convinta che gli orientali abbiano capito come stare bene millenni fa, noi occidentali siamo rimasti indietro da questo punto di vista... Infatti basta praticare un po' di mindfulness e tutte le persone ne traggono benefici nel giro di poco tempo. Vedo la felicità come un esercizio mentale che ognuno può provare a fare su se stesso, basta solo sapere come praticare. Non è solo la biochimica che agisce su di noi ma anche noi che, coi nostri atteggiamenti e comportamenti, agiamo sulla nostra biochimica modificandola. Non sono d'accordo col discorso psicofarmacologico perché le neuroscienze sono ancora troppo indietro, ho conosciuto troppe persone che sono state rovinate dai farmaci senza ottenere miglioramenti nell'umore. Se non sbaglio il Prozac è stato addirittura bandito in America, per via di gravi effetti collaterali. Sarebbe troppo semplice sennò, e non esisterebbe più la depressione, se bastasse ricorrere ai farmaci.
la felicità per essere gustata appieno, non dovrebbe essere permanente, ma fugace e altalenante. Non si può gustare il dolce, se non si assaggia mai l'amaro, penso al caffé amaro, o ai dolci amari, che un tempo venivano consumati più frequentemente. Adesso siamo spinti da campagne di marketing a cercare sempre la felicità. Bisognerebbe imparare a pensare con la proposta, accettando ciò che non ci piace, per godere appieno di pochi momenti veramente felici
A parer mio, la felicità eterna non può esistere. semplicemente perché non può esistere la felicità senza ľinfelicità che permette la variazione alla quale noi diamo poi una classificazione. Se fosse tutto monotono noi non ci accorgeremmo di nulla proprio perché ľorganismo umano è fatto di percezioni in risposta agli stimoli che ci vengono inviati dal mondo esterno. E tengo anche a far notare un aspetto delľuomo, che sebbene affascinante e spesso punto di forza, in questo caso rappresenta una debolezza: lo spirito di adattamento. l'uomo si adatta e con sé anche il suo pensiero. Una volta felice comincerà perciò a ragionare secondo i parametri del momento e considererà scontato ciò che vive.
Secondo me non esiste LA felicità, ma diversi tipi di felicità...la felicità secondo me è relativa, rispetto alla persona e rispetto alla fase della vita in cui si è...uno è felice secondo me quando vede soddisfatto un bisogno, che può essere naturale oppure sociale (il bisogno per esempio di essere considerato dagli altri, di avere amici etc...), questi bisogni sono basilari e soddisfarli provoca assenza di turbamento, quindi in definitiva per me la felicità è l atarassia. Un' altra cosa è la sensazione di felicità, che si può raggiungere col prozac, ma neanche quella è vera felicità perchè quando ti viene a mancare non sei più felice
La felicità è uno stato di coscienza, in cui una persona vive costantemente, quando raggiunge la piena consapevolezza di ciò che è veramente, al di là di ciò che ha, o fa. Questo porta alla totale assenza di preoccupazione: un individuo che annulla qualsiasi tipo di preoccupazione, non può che essere felice. Tutto questo avviene solo quando comprendiamo e accettiamo la realtà per ciò che veramente è, alla quale noi stessi siamo collegati facendone parte.
La persona "più felice" che io conosca è una persona molto religiosa che basa la sua felicità nella fede. Si può pensare che chi crede in dio creda in qualcosa di inventato dall'uomo, però se così fosse, in questo caso, quel qualcosa inventato dall'uomo ha portato comunque ad una "vita felice" e serena che accetta anche le difficoltà
Io non ho capito una cosa: se una felicità duratura sì può raggiungere tramite un equilibrio di bisogno fisico e mentale, quindi tramite raziocinio io mi chiedo: ma le emozioni? Gli istinti? Quella parte così profonda di noi che a stento conosciamo che fine fa? Io credo che in questo modo si può ottenere la felicità, ma per farlo bisogna rinunciare a questa parte di se? Io penso che la felicità si può raggiungere sì nel mezzo fra corpo e mente, però...se è gestito solo dalla parte raziocinante come si può vivere così, senza emozioni?
io l'ho sempre detto che la droga è la soluzione x essere felice, il problema è che NON bisogna essere sempre felici x vivere, c'e bisogno di tutti gli stati d'animo
Salve, sono un ragazzo ventiseienne di Pordenone, che sa cosa voglia dire essere in depressione. Sei un ragazzo giovane e apparentemente intelligente e voglio domandarti ciò: ma se invece di tirare fuori teorie e teologi da ogni parte ( visto che comunque non è che Socrate ecc fossero Dio in terra e noi siamo deficienti rispetto a loro.. siamo tutti esseri umani dotati di cervello per pensare ) la risposta a tale quesito fosse più semplice? Ti dico come la penso: nel mondo odierno, e forse da sempre, tutti si preoccupano principalmente ( se non unicamente ) dei cazzi propri. Quindi perchè la felicità mi deve derivare dalle altre persone, se io stesso sono quasi non tra le cause che rendono felici gli altri? Io credo che ognuno di noi dovrebbe: 1) prendere tutte le cose con leggerezza, avere la calma dentro, e con ciò intendo anche di visualizzare la strada positiva (la soluzione ) per quanto riguarda tutte le soluzioni negative ( e con ciò si elimina lo stress ossia una delle maggiori cause di infelicità nell'individuo ); 2) pensare principalmente solo a se stesso e a ciò che lo rende felice ( intendo piccole cose, come ad esempio serie tv, uscire con amici, ridere, guardarsi un film Disney, fare cruciverba, viaggiare ogni tanto, ecc; se si punta, come facevo io, alla felicità legata a grandissimi traguardi si riceveranno soltanto delusioni ). Senza tirare fuori Ciccio Caio e Sempronio.. anche perchè ( e qui arriviamo al terzo punto che ho imparato dalla cura contro la depressione ) la vita di ognuno di noi è caratterizzata/ dovrebbe essere caratterizzata dalla seguente formula: lavoro + felicità. Non importa se fai il lavoro dei tuoi sogni o meno, l'importante è che queste due "forze"/entità siano equilibrate. Dopo ovviamente le "avventure", come le chiamo io, ossia novità rispetto alla solita routine quotidiana che sia un viaggio in un luogo in cui non si è mai stati piuttosto che una giornata un pelo particolare e diversa rispetto alle altre oppure instaurare nuovi rapporti d'amicizia e frequentare nuove persone o ancora eventi e/o concerti eccetera aumentano gli stimoli e di conseguenza anche lo stato emotivo positivo del soggetto :) Io la penso così
forse sarà la felicità del"anima o dello spirito!!!!!quella interiorita tipo i monaci shintoisti!!!!!ma forse tu parli delle gratificazioni materiali!!!!!chissà?????
Secondo me felicità e istinto di sopravvivenza(legato presumibilmente allo scopo della vita) camminano insieme. Oggi che l'essere umano vive in cattività, inventandosi ipotesi di liberalismo che lo incatenano sempre di più, parlare di felicità come possedere cose inutili, o drogarsi,.. è solo retorica. Sono abbastanza incline a pensare che la felicità derivante dalle cose o da viaggi o dallo sballo sia più appagamento di curiosità,.. che ovviamente può avere effetti sulla chimica ma non certo sia lo scopo principale. Anche chi lascia tutto per sposare una vita alternativa non può certo avere quelle sensazioni di realizzazione che poteva avere un uomo che per esempio riusciva a trovarsi cibo senza sapere come oggi che gran parte del cibo prodotto viene buttato,.. non so se mi spiego Ormai l'inquinamento mentale di queste società è il freno della realizzazione degli esseri umani, i dati delle malattie mentali, delle depressioni, dei suicidi nei paesi più industrializzati lo dimostra. Per non parlare degli effetti tragici del capitalismo dal precariato, alla competizione per le briciole tirate dall'alto, all'accentramento di potere,... cose che creano lo schiavo perfetto che ama e venere le sue catene.
Grazie per questo video; forse il più bello visto fin'ora! È interessante domandarsi perché è stata creata la psicanalisi, mi piacerebbe vederne un video al riguardo. Ovvio che l'uomo sia infelice da sempre, ma da due secoli a questa parte la tristezza rientra facilmente nella definizione di patologia. Che ne pensi?
penso che siamo passati dalla libertà di essere felici alla necessità di essere felici, e forse quest'ultima è il contrario della felicità :) Grazie del commento!
Faccio una domanda a tutti quelli (me compreso) che credono che lo scopo ultimo della vita sia raggiungere la felicità: se domani venisse inventata una macchina in grado di darvi la più grande felicità possibile, 24 ore su 24, tale per cui dovreste solo sedervi, "attaccarvi" alla macchina, e godere fino all'ultimo dei vostri giorni, voi vi "attacchereste"? Mi pare che solo chi risponde "si" è coerente nel dire che lo scopo ultimo sia esclusivamente il raggiungimento della felicità; se invece si risponde "no", evidentemente ciò che conta non è solo la felicità, ma anche qualcos'altro (magari il modo in cui la si raggiunge, non so). Sinceramente io sarei portato a dire di no, e però non saprei il perché di questa mia risposta.
Bella domanda. Se esistesse una macchina che riesce a farti dormire costantemente facendoti fare dei sogni magnifici come se tu stessi vivendo realmente, saresti felice per sempre. Però quanti lo preferirebbero ad una vita "normale"?
Maseja Briolani Probabilmente per coloro che pensano che lo scopo della vita sia il raggiungimento della felicità, una volta inventata questa macchina, o non avrebbero più scopo, oppure questo muterebbe istantaneamente in qualcos'altro.
In entrambi i casi si spiegherebbe che la felicità non è lo scopo ultimo della vita.
Al raggiungimento del proprio scopo di esistenza se ne trova un altro per poter continuare a esistere. Vi è dunque uno scopo? O ce lo creiamo noi per poter vivere serenamente?
sinceramente si, ma solo perchè è una certezza di piacere, non credo che lo scopo sia cercare la felicità e nemmeno che la felicità coincida con il godimento. Visto che la cerchi cosa credi che sia la felicità?
Maseja Briolani Secondo Me la felicità è una condizione del mio animo che accompagna il raggiungimento di un grande obiettivo,in tutto il percorso che compio per raggiungerlo; per Me questo grande obiettivo è la conoscenza della Verità,per cui una macchina di questo tipo non mi sarebbe assolutamente d'aiuto :)
Ci sarebbe un lungo discorso da fare sugli effetti dell'interazione digitale, non lo aggiorno perchè aveva uno scopo che reputo concluso, comunque mi fanno piacere alcune cose che hai scritto qui, sono contento. Se qualche volta volessi parlare di qualcosa in particolare puoi sempre citarmi in un post o qualcosa di simile, è possibile sebbene non certo che io compaia :)
Si deve apportare una distinzione netta tra il concetto di felicità e quello di serenità: io credo che l'essere umano aneli al secondo e non al primo, ma persegua l'ottenimento del primo in quanto più immediato e semplice da ottenere.
La felicità, infatti, non è mai stato possibile esperirla troppo a lungo (al di fuori della manipolazione della biochimica cerebrale), ed è il risultato di specifici processi neurologici che si realizzano a seguito di certi stimoli, atti a fornire una sensazione di appagamento temporaneo come rinforzo psicologico utile unicamente secondo un'ottica adattativa.
E' un fenomeno totalmente svincolato dal controllo esercitato dal raziocinio, ed è per questo in particolare che una società come quella immaginata da Aldous Huxley ci ripugna: un perenne stato di felicità corrisponderebbe a un perenne stato di ebbrezza priva di sfide e momenti contemplativi nei quali possiamo esercitare quella che percepiamo essere la nostra individualità, attraverso il pensiero razionale.
La serenità, invece, è un'esperienza ben diversa, non essendo un episodio "eruttivo" determinato da uno specifico stimolo - come lo era nell'altro caso -, bensì si tratta di uno stato di 'equilibrio stazionario', che continua a necessitare di piccoli continui aggiustamenti, un po' come mantenere l'equilibrio in bicicletta, e richiede perciò la costante attenzione e vigilanza della ragione.
Tanto più si esercita la ragione a tal fine, quanto più diverrà meno impegnativo mantenere l'equilibrio, e quindi il proprio stato di serenità.
Quando l'essere umano raggiunge questo stato, egli non ha affatto ottenuto di non desiderare più alcunché, ma anzi - come ho adesso appreso aver sostenuto anche Spinoza -, utilizza la razionalità per ottenere ciò che può dargli la felicità.
Dunque, ribadisco che non è tanto la felicità ad essere il fine ultimo, ma anzi un mezzo per raggiungere e mantenere lo stato di serenità, per ottenere il quale - tuttavia - serve molto più impegno di quanto gran parte delle persone siano in grado o disposte a sostenere.
Perché dunque essere sereni, se la serenità non porta all'acquietamento delle nostre necessità carnali? Perché ci consente di appagare noi stessi in modo efficiente ed equilibrato, potenzialmente dandoci strumenti per affrontare ogni questione in cui si possa incappare nella vita nel migliore dei modi - e io credo che sia fondamentalmente questo a cui l'essere umano protende come obiettivo finale: la capacità di far fronte ai problemi dell'esistenza.
Tuttavia, sembra che la gente preferisca piuttosto continuare a ricercare quel qualcosa che possa prolungare il più a lungo possibile i propri episodi di felicità, forse perché questa può essere ottenuta con relativa facilità (si pensi alla masturbazione) seppur con scarso rendimento; laddove l'ottenimento di uno stato di serenità richiede maggior sforzo ma - attraverso il controllo sulla felicità da parte della ragione - ci ripaga maggiormente. Il tentativo di prolungamento dello stato di appagamento può quindi essere letto come un modo per ottenere il maggior risultato con il minimo sforzo; tuttavia "non esiste alcun pasto gratis": tutto ha un prezzo da pagare, e come già ho sottolineato, il sacrificio richiesto da questo prolungamento dell'esperienza di felicità è la rinuncia dell'esercizio della nostra libertà di individui, come sapientemente illustrato ne Il Mondo Nuovo.
Dunque io sostengo e promuovo il raggiungimento di uno stato di serenità, e non di felicità perenne, che reputo impossibile, o quantomeno inadatto all'essere umano.
Daniele Giannotti D'accordo anch'io, io parlo di benessere per distinguere ciò che viene dal materiale e dai sensi e che quindi è effimero e instabile rispetto a quello stato di pace interiore che va oltre il corpo,comunque se stiamo a guardare tutti i fatti di cronaca quotidiana che ci creano turbamento ci accorgiamo di quanto anche il nostro equlibrio interiore sia messo alla prova dal contatto empatico con l'esterno.
Bellissimo video, Rick, complimenti. ;) Voglio aggiungere a tutto ciò che hai detto una piccola considerazione: personalmente, come spiega anche Mark Rowlands nel suo stupendo 'Il lupo e il filosofo', trovo che un'altra possibile strada verso la felicità sia in una riflessione sul concetto nietzcheano di eterno ritorno. Infatti, se viviamo come se ogni cosa che ci capita dovesse ritornare infinite volte, siamo portati ad assumere un atteggiamento propositivo nei confronti della vita, tale da renderci sempre degni di ciò che ci accade. In tal modo, sapremo godere di ogni momento della nostra esistenza, senza guastarlo pensando al passato o al futuro (dimensioni temporali inesistenti nell'ottica di un tempo circolare), ma, al contrario, isolandolo e accettandolo apertamente con fiducia, in modo da essere all'altezza di ogni avvenimento, bello o brutto che sia. Detto questo, ti faccio di nuovo i complimenti per il video e ti abbraccio. A presto! ;)
Un libro stupendo e naturalmente sono d'accordo.
sembra un libro interessante, grazie del consiglio!
giustissimo, grazie del commento! ;)
Io sono un po' leopardiana: la felicità (intesa come stato d'animo imperituro, non come euforia) non esiste, è un'illusione che sorge quando l'uomo nasconde a sè stesso il vero; infatti la natura ci ha fatti all'infelicità, consegnandoci a una vita per la vita (morti gli dei e false speranze di progresso, nonchè l'idea di una centralità nell'universo), a momenti di felicità che non si equivalgono con quelli di infelicità o semplicemente di tedio. Insomma, per farla breve, l'uomo è "solo sul cuor della terra", dotato di una ragione per avere coscienza della morte e della sua piccolezza nell'universo. Ma prendere tutti coscienza di questo, giungere al vero significa anche darsi l'unica possibilità autentica di essere felici: la condivisione dell'infelicità! Sì forse è eccessivo, ma a mio avviso la felicità è abbastanza lontana da uno stato di tranquillità interiore, individuale, soggettivo (che poi non è la stessa cosa che atrofizzarsi?). I miei momenti di felicità più veri li ho raggiunti quando condividevo; che poi non siano stati perenni è solo dovuto a un'innegabile difficoltà dell'uomo moderno a solidarizzare. La società spinge sempre più verso questa direzione, è anche questo un modo per alimentare il consumismo. Non è un caso il successo delle filosofie orientali
Ester Procopio Vero, però c è anche da dire che come noi intendiamo le filosofie orientali è ben diverso da come sono realmente ovvero il loro vero messaggio.
anche solo l esempio dell illuminazione: loro la vedono come un annullare l ego e guardare in faccia il Nulla, mentre un occidentale si fa suggestionare piu dall idea di calma e quiete dell animo, dall idea di controllo......o dal ricercare il suo vero Io mentre molte filosofie orientali insegnano a trascendere l io in realtá.
le filosofie orientali che hanno successo sono sempre quelle piu fraintese in realtá
infatti di recente riflettevo sull'importanza della condivisione, intesa anche sui social media..c'è un aspetto superficiale, ma c'è anche un'esigenza atavica dell'animale sociale. Spunto interessante.
Il Sistema Nervoso sì certo i social rispondono a una necessità di condivisione sociale ma vi rispondono in modo insufficiente o illusorio secondo me. Di certo la condivisione profonda del problema esistenziale è molto rara... e mai sufficiente finchè rimane su un piano di virtualità
Riccardo che dire.....
Video strepitoso, visto solo adesso.
Grazie davvero di cuore per le perle che emetti in rete 🙏
Io ho trovato un modo molto particolare per essere felice costantemente.
Volevo fartelo sapere...
Ho due tipi di felicità.
Felicità parziale permanente :
La felicità parziale permanente che ho tutt'ora...è una sensazione costante di avere tutto sotto controllo, sia in modo scritto e sia mentale. Durante il processo di felicità permanente anche gli obiettivi che non ho raggiunto devono essere scritti o almeno individuati, in modo da aver chiaro dove devo andare a puntare. E' la sensazione di essere circondato dalla perfezione e di sentirsi perfetti anche quando in realtà si è incompleti. La felicità parziale permanente si divide in 4 categorie che dovranno essere costantemente aggiornate in modo tale da non raggiungere una situazione di disordine.
1) Amici e Relazioni (ragazza, amici, famiglia....qui faccio un elenco di amici...e individuo gli amici che devo contattare...o con cui ho delle cose in sospeso...etc)
2) Fisico (per esempio...avere un piano alimentare...fare sport...andare dal dottore...etc)
3) Piano famigliare (qui si parla di soldi...lavoro...proprietà...etc)
4) Cultura Generale (qui invece mi riferisco alle passioni e alla cultura...ovvero cose come studiare...informarmi...suonare uno strumento musicale...etc)
Ho semplificato molto...ma hanno davvero tante sottocategorie...e ad ogni sottocategoria individuo cosa devo fare...e le cose in corso. Avere tutto sotto controllo mi permette di avere una felicità costante parziale.
Felicità totale permanente :
La felicità permanente consiste nel raggiungimento di alcuni obiettivi che mi sono prefissato. E sono obiettivi base dalla vita. Ovvero : avere un lavoro, avere un figlio e costruirmi una famiglia...avere tanti amici e sentirmi amato...laurearmi...finire di fare il mio cd musicale...etcetc...(non sono tanti gli obiettivi ''regina'' ma non sto qui a dire tutto l'elenco).
Tutte cose che mi permetteranno di darmi la felicità costante e duratura...ovvero eterna.
Sto ragionando molto in modo ''gioco di ruolo''....con la storia principale da completare.
Non ambisco ad avere un oggetto materiale migliore di quello precedente...ma con riflessioni personali e profonde ho individuato varie cose che mi permettono e mi permetteranno di raggiungere la felicità infinita e costante.
Funziona? Eccome. In questo momento sono nella situazione di felicità parziale permanente....e ogni obiettivo che raggiungo della felicità totale permanente...mi sento sempre più vicino alla Felicità Massima (avere completato le missioni principali della vita).
Incredibile,mi ha colpito, ma non è più semplice cercare di lavorare sulla propria mente anziché su obiettivi? Mi sembra che la felicità non sia data dai fattori esterni quanto da una disposizione mentale
Ma non so nulla io. A distanza di tre anni hai raggiunto la "felicità massima"?
@@Anonymous-90 ciao! Pazzesco che qualcuno mi ha scritto dopo così tanto tempo. In 3 anni mi sono ritrovato sposato, ora ho 24 anni :') da ormai 2 anni :)
Io penso che questa ossessiva ricerca della felicità permanente e oggettiva sia dannosa e inutile. Infatti per me la vita andrebbe riempita di emozioni forti, sia negative che positive. Crogiolarsi nella serenità di una vita saggia e ragionata non è veramente vivere, ma far finta che il dolore non esista. Inoltre vivendo senza soffrire si darebbe meno importanza alla felicità che diventerebbe scontata e quotidiana, e l'uomo si stuferebbe presto buttando via questa tanto agognata felicità permanente come un giocattolino vecchio. La stessa sofferenza valorizza ogni istante di felicità rendendolo importante. Questa incessante ricerca ci fa perdere di vista la vera felicità che può essere trovata in ogni piccola cosa. Infine penso che per dare senso a un intera vita basti un solo momento nel quale ci fermiamo e ci rendiamo conto di essere felici, "fermati attimo sei bello". - Basta volare una volta nella vita e ricordarsene (cit
Poeti der trullo)
concordo appieno e sottoscrivo
bellissimo video, fa sempre piacere sentirti, rendi felice (anche se "solo" per quei 25:07 minuti) 🌿
Video incredibile. Mi sto avvicinando alle idee sulla tranquillità di Seneca ultimamente, le trovo molto compiacenti
Apprezzo molto il corso che ha preso il video dal punto in cui hai discusso i rischi di una felicità indotta puramente dalla biochimica. Ciò che dobbiamo imparare a pensare è che non importano soltanto gli stati d'animo positivi nella nostra vita. La sofferenza può essere interpretata come un segno prezioso che ci indica cosa dobbiamo rifuggire per vivere in condizioni più ottimali per l'individualità che noi siamo. Anche in questo si iscrive l'insegnamento di Spinoza: le affezioni comportano gioia o tristezza, ossia aumento di potenza del proprio esistere o diminuzione della stessa. Grazie appunto alla ragione, come hai ben sottolineato, noi dobbiamo essere in grado di riconoscere le cause che favoriscono la nostra potenza. Quando siamo affetti dalle passioni dobbiamo saper dire: "questo mi porta gioia e questo tristezza". Nel momento in cui invece siamo "drogati" dalla biochimica, ogni cosa può essere fittiziamente causa di gioia. Ma allora saremmo solo felici o ignoreremmo di essere tristi? Per me, e qui è pura opinione personale, discutibile, è il secondo caso.
Per Spinoza non è solo questione di vivere in balia degli affetti, si tratta di scegliere la strada che ci porta a esperire affetti più positivi rispetto a quelli negativi. Si pensi a come chiunque potrebbe rivoluzionare la propria vita se semplicemente riconoscesse quali situazioni particolari stanno ammorbando la sua esistenza. Laddove conosce le cause della tristezza può agire al fine di porsi in situazioni nuove e più positive. Sempre ammesso che abbia sufficiente coraggio per dirigersi là dove la sua vita lo vuole condurre. In tutti è presente il conatus, lo sforzo che tende alla preservazione della propria essenza singolare. Chiamatelo pure istinto di conservazione - ma esteso a ogni genere di situazione delle nostre vite, non solo ristretto alla biologia. La tendenza a esistere al meglio delle nostre possibilità singolari quindi l'abbiamo sempre, ma si tratta di saperla orientare e ciò lo facciamo infatti con la ragione, la scienza etica delle cause, la "conoscenza adeguata", come la chiamava Spinoza.
Grazie per il video, Rick. E' importante più che mai parlare oggi di felicità, sia al pubblico che negli ambienti accademici. In questi ultimi risuona troppo spesso il detto "melete thanatou", preparati alla morte, come principale scopo della ricerca filosofica. Al contrario, una vita di conoscenza è una vita condotta in nome della vita stessa. Chi sa solo parlare di morte dimentica di vivere e non può proporre una ricetta efficace per una vita felice, perché studiando la morte ha ignorato la vita. Spero che tornerai sull'argomento e approfondirai sempre di più argomenti di etica, che è la vera scienza della felicità.
Rick sei riuscito a dare forma a dei pensieri che avevo maturato anni e anni fa quando lessi Il Mondo Nuovo. Sono assolutamente d'accordo sul fatto che una condizione necessaria affinché ci sia un certo tipo di felicità, sia la repressione dell'individualità e della personalità.
Dobbiamo essere tutti uguali agli occhi degli altri e della Legge.
Finché c'è individualità ci sarà interpretazione personale a qualunque condizione di vita. Qualora venisse a mancare questa interpretazione, ci sarebbe la possibilità di uniformare i desideri e i bisogni.
Non so se sarebbe meglio o peggio e non so se accadrà mai, ma sono convinto che debba necessariamente accadere affinché tutti possiamo raggiungere la felicità.
Grazie del bel video!
Facendo un paragone giusto un po' fuori luogo: la felicità o meglio la ricerca della felicità è come l'atto della masturbazione, si è felici mentre si compie l'atto (e questo è il momento di felicità più lungo e intenso, del quale forse non siamo nemmeno più di tanto consapevoli), poi quando si viene e raggiungiamo l'orgasmo siamo convinti di avere raggiunto il vertice della felicità (come quando siamo riusciti ad acquistare l'oggetto del desiderio), ma inesorabilmente 5 secondi dopo ci sentiamo delle merdacce e ci chiediamo se ne è valsa veramente la pena. Quindi secondo me la vera felicità è la ricerca della felicità, mentre quello che comunemente si pensa sia la felicità è solo un fazzolettino sporco.
Collezionista di aragoste un po come nella lettera che viene citata da Rick di Seneca, dove viene paragonata la felicità superficiale ad una sbronza. Sei euforico per un'ora e poi devi sopportare una lunga nausea
Collezionista di aragoste Nella dottrina buddhista esiste il Nirvana, ma è uno stato di estinzione della sofferenza che va oltre la sfera dei cinque sensi e anche la mente,quindi è completamente avulso da un appagamento fisico o sensoriale, si può raggiungere in fase ascetica o meditativa ma isolata dall'esterno,per tornare alla vita ci si riconnette inevitabilmente a sofferenza (dukkha) o desiderio (tanha) . Nello yogacara esistono 8 stadi di coscienza legati ai cosiddetti skandha, i primi 5 riguardano i 5 sensi,gli altri la mente,la cognizione,l'auto attaccamento,vanno superati tutti per raggiungere il totale distaccamento. en.m.wikipedia.org/wiki/Eight_Consciousnesses
anche dopo un coito ci si chiede se ne è valsa la pena, poiché questo fa parte della psicobiologia :) L'esempio che fai è pertinente, anche se lo estenderei al sesso in generale.
Lord Vivec Per liberare la mente dai pensieri negativi bisogna anche liberarla dalle influenze esterne e questo se si vive e interagisce nel mondo reale non è totalmente possibile,sempre in ambito buddhista esiste un rapporto karmico di causa-effetto chiamato Co-Produzione Condizionata,se riesci a fregartene totalmente sei svincolato dalle conseguenze morali delle azioni umane,ma dal momento che sofferenza e desiderio fanno parte del nostro vivere quotidiano e del regno terreno liberarsene completamente è pressoché impossibile,il Nirvana è spegnimento dei 5 sensi e del cervello,assenza totale di un sè individuale.
Bellissimo video, trattando di Epicuro trovo importante anche la sua divisione in piacere cinetico (temporaneo) e catastematico (permanente). Ho sempre visto felicità e appagamento su due fronti opposti, la ricerca del piacere infatti mi appare fine a se stessa,dal momento che dall'individualismo nascono i bisogni egoici e che anche il suddetto consumismo o feticismo della merce è effimero e fine unicamente al bisogno corporeo del singolo non lo ritengo utile a uno scopo sociale e soprattutto estranea come si dice dalle relazioni sociali e quindi credo che se il solitario abbia acquisito una conoscenza completa di se stesso e del suo piacere alla fine sentirà per forza l'isolamento o il bisogno di condivisione,anche se il contatto con gli altri può portarlo alla misantropia,credo che la maturazione e l'assenza di ego si trovino nel contatto sociale più che nella ricerca interiore che non porta altruismo ma egocentrismo.
Complimenti Rick grande discorso. Mi sei piaciuto molto specie all'inizio per quanto riguarda il concetto di che cos'è la felicità per la società contemporanea, secondo me molto infantile e superficiale.
Uno dei migliori video che hai fatto. Grazie
Proprio ora sto leggendo il Tractatus di Spinoza grazie ai tuoi consigli di lettura, e devo dire che sono stupefatto dalla capacità critica del buon Baruch che tu da sempre citi e ami.
Ora però ho voglia di leggere l'Etica per come l'hai definita e.e
Sin dal mio primo incontro con lui, ritengo Spinoza il filosofo della via di mezzo, dell'esegesi, del fermarsi e ragionare invece di cadere nelle superstizioni.
Bellissimo video, utilizzerò questo periodo senza video per recuperare i precedenti.
Per quanto riguarda la felicità, mi piace ricordare ciò che mi disse un mio prof.
Cercare, durante la vita, solo di sfiorarla, lasciando sempre un qualcosa che ti impedisca di viverla appieno perché altrimenti, una volta vissuta, si sarà infelici per sempre, incapaci di trovare stimoli nuovi.
Forse può valere per la felicità materiale, ma anche quella interna e soggettiva, nel mio caso data dalla continua ricerca di conoscenze, può essere vissuta così.
La cosa che però può consolare è che mai saprò tutto ciò che c'è da sapere
Il problema sorge se io, d'un tratto, dovessi sentirmi pieno.
Ed ecco che scatta la visione che ho esposto prima
A piccole dosi
Per arrivare al momento prima della morte e pensare "ho fatto ciò che più mi è piaciuto fare senza eccedere"
È in quell'istante che proverai la vera felicità, come diceva Seneca, il momento prima di morire per non rendere vana la vita.
bravo, grazie del commento! :)
Rick DuFer grazie a te per i tuoi contenuti
E intanto proprio oggi ho cominciato l'Etica
Bel video Rick, ho apprezzato naturalmente Seneca ma particolarmente la parte sulla biochimica e la psicofarmacologia. In realtà dall'alto della mia ignoranza in materia e della mera teoria ho da quando ricordo pensato che potesse non essere la (sola) propria condizione a stimolare chimicamente determinate conseguenze (es: felicità, depressione) ma fossero direttamente le implicazioni chimiche a renderti ideale ad avere una certa tendenza comportamentale. Povero e meraviglioso Spinoza, zuppa di cavolo 3 volte al giorno!
Aspettavo questo video da molto. Grazie! Io credo che la soluzione al raggiungimento della felicità sia togliersi la vita, perché l'uomo in vita non ha a che fare con la felicità (tranne qualche ipotetico santone se esiste). Personalmente, non mi interessa prendere prozac, ho già accettato da tempo il fatto che la vita sia fatta di alti e bassi, che starò di merda e poi bene, e ci sta. Basta, vivo la mia vita alla giornata, ciò non implica però che avrò un atteggiamento nichilista passivo verso la vita, infatti le cose per il momento mi stanno andando bene anche dal lato "consumistico". E per chi mi direbbe:" ma tu sei felice avendo questo tipo di visione", no. Questo si tratta di un attimo, non sto dicendo che nel momento in cui starò male la prenderò con filosofia, la prenderò come peggio potrò. Poche balle.. :) Poi va beh, mi sembra di vedere tanti problemi di linguaggio più che altro legati al tema della felicità.
Mi chiedevo se tu avessi mai letto "la consolazione della filosofia" di Severino Boezio. Tratta in modo davvero stupendo il tema della felicità, per questo mi stupivo che non lo avessi ancora citato. È un libro che consiglio a tutti che ha cambiato molto il mio modo di pensare
certo, un testo stupendo!
Per quanto riguarda di quel lasso di tempo che il consumismo ci fa vivere con "felicità"... non parlerei di felicità onestamente. Soddisfazione magari. Al riguardo trovo molto azzeccata la filosofia buddhista, per cui il desiderio porta all'infelicità, in quanto essendo desiderio manca l'oggetto del desiderio stesso, nel momento in cui ottengo l'oggetto il desiderio svanisce in quanto ho quello che cercavo. Da qui vado immediatamente a cercare qualcos'altro, e inevitabilmente annullo me stesso
Video della madonna! Buone vacanze Rick e buon lavoro! E grazie
Ciao Rick, molto interessante questo video sulla felicità, è da qualche anno che anch'io sto cercando di approfondire il tema, un video che mi ha fatto molto riflettere è l'intervento di Pepe Mujica alla conferenza delle Nazioni Unite del 2012 a Rio de Janeiro dove conclude che scopo ultimo dell'esistenza umana è la felicità. Poi ho letto la legge del contrario di Oliver Burkeman dove in una lunga ricerca del giornalista vengono citate tutte le strade che abbiamo imboccato grazie allo sviluppo ma che non ci hanno portato alla felicità, ma che forse bisogna partire dal dolore e dalla morte per capire il senso della felicità. Attualmente sto studiando da un po', la teoria del well-being di Roberto Albanesi una delle tante strade per provare a costruirsi la felicità che è possibile solo a determinate condizioni: avere la predisposizione a cambiare, accompagnata da una grande capacità d'amare. Volevo chiederti se anche tu hai approfondito qualcuna di queste strade e cosa ne pensi, grazie. Pietro
Davvero molto bello questo video e questo ragionamento!
Crea tutta la felicità che sei in grado di creare.
Elimina tutta l’infelicità che sei in grado di eliminare.
Ogni giorno ti darà l’occasione, ti inviterà ad aggiungere qualcosa ai piaceri altrui, o a diminuire qualcosa delle loro sofferenze.
E per ogni granello di gioia che seminerai nel petto di un altro, ti troverai un raccolto nel tuo petto, mentre ogni dispiacere che toglierai dai pensieri e sentimenti di un’altra creatura sarà sostituito da meravigliosa pace e gioia nel santuario della tua anima.
Jeremy Bentham
Ammetto che il video l'ho dovuto vedere due volte perché la prima volta, verso il minuto due e trenta, mi so era spento il cervello quando ho sentito che Rick si sentiva euforico a possedere la sua nuova videocamera😂 A parte gli scherzi, bellissimo video per concludere la stagione, grazie Rick, a presto!
Arrivo un po' in ritardo.
Ciao Rick, il concetto di "felicità biochimica" è vero e dimostrabile scientificamente. È tuttavia da sottolineare anche come eccitare costantemente il cervello con determinate sostanze porta ad una down regulation dei recettori per tali molecole, e subentra la tolleranza (è lo stesso meccanismo alla base delle dipendenze).
Pertanto credo sia impossibile raggiungere la felicità mediante assunzione regolare, ad esempio, di Prozac, perché alla lunga può divenire inefficace.
Di converso il cervello risponde straordinariamente meglio ai segnali "pulsatili", quindi a stimoli variabili, che ondeggiano tra un aumento improvviso di sostanze favorenti la sensazione di soddisfazione e sostanze che la deprimono.
Concludo quindi affermando che secondo la biochimica del nostro cervello è per definizione impossibile raggiungere una felicità duratura, ma che proprio l'alternarsi di momenti di soddisfazione e altri di depressione mantiene il cervello attivo ed efficiente nell'espletamento delle proprie funzioni.
Spero di aver dato il mio contributo in quanto futuro medico.
Un abbraccio e continua così!
Sei davvero grande Rick ! Mi è piaciuto tantissimo questioni video, continuerò a cercare la virtù per così goder delle cose al di fuori di me e me stesso
Spinoza..il più grande!Scusa Rick ma per come la vedo io la società consumistica procura la stessa felicità che procura un pusher .Al consumismo,così come al pusher,interessa più che tu sia dipendente dalla sua sostanza piuttosto della tua felicità.Come disse Carotone in un tormentone di parecchio tempo fa..."E' un mondo difficile e vita intensa,felicità a momenti e futuro incerto" :-)
Lorenzo Paldi ottima citazione musicale! anch'io l'ho sempre trovata incredibilmente significativa ;) Sono anche d'accordo con ciò che affermi a inizio commento... Felicità é un qualcosa di diverso da una semplice sensazione di appagamento e euforia indotta da qualcosa
Tonino Carotone
Potevi citare hobbes: il desiderio non si ferma mai si sussegue sempre, perché al termine di uno se ne sussegue subito un altro e se si dovesse fermare questo avrebbe solo con la morte dell' individuo.
Ciò ci fa capire che la felicità non può esistere
potevo citare praticamente tutti, ma per fortuna ci siete voi che poi lo fate nei commenti ;) Grazie!
Rick DuFer Dovere! grazie a te per questi video :)
Sai Rick, mi viene in mente una puntata di dr. House, nella quale un paziente si trova ad avere una disfunzione nel cervello che gli impedisce di provare emozioni spiacevoli come la tristezza. Questo può solo provare felicità. Qualsiasi sia la situazione circostante, l'uomo sorride e si sente gioioso.
Chiunque penserebbe che questa sia una fortuna, che un uomo così abbia raggiunto uno "stato di felicità perenne", o che vorrebbe essere semplicemente al suo posto; ma alla fine della puntata, l'uomo viene operato al cervello per sua esplicita volontà. Il suo desiderio più grande era quello di poter piangere della morte dei suoi cari e poter provare tristezza per la loro perdita. Così, con l'intervento, gli viene restituita la capacità di soffrire.
L'idea di felicità di questo personaggio non ha nulla a che vedere col provare emozioni piacevoli, ma con il bisogno dell'esatto opposto. Inoltre, questa non è legata al fatto di provare un'emozione piuttosto che un'altra, ma con una libertà: quella di poter essere triste. So che questo esempio non è reale, ma non è così lontano dal poterlo essere.
Siamo abituati ad attribuire alla felicità sentimenti piacevoli come euforia o allegria, e all'infelicità sentimenti spiacevoli come tristezza o malinconia. Ma siamo davvero convinti che la felicità sia una semplice manifestazione di un'emozione piacevole? È semplicemente una perpetua sensazione di beatitudine? Se fosse così, basterebbe assumere psicofarmaci e droghe per tutta la vita.
Forse dovremmo riuscire a immaginarci in uno stato di felicità, che ci permetta di provare tutte le emozioni che un essere umano è in grado di provare, anche quelle spiacevoli.
Probabilmente la felicità è nella ricerca stessa della felicità. Quando un'artista dipinge un quadro è felice allo stesso modo di un musicista che crea una melodia o uno scienziato che cerca di risolvere un problema. Quando si è raggiunto lo scopo, si affievolisce tutto. Un po' come l'effetto del consumismo.
Perciò forse la felicità è proprio vivere con spirito d'avventura e di curiosità ogni aspetto della vita, magari dedicando agli altri il nostro obiettivo ultimo e finito, apprendendo proprio dall'interazione con gli altri, nuove idee per rimettersi alla ricerca della realizzazione di un nuovo obiettivo.
Comunque io ho rotto la reflex e per un paio di giorni ero molto infelice, anche perché in questo momento non posso comprarne un'altra. Ma poi anche l'infelicità si è rivelata passeggera. Probabilmente, in questo caso, semplice questione di serotonina.
Hey nel tuo canale manca un video sul Pragmatismo! Direi che se lo merita, no? Dai Rick, grande come sempre.
in realtà ne ho parlato varie volte, prova a cercare Cogito Ergo Tube, Verità VS Utile ;)
Aggiungo una piccola riflessione personale, la felicità, come spesso viene concepita da noi, non esiste, è solo un attimo di serenità veramente pura è sincera , dove noi siamo in pace con noi stessi, dove ci accettiamo, accettando anche dubbi e incertezze, se la buttiamo sul sesso è come sano p.....o fatto bene.
Ora oso e rischio un piccolo collegamento, con la figura del dissidente, forse è li che nasce il dissidente o il ribelle, cioè colui che consapevole, anche parzialmente magari e molte volte, accetta la situazione attuale, le cose come stanno e dentro si se crede di poter cambiare in meglio in primis se stesso, per poi forse una piccola parte della realtà che lo circonda.
sull'argomento felicità = possedere, non è totalmente sbagliata,, dovrebbe solo cambiare l'approccio alle cose o oggetti, in quanto quello che possediamo, oggetti fisici, o come a volte capita di considerare i nostri compagni\e della relazione, le cose come le persone che circondano non devono essere un modo per compensare quello che non abbiamo dentro di noi, cioè ., ma diventare veramente un tutt'uno tra quello che quello che crediamo di sapere di noi, quello che non conosciamo e quello che scopriremo, sempre partendo da dentro di noi, però aprendoci verso l'esterno, provando a coinvolgere direttamente ed indirettamente le persone per fare arte, intesa come un mezzo per vincolare e trasmettere senza maschere.
cazzo altro devo dire?. sei un grande ragazzuolo.
Avrai sicuramente già citato The Congress, in qualche altro video, e in esso, se non tutto, almeno in parte possiamo ammirare le conseguenze dei metodi propugnati dalla psicofarmacia.
Non mi riesce difficile immaginare la fine della società, impegnata ormai in extremis soltanto per produrre l'anestetizzante definitivo, nel tentativo di edulcorare tutti i problemi che non abbiamo avuto il desiderio né la voglia di risolvere.
+Valerio Di Biasi ci ho dedicato un video di Filosofarsogood, cercalo ;)
Nessun problema, già visto ;)))
La tristezza è indispensabile, in quanto effetto diretto della consapevolezza di se stessi. A questo proposito mi viene in mente il mito di Adamo ed Eva che, una volta essersi accorti di essere nudi, di essere indifesi, di essere incompleti, vengono cacciati dal giardino dell'eden e quindi dalla felicità perenne. Solo grazie alla tristezza riusciamo a renderci conto delle proprie condizioni e reagire, Schopenhauer e Leopardi hanno risposto a questo senso di infelicità attraverso la filosofia e l'arte, ma anche la lotta operaia è l'effetto della presa di coscienza delle proprie condizioni, e di conseguenza della tristezza che ne è derivata. Una società felice sarebbe una civiltà statica, una società il cui destino sarebbe l'implosione perchè ove non c'è cambiamento vi è morte. Dopotutto, perchè cambiare la propria situazione se si è già felici ?
Il piacere, così come la felicità, non è altro che il modo in cui l'inconscio approva ciò che facciamo, ma una volta raggiunto il godimento, ecco che affiora un altro desiderio da soddisfare e così via. Dunque la felicità non è altro che quell'attimo di godimento seguente la soddisfazione del desiderio, dunque " l'elemosina gettata al mendico che gli permette di vivere oggi per prolungare il suo dolore l'indomani"
I fratelli Coen mi hanno insegnato che l'infelicità è quella cosa che ci dà la forza di darci da fare, muoverci, agire. Se la felicità fosse perenne staremmo tutti sul divano di casa con un sorriso ebete.
Bellissimo video
grazie! :D
Il miglior video della stagione; mi sa che stasera divento un mecenate.
PS: hai visto "Indizi di felicità" di W. Veltroni?
ti ringrazio molto :)
e no, non ho visto Indizi di Felicità! Me lo consigli?
Complimenti, come sempre, Rick per il canale. Si può essere felici? Prima di tutto dovremmo stabilire cosa intendiamo con il concetto di "felicità", da cui il significato della frase "essere felici". Cos'è la felicità? Essa è lo scopo ultimo dell'essere umano? O il senso della nostra esistenza è tutt'altro? E prima ancora: abbiamo noi esseri umani un senso, come tutto ciò che c'è? Se noi diciamo di "esistere", come ogni cosa che esiste, significa che abbiamo un senso, altrimenti non ci saremmo, non esisteremmo. Ha senso che qualcosa che non serve, o è inutile, esista? Tutto ciò che c'è ha un senso, quindi ha uno scopo da compiere. Ora qual è il nostro scopo individuale? La risposta è: essere sé stessi. Sembra banale come risposta, ma è cosi, secondo me. Ora viene spontaneo chiedersi: cosa siamo? A questa domanda ognuno deve trovare la propria risposta con le proprie forze. Essere sé stessi significa, sempre secondo la mia personale opinione, vivere in modo naturale, e in piena consapevolezza di sé, ciò che ognuno di noi sente di poter essere. Questo dovrebbe farci sentire bene e portarci ad "essere felici" con noi stessi e con tutto ciò che c'è. Una persona è felice quando vive costantemente in perfetta armonia con sé stesso e con il resto di ogni cosa che esiste. Questo significa essere nel mondo e non del mondo; utilizzare le infinite possibilità che ci offre questa realtà, senza diventare schiavi di esse, in modo utile per sé e l'universo. L'attaccamento a credenze materiali, o spirituali, porta una costante infelicità, perché crediamo di dipendere da esse. Se ci vengono a mancare cadiamo nella disperazione assoluta, da cui è molto difficile uscirne fuori; pensiamo che la vita sia tutto un soffrire, prendendocela con chiunque per la situazione indesiderata, e continuiamo a lamentarci in ogni momento fino a crepare. Finché continueremo a credere che la nostra esistenza dipenda da qualcosa, non saremmo mai veramente felici. Bisogna andare oltre ciò che si crede di essere; bisogna essere "oltreuomo", come direbbe Nietzsche; bisogna essere sé stessi per essere felici e non aver paura, o vergognarsi di manifestare nella piena vitalità ciò che si è veramente. La felicità non dipende da cosa facciamo, o da cosa abbiamo, ma da cosa siamo, e a decidere cosa siamo sta ad ogni singolo individuo. Grazie ancora Rick per i tuoi video e per la passione che ci metti nel farli per tutti quelli che vogliono farne tesoro per sé :)
Io credo che la vera felicità non sia la felicità continua ed eterna, quanto piuttosto l'alternanza tra felicità e tristezza. Come ha detto Rick, ci si anestetizza alle cose che ci rendono felici, e in questo modo si finisce per anestetizzarci alla felicità. Ciò che davvero ci rende felici e soprattutto consapevoli di esserlo, è conoscere cosa c'è dall'altra parte.
Per fare una metafora: nel deserto c'è sempre il sole, questo non vuol dire che sia un luogo accogliente. È quando comincia a piovere che il terreno diventa fertile e nascono le piante. Allo stesso modo la felicità, secondo me, è la consapevolezza che la vita è fatta di entrambe le cose, felicità e tristezza, e che sono entrambe assolutamente necessarie per l'equilibrio interno ed esterno. Si potrebbe vedere un po' come il tao: nella luce c'è l'oscurità, nell'oscurità c'è la luce e tutto questo crea un equilibrio necessario nel mondo
Video veramente splendido!
Ho trovato particolarmente interessante questo video. Mi viene in mente una frase di Nietsche: "In verità chi poco possiede, tanto meno è posseduto: sia lodata la piccola povertà!"
bellissimo video! Veramente complimenti vivissimi0
Secondo me mentre la gioia,l euforia, il piacere sono sensazioni, la felicitá è una disposizione dell animo (razionale perche gli animali non parlano di felicitá ma provano gioia o euforia)che consiste nell accettare ogni emozione e sensazione, anche quelle negative o brutte.
essere felici è il saper accettare e lasciar correre le sensazioni e emozioni.
il momento di incoscienza dell orgasmo ne è solo un estremo esempio: perdere il controllo, lasciar correre e esplodere la sensazione.
ma questo andrebbe fatto con tutte le emozioni.....il non volerle combattere è felicitá, farsi turbare l animo da tutte loro (l opposto dello stoicismo) è felicitá.
grazie per la riflessione! :)
Rick, per quanto riguarda il concetto di libertà, vorrei fare un'osservazione: è vero che è POSSIBILE che noi siamo completamente determinati dai processi che avvengono nel nostro cervello, e però non ci dimentichiamo che è appunto solo una possibilità (così come è una possibilità l'ipotesi per cui non siamo completamente determinati da quei processi). Credere di essere completamente determinati dopo aver capito che l'ipotesi della determinazione completa è possibile, è come credere che la vita non abbia un senso solo perché è possibile che non ce l'abbia. Non so se mi spiego.
complimenti per l'analisi, molto potente e riflessiva l'unica osservazione ma vivendo in una società della quale siamo influenzati dagli altri come possiamo raggiungere la nostra felicità individuale se non siamo liberi di farlo a meno che non viviamo da eremiti; forse Spinoza faceva una vita monacale.
Grazie se avrai tempo per una risposta.
Sono felice nel sapere che c'è chi sta peggio di me, perché so che potrei essere più triste di quanto già lo sono.
Bellissimo video!
Bellissimo. Grazie
Albano aveva le idee chiare sulla felicità xD
qualche tempo fa sono stato in Giappone,e ho visitato molti templi shintoisti giapponesi,e i monaci mi hanno forse trasmesso una grande felicità interiore, cioè l"anima-e spirito,loro i monaci non hanno nessuna costrizione capitalistica e consumistica,e vivono con molto poco,cioè con poche gratificazioni materiali!!!!!!!!
p.s. prima di iniziare il video sono andata a leggere in descrizione e quando ho letto "spinoza" ho iniziato ad esser frizzantina il doppio di quando mi è arrivata la notifica del video lol
:D solo amore per Baruch!
La felicità è la carota attaccata al bastone: devo spronarmi a ruggiungere la mia felicità o realizzazione, ma capire anche quando avvicinarmela e farmela gustare, volendo vedere come il corpo come l'asino e l'uomo che regge il bastone come l'anima. Questo pretende un grande, grandissimo equilibrio tra lo spronarsi ed il sapersi accontentare. Per quanto rigurda il dove invece, dipende da dove voglio arrivare, dalle mie ambizioni: può essere aiutare una vecchietta ad attraversare la strada oppure scrivere un monologo che nemmeno Shakespeare, ma anche se cerco di ottenere grandi risultati ogni tanto è necessario vedere la felicità anche nelle piccole cose, ma senza dimenticarsi che essere tristi serve. Insomma, la felicità si raggiunge tramite una conoscenza ed un autocontrollo emozionale.
scusa la domanda fuori luogo , storia della filosofia occidentale di b.rusell è un buon testo per iniziare a studiare filosofia?
assolutamente sì!
Rick DuFer grazie
Mi piace al video. Complimenti, la tua conclusione mi sembra essere l aureo " in medias res", sono sostanzialmente d'accordo. Troviamo tanti esempi di come un po' tutte e tre le vie da te citate di per se falliscano, nella vita e in letteratura. Dal milionario che si suicida, al sociopatico, al tossicodipendente. Mi togli una curiosità? perché non parli (quasi) mai di spiritualità/filosifia orientale? Tutto il pensiero buddista, per dirne una, parte dalla stessa domanda che ti poni nel video. Grazie.
La felicità terrena è uno fra gli obiettivi più difficili da raggiungere, specie se è provocata dal possesso di cose materiali, che ci donano un'illusione che un membro della società consumistica chiama "Felicità". Certamente degli elementi terreni materiali possono donarci una situazione di felicità( come i soldi che spendiamo per pagare un'operazione in grado di salvare la vita a noi o ad una persona a noi cara) ma io personalmente, non sono mai pienamente soddisfatto della felicità che otteniamo in questa vita. Dunque, io sono convinto che la felicità si possa raggiungere soltanto nella vita ultraterrena, come effetto della ricompensa che ci donerà Dio per la nostra vita terrena vissuta seguendo dei buoni principi( i principi Cristiani che ci sono stati suggeriti da Gesù nei Vangeli).
Comunque, la felicità non deve essere lo scopo e l'obiettivo che dobbiamo raggiungere in questa vita. La felicità terrena, che comunque non è mai la felicità "piena", è un effetto delle nostre azioni, mentre quella autentica è l'effetto della ricompensa ultraterrena. Lo scopo della nostra vita è migliorare noi stessi e il mondo che ci circonda, compiendo buone azioni e aiutando gli altri, soprattutto con degli aiuti che possano migliorare lo spirito di ognuno di noi. Le buone azioni che compiamo possono darci una soddisfazione che ci rende felici, ma l'ottenimento della felicità comunque non deve mai essere il motivo per cui facciamo qualcosa, altrimenti, se facciamo tutto per raggiungere la felicità, si rischia di vivere seguendo dei "falsi dei"( dio denaro ad esempio).
Ti consiglio di leggere L'onda perfetta, è un libro piccolissimo tratta questo argomento :)
A proposito della felicità chimica penso che una riflessione interessante e poco scontata è quella che viene fatta in psycho pass. Soprattutto (cercando di non fare spoiler) ho trovato interessante la conclusione a cui arriva la protagonista alla fine. Grazie del video e buone vacanze
me lo sto guardando proprio in queste settimane ;)
Sono curiosa di sapere se ti piacerà.
Ciao Rick,
il romanzo Il Mondo Nuovo mi ha sempre un po' "sconvolto", più che il romanzo in se per se, il fatto che viene descritto come una distopia, al pari di 1984. Io non riesco a vederlo come tale. Per me quel mondo che viene descritto è alla stregua della perfezione: tutti sono felici. Capiamoci, non è che se mi dicessero "vuoi fare a cambio con un alfa?" (o beta o gamma che sia, non fa alcuna differenza visto che chiunque è felice, a qualsiasi livello appartenga), io direi di si, perchè da una parte è aberrante, senza arte, libertà, cultura, ma secondo me è una limpida finestra su un probabile futuro. Alla fine quando uno è felice cos'altro conta (a parte mantenere quello stato di felicità il più a lungo possibile)?
La via segnata da Spinoza, non è però priva di contraddizioni: nel tentativo di unire corpo e mente, nella nostra personale ricerca della felicità, possiamo trovaci di fronte ad un conflitto, e cioè che il nostro corpo contrasta il desiderio della mente e ci impedisce la meta prefissata, così che anche il desiderio di godere della natura, di passeggiare nel bosco, ci viene precluso se non possiamo camminare o vedere e se per qualsiasi altra ragione siamo sofferenti nel corpo. Molte altre volte il corpo ci agevola nella nostra ricerca, quando raggiungiamo un traguardo sportivo per esempio, e credo che da questo punto di vista la felicità degli atleti sia quasi perfetta. La mente ha un compito molto arduo quando deve lottare contro il proprio corpo e credo che chi riesce riesce ad esserlo nonostante le proprie condizioni avverse sia davvero virtuoso. E' molto più semplice accontentare il corpo e tendere a una mera soddisfazione, che ci può venire da un buon cibo ( una cosa che portiamo dentro di noi), una felicità facile e oggi molto abusata, tutte cose che servono a confondere la mente. E' una questione "spinoza"..
Uno stato di felicità perenne, come quello intravisto dalla biochimica, accompagnerebbe l'essere umano ad un insormontabile disastro. Dunque, mi spiego.
La felicità è di per sè un concetto volitivo ed inafferrabile, di difficile definizione. Eppure, se volessimo descriverne una caratteristica assoluta, diremmo che la felicità è oggettivamente soggettiva. Ovvero la felicità, in quanto nient'altro che una volitiva aspirazione personale, è certamente modellata su noi stessi. In questo senso l'illusione della felicità è in grado di migliorare la nostra vita non perchè realmente capaci di raggiungerla, ma poichè essa ci spinge a lavorare quotidianamente per il suo ipotetico raggiungimento. Ciò porta degli effettivi miglioramenti all'ambiente in cui ci troviamo.
E' la ricerca della felicità a dare un senso alla nostra vita, a darci un motivo per riaprire gli occhi e fare colazione al mattino. Senza quella ricerca, la nostra esistenza sarebbe un mero stato di appagamento stazionario. Una felicità perenne sarebbe un'estensione di un illusione. Come detto però, non è l'illusione stessa ad interessarci, bensì il suo perseguimento!
Infine, come potrebbe l'uomo immaginare la felicità essendo sempre felice? Possediamo in noi il concetto di clima favorevole in quanto conosciamo anche quello sfavorevole, come potremmo capire di aver realizzato i nostri sogni senza aver prima assaporato la sofferenza del vederli lontani?
Non esiste kosmos senza caos.
Prima di Spinoza lo dicevano anche i romani che in medio stat virtus o sbaglio? Complimenti comunque, dopo questo video torno a chiedere la stessa cosa: cosa ne pensi della psicologia evoluzuonistica? :-)
Personalmente non ho ancora ben chiaro cosa sia la felicità. Ho però notato che:
- le occasioni per essere felici sono numerosissime
- cogliere una di queste occasioni è un buon modo per raggiungere la felicità
- se si interrompe la propria "attenzione" per cogliere "un'altra delle occasioni di felicità" improvvisamente provo un senso di frustrazione
In sintesi non posso dire nulla sulla soggettività delle occasioni per essere felici ma posso dire che una causa oggettiva dell'infelicità è l'ingordigia da felicità
Leggere Cioran mi regala spesso momenti di inaspettata felicità ;-)
molto interessante, la verità quindi sembra essere nel mezzo, o in questo caso la felicità
Non credi che la "gioia" o il "piacere" che nel video chiami felicità raggiunta attraverso il "prozac" sia effettivamente diversa dalla condizione di felicità iniziale di cui parlavi? quella condizione permanente? magari quella che potenzialmente esiste quanto tutti i tuoi desideri vengono soddisfatti? o meglio nel momento in cui sei a corto di desideri e quindi non desideri piu niente? non è forse quello l'uomo felice?
Di fondo credo che ci sia una differenza tra felicità e piacere. Che ne pensate?
Rick ti segnalo un videogioco uscito da qualche mese: Nier Automata. E' pieno zeppo di filosofia, passando dalla religione ai sentimenti provati dagli androidi e dalle biomacchine, ma molto, molto altro. Sarebbe fantastico se tu ne parlassi. Una volta finito il gioco, che è uno dei migliori di sempre a mio avviso, ho pensato ad una tua analisi dell'opera da un punto di vista filosofico. Fammi sto regalo
me lo segno, ma è per PS4, io ho la 3! Magari in un futuro non troppo lontano... ;)
Secondo me esistono, semplificando, tre stati d'animo fondamentali: la felicità, la serenità e l'infelicità. La felicità è lo stato d'animo di euforia e soddisfazione, la gioia massima, mentre l'infelicità è il suo opposto cioè la sofferenza. La serenità invece è lo stato d'animo 0, la via di mezzo contraddistinto da emozioni neutre, quando cioè non possiamo dire di star soffrendo ma non siamo nemmeno felici. Questi tre stati d'animo si avvicendano nel corso della nostra vita ed è impossibile eliminarli. Ci saranno sempre dei momenti in cui li proveremo, tutti e tre. Questo vuol dire che non potremmo mai aspettarci di vivere solo uno o due di quegli stati d'animo. Quindi vorrebbe forse dire che la felicità è un'utopia? Dipende tutto da come la si definisce, perché in ciò che ho detto è nascosto un concetto fondamentale, e cioè il tempo: si può parlare di gioia, serenità e dolore riferendosi ad un attimo esistenziale, mentre il bilancio totale della nostra vita non è altro che la somma di tutti i suoi attimi. La qualità della vita è il parametro che esprime questa somma; se diciamo che un uomo fa una "vita da cani", probabilmente vogliamo dire che ha avuto pochi attimi di gioia e di serenità.
Dopo queste premesse la mia definizione di felicità è molto semplice: la felicità è l'integrale dello stato emotivo rispetto al tempo. Vale a dire che io la interpreto come una somma, e le somme possono avere un valore positivo anche se alcuni addendi sono negativi. Quanto più tale somma è positiva quanto più la nostra vita è felice, quanto più numerosi sono i momenti di gioia e serenità tanto più potremmo dire di aver vissuto una vita piena e soddisfacente. Se partiamo dal presupposto che tutti gli addendi (rappresentati dagli stati d'animo istante per istante) debbano essere tutti per forza positivi allora non otteniamo nulla perché non possiamo controllare la realtà e ci saranno sempre elementi esterni capaci di generare dispiacere.
Per raggiungere questo obbiettivo bisogna usare la razionalità per evitare i momenti di sofferenza, risolvendo al meglio i problemi e cercando di dominare le proprie emozioni negative, e al contempo riuscire a conoscere sé stessi per trovare cosa ci fa provare davvero delle emozioni positive, nonché per permetterci di goderne a pieno senza limitazioni. Per questo secondo me è irragionevole parlare di felicità nel caso di chi fa del male agli altri, perché anche se quell'azione ci porta emozioni positive le conseguenze di tale azione (giuridiche e nelle relazioni con gli altri) si portano dietro un sacco di problemi che ci porteranno alla sofferenza. Quindi è come l'assunzione di eroina, potrà anche renderti felice lì per lì, ma questi effetti positivi sono ben più che compensati con le sofferenze successive, quindi se consideriamo la felicità come l'ho definita io non la otterremo mai in quel modo. Viceversa se ci spogliamo di tutti gli elementi esterni rinunciando alle ricchezze, eliminiamo tutti quegli aiuti che ci permetterebbero di risolvere i problemi.
Quindi alla fine sono d'accordo sul fatto che la via migliore sia la via di mezzo, l'equilibrio.
La felicità non è uno stato, è un divenire, mutabile come il mare...non esiste uno "STATO" di felicità ma solamente la tranquillità o la serenità come costante ( e anche questo è difficile), la definizione che più si avvicina a FELICITÀ è quella che vede la vede come attimo, momento, istante, la felicità è infatti RICORDO...la sua essenza è in realtà istantanea, il resto è come il crepuscolo per il Sole, la luce senza però la presenza della "sfera" solare vera e propria, è un continuo ricordo di quell attimo.
Pensare di essere felici in un lasso temporale o in un periodo è irrazionale, per farlo dovremmo fermarci, ma la staticità è filosoficamente la madre dell angoscia, la felicità è un bacio, un bicchiere di vino, un' esplosione, una visione estatica fugace, un sogno, un profumo, una cromatura della luce tra le foglie, un quadro, una competizione, un trionfo...
Nulla di statico porta alla gioia, nulla di continuo, nulla di sicuro...la felicità NON può lavorare come "posto fisso" nella vita, quelli che più lo hanno capito sono gli asceti orientali, togliere il desiderio di " tranquillità beata" perche non c è, anzi Schopenauerianamente così nasce l' angoscia...la felicità è in poche parole un BLAST! Un esplosione (metaforica) forte in grado di creare una cicatrice d'estasi nella nostra persona.
Cos è dunque *per sempre felici e contenti?* ...beh non esiste a livello di costante logica, l'unica costante è l'angoscia, ma possiamo ( come disse qualcuno) riempire la vita di attimi squisiti, ergo vale la pena di essere ottimisti!
Alice: "Quanto tempo è per sempre?"
Bianconiglio: "A volte solo un secondo".
Secondo me la felicità deriva dalla possibilità e la capacità di scelta di fronte a ciò che la vita ci mette di fronte e dalla consapevolezza di sé.
Deriva dalla propria capacità di saper interagire con gli altri o con se stessi senza doversi nascondere, essendo ciò che siamo. Dalla comunicazione.
È uno scambio reciproco interiorizziamo le idee e esteriorizziamo ciò che siamo.
Ricordiamoci che siamo animali sociali. Isolarsi in un eden non è la soluzione. Abbiamo bisogno di un contatto esterno per rinnovarci.
Credo anche io che la razionalità è importante.
In definitiva ogni individuo troverà la propria risposta. Ci sono molti modi per trovare il proprio equilibrio. Ma SCEGLIERE è la chiave. Perché solo io so cosa mi farebbe felice in questo momento.
Ok forse sono andata fuori tema, ma chissene.
Allo scopo consiglio le lezioni di Deleuze su Spiniza, "cosa può un corpo"
L''unica cosa che serve per la felicità è la volontà di vivere ,anche quando si soffre se si ama la vita e si è grati di esistere si può essere felici.
Per come la vedo io ambire ad una felicità eterna è solo una fatica inutile e vana.
Quello che a noi fa stare bene è solo una emozione provocata da uno stato di cose esteriori ed interiori; ma possiamo affidare la nostra vita, le nostre ambizioni e le nostre fatiche ad un solo sentimento per poi finir di perdere ciò che realmente ci circonda?
Per fare degli esempi pratici: sarebbe bello vivere in una famiglia idilliaca "alla mulino bianco"? E possibile affrontare un lutto senza una lacrima? Una persona non si arrabbierebbe se sapesse di aver subito un grande torto?
in conclusione so di essere umano (fatto di carne, ragione ed anima) e con la mia umanità accettato anche tutte le possibili emozioni che ne derivano.
Ottimi pensieri su cui lavorare 😊
bellissimo sapolsky l'ho scoperto nel movimento zeitgest
non dico la felicità , ma un pochino di serenità.
come Francesco d'Assisi (tra l'altro ho appena finito il libro)
sei un grande
dal 16 minuto mi hai fatto ricordare il mondo nuovo di huxley e del soma
ops non avevo visto il seguito del video ahahah
che gentile. ma volevo chiederti dove hai trovato quei test che affermerebbero un piacere a chi fa del male. ovviamente dimostrando che il soggetto non sia malato o pervertito? mi interessa per confrontare quests tua riflessione con i corsi aleph che si basano su un particolare animismo interpretativo
Ho cercato ma non riesco a trovare un articolo di Science di qualche anno fa in cui si parlava di Ted Bundy (tra gli altri) e del piacere reale che la carneficina provocava nelle persone. Ma in realtà di questo aveva già parlato anche Freud (Psicopatologia della vita quotidiana). Non è una novità ;)
È un argomento che mi terrorizza e sta molto a cuore .probabilmente spinoza ha fatto centro, dobbiamo imparare a usare la ragione per comprendere di cosa abbiamo veramente bisogno e cercare di raggiungerlo . Siamo fregati quando non abbiamo i mezzi per farlo.
Hai dimenticato l'evoluzione finale e completa, a mio parere, del pensiero "umano" riguardo la felicità, diretta continuazione del pensiero di Seneca (che difettava di gnosticismo, però): la teologia cristiana. È con il Cristianesimo che si riconciliano corpo, mente e anima, lì si eleva verso un percorso concreto di raggiungimento della felicità che elimina le eventuali derive relativiste, soggettiviste (e psicopatologiche) che tu giustamente citavi, grazie alla rivelazione del progetto della Creazione dell'Uomo e delle sue "istruzioni per l'uso" da parte del Creatore stesso, che guida quindi il processo di conoscenza non di se stessi in quanto monadi, ma in quanto esseri in relazione, con il Signore e con il prossimo.
Ps. La provocazione sulla felicità biochimica è smentita anche dalla diversa presentazione delle connessioni sinaptiche che definiscono il nostro io: a mio parere fornire del prozac come farmaco della felicità sarebbe più un drogare le persone che una cura di questo bisogno (aggiungo io, bisogno di Dio) dell'uomo. La biochimica è una scienza, la medicina no (sebbene si fondi su materie scientifiche). E lo dico da laureato in medicina 😂 quindi contro la mia categoria 😅
Io ero molto infelice, mi ha salvato Gesù Cristo. Scherzi a parte la verità non è tanto lontana dallo scherzo: Sono sempre stato interessato a questioni metafisiche riguardanti la Morte o l'Anima, e nel corso delle mie solitarie riflessioni sono giunto a personali conclusioni che coincidono quasi nella totalità alle idee espresse dalla filosofia dell'Advaita Vedanta che mi ha fatto scoprire il caro Luca. Ciò che coincide totalmente è la mia idea di Anima che è esattamente il concetto espresso con il termine di Atman. Ho sofferto per anni di depressione e al togliere i farmaci che stavo assumendo si stavano ripresentando tutti i sintomi, così mi sono soffermato a riflettere sul fatto che ciò che provavo era dovuto allo scompenso biochimico nella mia testa, poi mi sono ricordato che io non sono solo stupida biochimica e che quindi posso ignorare lei e i pensieri che porta. Problema risolto, chissà se funziona con qualunque altro tipo di sofferenza o insoddisfazione...
Molto d'accordo col discorso di Spinoza. Mi stupisce però che tu non abbia neanche citato la dottrina buddhista. Non mi riferisco a nulla di spirituale, ma solo la filosofia che ci sta dietro. Sono convinta che gli orientali abbiano capito come stare bene millenni fa, noi occidentali siamo rimasti indietro da questo punto di vista... Infatti basta praticare un po' di mindfulness e tutte le persone ne traggono benefici nel giro di poco tempo. Vedo la felicità come un esercizio mentale che ognuno può provare a fare su se stesso, basta solo sapere come praticare. Non è solo la biochimica che agisce su di noi ma anche noi che, coi nostri atteggiamenti e comportamenti, agiamo sulla nostra biochimica modificandola. Non sono d'accordo col discorso psicofarmacologico perché le neuroscienze sono ancora troppo indietro, ho conosciuto troppe persone che sono state rovinate dai farmaci senza ottenere miglioramenti nell'umore. Se non sbaglio il Prozac è stato addirittura bandito in America, per via di gravi effetti collaterali. Sarebbe troppo semplice sennò, e non esisterebbe più la depressione, se bastasse ricorrere ai farmaci.
la felicità per essere gustata appieno, non dovrebbe essere permanente, ma fugace e altalenante. Non si può gustare il dolce, se non si assaggia mai l'amaro, penso al caffé amaro, o ai dolci amari, che un tempo venivano consumati più frequentemente. Adesso siamo spinti da campagne di marketing a cercare sempre la felicità. Bisognerebbe imparare a pensare con la proposta, accettando ciò che non ci piace, per godere appieno di pochi momenti veramente felici
A parer mio, la felicità eterna non può esistere. semplicemente perché non può esistere la felicità senza ľinfelicità che permette la variazione alla quale noi diamo poi una classificazione. Se fosse tutto monotono noi non ci accorgeremmo di nulla proprio perché ľorganismo umano è fatto di percezioni in risposta agli stimoli che ci vengono inviati dal mondo esterno. E tengo anche a far notare un aspetto delľuomo, che sebbene affascinante e spesso punto di forza, in questo caso rappresenta una debolezza: lo spirito di adattamento. l'uomo si adatta e con sé anche il suo pensiero. Una volta felice comincerà perciò a ragionare secondo i parametri del momento e considererà scontato ciò che vive.
Secondo me non esiste LA felicità, ma diversi tipi di felicità...la felicità secondo me è relativa, rispetto alla persona e rispetto alla fase della vita in cui si è...uno è felice secondo me quando vede soddisfatto un bisogno, che può essere naturale oppure sociale (il bisogno per esempio di essere considerato dagli altri, di avere amici etc...), questi bisogni sono basilari e soddisfarli provoca assenza di turbamento, quindi in definitiva per me la felicità è l atarassia. Un' altra cosa è la sensazione di felicità, che si può raggiungere col prozac, ma neanche quella è vera felicità perchè quando ti viene a mancare non sei più felice
La felicità è uno stato di coscienza, in cui una persona vive costantemente, quando raggiunge la piena consapevolezza di ciò che è veramente, al di là di ciò che ha, o fa. Questo porta alla totale assenza di preoccupazione: un individuo che annulla qualsiasi tipo di preoccupazione, non può che essere felice. Tutto questo avviene solo quando comprendiamo e accettiamo la realtà per ciò che veramente è, alla quale noi stessi siamo collegati facendone parte.
La persona "più felice" che io conosca è una persona molto religiosa che basa la sua felicità nella fede. Si può pensare che chi crede in dio creda in qualcosa di inventato dall'uomo, però se così fosse, in questo caso, quel qualcosa inventato dall'uomo ha portato comunque ad una "vita felice" e serena che accetta anche le difficoltà
Io non ho capito una cosa: se una felicità duratura sì può raggiungere tramite un equilibrio di bisogno fisico e mentale, quindi tramite raziocinio io mi chiedo: ma le emozioni? Gli istinti? Quella parte così profonda di noi che a stento conosciamo che fine fa? Io credo che in questo modo si può ottenere la felicità, ma per farlo bisogna rinunciare a questa parte di se? Io penso che la felicità si può raggiungere sì nel mezzo fra corpo e mente, però...se è gestito solo dalla parte raziocinante come si può vivere così, senza emozioni?
SIIIIII, LA CHIMICA TI RENDE FELICE!!!!! :D (scusa ma non potevo certo trattenermi) CHEM IS TRY to be happy
io l'ho sempre detto che la droga è la soluzione x essere felice, il problema è che NON bisogna essere sempre felici x vivere, c'e bisogno di tutti gli stati d'animo
E' tutto nel manuale delle giovani marmotte.
Salve, sono un ragazzo ventiseienne di Pordenone, che sa cosa voglia dire essere in depressione. Sei un ragazzo giovane e apparentemente intelligente e voglio domandarti ciò: ma se invece di tirare fuori teorie e teologi da ogni parte ( visto che comunque non è che Socrate ecc fossero Dio in terra e noi siamo deficienti rispetto a loro.. siamo tutti esseri umani dotati di cervello per pensare ) la risposta a tale quesito fosse più semplice? Ti dico come la penso: nel mondo odierno, e forse da sempre, tutti si preoccupano principalmente ( se non unicamente ) dei cazzi propri. Quindi perchè la felicità mi deve derivare dalle altre persone, se io stesso sono quasi non tra le cause che rendono felici gli altri? Io credo che ognuno di noi dovrebbe: 1) prendere tutte le cose con leggerezza, avere la calma dentro, e con ciò intendo anche di visualizzare la strada positiva (la soluzione ) per quanto riguarda tutte le soluzioni negative ( e con ciò si elimina lo stress ossia una delle maggiori cause di infelicità nell'individuo ); 2) pensare principalmente solo a se stesso e a ciò che lo rende felice ( intendo piccole cose, come ad esempio serie tv, uscire con amici, ridere, guardarsi un film Disney, fare cruciverba, viaggiare ogni tanto, ecc; se si punta, come facevo io, alla felicità legata a grandissimi traguardi si riceveranno soltanto delusioni ). Senza tirare fuori Ciccio Caio e Sempronio.. anche perchè ( e qui arriviamo al terzo punto che ho imparato dalla cura contro la depressione ) la vita di ognuno di noi è caratterizzata/ dovrebbe essere caratterizzata dalla seguente formula: lavoro + felicità. Non importa se fai il lavoro dei tuoi sogni o meno, l'importante è che queste due "forze"/entità siano equilibrate. Dopo ovviamente le "avventure", come le chiamo io, ossia novità rispetto alla solita routine quotidiana che sia un viaggio in un luogo in cui non si è mai stati piuttosto che una giornata un pelo particolare e diversa rispetto alle altre oppure instaurare nuovi rapporti d'amicizia e frequentare nuove persone o ancora eventi e/o concerti eccetera aumentano gli stimoli e di conseguenza anche lo stato emotivo positivo del soggetto :) Io la penso così
forse sarà la felicità del"anima o dello spirito!!!!!quella interiorita tipo i monaci shintoisti!!!!!ma forse tu parli delle gratificazioni materiali!!!!!chissà?????
Probabilmente c'è chi ci riesce,per me è un utopia,nemmeno momentanea
Quando fai il raduno?
quale raduno?
a riguardo vi suggerisco un libro interessantissimo; Walden di Thoreau
Secondo me felicità e istinto di sopravvivenza(legato presumibilmente allo scopo della vita) camminano insieme. Oggi che l'essere umano vive in cattività, inventandosi ipotesi di liberalismo che lo incatenano sempre di più, parlare di felicità come possedere cose inutili, o drogarsi,.. è solo retorica. Sono abbastanza incline a pensare che la felicità derivante dalle cose o da viaggi o dallo sballo sia più appagamento di curiosità,.. che ovviamente può avere effetti sulla chimica ma non certo sia lo scopo principale. Anche chi lascia tutto per sposare una vita alternativa non può certo avere quelle sensazioni di realizzazione che poteva avere un uomo che per esempio riusciva a trovarsi cibo senza sapere come oggi che gran parte del cibo prodotto viene buttato,.. non so se mi spiego Ormai l'inquinamento mentale di queste società è il freno della realizzazione degli esseri umani, i dati delle malattie mentali, delle depressioni, dei suicidi nei paesi più industrializzati lo dimostra. Per non parlare degli effetti tragici del capitalismo dal precariato, alla competizione per le briciole tirate dall'alto, all'accentramento di potere,... cose che creano lo schiavo perfetto che ama e venere le sue catene.
Assumendo ossitocina il mio organismo non ne produrrebbe sempre meno?
Grazie per questo video; forse il più bello visto fin'ora!
È interessante domandarsi perché è stata creata la psicanalisi, mi piacerebbe vederne un video al riguardo. Ovvio che l'uomo sia infelice da sempre, ma da due secoli a questa parte la tristezza rientra facilmente nella definizione di patologia. Che ne pensi?
penso che siamo passati dalla libertà di essere felici alla necessità di essere felici, e forse quest'ultima è il contrario della felicità :) Grazie del commento!