In tutto questo filone di pensiero, che parte con Platone e Aristotele, si tende sempre un po' troppo a confondere scienza e filosofia. Per questo si crea sempre un'atmosfera una perenne di ossessione e inconcludenza. La filosofia si trova troppe volte il malsano compito di fare l'ancella della scienza, per spiegare (ex - plicare, dispiegare, srotolare per rendere chiaro) qualcosa che non potrà MAI essere spiegato.
in breve: poiché non riesco a spiegarmi tutto il reale allora esiste l'assoluto? Davvero? E se al posto dell'assoluto mettiamo qualsiasi cosa? E che dire del concetto di negazione classica che serve per certi ragionamenti circolari? E poi infine sarebbe sufficiente ridefinire cosa è "assoluto" poiché è necessario per reggere certi ragionamenti provarne l'unicità.
Guarda che ad oggi, dopo secoli di grandi menti scientifiche e filosofiche, ancora non si ha una risposta definitiva. Come dire chi non trova fuori cercasse dentro.
Purtroppo questa è una concezione sbagliata della filosofia, quella utilitaristica. E cercare in essa una consolazione o una spiegazione di cose inspiegate, equivale a ricadere dentro il dogma metafisico.
madmath 1971 in filosofia prima di formulare giudizi bisogna assicurarsi di aver compreso bene il significato dei termini. "Assoluto", come il prof. Berti chiarisce, non è qualcosa di dogmatico che si accetta per autorità o per credenza ecc, bensì è il principio logico-ontologico fondamentale e trascendente del nostro stesso pensare. Fondamentale in quanto "ab-solutus": ciò che "è sciolto da" altro, ovvero ciò che sussiste in sé, ciò che si sa, l'atto originario del "sapersi". Con ogni evidenza noi (e ancor meno il mondo) non possiamo essere l'Assoluto, l'intera o unica realtà, perché noi non abbiamo in noi stessi la ragione del nostro esserci, cioè non "sappiamo" il nostro essere e per questo ne domandiamo il perché o la causa: il nostro pensare, essenzialmente, coincide con questo domandare. La realtà (nostra e del mondo) è per questo "problematica", domanda ultima di senso, e da ciò consegue logicamente che questa realtà - che non è assoluta - è per essenza "assoluto domandare", ossia domanda dell'Assoluto "trascendente": impossibile a sua volta da problematizzare, poiché è il fondamento di ogni problema (nulla può esserci di precedente a tale Assoluto logico-ontologico, che la metafisica classica da sempre chiama perciò l'Uno).
Grazie
In tutto questo filone di pensiero, che parte con Platone e Aristotele, si tende sempre un po' troppo a confondere scienza e filosofia. Per questo si crea sempre un'atmosfera una perenne di ossessione e inconcludenza. La filosofia si trova troppe volte il malsano compito di fare l'ancella della scienza, per spiegare (ex - plicare, dispiegare, srotolare per rendere chiaro) qualcosa che non potrà MAI essere spiegato.
in breve: poiché non riesco a spiegarmi tutto il reale allora esiste l'assoluto? Davvero? E se al posto dell'assoluto mettiamo qualsiasi cosa? E che dire del concetto di negazione classica che serve per certi ragionamenti circolari? E poi infine sarebbe sufficiente ridefinire cosa è "assoluto" poiché è necessario per reggere certi ragionamenti provarne l'unicità.
Guarda che ad oggi, dopo secoli di grandi menti scientifiche e filosofiche, ancora non si ha una risposta definitiva. Come dire chi non trova fuori cercasse dentro.
@@thecc3446 ma evitare perlomeno costruzioni metafisiche classiche farebbe bene. Vogliamo essere conservatori o andare Avanti? Io preferirei andare avanti
Purtroppo questa è una concezione sbagliata della filosofia, quella utilitaristica. E cercare in essa una consolazione o una spiegazione di cose inspiegate, equivale a ricadere dentro il dogma metafisico.
madmath 1971 in filosofia prima di formulare giudizi bisogna assicurarsi di aver compreso bene il significato dei termini.
"Assoluto", come il prof. Berti chiarisce, non è qualcosa di dogmatico che si accetta per autorità o per credenza ecc, bensì è il principio logico-ontologico fondamentale e trascendente del nostro stesso pensare.
Fondamentale in quanto "ab-solutus": ciò che "è sciolto da" altro, ovvero ciò che sussiste in sé, ciò che si sa, l'atto originario del "sapersi".
Con ogni evidenza noi (e ancor meno il mondo) non possiamo essere l'Assoluto, l'intera o unica realtà, perché noi non abbiamo in noi stessi la ragione del nostro esserci, cioè non "sappiamo" il nostro essere e per questo ne domandiamo il perché o la causa: il nostro pensare, essenzialmente, coincide con questo domandare.
La realtà (nostra e del mondo) è per questo "problematica", domanda ultima di senso, e da ciò consegue logicamente che questa realtà - che non è assoluta - è per essenza "assoluto domandare", ossia domanda dell'Assoluto "trascendente": impossibile a sua volta da problematizzare, poiché è il fondamento di ogni problema
(nulla può esserci di precedente a tale Assoluto logico-ontologico, che la metafisica classica da sempre chiama perciò l'Uno).
State contenti, umana gente, al quia;
chè se possuto aveste veder tutto,
mestier non era parturir Maria.
Questa lezione è la più problematica