4_𝗜𝗠𝗠𝗔𝗚𝗜𝗡𝗜 𝗗𝗘𝗟𝗟𝗔 𝗩𝗘𝗥𝗜𝗧𝗔̀: 𝗧𝗢𝗠𝗠𝗔𝗦𝗢 𝗗❜𝗔𝗤𝗨𝗜𝗡𝗢, 𝗙𝗟𝗢𝗥𝗘𝗡𝗦𝗞𝗜𝗝 𝗘 𝗦𝗘𝗩𝗘𝗥𝗜𝗡𝗢. Confronto G. Barzaghi - N. Cusano

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  • Опубліковано 25 жов 2024

КОМЕНТАРІ • 18

  • @mauriziochiamori9165
    @mauriziochiamori9165 2 роки тому +7

    Padre Barzaghi, nonostante le continue interruzioni dell'interlocutrice, è chiarissimo.

  • @henriettehayon6893
    @henriettehayon6893 2 роки тому +2

    Padre è chiaro che lei ha in mano la leadership spirituale di questa generazione
    Non l'abbandono per carità se no si affonda,grazie padre, grazie Dio

  • @glossatore5066
    @glossatore5066 2 роки тому +3

    Grandissimo padre Barzaghi, specie nella disamina dell'infinito.

  • @Abendland-Europe_Il-Sintetico
    @Abendland-Europe_Il-Sintetico Рік тому +2

    Bellissima conferenza bravi, grazie

  • @lucianaleporoni4206
    @lucianaleporoni4206 9 місяців тому

    Una conferenza " strizzacervello"!!! Molto utile, grazie!!!

  • @francescadisanza9879
    @francescadisanza9879 Рік тому

    Che bella buia! Grazie per la discussione mi avete entusiasmato

  • @flavladollmeni7692
    @flavladollmeni7692 2 роки тому +6

    👏👏👏👏infiniti per P.Barzaghi

  • @ermannovergani3574
    @ermannovergani3574 2 роки тому +1

    L'auto-confutazione in cui s'imbatte Severino può essere mostrata a partire dalla comprensione dell'astrattezza dell'identità dell'esser-sé immutabile così come Severino la intende dalla quale discende un'idea astratta del mutare dell'essere del quale egli ritiene di aver mostrato inconfutabilmente l'impossibilità.
    La totalità delle identità-differenze sincroniche (= non diacroniche = simultanee) che è ed appare nella dimensione che Severino chiama "apparire infinito" (cioè nella verità dell'essere dove tutte le contraddizioni sono risolte) si dimostra infatti insufficiente a determinare in modo esaustivo l'essere e l'apparire degli essenti entro la dimensione che Severino chiama "apparire finito".
    In sostanza, la relazione tra finito e infinito così come è stata posta da Severino presenta ancora un residuo nichilistico che, se non viene debitamente corretto, determina la nullificazione dell'esser-sé della determinatezza di ogni differenza diacronica ( = processuale = non simultanea).
    Se seguiamo Severino infatti mi sembra inevitabile imbattersi nel problema di doversi limitare ad affermare il mero APPARIRE della determinatezza di ogni differenza diacronica, senza riuscire ad affermare (come necessario) anche l'ESSERE della determinatezza di ogni differenza diacronica, ossia di ogni specifica diacronia, ossia di ogni nesso ontologico che correla il prima al poi.
    Sono d'accordo con Severino che l'interpretazione del divenire come "diventare altro" sia una cattiva interpretazione, ma allo stesso tempo se vogliamo comprendere a fondo il divenire non basta fermarsi a mostrare l'incontraddittorietà della totalità delle differenze sincroniche.
    La rimozione di valenza ontologica al divenire (perché essa costituirebbe l'affermazione del "diventare altro" dell'essente) implica a mio avviso di porre l'identità dei non identici in quanto l'esser-sé dell'«apparire non più / non ancora» viene ad essere identificato all'esser-sé del «non apparire» simpliciter cioè prescindente dalla determinatezza della specifica diacronia del poi rispetto al prima e del prima rispetto al poi.
    Se l'esser sé diveniente viene annullato allora il "non più" e il "non ancora" non hanno più alcuna consistenza ontologica, sì che l'esser sé di qualcosa che "non appare" è identico all'esser sé di qualcosa che "non appare ancora" ed è identico all'esser sé di qualcosa che "non appare più".
    Si può ricorrere alla seguente formulazione:
    (1): [A = x(t-1) - x(t)] = [x(t-1) - x(t) = A]
    la quale esprime l'esser sé dell'apparire della differenza diacronica determinata del «non apparire più» di ciò che a x(t-1) conveniva PRIMA del sopraggiungere di x(t) e del «non apparire ancora» di ciò che a x(t) converrà DOPO il suo essere sopraggiunto ad x(t-1).
    Severino, come è noto, nega consistenza ontologica alla determinatezza dell'essere il prima una specifica diacronia rispetto al poi e dell'essere il poi una specifica diacronia rispetto al prima in quanto nell'apparire infinito nulla può sopraggiungere in quanto in esso tutto è già da sempre ed eternamente. La situazione prospettata da Severino nell'apparire infinito può essere indicata mediante la formula che esprime l'esser-sé dell'apparire prescindente da ogni riferimento al tempo (t), ossia eliminando dalla (1) l'essere il prima una specifica diacronia rispetto al poi e l'essere il poi una specifica diacronia rispetto al prima, o, che esprime in altri termini l'esser-sé dell'apparire del «non apparire simpliciter» di un determinato processo diacronico, nel modo seguente:
    (2) [A = x] = [x = A]
    Ora: per Severino, la "differenza di essere" della (1) dalla (2) non può sussistere in quanto tra la (1) e la (2) può sussistere SOLTANTO UNA DIFFERENZA DI APPARIRE. Infatti nella (2) la soppressione della "t" che compariva nella (1) sta a indicare che la processualità diacronica nell'orizzonte immutabile dell'apparire infinito non soltanto non deve apparire, ma soprattutto deve essere priva di consistenza ontologica in quanto è necessario che nell'infinito sia nulla la differenza DIACRONICA tra ciò che non appare ancora e ciò che non appare più, laddove invece la (1) esprime l'esser sé dell'apparire della determinatezza del «non apparire più» di ciò che a x(t-1) conveniva PRIMA del sopraggiungere di x(t) e del «non apparire ancora» di ciò che a x(t) converrà DOPO il suo essere sopraggiunto ad x(t-1).
    Alla luce delle considerazioni svolte si comprende perché l'ontologia severiniana sia impossibilitata a porre nell'apparire infinito la distinzione tra la (1) e la (2) che QUANTO AL LORO ESSERE consistono nel medesimo, proprio in virtù del senso dell'immutabilità dell'identità severiniana che è del tutto indifferente al tempo, non essendo riconosciuta al divenire (in quanto diacronia) alcuna concreta consistenza ontologica, ma solo il suo apparire astratto nel finito.
    Per ricorrere ad un esempio che era assai caro al maestro Severino, poniamo che la (1) si riferisca all'esser sé dell'apparire (A) del differire diacronico determinato tra la legna x(t-1) e la cenere x(t) che conviene alla determinazione del processo di combustione (x) considerato.
    Sì che la (1) significa l'esser sé dell'apparire (A) della differenza diacronica fra il «non apparire più» di ciò che alla legna conveniva PRIMA del sopraggiungere della cenere e il «non apparire ancora» della cenere che alla legna converrà DOPO il suo essere sopraggiunta alla legna.
    La (2) significa l'esser sé dell'apparire (A) del «non apparire simpliciter» del processo di combustione (x).
    Stante il senso dell'identità severiniana che si riferisce all'essere immutabile (non diveniente nel tempo) nell'apparire infinito non è consentita ALCUNA DIFFERENZA DI ESSERE tra la (1) e la (2) che quindi sono il medesimo.
    Stante inoltre che nell'apparire infinito essere ed apparire sono il medesimo, ne segue che l'interpretazione non nichilistica del divenire, da ultimo, per Severino deve concludere non soltanto che l'essere-sé diveniente non appare, ma che propriamente non è.
    Questa conclusione tuttavia si regge sull'insolubile aporia in cui si chiude l'ontologia severiniana, poiché essa, da un lato, non può negare l'apparire del divenire processuale e, dall'altro, in quanto esso è necessariamente un nulla ontologico, a rigore, non potrebbe neppure venire affermato come apparire del divenire processuale, in quanto è lo stesso Severino a sostenere (in Essenza del Nichilismo) che il nulla non può apparire.
    Concludendo, Severino non riesce a porre la negazione di valenza ontologica al divenire poiché tale negazione subisce la sorte di auto-negarsi per via di confutazione elenctica, stante la necessità che ad apparire sia sempre ed inevitabilmente un esser-sé e quindi tale negazione si auto toglie in quanto negazione della necessità che il sopraggiungente includa l'esser sé che compete alla propria determinatezza diacronica (= diveniente).

  • @MarcoDiNapoli
    @MarcoDiNapoli 2 роки тому +1

    Bellissimo scambio, complimenti

  • @anypotheton
    @anypotheton 2 роки тому +1

    3/3
    Quanto, infine, al tema della negazione.
    Se fosse vero che la negazione implica ciò che intende negare (lo presuppone come essente), dunque non riesco a negarlo, se ciò fosse vero, Cusano e chi lo sostiene, dovrebbe concludere che MAI negazione vi può essere.
    Ciò comporterebbe l'identificazione immediata di PRESUPPOSTO (immediatamente dato, ipotetico, posizione pretesa, posto prima di essere veramente posto) ed INNEGABILE (innegabile = innegabilmente, veramente posto).
    Il che è assurdo.
    Che è come dire che un siffatto élenchos è una mera finzione: se il presupposto è posto, allora è posto (essente, innegabile). Ma che sia posto è solo presupposto, poiché si è di fatto abolita (resa previamente inefficace, facendola dipendere da ciò che dovrebbe negare: il presupposto).
    Che è ancora come dire: tutto è innegabile, perché la negazione è ineffettuale, perché la negazione è radicalmente impotente (o così la s suppone).
    Ma "abolire" in tal senso, riducendola ad impotenza, la negazione significa negare la negazione cioè contraddirsi, pretesa impossibile di annullare l'innegabile atto di negazione. Equivale cioè proprio a quella negazione pura, totale, assoluta che si risolve in non-negazione affatto (negativo, nulla).

  • @anypotheton
    @anypotheton 2 роки тому

    1/3
    Temo che la "suggestione emozionale" di cui al min.42:00 circa (espressione meramente retorica con cui la prof.ssa Cusano crede - appunto, crede - di liquidare "l'altro infinito", altra aberrante espressione che cito letteralmente) sia solo quella di chi, come appunto Cusano, pretende - pretesa che, pensata, si rivelerebbe contraddittoria cioè impossibile - di assolutizzare ovvero estendere anche all'assoluto (essere, infinito) la logica determinativa propria del significare cioè del dire.
    Pensare e dire non sono il medesimo, per fortuna di chi pensa veramente e non dice di pensare ("pensando" cioè sulla base della struttura del dire, del linguaggio).
    La suggestione emozionale (cioè ateoretica) è di chi cade in questa con-fusione di livelli, non essendo consapevole dei limiti del linguaggio (o del linguaggio come tale quale limite), a cui il pensiero inevitabilmente si affida per esprimersi ma di cui, appunto perché consapevole, non subisce i limiti, scambiando l'inevitabilità con la necessità o, se si preferisce, con la autentica originarietà.

  • @anypotheton
    @anypotheton 2 роки тому

    2/3
    Detto in maniera essenzializzata...
    Dato che il cosiddetto "principio di non contraddizione" è, propriamente parlando, principio di determinazione, quindi di significanza, si deve (o si dovrebbe) riconoscere, che sarebbe contraddittorio assolutizzare il pdnc, ossia estenderlo (imporlo) allo stesso assoluto (all'essere, all'infinito), che è poi l'unica effettiva identità, l'unico incontraddottorio.
    Con una battuta seria andrebbe aggiunto o esplicitato che imporre il pdnc all'assoluto è una assoluta "impostura".

  • @henriettehayon6893
    @henriettehayon6893 2 роки тому

    L'infinito è antecedente

  • @gestidiversi
    @gestidiversi 2 роки тому

    Bella intervista! Suggeriamo anche questa fatta qualche giorno fa. grazie!!
    ua-cam.com/video/WiN8QThGJJE/v-deo.html

  • @sergiopiva4340
    @sergiopiva4340 Рік тому

    Borges :il miracolo segreto

  • @laramei3933
    @laramei3933 Рік тому +1

    Signorina butti la pasta per favore!!