Toscanini sings "Morrò, ma prima in grazia" / Eugenia Burzio vs Toscanini
Вставка
- Опубліковано 27 лют 2011
- DUELING DIVAS ~ Eugenia Burzio vs. Toscanini in Verdi's Un Ballo in Maschera
(Toscanini could never abide anybody at all taking a gram of attention away from him... Like somebody ever paid any attention to an old man with a stick when Eugenia Burzio was on stage!)
At 3:50 ARTURO TOSCANINI sings "Morrò, ma prima in grazia".
This is from the rehearsals for the last complete opera Toscanini conducted (Un Ballo in Maschera), in January 1954, in Carnegie Hall, with the NBC Symphony Orchestra:
L'ul _ _ ti _ mo, sa _ _ _ rà - e alòra!!!!! brrrrr, oh Madonna Santissima!!!!
Un Ballo in Maschera - Preludio - Toscanini NBC (1954):
• Un Ballo in Maschera -...
-------------------------------------
40 years before, Milano, Pathé 86381...
EUGENIA BURZIO sings "Morrò, ma prima in grazia" (at 0:01)
La Burzio dominated the stage of La Scala as its primadonna assoluta between 1906 and 1920, widely known as "la tigressa"... In 1908, she became involved in a heated argument leading to a screaming match with Toscanini during a rehearsal at La Scala. This led to her withdrawal from La Scala for three years...
A finely wrought performance, unusually deliberate in its pacing, properly dolorous... Burzio's ability to sustain allows her to inflect the line more dramatically - and what expressive voice! La patronessa del Verismo was an actress of gripping intensity. The aura of tragic dignity she lends this whole prayer put other renditions of this aria in the shade. Her dramatic instincts are particularly apparent in in the expansive tenderness she lends to the phrase, "consolino i suoi ba _ _ _ ci" (1:48)
Her attention to the significance of the text is exceptionally insightful. It seems as though she is always singing in italics. Listen, for example, how she varies that freighted and repeated "che mai più non vedrà!" (2:49).
-------------------------------------
"Eugenia Burzio (20 June 1872, Poirino, Piedmont* - 18 May 1922, Milan) was an Italian operatic soprano known for her vibrant voice and passionate style of singing ( ... ) She went on to enjoy a highly successful career throughout her homeland as a lyric-dramatic soprano, although her ardent, larger-than-life mode of vocalism was not calculated to appeal to the taste of more conservative British and American audiences, and this limited the scope of her international reputation ( ... ) Burzio was a magnetic actress and she became particularly associated with the music of the verismo school of composers, exemplified by Mascagni, Leoncavallo, Umberto Giordano and, to a certain extent, Puccini. She was a regular performer at Italy's pre-eminent opera house, La Scala, Milan, during the first two decades of the 20th century, appearing in a wide repertoire, often under the baton of Toscanini." **
From: en.wikipedia.org/wiki/Eugenia_...
* Eugenia Burzio was born in Poirino near Turin in what may well have been 1879, but a date as early as 1872 has also been suggested...
** In 1907 Burzio returned to La Scala, where Toscanini, a returnee himself that season, ushered her into her major repertory. After her early encounters with veristic roles, she moved into more traditional, classic parts, but lavishing upon them the same intensity and immediacy of response that won her her first laurels. Burzio sang Gioconda in what was the first performance of Ponchielli's opera at La Scala in eighteen years for want of an adequate soprano. Toscanini directed her there in Aida, La Wally, and Cavalleria Rusticana. In December 1907 she sang an enthusiastically received Tosca, also led by Toscanini, and the following February 1908 she enjoyed another successful run of Giocondas. That fall the conductor went to the Met in New York, and Burzio, after visits to Buenos Aires for Gli Ugonotti, returned to La Scala, now with Tullio Serafin at the helm, in Pacini's Saffo (January 1911). She opened the following season as Gluck's Armida, and three months later she introduced a triumphant Norma: • Eugenia Burzio - Casta...
-------------------------------------
Amelia's touching supplication to her husband, in which the weeping of the violoncello and the veiled key of E flat minor stretch to the last limits of grief this prayer of the wife and mother ("I die, but first in mercy allow me to embrace my son once more"):
AMELIA (genuflessa)
Morrò, ma prima in grazia,
Deh! mi consenti almeno
L'unico figlio mio
Avvincere al mio seno.
E se alla moglie nieghi
Quest'ultimo favor,
Non rifiutarlo ai prieghi
Del mio materno cor.
Morrò, ma queste viscere
Consolino i suoi baci,
Or che l'estrema è giunta
Dell'ore mie fugaci.
Spenta per man del padre,
La man ei stenderà
Sugli occhi d'una madre
Che mai più non vedrà!
-------------------------------------
jejeje... me quedo con Toscanini, no es cantante pero... que pasión, que modo de escuchar y sentir la música, ya lo escuche cantar el Sempre Libera de la Traviata, fantástico!
3:44 starts maestro Toscanini.
Thanks for YOUR comment, very much to the point. La patronessa del Verismo was a "belcantista"... who "violined out" her phrases overcharged with emotion. After her early encounters with veristic roles, she moved into more traditional, classic parts (Amelia, Saffo, Armida, Norma), lavishing upon them the same near-manic intensity --
Highly remarkable comments. I have correctly guessed your response and just wanted to clarify your position. For I know there are others on YT who think of Burzio's approach to belcanto roles as 'inappropriate'. I myself eagerly devour her fantastic singing..
Your commentaries are elegantly expressed....and wonderfully comprehension.
Needless to say, I have nothing but good things to say about the vocalization. Thank you for this splendid contribution to UA-cam.
Thank you so much for this.
Nessun'altra voce femminile d'inizio '900, in disco, risalta tanto
quanto quella di Eugenia Burzio. Lasciando perdere per un istante
l'ambito dello stile, del gusto e della tecnica, il timbro della Burzio
è, tra quelli nell'età della pietra del disco, l'unico ad essere
chiaramente definibile, a risaltare maggiormente, a persuadere l'udito
dell'ascoltatore attuale con straordinario calore. Aggiungendo poi una
personalità del tutto eccezionale, da autentico caposcuola, il discorso
si potrebbe già chiudere anche perché, a emergere pienamente non è il
timbro solamente, ma anche il suo straordinario temperamento. Se si
pensa alle voci di soprano drammatico di stampo italiano in principio
del '900 (e cioè le voci drammatiche femminili più complete in ambito
europeo), l'unica ad avere notevole risalto timbrico è la voce di
Celestina Boninsegna, che suona particolarmente calda e armoniosa, ma
che tuttavia è ben lungi dall'eguagliare il velluto di Eugenia Burzio.
Si sa che le voci femminili, almeno fino al 1924 in disco, non furono
mai captate felicemente o almeno, in maniera esaustiva, salvo casi
abnormi, come nella fattispecie. Giannina Russ, Ester Mazzoleni,
Angelica Pandolfini, Amelia Pinto, Rosina Storchio, Carmen Melis, Emmy
Destinn, Félia Litvinne e sicuramente molti altri nomi emergono o per lo
squillo,o per lo stile, o per la potenza, p per la delicatezza
d'emissione, ma nessun altro soprano d'inizio '900 timbricamente si può
definire in disco altrettanto esaustivamente quanto quello d'Eugenia
Burzio. Parlare di lei, della sua fulminante carriera e della tormentata
vita privata, indissolubilmente intrecciata a quella artistica, non è
facile. Il fatto che sia morta appena quarantenne, ormai novantadue anni
orsono, complica molto la via del recupero delle informazioni. Pur
essendo stata un'autentica dominatrice della scena lirica fino al 1913,
la bibliografia critica in suo riguardo è cospicua, ma credo non
all'altezza dell'importanza del personaggio. Dalla sua morte, avvenuta
in circostanze misteriose nel 1922, pochissimi critici hanno
approfondito seriamente la sua statura artistica e sostanzialmente,
nemmeno un biografo s'è fatto avanti per scrivere dettagliatamente la
sua vita. Nell'ambito della storia della vocalità, Eugenia Burzio ha
occupato un posto simile a quello occupato da Caruso per i tenori e
Titta Ruffo per la corda baritonale. Debuttando appena diciassettenne
nel 1899 in Cavalleria Rusticana, alla critica la ragazza apparve già
una cantante pienamente formata: voce eccezionale per impasto timbrico,
ricchezza d'armonici e opulenza nei centri presentava anche una notevole
estensione, tanto da farle toccare il Do acuto dell'Aida - opera da lei
soventemente frequentata - senza difficoltà e lasciarle la possibilità
di accostarsi con una certa assiduità alla Leonora della Favorita.
Diventata celeberrima come tipo di soprano verista per antonomasia, le
incisoni discografiche della Burzio che maggiormente destano interesse
sono quelle appartenenti al repertorio romantico. Vocalmente presentano
larghe concessioni al gusto verista dell'epoca, il quale in principio di
secolo già da tempo aveva soppiantato e spazzato via quasi
completamente la vocalità misurata e contenuta dell'epoca romantica.
Dunque, centri aperti (che però nella Burzio quasi mai sfociano nel
suono sguaiato, grazie alla ricchezza del timbro), forzature di suono
nel registro grave onde risaltarne lembi interpretativi di momenti
altamente infuocati, non pieno rispetto del testo musicale e scarsa
coerenza ritmica. Non sorprende dunque l'aspro alterco avuto con
Toscanini, il quale volle rimpiazzarla con Ester Mazzoleni nella Forza
Del Destino allestita per la Scala durante i primi anni '10. Ancora più
emblematico fu il contrasto che ebbe sempre con Toscanini nel 1911 al
Costanzi, per la prima romana della Fanciulla Dell'West: pochi giorni
di prove e la Burzio fu sostituita da Carmen Melis. È noto certo il
proverbiale rapporto conflittuale che il maestro ebbe con non pochi divi
dell'epoca. E d'altra parte la Burzio, ormai assurta a celebrità
eccezionale, non avrebbe sentito nemmeno l'esigenza di piegare la
prepotente personalità a chicchessia, senza eccezione per Toscanini. Ma
quando interpretò alla Scala la Norma, per la completezza vocale e
stilistica fu paragonata alle grandi interpreti di metà '800 giacché,
oltre alle eccezionali risorse timbriche, univa un temperamento
drammatico del tutto nuovo, fuori dalla norma e la naturale attitudine
all'esecuzione nitida dei passi d'agilità presenti specialmente nella
cabaletta dopo l'aria d'entrata. Dunque, un'anticipazione del soprano
drammatico d'agilità rappresentato quasi cinquant'anni dopo da Maria
Callas. Gioconda ebbe in lei una protagonista completa sia per vocalità
che per azione scenica, tanto da annebbiare il ricordo di ciò che fu in
questa parte la Mariani Masi. La donna matura, carnale e volitiva aveva
trovato nella Burzio l'emblema della propria raffigurazione, agli
antipodi dell'eroina angelicata, casta e pura che il melodramma
romantico portava avanti da quasi un secolo. Rivoluzionaria. Eugenia
Burzio raggiunse la vera celebrità a Parma nel 1904, appena ventiduenne,
nella Forza Del Destino, e in disco nessun'altra Leonora , forse,
appare così fremente e ispirata. Leggendaria è la purezza dell'attacco
sul Fa in pianissimo del "pace, pace mio Dio" e non meno stupendo è il
Si bemolle, emesso in pianissimo, al termine dell'aria. O l'abbandono
nostalgico conferito al "me pellegrina ed orfana", che ha tutto il
sapore d'un autobiografico racconto. Forse mai alcun altro soprano ha
toccato, nell'aria del Ballo in Maschera, vette d'eloquenza altrettanto
alte. Sembra pervaso da quella febbrile nevrosi tipica dei malati di
tisi.
Tra l'altro, questo disco presenta una tra le più belle
cadenze incise di quest'aria. La purezza delle "messe di voce" nell'" o
patria mia" dell'Aida è altro magistrale esempio dell'emissione di ceppo
romantico messa al servizio d'un interprete rivoluzionaria e
innovatrice, e i respiri che si odono (cosa più unica che rara questa,
nell'ambito delle voci femminili nell'età della pietra del fonografo)
nel disco de "spunta l'aurora pallida" hanno un "quid" d'inspiegabile,
toccante, commovente. Il periodo aureo per lei, purtroppo, non durò che
poco più di due lustri. Difatti l'"o patria mia" inciso per la Columbia
nel 1912 appare vocalmente inferiore a quello inciso per la Fonotipia
due anni prima. Personalità eccezionale anche nell'ambito della vita
privata, la quale mai è stata fatta oggetto di approfondimento serio e
meticoloso come invece avrebbe dovuto. Anzitutto, la data di nascita.
Quasi tutte le fonti d'informazione, durante il '900, hanno riportato
l'anno della sua nascita al 1879. Ciò è falso. Probabilmente fu lei
stessa ad aggiungersi tre anni in modo da risultare maggiorenne e poter
accedere al concorso di selezione per l'ammissione al Conservatorio di
Milano e debuttare non ancora maggiorenne nel 1899. Dunque, l'esatta
data di nascita di Eugenia Burzio è 20 giugno 1882. Convolò a nozze il
29 agosto 1901 con un tale avvocato Ugo Ravizza, ma dopo un solo anno
Eugenia sciolse il matrimonio, senza tuttavia ottenerne la separazione
legale. La donna era certo emancipata e proveniente da un ceto sociale
culturalmente elevato, ma la fine del suo matrimonio costituì uno
scandalo. Recenti e assolutamente sorprendenti ricerche hanno chiarito
alcuni punti della sua vita: intorno al 1904 conobbe, probabilmente
durante una tournée a Rio de Janeiro, il tenore spagnolo Icilio Calleja
(1881 - 1941), il quale ebbe una notevole rinomanza anche in Italia, e
da cui Eugenia ebbe nel 1907 la sua unica e adorata figlia Gloria, che
non potette mai riconoscere a causa della precedente separazione
matrimoniale non legale. Di Gloria si sarebbero perse le tracce già dal
1947, e cioè quando il suo nome comparve per esteso (Glora Calleja
Raimondi) l'ultima volta nel necrologio della sorella di Eugenia,
Romana. Si ignorano di Gloria il luogo e la data di morte e per questo,
oggi, Eugenia Burzio, potrebbe non aver più diretti discendenti. La sua
tomba nel cimitero comunale di Chieri giace in totale stato di degrado,
totalmente abbandonata, e pochi anni orsono è miracolosamente scampata
alla distruzione. Nella lapide sono incisi il nome, cognome della
cantante e gli anni di nascita e morte. Nessun epitaffio v'è inciso,
nulla che possa vagamente portare il pensiero alla sua straordinaria
celebrità. Riguardo la sua morte sono state scritte molte cose, secondo
alcuni sarebbe stata causata da un eccesso di sonniferi, secondo altri
da una nefrite mal curata. Si sa che oltre alle sorelle, negli ultimi
giorni di vita, beneficiò delle amorevoli cure di Rosina Storchio, sua
amatissima amica. Il girono del suo funerale, il 20 maggio 1922, era
presente, tra gli altri, pure Arturo Toscanini. Forse, ne fu affascinato
seriamente anche lui, tutto sommato.
Grazie per l'esauriente messaggio
Oddea!! grazie per questo, e da dire che è la prima volta che la sento, onte su di me! Come mai che non si parla di lei sempre? ah ... perchè pochi semmai qualsiasi arriva ad un tale technica. Grazie infinita! e interessante con Toscanini, non la stessa voce pero!!
Thank YOU. Good comments. Yes, you are absolutely right about Callas. She was, like Burzio, all theatrical intensity and belcanto passion, un' altra "tigressa", no doubt about it. And she also did have her veristic moments, even in Norma, for sure: "SOlo! TUtti! I RomAni a cento a cento..."
I cantanti d'estrazione romantica
che hanno inciso dischi palesano nelle incisioni, nessuno escluso, una
libertà ritmica che, nei casi estremi ad esempio d'una Burzio, d'un Battistini
o d'un De Lucia e un poco meno Anselmi, avrebbe
oggi dell'inaudito. Ciò è dovuto al fatto che nell'800 il cantante era
il protagonista assoluto e al divo era consentita qualsiasi libertà.
Questo è anche un retaggio protratto addirittura fino a metà '900
allorché in Russia, un tenore sorprendente come Ivan Kozlovsky, si rese
protagonista d'un Rigoletto del tutto originale. Anzitutto c'è da
rammentare che l'invalso vezzo tra i cantanti della seconda metà d'800
d'allargare e/o accelerare i tempi riusciva ad irritare pure Giuseppe
Verdi il quale, nonostante amasse i tempi rapidi, esigeva dagli
interpreti anche il rigore musicale, e dunque ritimico, come si evince
dall'epistolario verdiano (cfr. anche le prove del Macbeth con Felice
Varesi). Con Enrico Caruso e Titta Ruffo, per le voci maschili d'inizio
'900, si ebbe un iniziale punto di svolta in questo senso e naturalmente
il settennato toscaniniano è stata epoca rivoluzionaria per l'approccio con
l'opera, le tradizioni interpretative e il rigore musicale, che non vuol
dire solamente tagliare l'acuto della "pira" o della "donna è mobile".
Toscanini, grande e rivoluzionario direttore, inviso a moltissimi
cantanti, inizialmente refrattario all'esecuzione degli acuti di
tradizione, chinò poi il capo avendo capito che l'acuto o altre
"licenze" facevano parte del teatro d'opera ed erano accettate dai
compositori medesimi (cfr. il Rigoletto dato alla Scala nel 1922 con
Lauri-Volpi, in particolare l'episodio della cadenza della "donna è
mobile" e, per completezza, anche il Trovatore dato con la Scala a
Berlino nel 1929, sempre Lauri-Volpi protagonista, cui Toscanini
concesse il Do di petto della "pira"). In compenso oggi abbiamo questo:
acuti tagliati, tradizioni sepolte, scuole di canto completamente
seppellite e pubblico che applaude...
Pienamente d'accordo. Qui la Burzio è semplicemente inascoltabile con le orecchie del gusto attuale. Sono interpretazioni figlie del loro tempo. Attualmente invece si tende a concentrarsi molto sull'aspetto visivo e registico invece che sul piano prettamente musicale, e anche questo è figlio del nostro tempo
My pleasure. Thank YOU!
Your comments are as always very illuminating. However questions still abound. For instance, if this 'violining out the phrases' is the trademark of belcanto singing, how come Burzio is regarded as perhaps THE greatest verismo soprano of her time?
Anyway, what a glorious singing!
-- but always maintaining a violin-like belcanto legato exhibited by all the earliest and greatest: Patti, Mantelli, Marconi, Battistini, Plançon... all of whom were genuine remnants of the 19th-century bel canto tradition.
Genuine thanks for the detailed information. Do you think that this discussion received new wind in the wake of Callas' contribution during her 'belcanto revival'?
Eugenia Burzio - una attrice divina!
Splendida !
È morta a Milano il 18 maggio 1922 il soprano EUGENIA BURZIO. Era nata a
Poirino (Provincia di Torino) il 20 giugno di 1872.(Alcune biografie
registrano come data di nascita il 13 giugno1882, e anche 1879)
Si formò, ancora bambina, come strumentista, studiando pianoforte e
violino. Cominciò ad esibirsi a soli nove anni come violinista e in
seguito entrò al Regio Conservatorio di Milano intraprendendo lo studio del canto.
Nel 1900, non ancora diciottenne, debuttò al Teatro
Vittorio Emanuele (oggi Auditorium RAI di Torino nel ruolo di Santuzza
con la "Cavalleria Rusticana" di PIetro Mascagni. Il successo fu
immediato e si amplificò negli anni successivi, nei quali Eugenia si
andò affermando come interprete lirico-drammatica, secondo i dettami
allora in voga della scuola verista.
La sua consacrazione a diva del melodramma fu decretata dal successo ottenuto al Teatro Regio di Parma
nel 1904, con l'impegnativo ruolo di Leonora nella "Forza del destino" di Verdi.
Due anni dopo cominciò a collaborare con la Scala di Milano,
spesso sotto la direzione del maestro Arturo Toscanini, interpretando
fra l'altro due nuove opere in prima rappresentazione: "La figlia di
Jorio" di Alberto Franchetti, su libretto di D'Annunzio, e
"Resurrezione" di Franco Alfano, tratta dall'omonimo romanzo di Tolstoi.
Sin dimenticare i ruoli del repertorio classico e romantico ("Armide"
di Gluck, "Norma" di Bellini, "La Favorita" di Donizetti, ecc.), rivolse
la sua attenzione, soprattutto nella seconda metà della sua carriera, su
opere di clima verista, più adatte al suo temperamento focoso e al suo
magnetismo sulla scena, come "La fanciulla del West" di Puccini.
Fuori dall'Italia si esibì in Sud America e in Russia.
Nel 1919 si ritirò dalle scene con la "Marion Delorme" di Ponchielli.
Dopo aver assunto la direzione del periodico teatrale Comoedia, morì a
soli quarant'anni per insufficienza renale e fu sepolta nel cimitero di Chieri.
Eugenia Burzio è una delle prime artiste ad aver lasciato un
congruo numero di registrazioni, realizzate a Milano tra il 1905 e il
1916 con i primi rudimentali sistemi di incisione fonografica.
La vocalità ed il carattere di Amelia appartiene al soprano drammatico o addirittura Falcon. La vera difficoltà in cui si imbattè Verdi fu trovare una protagonista femminile per il ruolo di Amelia. Insoddisfatto della prima, che si chiamava Eugenia Julienne-Dejean, si dovette accontentare a Parigi di Rosina Penco, di suo ben poco felice di dover cantare un’opera così pesante, e trovò attorno al 1865 una protagonista di rilievo in Marcella Lotti Della Santa, cantante che si deve indicare come il vero primo soprano drammatico verdiano.
Questo disco della Burzio per me é fantastico ! Una voce di bellissimo metallo e crea un personaggio certamente un po' sopra le righe ma riuscito del tutto! Oggi non si farebbe più così! Ma a me piace! Ai puristi della musica acqua e sapone rispondo che é solo colpa mia tranquilli..... Per quanto riguarda toscanini la sua lettura del ballo in maschera é tutt'ora di riferimento... La Nelli ( il soprano che ha inciso il ballo col maestrissimo) non ha certo una voce strepitosa (non é la Burzio non ci sono dubbi su questo! ) ma é sempre attenta a quello che canta! Certo! Toscanini avrebbe potuto avere ben altro ma sappiamo tutti il suo protagonismo! Le dive le tollerava poco.... Comunque sempre grandissimo!
Le sono grato per queste parole bellissime!
Splendida la Burzio.
Arturo Toscanini a 150 anni dalla nascita.
"150 anni fa nasceva Arturo Toscanini. Per alcuni il
più grande direttore d’orchestra italiano di tutti i tempi ed il massimo
esegeta di Verdi, per altri semplicemente il più grande direttore tout court,
per altri ancora, invece, una “fabbrica di note” e - rubando le parole a
Furtwängler - un mero “battitore” di tempo (personalmente mi iscriverei
tra questi ultimi). Forse è stato tutto questo, forse di più o di meno,
ma comunque la si pensi non si può negare o ridurre la storicità di
Toscanini e la sua influenza profonda negli anni della sua lunga
carriera e nei tempi a venire. Chiunque faccia o solo ascolti opera deve
confrontarsi e scontrarsi con la figura del Maestro parmigiano: oggi il
suo nome è ancora usato - ma più spesso abusato - per identificare
ipotetici modelli o attribuirsi presunte filiazioni. La stampa, la
televisione, i media in generale hanno portato all’identificazione di
Toscanini con IL direttore d’orchestra per eccellenza, calcando la mano
sull’aneddotica di genere, sul carattere brusco, sul piglio combattivo e
le sfuriate, sulla “dote” (riconosciuta dai più - proprio per la
semplificazione della vulgata - come autentico ed
irrinunziabile requisito per poter far musica con autorevolezza)
d’affrontare “a muso duro” musicisti, orchestrali e cantanti in un
parodistico bozzettismo che non si risparmia certo in bestemmie ed
imprecazioni. E’ il Toscanini da cartolina, quello “che piace” a chi sa
poco o nulla di musica e che crede che imitarne gesti, atteggiamenti ed
esuberanza verbale sia condicio sine qua non per svolgere il
mestiere. Ma per fortuna non è il solo Toscanini possibile. Certo
accanto al bozzetto c’è anche l’agiografia pronta all’esagerazione
spudorata (ancora oggi si legge che che fu proprio lui a imporre
d’eseguire le opere così come scritte senza tagli e alterazioni: mentre
invece Toscanini agiva come un uomo del suo tempo con i patteggiamenti
del caso e gli interventi a volte anche eccessivi, esattamente come gli
altri suoi colleghi) e non manca la critica revisionista nel senso più
deteriore di chi trova un certo qual gusto perverso nello smitizzare e
denigrare la celebrità pur guadagnata sul campo (sul podio in questo
caso). Poi c’è un altro Toscanini ed è quello che più ci interessa. C’è
la storia di un uomo nato negli anni più turbolenti della nostra unità
nazionale in un mondo dove tutto stava mutando, dove c’era un popolo da
inventare: un uomo di origini modeste (era figlio di un sarto/soldato di
idee mazziniane disertore per seguire Garibaldi in Aspromonte) che,
come in un romanzo di Fogazzaro, entrò in Conservatorio grazie ad una
borsa di studio e si trovò catapultato dalla provincia emiliana al
Sudamerica con una compagnia operistica girovaga finendo “scaraventato”
per la prima volta sul podio, in Brasile, per sostituire un direttore
d’orchestra incapace. Ma è anche la storia di un uomo ostinato e
caparbio che da anonimo violoncellista di un’orchestra scalcagnata, da
lì a pochi anni divenne arbitro indiscusso della scena musicale italiana
e internazionale, intimo di compositori e uomini di cultura, coccolato
in USA e in Europa, un mito vivente che si confrontava da pari con
Mahler a New York e a Vienna. E’ la storia del socialista che voltò le
spalle a Mussolini e Marinetti quando si accorse che la rivoluzione non
sarebbe mai passata per la camicia nera e che pagò con l’esilio e
l’umiliazione la fedeltà alle proprie idee. Ma è anche la storia di un
italiano che trovò davvero l’America in quell’esilio dorato e sofferto,
ricco di gratificazioni e soddisfazioni, ma anche di rabbia per quella
sua patria dovuta abbandonare. E’ la storia, infine, dell’uomo burbero e
sincero che disse di no a Einaudi e allo scranno di senatore a vita
perché, forse, ancora arrabbiato con la sua terra che tanto aveva
sofferto e fatto soffrire. Ma Toscanini fu soprattutto musica. Tanta
musica come si usava un tempo, in un repertorio vastissimo e variegato.
Musica affrontata senza sconti e senza compromessi. Musica, anche, che
personalmente trovo spesso lontana dai miei gusti e dalle mie idee
interpretative, ma che senza dubbio ha lasciato e lascia tuttora un
segno indelebile. Oggi il mondo celebra Toscanini e i suoi “primi” 150
anni, ed è giusto che in mezzo a tante celebrazioni effimere o
parossistiche, si renda omaggio ad un uomo, un musicista, un artista che
ha fatto la storia, vivendo la storia…quella vera: tra guerre e pace,
povertà e ricchezza, gioia e dolore, grandi slanci ideali ed esilio,
sofferenze e gratificazioni. E tutto l’orrore del ‘900 martoriato da
guerre e dittature. Certo a leggere l’elenco di chi lo celebrerà (e di
come lo farà) viene un po’ di sconforto, e forse viene da pensare - lo
direi anche per Furtwängler - che ogni celebrazione in fondo non può che
suonare falsa, pretestuosa e pure arrogante. Perché la Storia (con la
“S” maiuscola) non si processa e non si giudica, ma neppure si festeggia
come fosse il compleanno di un parente: andrebbe forse solo capita e
magari rispettata. Ma ora cedo la parola agli altri colleghi del blog
che, al contrario di me, apprezzano maggiormente il modo di far musica
di Toscanini e sapranno ricordarlo con maggior trasporto, come in fondo è
giusto che sia: ringrazio però subito l’amico Nourrit per i consueti
splendidi ascolti che impreziosiscono ogni discorso e danno un senso più
autentico alle nostre insufficienti parole.
Gilbert-Louis Duprez
Non credo di poter aggiungere altro alla magnifica analisi, esatta e
condivisibile, che ci ha offerto Duprez sulla figura di Toscanini, fra
le più rilevanti e mitiche del panorama storico musicale, la cui fama è
arrivata pressoché intatta fino ai giorni nostri. E sono passati già
sessant’anni dalla scomparsa. Ritengo che, come in molti altri casi, il
miglior modo di celebrare l’Artista sia dare spazio alle testimonianze
musicali, nel caso di Toscanini numerosissime e che, personalmente, ho
trovato sempre molto interessanti da ascoltare, perché ci forniscono la
prova di come il “Mito” del grande direttore d’orchestra passi nel suo
caso non solo dall’aneddotica, ma soprattutto dalla Musica, ossia da un
repertorio pressoché sconfinato, sia nell’opera che nella sinfonica,
affrontato senza snobismi di sorta, caratteristica questa comune
pressoché a tutti i direttori d’orchestra con cui Toscanini ha condiviso
fama e rivalità, e che gli faceva proporre nello stesso concerto
Rossini e Strauss, Ravel e Catalani, Handel e Roussel, lasciando anche
spazio ai contemporanei, cercando di valorizzare ogni autore senza
distinzione. Un piccolo esempio del repertorio toscaniniano abbiamo
pensato di offrirlo negli ascolti proposti, quasi tutti tratti da una
serie di concerti con la NBC Symphony Orchestra, che si tenevano a
cadenza settimanale, in cui il grande direttore offriva grande musica al
pubblico della radio. Mi sento di poter dire che difficilmente un
direttore d’orchestra oggi in carriera possa esibire lo stesso
repertorio e, sia chiaro, con i medesimi risultati, perché ogni autore e
brano era proposto dopo attento studio e preparazione, in esecuzioni
dall’altissima qualità esecutiva, con estrema attenzione ai dettagli e
soprattutto spazio allo spiccato senso teatrale del direttore, il quale,
sia alle prese con l’Ouverture di Semiramide, piuttosto che con il
preludio all’Atto IV di Wally (per limitarci ad un solo esempio), ci
restituisce esattamente il clima del brano, la situazione drammatica, il
pathos del momento teatrale, senza confondere stili ed epoche di
scrittura, una qualità questa sempre più persa nel nostro presente in
cui siamo costretti a sentire opere grandiose svilite a farsette
insipide da direttori che non solo non riescono ad immaginare come debba
“suonare” certa musica, ma che sono ben lungi dal sentirsi in dovere di
documentarsi sulle ragioni che stanno alla base delle grandi esecuzioni
di Miti come Toscanini.
Adolphe Nourrit"
www.corgrisi.com/2017/03/arturo-toscanini-a-150-anni-dalla-nascita/
Burzio is really good but I prefer Maestro Toscanini.
Toscanini cantante 😂😂😂
Toscanini with 87! She sings tasteless.