Gli ulivi della mia vita e la poesia di Nazim Hikmet (5-01-2025)

Поділитися
Вставка
  • Опубліковано 9 лют 2025
  • 𝐆𝐋𝐈 𝐔𝐋𝐈𝐕𝐈 𝐃𝐄𝐋𝐋𝐀 𝐕𝐈𝐓𝐀
    (da Nazim Hikmet, “Poesie d’amore”, Mondadori, 2016)
    La vita non è uno scherzo.
    Prendila sul serio
    come fa lo scoiattolo, ad esempio,
    senza aspettarti nulla
    dal di fuori o nell’aldilà.
    Non avrai altro da fare che vivere.
    La vita non è uno scherzo.
    Prendila sul serio
    ma sul serio a tal punto
    che messo contro un muro, ad esempio, le mani legate,
    o dentro un laboratorio
    col camice bianco e grandi occhiali,
    tu muoia affinché vivano gli uomini
    gli uomini di cui non conoscerai la faccia,
    e morrai sapendo
    che nulla è più bello, più vero della vita.
    𝐏𝐫𝐞𝐧𝐝𝐢𝐥𝐚 𝐬𝐮𝐥 𝐬𝐞𝐫𝐢𝐨
    𝐦𝐚 𝐬𝐮𝐥 𝐬𝐞𝐫𝐢𝐨 𝐚 𝐭𝐚𝐥 𝐩𝐮𝐧𝐭𝐨
    𝐜𝐡𝐞 𝐚 𝐬𝐞𝐭𝐭𝐚𝐧𝐭’𝐚𝐧𝐧𝐢, 𝐚𝐝 𝐞𝐬𝐞𝐦𝐩𝐢𝐨, 𝐩𝐢𝐚𝐧𝐭𝐞𝐫𝐚𝐢 𝐝𝐞𝐠𝐥𝐢 𝐮𝐥𝐢𝐯𝐢
    𝐧𝐨𝐧 𝐩𝐞𝐫𝐜𝐡𝐞́ 𝐫𝐞𝐬𝐭𝐢𝐧𝐨 𝐚𝐢 𝐭𝐮𝐨𝐢 𝐟𝐢𝐠𝐥𝐢
    𝐦𝐚 𝐩𝐞𝐫𝐜𝐡𝐞́ 𝐧𝐨𝐧 𝐜𝐫𝐞𝐝𝐞𝐫𝐚𝐢 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐦𝐨𝐫𝐭𝐞
    𝐩𝐮𝐫 𝐭𝐞𝐦𝐞𝐧𝐝𝐨𝐥𝐚,
    𝐞 𝐥𝐚 𝐯𝐢𝐭𝐚 𝐩𝐞𝐬𝐞𝐫𝐚̀ 𝐝𝐢 𝐩𝐢𝐮̀ 𝐬𝐮𝐥𝐥𝐚 𝐛𝐢𝐥𝐚𝐧𝐜𝐢𝐚.
    NAZIM HIKMET
    Nato nel 1902 a Salonicco, oggi principale città della Macedonia greca, ma fino al 1912, cioè fino alla prima guerra dei Balcani, sotto il controllo ottomano, Hikmet è in realtà turco perché figlio di un diplomatico, a sua volta figlio di un console turco. Si forma inizialmente nel liceo francese di Galatasaray, quartiere di Istanbul; poi, per adeguarsi all’alto lignaggio del padre e del nonno, viene orientato all’Accademia della Marina militare, che tuttavia lascia per motivi di salute.
    Inizia a scrivere poesie a 14 anni, e a poco a poco introduce un’innovazione radicale: i versi liberi nella tradizione poetica turca. La sua vita assume presto una connotazione politica perché durante la guerra d’indipendenza in Anatolia si schiera inizialmente con Atatürk, padre della Turchia moderna, rimanendo presto deluso dagli ideali nazionalisti. Decide così di iscriversi al partito comunista e per un certo periodo insegna a Bolu, fra Ankara e Istanbul. Subisce una condanna per marxismo e nel 1922 va in esilio in Russia, anche per l’impossibilità di rimanere in patria dopo aver denunciato i massacri in Armenia. Si iscrive all’Università di Mosca, facoltà di Sociologia. Ed è proprio durante gli studi accademici che incontra letterati e scrittori russi, tra i quali uno dei suoi maestri, il poeta Majakovskij. A Mosca si sposa una prima volta: le nozze verranno annullate al rientro in Turchia nel 1928.
    Ritorna in patria senza un regolare visto, finisce in prigione: circa cinque anni durante i quali scrive cinque raccolte di versi. Torna libero grazie all’amnistia generale del 1935. Oltre che alla poesia si dedica al romanzo, al giornalismo, e ad altri lavori letterari più umili come la correzione di bozze, perché deve mantenere la seconda moglie e la madre anziana e vedova.
    La sua poesia comincia a essere invisa al regime. Nel 1937, accusato d’avere incitato, con le sue liriche, la Marina turca a ribellarsi, è di nuovo arrestato e subisce un’altra pesante condanna, oltre 28 anni di prigione, a causa anche di attività anti-naziste e anti-franchiste, e per l’opposizione alla dittatura nazionalista di Atatürk. Una commissione internazionale alla quale partecipano Jean-Paul Sartre e Pablo Picasso interviene per far ridurre la condanna e chiedere la scarcerazione, che avverrà comunque dopo 12 anni di prigionia.
    In questo periodo scrive i versi più belli, che allargano la sua notorietà in molti Paesi del mondo. Liriche d’amore e d’impegno politico, tanto che Nazim Hikmet è definito il “comunista romantico”: «Nasceranno da noi / uomini migliori. / La generazione / che dovrà venire / sarà migliore / di chi è nato / dalla terra, / dal ferro e dal fuoco». E ancora: «I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi: / che tu venga all’ospedale o in prigione / nei tuoi occhi porti sempre il sole».

КОМЕНТАРІ •