Torre Rino Gaberscik

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  • Опубліковано 8 лют 2025
  • La Torre Rino Gaberscik fa parte del Gruppo Sernio Grauzaria e precisamente si erge nel ramo che si stacca verso est dal Cuèl Mauron e che chiude a sud la selvaggia Val Nuviernulis, con le cime Cuèl di Fedeveiz, Cuèl da la Ruvîs e Cuèl da la Ceit. La Torre Rino Gaberscik è situata alla testata del canalone Riu Massele Grande che separa il gran costone detto Massele Grande - che altro non è che la cresta meridionale che scende dal Cuèl Mauron - dal costone su cui sorgeva la Casèra Fedeveiz, nominato nelle carte topografiche Massele Piçiule in basso, che in alto culmina con il Cuèl di Fedeveiz (1681.6 m in Carta Tecnica Regionale; 1676 m in Carta Tabacco). La Torre Rino Gaberscik non è una anticima o uno spuntone appartenente ad altro corpo montuoso, ma una formazione a sé stante separata ai due lati da canaloni originanti in due forcelle distinte; è una vera e propria lama di roccia scolpita dai ghiacci che scorrevano nei canaloni laterali con un corpo roccioso più massiccio solo nella parte alta, quello che si erge dalle forcelle. È certamente inusuale dedicare una vetta a una persona ancora in vita; di solito lo si fa per ricordare una personalità che ha contribuito in qualche modo a far conoscere la montagna, ma che ci ha lasciato, che è andato avanti, come dicono gli Alpini. Rino Gaberscik non è morto, è ancora bello vispo e legge pure lui queste righe. Quali sono dunque le motivazioni che mi hanno spinto a chiamare una cima col nome di una persona ancora in vita? Innanzitutto che le cime sconosciute non sono infinite, anzi, e lo sa benissimo Rino, tutto è stato salito, non ci sono quasi più cime vergini dopo due secoli di esplorazioni delle Alpi. Qualcosa è rimasto nelle plaghe più ascose e remote, non servite da sentieri, nei luoghi più selvaggi; cime di poco rilievo altimetrico, di difficile accesso e con avvicinamenti laboriosi. La storia alpinistica di queste cime vergini residuali è destinata a compiersi, prima o poi, soprattutto oggi che sono numerosi gli amanti del selvaggio, i cosiddetti greppisti, o ravanatori. Non potevo attendere la dipartita di Rino per dedicargli quella cima poiché nel frattempo qualcuno l’avrebbe salita prima di me e magari la dedicava alla morosa o all’amante. La seconda motivazione è l’urgenza di gratificare un uomo che ha speso una vita tra le Alpi Carniche e di evitare le dediche postume che non danno emozioni al defunto. Deve sapere Rino che lì c’è una cima col suo nome, che è il simbolo dell’orgoglio che può giustamente vantare per aver dato un contributo fondamentale alla conoscenza delle sue montagne.
    Vedi anche: www.latanadello...

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