Mario Perego, mio padre, ricorda i bombardamenti, la guerra, la deportazione e la prigionia

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  • Опубліковано 15 вер 2024
  • 8 settembre 1943. Il regno d’Italia firma l’armistizio e si arrende agli Alleati. I nazifascisti occupano il Nord del Paese, non ancora liberato, e tentano di riorganizzarsi con la Repubblica di Salò. Mio padre, Mario Perego, ha 19 anni e vive a Milano. Dovrebbe arruolarsi nell’esercito fascista e non lo fa. A Pinerolo viene deportato dai Tedeschi; a Vercelli riesce a fuggire, torna a Milano ma due giorni dopo la polizia lo arresta dietro la soffiata di un vicino fascista. È rinchiuso per due mesi nel carcere di San Vittore. Nel gennaio del ’44 è deportato in Germania. Passa dal campo di concentramento di Mauthausen e quindi viene rinchiuso in un campo di prigionia militare fino al maggio del 1945.
    Sono tanti e vividi i ricordi di quegli anni, raccolti da me il 27 agosto 2005. Prima dei giorni più tragici, mio padre aiutava una famiglia di ebrei a trasportare i loro beni da Milano alla loro casa sui laghi, dove pensavano di mettersi al riparo, nascosti, nella speranza di salvare se stessi e i loro averi. Si chiamavano Clicunez, o qualcosa del genere (se qualcuno dovesse riconoscersi, per piacere mettetevi in contatto con me). Nel condominio in cui abitavano, abitava anche il figlio di Benito Mussolini e un giorno a mio padre, giunto per aiutare nei trasporti, fu fatto veloce cenno di scappare poiché Benito era in visita a suo figlio.
    Non so altro di quelle persone, se non quel che mio padre mi disse: l’intera famiglia fu deportata e nessuno ritornò.
    Aprendo una porta dopo l’altra nella memoria, Mario ricorda ancora i bombardamenti su Milano: il primo, quello del 24 ottobre 1942 - è stato pubblicato anche un libro con le memorie dei testimoni - ma non solo quello, purtroppo.
    Dopo la liberazione, mio padre viene ricondotto in Italia dagli Inglesi, a Verona. Il ritorno a piedi da Verona a Milano, lungo la strada ferrata, avviene nell’incertezza: non sa nulla di ciò che è accaduto, non sa se i suoi genitori sono ancora vivi, ed essi da quasi un anno e mezzo non hanno più notizie di lui.
    Oggi mio papà, nato il 17 luglio 1924, avrebbe cent’anni. Dopo tanto tempo, e riascoltandolo, pare impossibile che l’uomo possa ancora cadere vittima dell’esaltazione, dell’insipienza, dell’insensatezza dell’odio e della follia della guerra. O forse no. Forse dobbiamo riconoscere che proprio questo è l’uomo.

КОМЕНТАРІ • 2

  • @gabitelli
    @gabitelli Місяць тому +1

    Che bello sentire queste testimonianze dirette! Ben fatto e ben prodotto.