Grazie per averlo condiviso, era stato tolto in precedenza. Molto bello anche per la partecipazione di Giulia Rubini che qui interpreta un ruolo drammatico.
Mi affascinano tante piccole cose in questi film - gli interrutttori con i fili NON sottotraccia (facili da riparare) i tubi di gomma ai rubinetti della cucina... I contenitori per il vino sfuso, tutti bollati 1/4 - mezzo litro - 1 litro. Non dico che fossero bei tempi, la miseria c'era.
La finestra sul luna park (1957) di Luigi Comencini Il film è nella scena finale; la sequenza dolly nel luna park riprende il ragazzo, Mario, che va incontro a suo padre, poco dopo che l’amico Righetto, (Pierre Trabaud) gli ha confessato che se ne ritornerà in campagna dai suoi genitori. Gli aerospaziali che si innalzano girando con i loro passeggeri festosi e un poco preoccupati sembrano essere una metafora di quell’intera vita stentata, condotta dai personaggi di tutta la storia: l’aspirazione a volare a sollevarsi dalla durezza quotidiana, dai conflitti, miseria e speranza per taluni, seppure soltanto nel gioco, in una serata di pura vita, radicati al presente nell’età del proprio destino. Chi ha più coraggio: chi resta o chi parte? Chi avrà più felicità? Siamo chiamati sempre a questa scelta e lo erano, crudamente, senza possibilità di sfuggirvi i nostri connazionali, la nostra genia, appena finita la guerra e con un paese da ricostruire. La storia ha dei bei respiri d’interni ed equivalenti giustapposti esterni in una fotografia morbida e assai verosimile, senza particolari ritocchi. Il ragazzo (Giancarlo Damiani) è credibilissimo e sta in scena con una spiccata naturalezza, (sorprendentemente un po' mi somiglia come ragazzo di strada un decennio dopo). Le scene di gruppo dei ragazzini costituiscono il nocciolo narrativo della storia. Si, mi rivedo nei viottoli disselciati del quartiere, nelle strade verso il mare, nei corridoi della scuola; ma forse qui rivediamo una generazione che ha sperato un cambiamento appena dopo la guerra e che non c’è stato così come ce lo aspettavamo, ingannandoci con le merci. La tragedia della morte della giovane madre Ada (Giulia Rubini) causa un incidente davanti casa, apre il nascosto sipario della famiglia italiana che cerca di sopravvivere come può. Il padre Aldo (Gastone Renzelli) emigrato in Africa, i genitori sopravvissuti al peggio del ventennio e del conflitto mondiale appena trascorso, il contadino che si arrangia in un deposito di macerie, proveniente dalla campagna, generoso, la vera anima bella della storia. Sa amare perché sa prendere quello che gli viene dalla vita. Sostituisce nel senso più nobile il marito di Ada sia affezionandosi al bambino che alleviandone la pena della madre rendendosi disponibile ai loro bisogni: la salute di Mario e le manutenzioni della casa. Si farà licenziare dal lavoro per svolgere questi sostegni nei riguardi delle due persone che ama in silenzio e senza nessuna pretesa e forse neanche attesa di ricambio. Lo scontro tra questo personaggio positivo e l’irruenza e selvatichezza del marito di Ada è la chiave del film, la presa di coscienza che: scegliere le persone che si amano vuol dire condividere con loro le esperienze della vita, stargli vicino, proteggerle. Nessuna moneta potrà sostituire quel tempo perduto e rinunciato a crescere insieme nello stesso focolare nella stessa casa pur aggrediti ogni giorno dalla durezza della vita e delle ingiustizie. Ci sembra di seguire delle vite reali, colte nel loro quotidiano geografico, non personaggi fittizi né protagonisti letterari. Gli squarci degli esterni, la città, le baraccopoli, il mare appena fuori Roma, sono narrati attraverso sequenze di inquadrature che potrebbero essere lo sguardo naturale e selettivo del nostro occhio; anche la luce dei set (Armando Nannuzzi) e dei piani ravvicinati appare vera con solo pochi tocchi di risalto. È tutta abilità della Suso Checchi D’Amico che sa imprimere alla storia quel tocco di umanità verso una morale che è già critica sociale oltre che impronta psicologica dei nuovi costumi sociali. Sembra, oggi, un cinema povero ma in realtà è un cinema essenziale che esclude la finzione come orpello e confezionamento per puntare al contenuto al vissuto alla favola umana nel migliore senso del termine. Il tema musicale (Alessandro Cicognini) che si apre sul cartello così evocativo: un disegno che illustra sensibilmente un luna park è già la promessa di una storia tra gli umili, non della povertà soltanto, ma dei semplici di cuore, di quelli che saranno vinti; così per la giovane donna che perde la vita, per la sua famiglia condannata ad annaspare negli stenti, e per il padre del ragazzo emigrante costretto a lasciare la famiglia, nonché per l’amico di Mario, il contadino senza più radici che non perde, però, il centro della vita: il cuore. È quel cinema che guarderà Pasolini, quegli ambienti che narrerà Franco Loi espresso con il sapiente cambio dei tempi nel momento del conflitto, quando lo scontro ti costringe a crescere a cambiare e trasformarti così attraverso il misurato flash-back della lotta tra Aldo e Righetto, e della confessione, in un riporto verbale tanto poetico che ci sembra di ascoltare i versi di Attilio Bertolucci. La vita è un gioco che deve essere giocato sembra dirci nell’epilogo Comencini e i suoi collaboratori, ci solleveremo in alto e poi cadremo, sempre cercando degli spazi puri di volare più su e anche di evadere, ma in quell’evasione e rito condiviso ci può essere affetto, può nascere assieme all’amicizia una speranza affinché ogni generazione succeda con fiducia alla precedente.
Grazie, bellissima recensione. Caro Vincenzo lei ha colto ogni senso voluto del film così come Righetto quello della vita. Ho sempre pensato che non sono i soldi a fare ricco un uomo ma il proprio buon cuore . Mio nonno materno era come Righetto , umile e capace di dare amore incondizionato a chiunque lo conoscesse quasi come una magia ed è l'unico esempio che voglio seguire. Essere così puliti nell'animo è meraviglioso ed è la vera essenza della vita.
Per quanto ammantato di bisogno e di miserie tipico del dopoguerra è molto teorico e interpetato da intellettuali: per esempio quando mai s'è visto che lei e Richetto, due borgatari si danno del lei? ê la crisi del neorealismo che era già diventato di maniera: luna park e tutto! PS. La più realistica è la coppia di fidanzati.
Anche io sono felicissima che qualcuno come questo canale l'abbia rimesso spero che rimanga grazie tantissimo
Che belli i film di quell'epoca
Grazie per averlo condiviso, era stato tolto in precedenza. Molto bello anche per la partecipazione di Giulia Rubini che qui interpreta un ruolo drammatico.
un bellissimo film , un padre non potrá mai sostituire una mamma .,,,,La mamma e`il centro dell'universo per un bambino .
Grazie davvero! Un film commovente con una straordinaria fotografia ♥♥♥
Vi ringraziu assai. Quannu Sicilia e Italia eranu tutti nostri. Diu Benedica. Cu l'amuri da un fieru Sicilianu.
Che belli questi film❤grazie
Un vero capolavoro tutto italiano
Mi affascinano tante piccole cose in questi film - gli interrutttori con i fili NON sottotraccia (facili da riparare) i tubi di gomma ai rubinetti della cucina... I contenitori per il vino sfuso, tutti bollati 1/4 - mezzo litro - 1 litro. Non dico che fossero bei tempi, la miseria c'era.
questi film degli anni 50 sono gioielli !!!!!!!!!!!!!!!!!!
Una storia veramente commovente ...❤❤❤😢riproduce fedelmente la vita com'era 60anni fa 😊😊😊😊
Favoloso, veramente 😊
Un film meraviglioso
Bianco e Nero. Li Nostri granni atturi Taliani. Diu li Benedici tutti e putissi Riposa a Paci.
Gosto muito desses dramas em branco e preto dos anos 40 e 50. Obrigado por compartilhar.😉
bel film.anni 50 eravamo poveri,ma più felici.
mi è piaciuto....grazie x averlo postato
La finestra sul luna park (1957) di Luigi Comencini
Il film è nella scena finale; la sequenza dolly nel luna park riprende il ragazzo, Mario, che va incontro a suo padre, poco dopo che l’amico Righetto, (Pierre Trabaud) gli ha confessato che se ne ritornerà in campagna dai suoi genitori.
Gli aerospaziali che si innalzano girando con i loro passeggeri festosi e un poco preoccupati sembrano essere una metafora di quell’intera vita stentata, condotta dai personaggi di tutta la storia: l’aspirazione a volare a sollevarsi dalla durezza quotidiana, dai conflitti, miseria e speranza per taluni, seppure soltanto nel gioco, in una serata di pura vita, radicati al presente nell’età del proprio destino.
Chi ha più coraggio: chi resta o chi parte? Chi avrà più felicità?
Siamo chiamati sempre a questa scelta e lo erano, crudamente, senza possibilità di sfuggirvi i nostri connazionali, la nostra genia, appena finita la guerra e con un paese da ricostruire.
La storia ha dei bei respiri d’interni ed equivalenti giustapposti esterni in una fotografia morbida e assai verosimile, senza particolari ritocchi. Il ragazzo (Giancarlo Damiani) è credibilissimo e sta in scena con una spiccata naturalezza, (sorprendentemente un po' mi somiglia come ragazzo di strada un decennio dopo). Le scene di gruppo dei ragazzini costituiscono il nocciolo narrativo della storia. Si, mi rivedo nei viottoli disselciati del quartiere, nelle strade verso il mare, nei corridoi della scuola; ma forse qui rivediamo una generazione che ha sperato un cambiamento appena dopo la guerra e che non c’è stato così come ce lo aspettavamo, ingannandoci con le merci.
La tragedia della morte della giovane madre Ada (Giulia Rubini) causa un incidente davanti casa, apre il nascosto sipario della famiglia italiana che cerca di sopravvivere come può. Il padre Aldo (Gastone Renzelli) emigrato in Africa, i genitori sopravvissuti al peggio del ventennio e del conflitto mondiale appena trascorso, il contadino che si arrangia in un deposito di macerie, proveniente dalla campagna, generoso, la vera anima bella della storia. Sa amare perché sa prendere quello che gli viene dalla vita. Sostituisce nel senso più nobile il marito di Ada sia affezionandosi al bambino che alleviandone la pena della madre rendendosi disponibile ai loro bisogni: la salute di Mario e le manutenzioni della casa. Si farà licenziare dal lavoro per svolgere questi sostegni nei riguardi delle due persone che ama in silenzio e senza nessuna pretesa e forse neanche attesa di ricambio.
Lo scontro tra questo personaggio positivo e l’irruenza e selvatichezza del marito di Ada è la chiave del film, la presa di coscienza che: scegliere le persone che si amano vuol dire condividere con loro le esperienze della vita, stargli vicino, proteggerle. Nessuna moneta potrà sostituire quel tempo perduto e rinunciato a crescere insieme nello stesso focolare nella stessa casa pur aggrediti ogni giorno dalla durezza della vita e delle ingiustizie.
Ci sembra di seguire delle vite reali, colte nel loro quotidiano geografico, non personaggi fittizi né protagonisti letterari. Gli squarci degli esterni, la città, le baraccopoli, il mare appena fuori Roma, sono narrati attraverso sequenze di inquadrature che potrebbero essere lo sguardo naturale e selettivo del nostro occhio; anche la luce dei set (Armando Nannuzzi) e dei piani ravvicinati appare vera con solo pochi tocchi di risalto. È tutta abilità della Suso Checchi D’Amico che sa imprimere alla storia quel tocco di umanità verso una morale che è già critica sociale oltre che impronta psicologica dei nuovi costumi sociali. Sembra, oggi, un cinema povero ma in realtà è un cinema essenziale che esclude la finzione come orpello e confezionamento per puntare al contenuto al vissuto alla favola umana nel migliore senso del termine. Il tema musicale (Alessandro Cicognini) che si apre sul cartello così evocativo: un disegno che illustra sensibilmente un luna park è già la promessa di una storia tra gli umili, non della povertà soltanto, ma dei semplici di cuore, di quelli che saranno vinti; così per la giovane donna che perde la vita, per la sua famiglia condannata ad annaspare negli stenti, e per il padre del ragazzo emigrante costretto a lasciare la famiglia, nonché per l’amico di Mario, il contadino senza più radici che non perde, però, il centro della vita: il cuore.
È quel cinema che guarderà Pasolini, quegli ambienti che narrerà Franco Loi espresso con il sapiente cambio dei tempi nel momento del conflitto, quando lo scontro ti costringe a crescere a cambiare e trasformarti così attraverso il misurato flash-back della lotta tra Aldo e Righetto, e della confessione, in un riporto verbale tanto poetico che ci sembra di ascoltare i versi di Attilio Bertolucci. La vita è un gioco che deve essere giocato sembra dirci nell’epilogo Comencini e i suoi collaboratori, ci solleveremo in alto e poi cadremo, sempre cercando degli spazi puri di volare più su e anche di evadere, ma in quell’evasione e rito condiviso ci può essere affetto, può nascere assieme all’amicizia una speranza affinché ogni generazione succeda con fiducia alla precedente.
Grazie, bellissima recensione. Caro Vincenzo lei ha colto ogni senso voluto del film così come Righetto quello della vita. Ho sempre pensato che non sono i soldi a fare ricco un uomo ma il proprio buon cuore . Mio nonno materno era come Righetto , umile e capace di dare amore incondizionato a chiunque lo conoscesse quasi come una magia ed è l'unico esempio che voglio seguire. Essere così puliti nell'animo è meraviglioso ed è la vera essenza della vita.
❤@@silonia7
Bel film grazie😊
Bianco e Nero. Ti ringraziu assai pir chistu bellu vecchiu film. Quannu l' Italia e Sicilia eranu tutti Nostri. Diu Benedic.
Eh già......mo so arrivati i negri ad asfaltarci
La finestra sul luna pacchio. 💕💓💟💝💗
Bel film
Che bella gente i veneti, a quei tempi se la passavano male pure loro.
grazie un saluto
... A tutta vitaaaaa!!!
un film bellissimo massacrato, violentato e offeso da tutta la pubblicità che ci avete infilato in mezzo!!! Siete assassini del cinema!
Per quanto ammantato di bisogno e di miserie tipico del dopoguerra è molto teorico e interpetato da intellettuali: per esempio quando mai s'è visto che lei e Richetto, due borgatari si danno del lei? ê la crisi del neorealismo che era già diventato di maniera: luna park e tutto! PS. La più realistica è la coppia di fidanzati.
Non tanto teorico, quanti italiani sono - 25,00 - dovuti emigrare...
@NandoRomanoFoggia - non erano borgatari se avevano un discreto appartamento...
Righetto, non Richetto.
Che. Tristezza. povero. Pi ccino
Cosa non si fa per un appartamento si finge anche di morire😎