Bisogna abolire i concorsi pubblici, dove mangiano le agenzie, la politica, gli editori, gli albergatori, i ristoratori, le compagnie di trasporto, il tutto a scapito dei privati cittadini, senza contare l'inquinamento dovuto a spostamenti forzati. Non bisognerebbe pagare per avere un lavoro, in un paese normale. Una valida alternativa esiste già: le domande e, quindi, graduatorie ATA. Basterebbe estendere il metodo a tutte le posizioni pubbliche. Per titolo, punteggio, esperienze, il tutto in modo democratico e trasparente (chi si è fatto il mazzo, ha diritto ad essere avanti e non a superare ulteriori sfide), di modo che ognuno possa non rimetterci di tasca e salute, senza rinunciare a spendere perché deve mettere da parte quattrini per provare i concorsi. I concorsi sono una truffa, sono un modo per fare profitto sulla disperazione. Oltre al fatto che il lavoro dovrebbe essere un input alla società e, quindi, a sé stessi, il sistema dei concorsi opera l'ennesima forma di accentramento delle risorse dei singoli, in contrapposizione al principio di redistribuzione.
Bisogna abolire i concorsi pubblici, dove mangiano le agenzie, la politica, gli editori, gli albergatori, i ristoratori, le compagnie di trasporto, il tutto a scapito dei privati cittadini, senza contare l'inquinamento dovuto a spostamenti forzati. Non bisognerebbe pagare per avere un lavoro, in un paese normale. Una valida alternativa esiste già: le domande e, quindi, graduatorie ATA. Basterebbe estendere il metodo a tutte le posizioni pubbliche. Per titolo, punteggio, esperienze, il tutto in modo democratico e trasparente (chi si è fatto il mazzo, ha diritto ad essere avanti e non a superare ulteriori sfide), di modo che ognuno possa non rimetterci di tasca e salute, senza rinunciare a spendere perché deve mettere da parte quattrini per provare i concorsi. I concorsi sono una truffa, sono un modo per fare profitto sulla disperazione. Oltre al fatto che il lavoro dovrebbe essere un input alla società e, quindi, a sé stessi, il sistema dei concorsi opera l'ennesima forma di accentramento delle risorse dei singoli, in contrapposizione al principio di redistribuzione.