Dolomiti Moena, fra i borghi + belli in questa vallata, da non farsi scappare, ISCRIVETEVI AL CANALE

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  • Опубліковано 12 лип 2023
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    La prima menzione del paese risale al 1164, ed è relativa alla consacrazione della chiesa a San Vigilio da parte del principe-vescovo di Trento Adelpreto. La tradizione che vuole Moena appartenente prima di quella data al principato vescovile di Bressanone non trova riscontro nelle fonti.
    Almeno dal 1318 il paese è aggregato alla Magnifica Comunità di Fiemme, nell'ambito del Principato Vescovile di Trento e della Confederazione Germanica, infatti fino agli anni 1920 era nota come "Moena di Fiemme" e tuttora fa parte della "Magnifica Comunità di Fiemme". Dopo la secolarizzazione del Principato nel 1805, fece parte del Regno di Baviera fino al 1810, e (dopo l'insurrezione tirolese guidata da Andreas Hofer) del Regno d'Italia napoleonico fino al Congresso di Vienna, che riassegnò tutto il Tirolo all'Impero austriaco.
    Nel 1854 venne fondata la banda musicale comunale di Moena.[5] Intorno agli anni 1870 venne aperto il primo albergo per turisti. Alla fine del XIX secolo nacquero la famiglia cooperativa (1896) e la cassa rurale (1898).[6] Il turismo venne ulteriormente favorito nel 1905, quando la strada delle Dolomiti nel tratto da Moena ad Arabba.[7]
    Durante la prima guerra mondiale, il fronte del passo San Pellegrino fu teatro di sanguinosi scontri tra gli eserciti austro-ungarico e italiano, in particolare nella zona del Costabella e di Cima Bocche. Occupato dalle truppe italiane nel novembre 1918, il comune di Moena venne formalmente annesso al Regno d'Italia, con tutto il Trentino, nel 1921.[8]
    Il comune di Moena si trova tra le Dolomiti ad un'altitudine compresa tra 1.094 e 2.823 metri sul livello del mare, mentre il capoluogo comunale è sito a 1.184 metri sul livello del mare, coronato in senso orario dai gruppi del Latemar (Monte Toac, Sas da Ciamp), del Catinaccio (Roda di Vaèl), della Marmolada e di Cima Bocche (a sud).
    Il comune comprende tutto il bacino dell'Avisio compreso tra la frazione di Pezzé, a monte (Rif dal Termen, antico confine fra i principati vescovili di Trento e Bressanone), fino alla stretta valliva tra Forno e Mezzavalle (frazione del comune di Predazzo); ne sono però escluse la parte superiore della valle del Rif de Costalongia (divisa fra i comuni di Soraga e Vigo di Fassa) e gran parte della destra orografica della Valsorda (comune di Predazzo), mentre è di pertinenza moenese l'ampia area di Lusia-Bocche, al di là dello spartiacque dell'omonima catena, in Val Travignolo. L'estremità orientale del comune, al di là della linea di displuvio del Passo San Pellegrino, ricade all'interno del bacino della Piave ed è bagnata dal torrente Biois.
    Il capoluogo si trova alla base geografica della Val di Fassa, prima che il torrente Avisio s'incanali nel lungo tratto vallivo che lo porta in Val di Fiemme; proprio nel paese, il corso d'acqua riceve le acque del Rio San Pellegrino e del Rio Costalunga, che scendono dagli omonimi passi.
    All'interno della conca trovano spazio anche le frazioni di Someda (ad est, alla base del Sas da Pesmeda), Sorte-Sort (ad ovest, sotto il Sas da Ciamp) e Pezzé-Pecé (a nord, lungo la strada statale verso Soraga); più isolata e alta è Penìa (Peniola), posta a mezza costa a sud-ovest alle pendici del Latemar. Forno, situata lungo l'Avisio a 4 km a sud del capoluogo, ha rappresentato fino al 1928 un comune autonomo assieme alla sovrastante frazione di Medil, e mantiene caratteristiche proprie a livello identitario e linguistico (dialetto fiammazzo, di ceppo trentino, rispetto alla variante moenat del ladino fassano parlata nel resto del comune).
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    Moena prende il nome da Ladinia, la bellissima figlia di Re Laurino.
    Quando la bella Ladinia scoprì il più bel paese che avesse mai visto decise di prendere il suo nome, Moena e scelse di vivere per sempre in quel luogo incantato insieme alle tre figlie, circondata da montagne maestose e Natura incontaminata. Ancora oggi, se si raggiunge la località Rancolin, dove Moena dimorava, si possono ammirare delle bellissime rose canine, fiori che sbocciavano ovunque lei passasse. I soli testimoni contemporanei che rivelano ancora oggi una delle più belle leggende delle Dolomiti.
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