Giovanni Costantini a Campiglia
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- Опубліковано 5 лис 2024
- Giovanni Costantini è nato a Treviso il lunedì 27 aprile 1936 alle ventitré e trenta, ma,
a quattro anni, ritorna a Sandrigo (VI). Il padre contadino e poi calzolaio, e sempre poeta paesano bilingue. La madre contadina, in seguito pantofolaia. Primogenito di cinque.
Dalla prima media fino al sacerdozio, si è formato nel Seminario vescovile di Vicenza.
Dottore in Lettere a Padova, nel 1967. Per quarantacinque anni ha insegnato lettere nelle medie, nelle superiori e nello Studio teologico (latino e greco) del suddetto Seminario. Ha scritto una cinquantina di opere in poesia, in italiano, e quattro volumi di epica soprattutto contadina, in vicentino stretto. Nella serata a Campiglia Costantini si è espresso su questo settore di componimenti interpretando soprattutto poesie dal libro “La rua del contadìn” e dalla raccolta “Che sana che la jera la campagna”.
Giovanni Costantini e Enzo Fabiani sono, con Margherita Guidacci e David Maria Turoldo i poeti religiosi italiani più autentici del secondo Novecento. Poeti cristiani nelle cui opere la vera preghiera è la testimonianza d’amore e di pietà per l’uomo. Per Monsignor Giovanni Costantini, artista delle parole, poeta innamorato di Dio, la poesia rappresenta una carica continua, rimane unica e risuona con intensa vitalità.
Le sue espressioni poetiche, anche dialettali, e ne abbiamo un esempio nell’interpretazione campigliese, sono valori elevati perché vanno al di sopra delle dimensioni comuni, ma va ancora controcorrente rispetto a quanti ritengono che la poesia debba essere in stretto rapporto con la vita. Nello stile, poi, don Giovanni dice no alla deprecabile caduta di stile; con la sua parola sempre pulita e brillante guarda all’alto e ci spinge a considerare valori che non s’incontrano frequentemente. Chissà se il poeta quando scrive pensa al lettore, se lo considera e se invece nel comporre si avvia in un percorso tutto solitario teso alla contemplazione ideale?
La poesia del poeta sacerdote la si riconosce a colpo d'occhio: i versi si dispongono sulla pagina con spazi interni dilatati, le maiuscole stanno su impensati aggettivi, i puntini di sospensione non sono mai tre, come dappertutto, bensì due e così, più che sospendere, sembrano ribadire il punto fermo. Ma la pagina, che appare come una lapide abrasa eppur leggibile, acquista un'altra vita quando viene letta dall'autore, con la sua voce da arcaico profeta.