Testimonianze/2 - Card. Perbattista Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme dei Latini

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  • Опубліковано 9 січ 2025
  • Terra Santa 2025 - Il 2 gennaio 2025 nel Patriarcato latino di Gerusalemme i partecipanti al Pellegrinaggio giubilare di comunione e pace in Terra Santa, proposto dalla diocesi di Bologna, ha incontrato il cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme dei Latini. Dopo il cordiale con i pellegrini dove ha scambiato testimonianze sull’opera pastorale e non solo del Patriarcato ha concesso una breve intervista ai microfoni dell’Ufficio Comunicazioni Sociali dell’Arcidiocesi di Bologna.
    Vivere il Giubileo della speranza in Terra Santa: forse è più difficile declinare o vivere questa realtà in un contesto di conflitto come quello in cui state vivendo?
    È più difficile portare concretezza alla parola speranza in Terra Santa, ma non è impossibile. Anzi il primo nostro impegno come cristiani è guardare a Cristo, alla nostra fede che è il fondamento della speranza. Perché la fede è l’incontro con il Risorto che è l’origine della nostra azione nella vita. Dobbiamo essere capaci di trovare fonti di speranza nella vita sociale, nella vita delle persone qui dove viviamo, nelle organizzazioni e nelle tante persone che sono disposte a dare qualcosa di sé e anche tutta la loro vita per l’altro. Tutto questo è fonte di speranza e dà concretezza a questa parola: ci fa capire che dove c’è tanto odio, c’è ancora spazio per chi vuole sperare e fare qualcosa di bello.
    Forse occorre una nuova narrazione religiosa di questi eventi. Le grandi fedi hanno qualcosa da dire in questa guerra e come lo possono raccontare?
    Purtroppo, molto spesso si parla di religioni come uno degli elementi del conflitto di questa regione, come di un elemento che divide. Dobbiamo sfatare questo mito: noi religiosi - ebrei, musulmani e cristiani - abbiamo bisogno di ritrovarci e fare conoscere, non inventare, una narrativa, un modo di vivere la fede che sia costruttivo, che costruisca relazioni e non le distrugga.
    Recentemente si è recato a Gaza. Qual è la situazione sul campo e a che punto è la costruzione di una tregua?
    Le prospettive di una tregua vanno avanti tra alti e bassi. Sembra una tela di Penelope e la trattativa sembra sul punto di finire ma non finisce mai. La situazione a Gaza è drammatica, la distruzione è enorme e la popolazione vive una esistenza di estrema povertà dal punto di vista del cibo, dell’istruzione, della vita ordinaria: è privata proprio di tutto.
    Come sono cambiate le comunità cristiane dopo il 7 ottobre?
    Le comunità cristiane sono sempre quelle, cambiano forse in una certa misura le proporzioni: c’è una tendenza, ahimè, da parte della popolazione cristiana araba ad emigrare. Questo desiderio è forte, proprio per questa fatica di vivere dentro una situazione così pesante. Assistiamo ad un aumento di lavoratori stranieri cristiani importati per lavorare soprattutto nel mondo dell’edilizia, dove i palestinesi sono sempre di meno.
    Bologna è tornata in questa terra per la seconda volta in pochi medi con un pellegrinaggio.
    Bologna è brava. Abbiamo bisogno che Bologna faccia scuola almeno in Italia. Occorre che tornando a casa, possiate dire che il pellegrinaggio in Terra Santa è sicuro e che bisogna avere coraggio di intraprendere il Santo Viaggio.

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