A mio avviso Platone, nel suo indiscutibile "genio" (qui da intendersi in senso tecnico), ha fatto "più danni della grandine", come si suol dire dalle mie parti. Preferisco l'approccio orto-pratico, a quello dogmatico orto-dosso, nel senso: emerge una questione alla quale si risponde, di volta in volta, non partendo da un modello preconcetto di realtà, ma nei termini pragmatici di efficia in relazione ad un Intento. L' "intento" di cui sopra farebbe riferimento, di volta in volta, all' "allargamento di orizzonti" che ogni nuova esperinza comporta, in un circolo virtuoso per cui la Materia si "spiritualizzi" in una nuova "weltanschauung" e lo "Spirito dei tempi" (comunque lo si voglia intendere), a sua volta, si "materializzi" in una pratica storica (se è vero che la Globalizzazione era inevitabile in termini relazionali, vero mi pare altrettanto che essa ssia stata fortemente voluta e condotta attraverso atti precisi di soggetti specifici, ciascuno dei quali agente con gli altri per un'eterogeneità di fini). La mia opinione è che, troppo spesso, grandi pensatori abbiano inavvertitamente "peccato" di nostalgia e qualunquismo: "nostalgia", nel senso di non sentirsi a proprio agio nello "scarto" fra i loro "desiderata" e la Realtà; "qualunquismo", nel senso di "universalizzazione" indebita di certe "chiavi di lettura" da loro raggiunte e ben funzionanti in certi specifici àmbiti. Mi auguro di essere riuscito ad esporre chiaramente, per quanto sinteticamente, le opinioni in me emerse a seguito dell'ascolto: grazie.
A mio avviso Platone, nel suo indiscutibile "genio" (qui da intendersi in senso tecnico), ha fatto "più danni della grandine", come si suol dire dalle mie parti. Preferisco l'approccio orto-pratico, a quello dogmatico orto-dosso, nel senso: emerge una questione alla quale si risponde, di volta in volta, non partendo da un modello preconcetto di realtà, ma nei termini pragmatici di efficia in relazione ad un Intento. L' "intento" di cui sopra farebbe riferimento, di volta in volta, all' "allargamento di orizzonti" che ogni nuova esperinza comporta, in un circolo virtuoso per cui la Materia si "spiritualizzi" in una nuova "weltanschauung" e lo "Spirito dei tempi" (comunque lo si voglia intendere), a sua volta, si "materializzi" in una pratica storica (se è vero che la Globalizzazione era inevitabile in termini relazionali, vero mi pare altrettanto che essa ssia stata fortemente voluta e condotta attraverso atti precisi di soggetti specifici, ciascuno dei quali agente con gli altri per un'eterogeneità di fini). La mia opinione è che, troppo spesso, grandi pensatori abbiano inavvertitamente "peccato" di nostalgia e qualunquismo: "nostalgia", nel senso di non sentirsi a proprio agio nello "scarto" fra i loro "desiderata" e la Realtà; "qualunquismo", nel senso di "universalizzazione" indebita di certe "chiavi di lettura" da loro raggiunte e ben funzionanti in certi specifici àmbiti. Mi auguro di essere riuscito ad esporre chiaramente, per quanto sinteticamente, le opinioni in me emerse a seguito dell'ascolto: grazie.