Copia di mezzo, regole processuali e garanzie (Roberto Murenec e Pier Luca Toselli) - Amelia 2024

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  • Опубліковано 21 гру 2024
  • La progressiva digitalizzazione di apparati e strumenti di lavoro, tanto a livello hardware quanto a livello software, ha evidenziato che la tecnologia informatica rappresenta uno strumento indispensabile non solo delle attività imprenditoriali, professionali e, più in generale, dell’ordinaria vita quotidiana di ogni singolo soggetto, ma anche un mezzo per compiere illeciti di varia natura a danno dello Stato, degli altri enti pubblici, delle imprese e dei privati, ovvero l’espediente per occultare le prove e/o i proventi illeciti delle attività criminose. In questo scenario, dove l’acquisizione dei dati digitali è divenuta sempre più imprescindibile, in particolar modo nell’accertamento dei reati e/o delle violazioni, l’escalation nell’uso massiccio dei dispositivi di comunicazione mobile in grado di accedere con un “click” grazie a una connessione alle funzioni di rete, al web o ai file residenti su piattaforme cloud, ha indotto la dottrina e la giurisprudenza in genere ad elevare le indagini digitali a mezzo di ricerca della prova al pari dei mezzi tradizionali e a considerare quest’ultimi una “proiezione informatica dell’individuo” che abbraccia l’intera esistenza dell’uomo e per questo dev’essere tutelata.
    Per di più i moderni dispositivi mobili evidenziano di avere capacità di archiviazione sempre più elevate tanto da contenere non solo i dati salvati localmente concernenti le comunicazioni, le conversazioni o la corrispondenza informatica trasmessa o scambiata tra gli utenti, ma anche una grande quantità di altre informazioni (big data) sui loro utenti, rivelandosi cruciali, in particolar modo in fase investigativa, afferenti alla loro posizione, alle connessioni di rete, alle loro intenzioni, alle loro azioni, alla loro salute ed alle conseguenti attività connesse, comprese le transazioni economico-finanziarie e altro ancora.
    Questa eterogeneità e trasversalità di dati e/o informazioni ivi contenute rischia di generare un’“invasione totale” nel patrimonio comunicativo e personale dell’interessato, con conseguenti riflessi anche sul concetto real-processuale del sequestro, che rischia a sua volta di essere “trasfigurato”. Si deve fare i conti con un cambio di paradigma che, nel guardare al singolo dato digitale quale elemento ormai dematerializzato ed autonomo, a prescindere dal supporto che lo contiene, impone non solo il rispetto di modalità di estrazione certificate e rituali da parte degli operatori, il più delle volte sempre più dinamiche e difficili da rispettare in toto, ma anche l’osservanza di alcune prescrizioni ordinamentali generali finalizzate al “giusto processo”, come il rispetto del principio di temporaneità che impone un sequestro del device per il tempo strettamente necessario all’effettuazione della copia forense, dalla quale è impossibile prescindere qualora si debba fare la selezione degli stessi ex post, e con quello di proporzionalità ed adeguatezza non solo nel trattenere l’apparato mobile in sequestro, ma nell’obbligare al sequestro probatorio esclusivo delle sole cose pertinenti al reato necessarie per l’accertamento dei fatti.
    Sentenze recenti hanno posto in evidenza l’esigenza di una rinnovata riflessione dove l’estrazione dei dati archiviati in un supporto informatico, qual è la memoria di un telefono, soggiace alla disciplina degli accertamenti tecnici irripetibili e in questa direzione unilaterale pare si stia muovendo, con tante preoccupazioni ed interrogativi, il ddl n. 806 presentato l’anno scorso al Parlamento dai Senatori Zanettin e Bongiorno.

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