Ma alla fine della fiera, cosa ci vuole dire l'autrice Donatella Di Cesare? Che inquadrando l'ambiente storico filosofico moderno, con Heidegger abbiamo il tassello importante che ci fa capire, almeno in parte, il perché dell'affermarsi dell'ideologia nazista anche tra gli intellettuali tedeschi ? Certo la Germania e il suo pensiero rappresentavano qualcosa dell'occidente che non era pienamente espresso dalla società nord americana di stampo anglosassone. La coscienza europea forse trovava nell'ebreo la traccia sempre mal digerita del cristianesimo, che di fatto è un messianismo semita. Dunque l'occidente si dibatte in questa contraddizione dolorosa ma ineliminabile, pena il soccombere di se stesso. Heidegger è stato il filosofo dell'apertura dell'essere, frase mai ben chiarita nella effettiva concreta sostanza e pragmaticità, ma che certamente ha suggestionato e confortato chi vedeva nella modernità empirista, positivista, scientista e capitalista nord americana, una maniera di esistere disumana, schiacciata, appiattita, povera e manchevole. Ma Heidegger era solo un filosofo e non un iniziato ne un mistico. Non professava apertamente un ritorno al passato medievale cristiano, ne ad una adesione antimoderna a concezioni semite alternative, organizzate anche esotericamente come l'islam. Dunque Heidegger cosa poteva proporre e proporsi concretamente? Un immaginario ritorno ad una realtà culturale da letterati sognatori, poco reale come quella ipotetica presocratica? Niente di fattibile, come non praticabile ne voluto un eventuale sacro romano impero a venire. Allora cosa resta ad un pensatore che intuisce la povertà della modernità, ma sa di non poter ri-abbracciare il cristianesimo che della modernità è padre e segreto artefice? Vattimo dice un poco pateticamente, che il filosofo tedesco ha scelto il partito politico sbagliato, cioè non ha scelto la sinistra, ma fa davvero sorridere questo. In realtà ad Heidegger , non avendo abbracciato una vera tradizione alternativa non occidentale, non resta che sperare in una creazione possibile, e il nazismo poteva essere la preparazione a questa nuova creazione, a questo nuovo orizzonte dell'essere. Esso, il nazismo, è la personificazione della violenza che l'occidentale fa a se stesso, prima ancora che agli altri popoli. L'ebreo è lo specchio della propria semiticità cristiana. I tedeschi nazisti intuiscono oscuramente (?)che solo fuori dal semitismo può esserci una nuova possibilità, ed essendo l'occidente semitizzato non resta che allenarlo a rifiutare qualcosa di se stesso, ma così facendo, si innesca una contraddizione, perché se i mezzi ( che richiedono iper modernità tecnologica e di organizzazione) possono giustificare il fine ( Hitler lascia intendere che il popolo tedesco è solo un mezzo), allora come si rinuncia, ad un certo punto, alla mentalità scientifica e tecnica? Quando il Reich dice che bisogna abbandonare il mezzo? E con che mezzo lo dice? E a chi? A se stesso? L'elite nazista illuminata lo dice al popolo? Mai potrebbe dirlo se per giungere al fine ( la nuova era) la modernità viene assimila ancora più fortemente,. Questo significa che il nazismo è e resta una possibilità inquietante quanto si vuole, del moderno e non una mera parentesi, una pausa. Il nazismo è concepito come un ordine iniziatico, forse caricaturale, ma che in sostanza mira a rifondare una civiltà non cristiana e radicalmente a-semita, che pretende di essere una civiltà aperta non al concetto di Dio ma all'esperienza iniziatica,( inizialmente su stampo guerriero) e quindi implicitamente metafisica dell'Essere. Su questo Evola, per il quale il fascismo era troppo poco, potrebbe illuminare la questione che gli storici ordinari vogliono per partito preso escludere. Dunque Heidegger perché aderisce al nazismo? Forse perché il punto cruciale non sta nella concezione della metafisica in se stessa, ma in come gli occidentali l'hanno impostata. In altri termini, l'apertura all'essere, può darsi solo come apertura agli stati molteplici dell'essere e questa è una dottrina metafisica, ma una metafisica vera direbbero i tradizionalisti. Heidegger allora in qualche maniera ricade nella metafisica nel senso positivo, perché intuisce che solo la vera metafisica apre all'ente la dimensione dell'essere. In oriente questa concezione è del tutto "naturale". Per un filosofo tedesco, che non abbraccia mai apertamente l'oriente, non resta che un tentativo goffo, con un linguaggio rudimentale come quello occidentale, come rudimentali e goffi sono certi scritti che Heidegger fa in accostamento alla sensibilità zen. In altre parole la "ricaduta" metafisica di Heidegger è in realtà simile alla condizione del vero Platone che nel suo ruolo di filosofo implica una dottrina segreta, della quale l'ateniese, rappresenta solo un introduttore velato, e attraverso la presentazione di miti. Quanto al progetto nazista, un progetto ambizioso e probabilmente destinato a fallire per la radice stessa che lo fonda. Chi taglia le proprie radici come può sopravvivere? Può essere confortante sapere che qualcuno ha scritto cose sulla modernità che ci mettono in guardia su di essa e che ci fanno capire i suoi limiti. Forse Heidegger poteva sperare che o il nazismo o qualcosa d'altro avrebbe saputo ricreare un ambiente civile e culturale alternativo. Ovviamente attraverso la guerra e la morte. Ma era davvero realistico tutto ciò? Ha prevalso l'occidente cristiano, ateo o credente, scientista o di sinistra, morale o moralista, ma certo l'anima "nera", segreta e non necessariamente negativa, continua a essere una possibilità, e oggi più che mai che un altro semitismo, quello islamico, fa tutto il possibile per mettere l'occidente di fronte alle proprie contraddizioni e aperture suggestive e pericolose.
È indispensabile studiare il pensiero di Heidegger per capire quanto è malato quel pensiero e il perchè tanta sinistra l'ha considerato un maestro, questo si è indispendabile! Ma come si fa a dire che chi a teorizzato il nazismo è indispensabile per la filosofia?! Non prenderne le distanze e rifiutarlo significa esserne complici!
Ma alla fine della fiera, cosa ci vuole dire l'autrice Donatella Di Cesare? Che inquadrando l'ambiente storico filosofico moderno, con Heidegger abbiamo il tassello importante che ci fa capire, almeno in parte, il perché dell'affermarsi dell'ideologia nazista anche tra gli intellettuali tedeschi ? Certo la Germania e il suo pensiero rappresentavano qualcosa dell'occidente che non era pienamente espresso dalla società nord americana di stampo anglosassone. La coscienza europea forse trovava nell'ebreo la traccia sempre mal digerita del cristianesimo, che di fatto è un messianismo semita. Dunque l'occidente si dibatte in questa contraddizione dolorosa ma ineliminabile, pena il soccombere di se stesso.
Heidegger è stato il filosofo dell'apertura dell'essere, frase mai ben chiarita nella effettiva concreta sostanza e pragmaticità, ma che certamente ha suggestionato e confortato chi vedeva nella modernità empirista, positivista, scientista e capitalista nord americana, una maniera di esistere disumana, schiacciata, appiattita, povera e manchevole.
Ma Heidegger era solo un filosofo e non un iniziato ne un mistico. Non professava apertamente un ritorno al passato medievale cristiano, ne ad una adesione antimoderna a concezioni semite alternative, organizzate anche esotericamente come l'islam. Dunque Heidegger cosa poteva proporre e proporsi concretamente? Un immaginario ritorno ad una realtà culturale da letterati sognatori, poco reale come quella ipotetica presocratica? Niente di fattibile, come non praticabile ne voluto un eventuale sacro romano impero a venire. Allora cosa resta ad un pensatore che intuisce la povertà della modernità, ma sa di non poter ri-abbracciare il cristianesimo che della modernità è padre e segreto artefice? Vattimo dice un poco pateticamente, che il filosofo tedesco ha scelto il partito politico sbagliato, cioè non ha scelto la sinistra, ma fa davvero sorridere questo.
In realtà ad Heidegger , non avendo abbracciato una vera tradizione alternativa non occidentale, non resta che sperare in una creazione possibile, e il nazismo poteva essere la preparazione a questa nuova creazione, a questo nuovo orizzonte dell'essere. Esso, il nazismo, è la personificazione della violenza che l'occidentale fa a se stesso, prima ancora che agli altri popoli. L'ebreo è lo specchio della propria semiticità cristiana. I tedeschi nazisti intuiscono oscuramente (?)che solo fuori dal semitismo può esserci una nuova possibilità, ed essendo l'occidente semitizzato non resta che allenarlo a rifiutare qualcosa di se stesso, ma così facendo, si innesca una contraddizione, perché se i mezzi ( che richiedono iper modernità tecnologica e di organizzazione) possono giustificare il fine ( Hitler lascia intendere che il popolo tedesco è solo un mezzo), allora come si rinuncia, ad un certo punto, alla mentalità scientifica e tecnica? Quando il Reich dice che bisogna abbandonare il mezzo? E con che mezzo lo dice? E a chi? A se stesso? L'elite nazista illuminata lo dice al popolo? Mai potrebbe dirlo se per giungere al fine ( la nuova era) la modernità viene assimila ancora più fortemente,. Questo significa che il nazismo è e resta una possibilità inquietante quanto si vuole, del moderno e non una mera parentesi, una pausa.
Il nazismo è concepito come un ordine iniziatico, forse caricaturale, ma che in sostanza mira a rifondare una civiltà non cristiana e radicalmente a-semita, che pretende di essere una civiltà aperta non al concetto di Dio ma all'esperienza iniziatica,( inizialmente su stampo guerriero) e quindi implicitamente metafisica dell'Essere. Su questo Evola, per il quale il fascismo era troppo poco, potrebbe illuminare la questione che gli storici ordinari vogliono per partito preso escludere. Dunque Heidegger perché aderisce al nazismo? Forse perché il punto cruciale non sta nella concezione della metafisica in se stessa, ma in come gli occidentali l'hanno impostata. In altri termini, l'apertura all'essere, può darsi solo come apertura agli stati molteplici dell'essere e questa è una dottrina metafisica, ma una metafisica vera direbbero i tradizionalisti. Heidegger allora in qualche maniera ricade nella metafisica nel senso positivo, perché intuisce che solo la vera metafisica apre all'ente la dimensione dell'essere. In oriente questa concezione è del tutto "naturale". Per un filosofo tedesco, che non abbraccia mai apertamente l'oriente, non resta che un tentativo goffo, con un linguaggio rudimentale come quello occidentale, come rudimentali e goffi sono certi scritti che Heidegger fa in accostamento alla sensibilità zen.
In altre parole la "ricaduta" metafisica di Heidegger è in realtà simile alla condizione del vero Platone che nel suo ruolo di filosofo implica una dottrina segreta, della quale l'ateniese, rappresenta solo un introduttore velato, e attraverso la presentazione di miti.
Quanto al progetto nazista, un progetto ambizioso e probabilmente destinato a fallire per la radice stessa che lo fonda. Chi taglia le proprie radici come può sopravvivere? Può essere confortante sapere che qualcuno ha scritto cose sulla modernità che ci mettono in guardia su di essa e che ci fanno capire i suoi limiti. Forse Heidegger poteva sperare che o il nazismo o qualcosa d'altro avrebbe saputo ricreare un ambiente civile e culturale alternativo. Ovviamente attraverso la guerra e la morte. Ma era davvero realistico tutto ciò? Ha prevalso l'occidente cristiano, ateo o credente, scientista o di sinistra, morale o moralista, ma certo l'anima "nera", segreta e non necessariamente negativa, continua a essere una possibilità, e oggi più che mai che un altro semitismo, quello islamico, fa tutto il possibile per mettere l'occidente di fronte alle proprie contraddizioni e aperture suggestive e pericolose.
È indispensabile studiare il pensiero di Heidegger per capire quanto è malato quel pensiero e il perchè tanta sinistra l'ha considerato un maestro, questo si è indispendabile!
Ma come si fa a dire che chi a teorizzato il nazismo è indispensabile per la filosofia?!
Non prenderne le distanze e rifiutarlo significa esserne complici!